Il declino del criterio della maternal preference

Federica Bartoli
14 Aprile 2020

Accertato che entrambi i genitori sono idonei a rendersi collocatari prevalenti del minore, nella scelta del genitore presso il quale il figlio deve permanere prevalentemente, deve applicarsi il criterio della maternal preference?
Massima

Posto che l'unico criterio utilizzabile per la necessaria individuazione del genitore collocatario prevalente sia da individuarsi nell'interesse morale e materiale del minore, nel caso in cui, dalle risultanze della C.T.U., emerga che i genitori siano dotati di pari capacità genitoriale e predisposizione a favorire il rapporto tra il minore e l'altro genitore, il minore deve permanere prevalentemente presso il padre se questi ha maggiore tempo a disposizione rispetto alla madre.

Il caso

D.P. proponeva ricorso al Tribunale di Bari domandando i provvedimenti riguardanti il figlio minore D., classe 2009, nato fuori dal matrimonio a seguito di convivenza more uxorio con la sig.ra D.L.P.

Il sig. D.P., attualmente in congedo, premesso che il nucleo familiare viveva in Bari presso un alloggio militare di cui lo stesso era assegnatario in ragione del suo lavoro, dichiarava di provvedere in prima persona a tutte le incombenze domestiche e alla cura del figlio, avendo maggior tempo libero a disposizione rispetto alla madre, la quale svolgeva la professione di commercialista. Il sig. D.P. proponeva ricorso innanzi al Tribunale adito chiedendo il collocamento prevalente presso di sé del figlio e la calendarizzazione degli incontri madre-figlio.

Il Collegio delegava i Servizi Sociali competenti per un approfondimento istruttorio, i quali, per l'effetto, depositavano apposita relazione.

Si costituiva la sig.ra D.L.P., la quale, contestando le avverse prospettazioni, affermava di essere l'unica figura familiare in grado di tutelare l'interesse del minore in quanto il padre, oltre a non aver mai avuto un rapporto confidenziale con il figlio, soffriva di problemi di natura psicologica quali apatia, misantropia e sociopatia. Ella dichiarava, altresì, che il D.P., in passato, aveva manifestato intenti suicidi minacciando il coinvolgimento del minore. Tanto premesso, la stessa domandava il rigetto della domanda di collocamento prevalente paterno del minore e la libertà di incontri padre-figlio.

Il Tribunale di Bari disponeva una consulenza tecnica d'ufficio e, a seguito del deposito della relazione conclusiva, riservava la causa per la decisione.

La questione

Accertato che entrambi i genitori sono idonei a rendersi collocatari prevalenti del minore poiché dotati di piena ed equivalente capacità genitoriale oltreché di predisposizione a favorire il rapporto tra il minore e l'altro genitore, nella scelta del genitore presso il quale il figlio deve permanere prevalentemente, deve applicarsi il criterio della maternal preference?

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale di Bari, nell'adottare i provvedimenti riguardanti il figlio minore, nato fuori dal matrimonio tra le parti, valuta il quadro familiare come emerso dal complesso dell'istruttoria.

Ritenuta valida la consulenza tecnica espletata in corso di causa e, altrettanto utile, la relazione svolta dai Servizi Sociali, per la definizione delle questioni pendenti in ordine all'affidamento del minore, all'individuazione del genitore collocatario e al conseguente regime di incontri tra minore e l'altro genitore, il Tribunale adito prende in considerazione e pondera ogni elemento idoneo.

Sebbene la consulenza tecnica, rappresentando una situazione di pari capacità genitoriale, si concluda con una opzione in favore della madre quale genitore presso cui il figlio minore debba permanere prevalentemente, il Collegio definisce la questione in senso opposto.

Vediamo le ragioni.

La C.T.U. rileva come la ripartizione dei compiti domestici e di cura all'interno del nucleo familiare sia del tutto equilibrata tra i due genitori, ritenendo, pertanto, sia la figura paterna che quella materna idonee e capaci parimenti nell'esercizio della responsabilità genitoriale. Ancora, la consulenza tecnica evidenzia la maggiore disponibilità di tempo libero del padre, essendo questi in congedo dal lavoro, non tralasciando, però, di replicare che, sebbene la madre abbia meno tempo a disposizione, la stessa sia in grado di conciliare perfettamente il ruolo materno con lo svolgimento della sua professione di commercialista.

Tuttavia, l'assunto su cui si basa la conclusione della C.T.U., in merito all'individuazione del genitore collocatario, rimanda alla maggiore capacità della madre di essere in sintonia con gli stati d'animo del bambino. Il Collegio, posto che l'unico criterio utilizzabile nella scelta del genitore collocatario prevalente sia quello del superiore interesse del minore, ritiene che la migliore sintonia della madre con il figlio non sia, nel caso di specie, sufficiente a disporre in tal senso.

Ciò che sposta l'ago della bilancia sulla figura paterna, quale genitore collocatario prevalente, è la cospicua disponibilità di tempo e la concreta idoneità dello stesso ad assolvere ad ogni incombenza di vita del minore, circostanze, queste, ritenute meritevoli di maggiore apprezzamento rispetto all'“asserita migliore sintonia”.

In virtù di ciò, il tribunale dispone che il minore resti affidato congiuntamente ad entrambi i genitori, con collocamento prevalente presso il padre.

Osservazioni

Va in primis osservato che, in tema di collocamento prevalente dei minori presso uno o l'altro genitore, non è più così scontata la scelta del genitore collocatario.

Premesso che l'art. 337-ter c.c. impone di fare esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale della prole, nell'adozione dei provvedimenti ad essa relativi, anche in ordine alla determinazione dei tempi e delle modalità della presenza dei figli presso ciascun genitore non può che essere il superiore interesse del minore a fungere da criterio guida nella scelta del genitore collocatario prevalente.

Sembra che, per molto tempo, i giudici di merito e di legittimità abbiano fatto coincidere il superiore interesse del minore con la necessità che la figura genitoriale collocataria prevalente fosse quella materna, il c.d. criterio della maternal preference. Ciò vorrebbe dire che un genitore, in virtù del suo genere, è più idoneo rispetto all'altro a provvedere alle incombenze domestiche e alla cura dei minori. Eppure, nel sistema normativo italiano, tale considerazione non trapela da alcuna disposizione, sicché non può ritenersi un assioma, da applicare sempre e comunque, prescindendo dal caso concreto e dalle specifiche esigenze del minore.

La famiglia è cambiata e con essa sono lentamente, ma inesorabilmente, cambiate le regole. La Consulta sul punto afferma che “i concetti di famiglia e di matrimonio non possono ritenersi cristallizzati all'epoca in cui la Costituzione entrò in vigore, perché dotati della duttilità proprio dei principi costituzionali e quindi da interpretare tenendo conto non soltanto delle trasformazioni dell'ordinamento, ma anche dell'evoluzione della società e dei costumi”. A questo punto dobbiamo anche considerare l'evoluzione della società e dei costumi (così Corte cost. 14 aprile 2010, n. 138).

Non c'è più la figura della donna-casalinga subalterna a quella dell'uomo. Come non c'è più quella rigida ripartizione dei ruoli all'interno del menage familiare e segnatamente nei rapporti con i figli.

È proprio in virtù di questi cambiamenti, che si deve ritenere ormai tramontato il criterio della maternal preference nell'adozione del provvedimento relativo al collocamento dei figli, soprattutto qualora sia indiscusso che entrambi i genitori hanno piena ed equivalente capacità genitoriale.

La Corte ha più volte affermato che è nel rispetto del principio della bigenitorialità che l'individuazione del genitore collocatario deve avvenire all'esito di un giudizio prognostico da compiersi “nell'esclusivo interesse morale e materiale della prole, in merito alle capacità dei genitori di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell' unione, tenendo conto, in base ad elementi concreti, del modo in cui il padre e la madre hanno in precedenza svolto i propri compiti, delle rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità ad un assiduo rapporto, nonchè della personalità di ciascun genitore, delle sue consuetudini di vita e dell' ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore” (Cass. civ., sez. I, 16 febbraio 2018, n. 3913; Cass. civ., sez. I, 20 novembre 2019, n. 30191).

Nel caso di specie, dalla valutazione del quadro familiare, risultante da valida consulenza tecnica, è emersa l'adeguatezza sia del padre che della madre a svolgere il ruolo di genitore collocatario. Tuttavia, la stessa C.T.U. ha espresso una preferenza a favore della madre basandosi sulla maggiore sintonia con il minore.

Una definizione della questione in oggetto, da parte del Collegio, divergente dalla conclusione della C.T.U., non può considerarsi arbitraria, conformemente all'orientamento della Corte (Cass. civ., sez. I, 21 maggio 2018, n. 12458; Cass. civ., sez. I, 24 maggio 2018, n. 12957), in quanto fondata su una valutazione discrezionale degli elementi sottoposti e, peraltro, motivata.

Invero, il Tribunale di Bari ha ritenuto che la “maggiore disponibilità di tempo” da parte del padre fosse circostanza meritevole di un maggior apprezzamento rispetto alla “maggiore sintonia” della madre con il figlio, in virtù della quale, atteso che non sarà sufficiente per disporre il collocamento prevalente, occorrerà preservare “qualità e quantità di tempi”, cosicché il principio della bigenitorialità trovi applicazione concreta.

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