Codice di Procedura Civile art. 666 - Contestazione sull'ammontare dei canoni.Contestazione sull'ammontare dei canoni. [I]. Se è intimato lo sfratto per mancato pagamento del canone, e il convenuto nega la propria morosità contestando l'ammontare della somma pretesa, il giudice può disporre con ordinanza il pagamento della somma non controversa e concedere all'uopo al convenuto un termine non superiore a venti giorni. [II]. Se il conduttore non ottempera all'ordine di pagamento, il giudice convalida l'intimazione di sfratto e, nel caso previsto nell'articolo 658, pronuncia decreto ingiuntivo per il pagamento dei canoni [641 1]. InquadramentoL'art. 666, comma 1, c.p.c. dispone che se è intimato lo sfratto per mancato pagamento del canone, ed il convenuto nega la propria morosità contestando l'ammontare della somma pretesa, il giudice può disporre con ordinanza il pagamento della somma non controversa e concedere all'uopo al convenuto un termine non superiore a venti giorni. In dottrina, si è osservato che il pagamento oltre il termine indicato dal giudice, sebbene la norma non indica le conseguenze del pagamento effettuato oltre l'anzidetto termine, deve intendersi che verificandosi tale ipotesi, il ritardo vada interpretato come mancata attuazione del comportamento che l'intimato avrebbe dovuto tenere al fine di evitare la convalida dell'intimato sfratto per morosità (Carrato 2005, 598). In effetti, il termine indicato nell'art. 666 c.p.c., pur non essendo stato definito dal legislatore espressamente come perentorio, a tale conclusione può comunque agevolmente pervenirsi, collegando le conseguenze – previste dalla stessa disposizione in commento – riferite all'intempestivo adempimento del pagamento dei canoni non controversi. L'art. 666, comma 2, c.p.c. prevede che ove il conduttore non ottempera all'ordine di pagamento, il giudice convalida l'intimazione di sfratto e, nel caso previsto nell'art. 658 c.p.c., pronuncia decreto ingiuntivo per il pagamento dei canoni. Il decreto ingiuntivo emesso per i soli canoni non contestati non è ritenuto suscettibile di opposizione per difetto di giuridico interesse, essendo stato emesso sulla scorta del riconoscimento del conduttore delle ragioni creditorie avanzate dal locatore (Garbagnati, 326). Inoltre, si ritiene che possa essere emesso immediatamente esecutivo in base a quanto sancito dagli artt. 658 e 664 c.p.c. (Garbagnati, 326; Lazzaro, Preden, Varrone, 187). La norma in commento, disciplina la fattispecie nella quale l'intimato, comparendo in udienza, si limita a contestare unicamente l'ammontare della somma pretesa, ammettendo quindi di essere inadempiente in ordine all'an debeatur, anche se relativamente ad un importo inferiore (Garbagnati, 325; Preden, 446). La disposizione in esame si ritiene non possa trovare applicazione quando il conduttore non contesti soltanto l'entità della morosità intimata ma proponga anche altre eccezioni (Lazzaro, Preden, Varrone, 186). Conseguentemente, la stessa norma attribuisce al giudice la facoltà di ordinare al l'intimato di pagare la somma non controversa entro il termine indicato, e, contestualmente fissando una nuova udienza successiva alla scadenza del termine assegnato, nella quale dovrà accertare se il pagamento sia o meno avvenuto (Di Marzio, Di Mauro, 796). Il suddetto procedimento, richiama da un lato, quello dell'art. 186-bis c.p.c. concernente l'ordinanza che nel rito ordinario il giudice emette per il pagamento delle somme non contestate dalle parti costituite, e, dall'altro, quello usato in occasione della concessione del termine di grazia per sanare la morosità ex art. 55 della l. n. 392/1978. L'udienza fissata dal giudice è di verifica dell'avvenuto pagamento nel rispetto del termine assegnato (lombardi, 296), con la precisazione che se l'intimato risulta avere corrisposto il pagamento della somma non contestata, il procedimento si chiude, diversamente, proseguendo, previo mutamento del rito ex art. 667 c.p.c. per l'esame nel merito della domanda di risoluzione del contratto e di condanna al pagamento delle somme contestate (Garbagnati, 324). Il procedimento per il pagamento dei canoni non controversiIl pagamento del quantum debeatur non controverso, per effetto dell'opposizione “mirata” a contestare soltanto una “parte” della morosità addotta dal locatore con il ricorso ex art. 658 c.p.c. comporta il mutamento del rito ex art. 667 c.p.c. e l'introduzione del giudizio di merito, in cui si dovrà accertare la parziale fondatezza od infondatezza dell'opposizione (Masoni 2007, 469). Va altresì considerato che il principio di non contestazione di cui all'art. 115 c.p.c., se solleva la parte dall'onere di provare il fatto non specificamente contestato dal convenuto costituito, non esclude tuttavia che il giudice, ove dalle prove comunque acquisite emerga la smentita di quel fatto od una sua diversa ricostruzione, possa pervenire ad un diverso accertamento. Infatti l'onere di contestazione, la cui inosservanza rende il fatto pacifico e non bisognoso di prova, sussiste soltanto quando i fatti controversi siano noti alla parte, con la conseguenza che spetta a chi denunci la violazione del principio di non contestazione allegare che la controparte era a conoscenza della circostanza assunta come controversa, non essendo altrimenti configurabile a carico della predetta un onere di contestazione sulla questione (Cass. III, n. 20402/2024). Ciò discende dalla peculiarità del procedimento disciplinato dall'art. 666 c.p.c. che è insita nella seconda parte della stessa norma in commento, come peraltro rilevato in dottrina (Di Marzio 1998, 310; Lazzaro, Preden, Varrone, 186), in quanto, se l'intimato non paga la somma non contestata nel termine assegnato, il giudice convalida lo sfratto anche in presenza dell'opposizione del conduttore, la cui giustificazione risiede nell'ammissione della morosità riferita all'an dell'obbligazione dedotta in atti del procedimento, seppure per una somma diversa ed inferiore rispetto a quella invocata dal locatore. In buona sostanza, laddove nel procedimento azionato ex art. 658 c.p.c. il conduttore contesta an e quantum debeatur, lo sfratto per morosità non viene convalidato ed il locatore potrà chiedere soltanto l'emissione dell'ordinanza ex art. 665 c.p.c. laddove ne ricorrano i presupposti, dovendo proseguire il giudizio nella fase di merito, previo mutamento del rito ex art. 667 c.p.c., mentre se il medesimo conduttore si limita a contestare il solo quantum dell'obbligazione riferita al pagamento dei canoni di locazione, senza effettuare il pagamento dei canoni non controversi, lo sfratto viene convalidato ed il giudizio prosegue unicamente per definire l'esatto ammontare dell'obbligazione di pagamento. In dottrina, si è dunque precisato che in tale modo si definisce la fase sommaria del procedimento speciale (Lazzaro, Preden, Varrone, 185). Sul versante dottrinale, si è altresì evidenziato che nel caso disciplinato dall'art. 666 c.p.c. il pagamento dei canoni non controversi determina una situazione in cui al giudice è inibita la convalida e l'emissione dell'ordinanza di rilascioex art. 665 c.p.c. con riserva delle eccezioni del convenuto (Carrato 2005, 600). Il conduttore, costituendosi ed opponendosi alla convalida dello sfratto, se contesta la morosità allegata dal locatore, ma ne ammette l'esistenza in misura inferiore, in questo caso, il giudice può ordinare il rilascio ex art. 665, comma 1, c.p.c., ma può non ordinarlo disponendo invece che il conduttore paghi la somma non controversa ex art. 666, comma 1, c.p.c., con la conseguenza che, se manca l'ottemperanza all'ordine, la persistenza della morosità realizza la condizione della convalida di cui all'art. 666, comma 2, c.p.c., mentre se v'è ottemperanza all'ordine, la fase sommaria del procedimento è chiusa, ed il giudizio prosegue nelle vie ordinarie per la decisione sulla domanda di risoluzione del contratto di locazione (Cass. III, n. 5414/1993). Al riguardo, per quanto concerne la valutazione dell'inadempimento, in dottrina si è evidenziata la distinzione tra locazione ad uso abitativo e ad uso diverso, giacché mentre nella prima occorre fare riferimento alla gravità dell'inadempimento ex art. 1455 c.c., rispetto all'interesse dell'altra parte all'adempimento (Masoni 2007, 469), nella seconda tipologia contrattuale, l'inadempimento è predeterminato ex lege sulla scorta dell'art. 5 dellal. n. 392/1978 (Frasca 2001, 442). L'ambito di applicazione della normaL'art. 666 c.p.c. può trovare applicazione, in tema di procedimento per convalida di sfratto per morosità, solo qualora il conduttore, costituendosi in giudizio ed opponendosi alla convalida, contesti la morosità quale allegata dal locatore intimante, ammettendone tuttavia l'esistenza in misura inferiore (Trib. Nola 12 febbraio 2008). La legittimità del patto iniziale o successivo con il quale le parti provvedono consensualmente, nel corso del rapporto, a stabilire una misura del canone locativo diversa da quella originariamente stabilita è esclusa là dove risulti dal testo del patto od anche da elementi extratestuali, che le stesse parti del rapporto abbiano in realtà perseguito surrettiziamente lo scopo di neutralizzare soltanto gli effetti della svalutazione monetaria, eludendo i limiti quantitativi posti dall'art. 1 comma 9 sexies l. n. 118/1985 (Cass. III, n. 33884/2021). Ai contratti conclusi anteriormente all'entrata in vigore della l. n. 431/1998 e rinnovatisi dopo la sua entrata in vigore, ma non assoggettati al momento della stipulazione alla disciplina di cui al capo I della l. n. 392/1978, si applica l'art. 13 della l. n. 431/1998 con il conseguente diritto del conduttore, a far data dalla prima rinnovazione successiva all'entrata in vigore dello ius superveniens, a ripetere il canone di locazione versato in misura superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato (Cass. III, n. 27806/2021). L'art. 666 c.p.c. disciplina l'ipotesi in cui il conduttore non adempie spontaneamente all'ordine giudiziale di pagamento della somma non controversa, poiché a mente dell'art. 666, comma 2, c.p.c. verificandosi detta ipotesi, il giudice convalida l'intimato sfratto per morosità. Infatti, come rilevato in una pronuncia di merito (Trib. Modena 15 maggio 2009), dall'esegesi letterale dell'art. 666 c.p.c. emerge che il legislatore non ha ulteriormente disciplinato il successivo iter procedimentale nel caso in cui il convenuto abbia ottemperato all'ordinanza giudiziale. Tuttavia, la successiva disposizione, l'art. 667 c.p.c., ha cura di precisare che, una volta pronunciati i provvedimenti previsti dall'art. 665 e 666 c.p.c. la prosecuzione del processo avviene nelle forme del rito speciale locatizio di cui all'art. 447-bis c.p.c. In tale caso, potrà accertarsi se il ritardato pagamento della somma non controversa integrasse o meno un inadempimento di non scarsa importanza, ovvero se è stato determinato da causa non imputabile al conduttore, e potrà essere considerata la persistente morosità nel pagamento dei canoni maturati nel corso del giudizio (Trib. Modena 17 gennaio 2007; conforme, Cass. III, n. 2987/1977). Questo significa che una volta adempiuto l'intimato al disposto dell'ordinanza giudiziale di pagamento delle somme non controverse, il giudice deve limitarsi a disporre il mutamento del rito, difettando ogni altro potere processuale prima dell'inizio del giudizio di merito. L'ordinanza di convalida dell'intimazione di sfratto, emessa a norma dell'art. 666 c.p.c., per non avere il convenuto sanato la morosità nel termine stabilito da altra precedente ordinanza, qualora non contenga alcuna disposizione sul prosieguo del giudizio, ha natura di sentenza pronunziata sul merito della causa, nei cui confronti è esperibile il rimedio dell'appello, pertanto, essendo previsto uno specifico mezzo di impugnazione, deve ritenersi inammissibile il ricorso per cassazione proposto contro detta ordinanza, ai sensi dell'art. 111 Cost. (Cass. III, n. 2601/1979). La sanatoria dei canoni non controversiIn giurisprudenza, si è posta la quaestio juris se il meccanismo di cui all'art. 666 c.p.c. abbia natura di sanatoria definitiva, come quello di cui all'art. 55 l. n. 392/1978, oppure se il pagamento sia idoneo unicamente a precludere la convalida dello sfratto, ferma restando la possibilità di dichiarare il contratto di locazione risolto sulla base della morosità sanata ex art. 666 c.p.c. Il pagamento delle morosità intimate dopo l'introduzione del contraddittorio, qualora avvenga, non costituisce sanatoria, oltre che della morosità intimata, anche della vicenda giuridica relativa alla pretesa di inadempimento, operando in questo caso il principio generale previsto dall'art. 1453 comma 3 c.c., il quale esclude che il debitore possa adempiere la propria obbligazione successivamente all'introduzione della domanda di risoluzione contrattuale (Trib . Roma 30 marzo 2021). In base ad una pronuncia di merito, la non contestazione di parte della morosità e la conseguente concessione di termine ex art. 666 c.p.c. precludano – in caso di ottemperanza al termine medesimo – unicamente la convalida dello sfratto o l'emissione di ordinanza di rilascio, ma non impediscono, una volta radicatosi il giudizio a cognizione piena, di valutare la morosità riconosciuta ai fini della declaratoria di risoluzione per inadempimento, ove la stessa presenti i requisiti di cui all'art. 5 della l. n. 392/1978 (Trib. Monza 15 gennaio 2003). In primo luogo, va considerato che lo stesso art. 666 c.p.c. non contempla alcuna previsione espressa che escluda la risoluzione del contratto a seguito del pagamento, in ciò la norma si distingue in modo netto ed evidente dall'art. 55 della l. n. 392/1978, laddove stabilisce in modo inequivoco che il pagamento nei termini, esclude la risoluzione del contratto. Manca quindi una statuizione od indice ermeneutico che consenta di attribuire al meccanismo di pagamento di cui all'art. 666 c.p.c. il definitivo valore sanante, tale da cancellare la morosità ai fini di qualsivoglia valutazione. Non a caso, il meccanismo di cui alla citata norma sembra essere funzionale soprattutto ad assicurare un bilanciamento tra l'esigenza di assicurare una tutela minima dell'intimante – il pagamento di quanto incontestabilmente gli spetta – e l'esigenza di consentire all'intimato di superare la fase a cognizione sommaria onde svolgere in modo più ampio le proprie difese. Non sembra – in altri termini – che la norma in commento sia stata dettata per pervenire ad una sanatoria potenzialmente definitiva del giudizio, che è invece possibile usufruendo del meccanismo di cui all'art. 55 della l. n. 392/1978. In tale senso, sembra militare la stessa giurisprudenza di legittimità, fin da epoca risalente (Cass. III, n. 2502/1956), in cui si è statuito che ove il convenuto paghi tardivamente i canoni non controversi di cui all'intimato sfratto per morosità, alla speciale procedura subentra il normale giudizio di cognizione, riprendendo vigore il principio generale di cui all'art. 1453 c.c., per il quale, la purgazione tardiva della mora non vale ad arrestare gli effetti della domanda di risoluzione insita nell'intimazione di sfratto per morosità (principio ribadito anche dalla stessa giurisprudenza di merito, v. App. Bologna 21 febbraio 2001). Conseguentemente, all'esito del giudizio di merito, potrà esservi l'accoglimento della domanda di risoluzione per inadempimento contenuta nell'atto di citazione per la convalida ex art. 658 c.p.c., laddove risulti l'infondatezza delle contestazioni dell'intimato, ed emerga altresì che l'inadempimento sia di non scarsa importanza ai sensi dell'art. 1455 c.c., oppure si perverrà ad una pronuncia di rigetto della domanda proposta dal locatore. Differenza tra sanatoria dei canoni non contestati e sanatoria della morosità mediante la concessione del termine di graziaLa disposizione della norma in commento si differenzia rispetto a quella enunciata nell'art. 55 della l. n. 392/1978 (Carrato 2005, 594; Masoni 2007, 470). In particolare, ex art. 666 c.p.c. esiste il potere discrezionale del giudice di concedere all'intimato la possibilità di pagare tardivamente le somme non controverse di cui all'intimazione di sfratto per morosità. Aggiungasi che mentre la sanatoria della morosità mediante la concessione del termine di grazia ex art. 55 della l. n. 392/1978 è ammissibile sia nella fase speciale dell'intimato sfratto per morosità sia nella fase di merito, la sanatoria della morosità riferita ai canoni non contestati opera soltanto nella fase speciale (Masoni 2007, 470, il quale rileva altresì come la sanatoria ex art. 666 c.p.c. è possibile anche su impulso diretto del giudice, mentre quella ex art. 55 della l. n. 392/1978 richiede necessariamente l'istanza della parte intimata). Inoltre, sempre come rilevato in dottrina (Carrato 2005, 594), la sanatoria ex art. 666 c.p.c. opera per qualsiasi tipo di locazione, non subendo alcuna limitazione a seconda se trattasi di locazione abitativa o ad uso diverso. Inoltre, il giudizio di merito che segue in caso di avvenuto pagamento delle somme non controverse, ha per oggetto l'accertamento con riferimento alla situazione dedotta con l'intimazione di sfratto per morosità, della “non scarsa importanza” dell'inadempimento. In dottrina, si è poi osservato che sussiste una sostanziale differenza tra l'ipotesi prevista dalla disposizione dell'art. 666 c.p.c. e quella concernente la richiesta di termine di grazia per sanare la morosità di cui all'art. 55 l. n. 392/1978, in quanto solo nel primo caso vi è una contestazione, sebbene parziale, riferita alla morosità dei canoni intimati ex art. 658 c.p.c., laddove nel secondo caso, la sanatoria della morosità si realizza esclusivamente corrispondendo tutti i canoni dovuti, oltre interessi e spese, non soltanto quelli non controversi (Bucci, Crescenzi, 213; Di Marzio 1998, 290; Frasca 2001, 442, che tuttavia, sembra anche orientato nell'ammettere la possibilità di scelta tra i due istituti per l'obbligato; Masoni 2007, 471, il quale ritiene inammissibile l'accoglimento dell'istanza per la concessione del termine di grazia in presenza di una contestazione, anche solo parziale della morosità da parte dell'intimato). 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