A chi compete liquidare i compensi al custode dopo l'archiviazione? Le Sezioni Unite sciolgono il nodo

06 Aprile 2020

Se, in caso di istanza presentata successivamente alla pronuncia del provvedimento di archiviazione, la competenza a provvedere, ai sensi dell'art. 168 d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, sull'istanza di liquidazione delle spese di custodia dei beni sequestrati appartenga al giudice per le indagini preliminari o al pubblico ministero
Massima

La competenza a provvedere, ai sensi dell'art. 168 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, sulla istanza di liquidazione delle spese di custodia dei beni sequestrati, presentata successivamente all'archiviazione del procedimento, spetta al giudice per le indagini preliminari in veste di giudice dell'esecuzione.

Il caso

Con ordinanza del 20 luglio 2018, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze si dichiarava incompetente a provvedere sulla richiesta di liquidazione dei compensi inerenti all'attività di custodia di un motociclo sequestrato nell'ambito di un procedimento penale per il reato di furto, definito con decreto di archiviazione; a seguito di provvedimento il motociclo era stato restituito al legittimo proprietario.

Il giudicante si era dichiarato incompetente ai sensi dell'art. 168 d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, in base al quale «la liquidazione delle spettanze agli ausiliari del magistrato e delle indennità di custodia è effettuata con decreto di pagamento motivato, dal magistrato che procede».

Secondo l'interpretazione della norma fornita dal Gip fiorentino, alla liquidazione delle spettanze e dell'indennità di custodia non avrebbe dovuto provvedere lo stesso giudice, ma il pubblico ministero, in qualità di magistrato procedente al momento della presentazione della richiesta, al quale erano stati restituiti gli atti a seguito del decreto di archiviazione.

Di tale decisione si doleva il Procuratore della Repubblica di Firenze, denunciando, sotto un primo profilo, l'erronea interpretazione dell'art. 168 d.P.R. n. 115/2002, da individuarsi nel magistrato che ha la materiale disponibilità degli atti; e, sotto altro profilo, qualificando come abnorme il provvedimento, in quanto idoneo a determinare la stasi del procedimento e l'impossibilità di proseguirlo, atteso che, ove la liquidazione fosse stata demandata al pubblico ministero, essa si sarebbe tradotta in un atto nullo in quanto emesso da organo privo di competenza funzionale.

Con ordinanza datata 5 dicembre 2018, il ricorso veniva rimesso alle Sezioni Unite, essendosi rilevato un contrasto giurisprudenziale in ordine all'individuazione dell'autorità giudiziaria competente: in buona sostanza, la questione era imperniata sulsignificato da ascriversi alla locuzione «magistrato che procede» ai fini della liquidazione dei compensi al custode dei beni sequestrati conseguente ad istanza presentata dopo il provvedimento di archiviazione.

La questione

La questione all'esame del Consesso apicale è stata così formulata: «se, in caso di istanza presentata successivamente alla pronuncia del provvedimento di archiviazione, la competenza a provvedere, ai sensi dell'art. 168 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, sull'istanza di liquidazione delle spese di custodia dei beni sequestrati appartenga al giudice per le indagini preliminari o al pubblico ministero».

Nel primo caso, la declaratoria di incompetenza a decidere da parte del Gip – censurata con il ricorso - sarebbe qualificabile come provvedimento funzionalmente abnorme, in quanto idoneo a determinare una stasi del procedimento: qualora il pubblico ministero, per superare tale stasi, emettesse il provvedimento di liquidazione, compirebbe un atto esorbitante dalla sua competenza e, perciò, illegittimo.

Nel secondo caso (ove cioè si propendesse per la competenza del pubblico ministero a provvedere) le censure del Procuratore fiorentino sarebbero inammissibili e il provvedimento impugnato sarebbe invece legittimo.

Le soluzioni giuridiche

Nel percorso argomentativo della sentenza in commento vi è ampio richiamo alle diverse posizioni assunte al riguardo dalla giurisprudenza.

Chiarito che non è configurabile un conflitto di competenza tra pubblico ministero e giudice (in quanto configurabile solo tra organi giurisdizionali), il Consesso apicale ha evidenziato che ciò implica l'impossibilità di risolvere la divergenza di posizioni tra organo giudicante e organo requirente, traendone la conseguenza che ciò determina una stasi processuale, riguardo alla quale la giurisprudenza di legittimità ha, in casi simili, ravvisato un'ipotesi di abnormità (nella sentenza in commento vengono fra le altre richiamate Cass. pen., Sez. Unite, n. 19289 del 25 febbraio 2004, Lustri, Rv. 227355; Cass. pen., Sez. III, n. 818 del 17 novembre 2015, Bartone, Rv. 266176; Cass. pen., Sez. IV, n. 43885 del 10 luglio 2018, ignoti, Rv. 254268; Cass. pen., Sez. IV, n. 54227 del 14 settembre 2018, ignoti, Rv. 274428). Abnormità che, comportando come si è detto una stasi processuale, è qualificabile come “funzionale” (secondo la nota sentenza Cass. pen., Sez. Unite, n. 25957 del 26 marzo 2009, Toni, Rv. 243590).

Venendo al punto, le Sezioni Unite danno conto delle diverse soluzioni date alla questione.

Viene all'uopo operato, preliminarmente, un richiamo alla giurisprudenza apicale formatasi prima dell'entrata in vigore del Testo unico sulle spese di giustizia (d.P.R. n. 115/2002) che all'art. 168 attribuisce “al magistrato che procede” la competenza alla liquidazione delle competenze spettanti all'ausiliario del giudice (e, nel caso in esame, al custode di cose sequestrate). Secondo tale indirizzo giurisprudenziale (espresso da Cass. pen., Sez. Unite, n. 25161 del 24 aprile 2002, Fabrizi, Rv. 221660) la competenza a deliberare sulla richiesta di anticipazione o liquidazione finale del compenso presentata dal custode di cose sequestrate nell'ambito di procedimento penale appartiene:

  • nella fase successiva alla sentenza irrevocabile, al giudice dell'esecuzione;
  • nella fase delle indagini preliminari al P.M. il quale provvede con decreto motivato;
  • nel corso del giudizio di cognizione al giudice che ha la disponibilità del procedimento, il quale provvede "de plano",

osservandosi, in tutti i casi, le forme stabilite per il procedimento di esecuzione a norma dell'art. 666 c.p.p. Tale quadro derivava, nell'incedere argomentativo della sentenza Fabrizi, dal combinato disposto dell'art. 263 c.p.p. (che indica l'attribuzione della competenza a decidere sulla restituzione delle cose sequestrate) e dell'art. 695 c.p.p. – abrogato proprio dal d.P.R. 115/2002 - che attribuiva al giudice dell'esecuzione tutte le questioni in materia esecutiva, con l'osservanza delle forme di cui all'art. 666 c.p.p.

Nell'attuale quadro legislativo, il nodo della competenza a liquidare i compensi al custode di cose sequestrate è stato variamente risolto.

Si richiamano in proposito, nella sentenza in commento, gli arresti giurisprudenziali secondo i quali, a seguito del provvedimento di archiviazione, la competenza spetterebbe al P.M. in quanto, a tale data, il giudice non dispone più materialmente del fascicolo, restituito appunto all'ufficio di procura (Cass. pen., Sez. IV, n. 54227 del 14/09/2018, c. ignoti, Rv. 27227; Cass. pen., Sez. IV, n. 2212 del 01/10/2014, dep. 2015, c. ignoti, Rv. 261765, in tema di spese relative ad intercettazioni telefoniche; Cass. pen., Sez. IV, n.7468 del 01/12/2012, Pescatore, Rv. 254516; Cass. pen., Sez. IV, n. 26993 del 05/05/2004, Demo, Rv. 229661); e quelli secondo i quali, anche in tale ipotesi, la competenza a disporre la liquidazione spetterebbe al giudice per le indagini preliminari quale autorità procedente (Cass. pen., Sez. IV, n. 834 del 13/09/2017, dep. 2018, c. ignoti, Rv. 271748; Cass. pen.,Sez. IV, n. 24967 del 10/02/2017, c. ignoti, n.m.; Cass. pen.,Sez. V, n. 2924 del 12/11/2013, dep. 2014, c. ignoti, Rv. 257939; Cass. pen., Sez. V, n. 7710 del 09/12/2008, dep. 2009, Gabellone, Rv. 242947; Cass. pen.,Sez. V, n. 9222 del 10/02/2006, c. ignoti, Rv. 23377001; Cass. pen.,Sez. IV, ord. n. 11195 del 26/01/2005, Paolucci, Rv. 231196). In base a quest'ultimo orientamento è stato anche chiarito che, quando si parla di “magistrato procedente” ci si riferisce non già alla materiale disponibilità degli atti del fascicolo, ma al potere di “disporre del procedimento”; tant'è che il giudice per le indagini preliminari che accoglie la richiesta di archiviazione deve anche disporre in ordine alle cose sequestrate.

Le Sezioni Unite accolgono quest'ultima impostazione, muovendo dalla constatazione della natura meramente compilativa, e non novativa, del testo unico sulle spese di giustizia approvato con il ridetto d.P.R. 115/2002; con la conseguenza che conserva attualità l'indirizzo espresso dalla sentenza a SS.UU. Fabrizi dell'aprile 2002, dianzi richiamata: la quale fa espresso richiamo all'art. 263 c.p.p. e, con esso, all'attribuzione della competenza a liquidare il compenso al pubblico ministero unicamente nella fase delle indagini preliminari, e al giudice negli altri casi: ossia, per quanto qui d'interesse, al giudice dell'esecuzione a seguito della decisione non più soggetta a impugnazione. Da ciò si ricava un principio generale che individua il “magistrato che procede” nel giudice dell'esecuzione qualora il procedimento sia stato comunque definito: il che, secondo le Sezioni Unite, accade anche quando il Gip accoglie la richiesta di archiviazione, con la conseguenza che è lo stesso giudice per le indagini preliminari ad assumere la competenza a decidere sulla liquidazione, quale giudice dell'esecuzione.

Pertanto, in accoglimento del ricorso del P.M., il provvedimento del Gip che declinava la competenza in favore dell'ufficio di procura è stato annullato senza rinvio perché ritenuto abnorme.

Osservazioni

Come si è visto, la decisione delle Sezioni Unite definisce una questione sulla quale si erano, nel tempo, formati due distinti indirizzi: l'uno nel senso dell'attribuzione al pubblico ministero della competenza a decidere sulla liquidazione delle spese al custode di cose sequestrate dopo l'archiviazione del procedimento; l'altro nel senso di attribuirne la competenza al giudice per le indagini preliminari, il quale, pur non disponendo più materialmente del fascicolo, ne resta comunque il “disponente” sul piano giuridico.

Com'è ovvio, la specifica questione in esame non si presta molto a contributi dottrinari e viene per lo più affrontata in disposizioni operative ad uso interno, oltreché ovviamente in giurisprudenza.

Va da sé che la questione attorno alla quale ruota la soluzione del problema è quella, ben focalizzata nella sentenza in commento, dell'individuazione della figura di “magistrato che procede” una volta che sia intervenuta l'archiviazione da parte del giudice per le indagini preliminari. A tale questione è collaterale un altro problema: ossia se, anche dopo l'archiviazione, conservi rilevanza il fatto che l'ausiliario di cui devono liquidarsi i compensi (dunque anche il custode di cose sequestrate) sia stato nominato dal giudice oppure dal P.M.; e se, conseguentemente, la competenza a decidere sulla liquidazione debba correlarsi al rapporto fiduciario tra l'autorità giudiziaria che ha scelto l'ausiliario e quest'ultimo.

In quest'ultimo senso sembra orientarsi ad esempio G. BRESCIA, il quale ritiene che la soluzione più aderente alle opzioni di fondo del legislatore sia quella di radicare, anche dopo l'archiviazione, la competenza della liquidazione in capo al magistrato che ha richiesto l'attività dell'ausiliario, ossia – nel caso di designazione del custode di cose sottoposte a sequestro probatorio – in capo al P.M.

Di contro, la Procura della Repubblica di Tivoli, nell'intervenire sulla questione generale del pagamento di indennità e spese ai sensi del d.P.R. n. 115/2002, ha operato una distinzione fra le spese da liquidarsi ai consulenti tecnici (in relazione ai quali ha affermato che la competenza alla liquidazione è attribuita al pubblico ministero, qualunque sia la fase in cui si trovi il procedimento, richiamando Cass. pen., SS. UU. n. 9605/2014) e quelle da liquidarsi agli altri ausiliari (in relazione ai quali, richiamando la giurisprudenza formatasi in tema di liquidazione in tema di intercettazioni, ha precisato che dopo l'archiviazione - e la richiesta di archiviazione - competente alla liquidazione è il Gip).

In una nota avente ad oggetto “Liquidazione delle spese di custodia dei veicoli in sequestro presso terzi, delle spese alle fatture emesse dai gestori di telefonia, delle spese in tema di intercettazioni preventive nonché delle spese in caso di sequestro preventivo di beni mobili registrati”, la Procura della Repubblica di Trento si è allineata allo stesso indirizzo, precisando fra l'altro che “nella fase delle indagini preliminari allorché queste si siano concluse con provvedimento di archiviazione, il “magistrato che procede” tenuto a provvedere sulla richiesta di liquidazione presentata in tale fase processuale è il giudice che ha pronunciato l'archiviazione, il quale ha la disponibilità del procedimento, tanto che solo previa sua autorizzazione può essere disposta la riapertura delle indagini. E tale conclusione non muta anche allorchè la restituzione della cosa sia stata già disposta, durante le indagini preliminari, dal pubblico ministero”.

L'argomento pare dirimente: la “disponibilità” del fascicolo dopo il provvedimento d'archiviazione non è da confondere con la materiale disponibilità dell'incarto (un equivoco nel quale, pervero, sembra cadere anche la Procura di Tivoli), ma è quella prettamente giuridica che fa riferimento all'autorità giudiziaria che possa emanare disposizioni inerenti al procedimento archiviato; e quindi resta competente (anche quale magistrato che procede, ai fini di cui all'art. 168 d.P.R. 115/2002) la stessa autorità giudiziaria cui è attribuita dall'ordinamento la competenza a provvedere in materia di riapertura delle indagini ex art. 414 cod.proc.pen., ossia il giudice per le indagini preliminari.

Del resto, sotto analogo profilo, è copiosa la giurisprudenza di legittimità secondo la quale il magistrato competente a decidere sull'istanza di restituzione delle cose sequestrate dopo l'emissione del decreto di archiviazione è il Gip in funzione di giudice dell'esecuzione (ex multis Cass. pen., Sez. III, Sentenza n. 34219 del 24/06/2010, Longano, Rv. 248223, secondo il quale in caso di controversia conseguente al provvedimento di restituzione delle cose in sequestro adottato dal Gip è esperibile l'opposizione all'esecuzione; in senso conforme Cass. pen., Sez. VI, Sentenza n. 3282 del 27/09/1995, Bosteris, Rv. 203293).

A sostegno di tale tesi vi è anche un aggancio dottrinario in U. DE CRESCIENZO: il quale, nell'individuare la competenza a decidere sull'istanza di restituzione delle cose sequestrate, distingue a seconda che occorra decidere prima o contestualmente alla richiesta di archiviazione (nel qual caso competente è il P.M.) o dopo l'inoltro di tale richiesta (nel qual caso la competenza spetta al Gip).

Da panorama che precede sembra potersi concludere per la conformità della decisione delle Sezioni Unite alla complessiva logica processuale, individuando correttamente nel Gip la figura del magistrato che procede in seguito all'archiviazione del procedimento, pur dopo la restituzione materiale degli atti al P.M. ed indipendentemente dal fatto che l'incarico di ausiliario sia stato conferito da quest'ultimo: a ben vedere, infatti, tale rapporto fiduciario nulla ha a che vedere con il compito di procedere alla determinazione dell'importo da corrispondere a titolo di compenso.

Guida all'approfondimento

G.BRESCIA, Manuale del perito e del consulente tecnico nel processo civile e penale, Maggioli 2018.

U. DE CRESCIENZO, Il sequestro penale e civile, UTET 1997, 92.

Procura della Repubblica di Tivoli, Pagamento di indennità e spese ai sensi del d.P.R. n. 115/2002, nota n. 270/2016 del 28/07/2016.

Procura della Repubblica di Trento, nota Prot.llo n 207/12 –INT.1.1 – O.S.P. 25/12.

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