Polizza Infortuni e infezione da Covid-19 nel D.L. n. 18/2020 e nella circolare INAIL n. 3675/2020

Luigi Mastroroberto
21 Aprile 2020

La recente pandemia da Covid-19 ha colpito in misura rilevante anche gli operatori della Sanità nell'esercizio della loro attività professionale, causando – come purtroppo le cronache quotidianamente ci dicono – contagi che, pur senza malattia obbligano a restrizioni della loro vita e del loro lavoro e forme morbose di vari gradi di gravità, fino anche alla perdita della vita. Il Governo e l'ente pubblico maggiormente coinvolto nella tutela dei lavoratori – l'INAIL – hanno prontamente messo in campo provvedimenti specifici atti a fornire una adeguata tutela, ma lo hanno fatto con un inquadramento di questa forma morbosa che non si adatta ad uno dei prodotti assicurativi privati più diffusi nel nostro Paese, ossia la polizza infortuni.
Premessa

Il D.L. n. 18 del 17 marzo 2020, al comma 2 dell'art. 42 ed una circolare dell'INAIL che reca la stessa data (17.3.2020, n. 3675), hanno stabilito i provvedimenti da prendere per i casi «… di Covid 19 dei lavoratori dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale e, in generale, di qualsiasi altra struttura sanitaria pubblica o privata assicurata con l'Istituto, ossia medici, infermieri e altri operatori sanitari in genere, laddove sia accertata l'origine professionale del contagio, avvenuto nell'ambiente di lavoro oppure per causa determinata dallo svolgimento dell' attività lavorativa».

Sia il DL, sia questa circolare dell'INAIL qualificano l'infezione da Covid-19 come “infortunio professionale” e non come “malattia professionale” e questo evidentemente rende necessario chiedersi se una tale definizione possa essere estesa anche ai contratti privati di polizza infortuni, che pure nel nostro Paese hanno una diffusione ampia.

La struttura della polizza infortuni

Come premessa alla riflessione su questo quesito, va ricordato che il contratto di polizza infortuni privata ha, nella sua struttura essenziale, una serie di norme generali che definiscono l'oggetto e la portata della tutela e, diversificando le coperture derivanti dallo stesso tipo di contratto, una ulteriore serie di norme particolari, valide solo per specifico richiamo o per esplicita regolamentazione aggiuntiva che, derogando spesso dalle condizioni di base, estendono la copertura anche ad altre fattispecie che altrimenti non rientrerebbero nella tutela.

Partendo da questo presupposto e analizzando l'infezione da Covid-19 alla luce delle norme generali del contratto, la prima considerazione da fare è che la polizza, come stabilisce la quasi totalità dei contratti (Come sempre, commentando il rilievo di determinati eventi su un contratto di polizza, va specificato che le varie considerazioni proposte in questo articolo sono riferite alle più comuni definizioni contrattuali e non sono ovviamente riproducibili per quelle polizze che, anche sui principi generali, proponessero clausole diverse), ha per oggetto della tutela l'infortunio, ossia un evento che deve avere precisi requisiti di esteriorità, fortuità e violenza e deve essere ben identificabile nel tempo e nel luogo, tanto che, sempre il contratto, “obbliga” l'assicurato a denunciare tale evento entro un termine ben preciso (solitamente tre giorni) dal suo verificarsi. Questa precisazione va ben evidenziata per mettere in guardia da un fraintendimento che spesso si perpetra su questo tipo di copertura assicurativa che è quello di identificare l'infortunio con la lesione e non con l'evento che l'ha generata, come invece il contratto precisa. Su questo, se si tiene conto della testuale definizione contrattuale («evento dovuto a causa fortuita, violenta ed esterna, che produca lesioni fisiche oggettivamente constatabili») non mi pare vi siano mai stati dubbi, essendo evidente che l'oggetto della tutela è l'evento, che deve rispondere a determinati requisiti e che deve essere in grado di produrre (come sua conseguenza) delle lesioni obiettivamente constatabili. Evento la cui analisi e verifica risultano propedeutiche all'analisi ed alla verifica delle lesioni che da tale evento si vogliono fare discendere. Come a dire che un soggetto denunci come infortunio una lesione della cuffia dei rotatori della spalla solo perchè gli è stata diagnosticata, senza specificare come, in che modo e quando è stato vittima di un evento in grado di produrre quella lesione, cosa che evidentemente priverebbe il medico legale della possibilità di porre in essere tutte quelle verifiche che sempre si impongono in polizza infortuni sul rapporto di causalità fra evento e lesione indennizzabile.

Il contagio da Covid-19 come evento-infortunio per l'INAIL

Un contagio virale in sé considerato non solo non ha i requisiti richiesti dalla polizza ma, nella grande maggioranza dei casi, non sarà nemmeno mai possibile identificare il momento, il luogo e la modalità del contatto col virus.

In generale quindi documentare una infezione senza specificare dove, quando ed in che modo è stata contratta e ritenere che questo rappresenti un infortunio indennizzabile che rispetti i requisiti previsti dal contratto, sarebbe una franca forzatura. E va peraltro ricordato che fattispecie del genere (ossia le infezioni di qualsiasi tipo) nell'ambito della contrattualistica privata che si occupa della salute dell'assicurato, sono sempre state inserite nella tutela “malattia” e non nella tutela “infortuni”, atteso che col termine “malattia”, sempre per definizione contrattuale, si intende proprio «ogni alterazione dello stato di salute non dipendente da infortunio».

L'INAIL, che pure ha una definizione normativa di infortunio analoga a quella delle polizze private, riferendosi, nella circolare del 17 marzo 2020, alle malattie determinate dalla infezione da Covid-19, ma anche solo alle restrizioni cliniche e lavorative determinate dalla presenza del virus, anche in assenza di una vera e/o significativa alterazione dello stato di salute, ha in qualche modo superato le restrizioni che la stessa definizione comporta, riferendosi ad una disposizione interna che risale ormai alla metà degli anni novanta (la n. 74 del 23 novembre 1995) e che scaturiva da una interpretazione giurisprudenziale, la prima delle quali risalente addirittura al 1982. Ricordando che in quegli anni la normativa INAIL vigente (d.P.R. n. 1124/1965) prevedeva una tutela economica più vantaggiosa e più facilmente accessibile per gli infortuni professionali rispetto a quella prevista per le malattie contratte a causa o in occasione di lavoro, vi fu un evidente intento di estendere il più possibile la tutela ai lavoratori e per questo le malattie infettive e parassitarie contratte in occasione e a causa di lavoro furono equiparate ad infortunio sulla semplice affermazione (nata dalla opinione di alcuni CTU) secondo cui il requisito della violenza previsto dalla definizione di infortunio era identificato nella “virulenza” dell'agente infettante (senza distinzione fra virus, batteri o parassiti).

La non riproducibilità della tesi INAIL nella polizza privata contro gli infortuni

Una tale tesi, per i motivi su elencati, non ha mai trovato accoglimento nella polizza infortuni privata e, trattandosi della sola motivazione addotta dall'INAIL per ammettere ad infortunio l'infezione da corona virus, non mi pare che la pur drammatica contingenza di questa pandemia possa mutare l'interpretazione che fin da quegli anni è stata data. Peraltro – considerazione che già all'epoca risultò prevalente anche se riferita ad altre forme di malattie ad origine infettiva – se si ammettesse oggi come infortunio un contagio da Covid-19 per il solo fatto che la virulenza soddisfa il requisito della violenza, si dovrebbe consequenzialmente ritenere tutelata in polizza infortuni qualsiasi malattia causata da una infezione virale, batterica o parassitaria, ad esempio le comuni forme influenzali, il morbillo, le polmoniti batteriche, la malaria… e via elencando).

Altro punto della circolare dell'INAIL che si sta commentando in base al quale l'Istituto ha ritenuto di poter derogare dalle regole generali che caratterizzano gli infortuni propriamente detti, riguarda la circostanza del contagio. Il documento testualmente riporta: «… In base alle istruzioni per la trattazione delle malattie infettive e parassitarie la tutela assicurativa si estende anche alle ipotesi in cui l'identificazione delle cause e modalità lavorative del contagio si presenti problematica. Ne discende che, ove l'episodio che ha determinato il contagio non sia percepito o non possa essere provato dal lavoratore, si può comunque presumere che lo stesso si sia verificato in considerazione delle mansioni/lavorazioni e di ogni altro indizio che in tal senso deponga». Di nuovo quindi si manifesta evidente la finalità dell'Istituto nell'estendere la tutela previdenziale del lavoratore fino ad adottare un criterio di mera presunzione nell'identificare un evento (in questo caso il semplice contatto, spesso solo aereo e nemmeno fisico) che è posto alla base della copertura assicurativa, cosa che non è invece prevista per la polizza infortuni la quale, come si è già detto più volte, parte dalla identificazione dello specifico evento, dalla analisi dei suoi requisiti e della sua efficienza causale a generare «lesioni fisiche obiettivamente constatabili».

Le polizze infortuni a tutela del personale della Sanità

Tutto questo dunque vale per tutte le “usuali” polizze infortuni, ma vale anche per quelle specifiche che, in particolare, assicurano il personale sanitario.

Non che siano tutte uguali ed è evidente che la verifica andrà effettuata caso per caso e non escludo che vi possa essere in circolazione qualche contratto di polizza infortuni che già estende, senza alcuna limitazione, la copertura alle malattie infettive, nel qual caso evidentemente la malattia generata dal contagio dal Covid-19 sarebbe tutelata da una norma specifica che deroga dalle condizioni generali di assicurazione.

Ricordo infatti che normalmente i prodotti di polizza, dopo aver definito l'oggetto della tutela, contengono un ulteriore articolo che va sotto il nome di “estensioni della garanzia” e che fa riferimento a circostanze di cui l'assicuratore è consapevole che non sono ricomprese dalla normativa generale, ma per sua volontà esplicita ritiene debbano essere inserite nella copertura. Per cui, come per il congelamento, i colpi di calore, l'asfissia non di origine morbosa (che certamente non rispondono ai requisiti dell'infortunio) … e via elencando, se vi fosse in quella sezione della polizza una estensione della copertura anche alle infezioni virali, batteriche e/o parassitarie senza alcuna altra precisazione, non resterebbe all'assicuratore che valutarne le conseguenze indennizzabili e provvedere alla erogazione del quantum dovuto, senza poter opporre le altre norme che invece ne escluderebbero la copertura.

Ma personalmente non ho notizia di contratti che prevedano estensioni del genere.

Spesso anzi in questa sezione della polizza ed in particolare nei contratti a tutela del personale sanitario vi sono estensioni della copertura anche a patologie di natura infettiva, ma a ben guardare, esse stesse rappresentano motivo per escludere che una classica infezione da corona virus possa essere indennizzabile in polizza infortuni.

Intanto, anche queste polizze prevedono, nelle condizioni generali di assicurazione, una usuale definizione di infortunio ed una classica formulazione dei criteri di indennizzabilità che in ogni caso (come meglio dirò di seguito) escluderebbe dalla copertura quelle conseguenze mortali o invalidanti alla cui origine (come avviene nella maggioranza dei casi) vi è il concorso di condizioni patologiche preesistenti.

Più nello specifico, queste polizze (nella formulazione più diffusa) si occupano di “infezioni” in due punti dell'articolo che elenca le estensioni della garanzia. La più frequente è l'estensione della copertura anche alle infezioni, ma solo a quelle causate da morsi di animali, punture di insetti o contatti con piante. E non è certo questo il caso del corona virus, che prevede un contagio interumano e non mediato né da animali né da piante.

Sempre nella stessa sezione della polizza, trattandosi gli assicurati di operatori della sanità, la copertura è estesa anche alle malattie virali conseguenti a traumi “e/o contatto” (non dice con chi o con cosa, ma è evidente il riferimento a pazienti o materiali infetti), ma precisa anche che «… la garanzia è subordinata alla denuncia dell'infortunio entro 30 giorni dal fatto», a ribadire la necessità di individuare con precisione l'evento, anche solo la circostanza che ha provocato il contagio. Ed a ribadirlo è il periodo successivo che subordina la copertura alla dimostrazione che in quel momento il professionista non era già contagiato e che è divenuto positivo solo successivamente al trauma o al contatto incriminati. Questa disposizione interessa in particolare le infezioni da HIV e da virus epatitici e prevede che, qualora l'operatore sanitario si punga accidentalmente con un ago infetto o venga a contatto con materiali biologici di pazienti portatori di uno di questi virus, perché l'infezione che eventualmente gli dovesse essere stata trasmessa risulti indennizzabile, è necessario che l'assicurato denunci subito l'evento e verifichi che in quel momento non era già portatore di uno di quei virus. Solo se successivamente, nei tempi di incubazione previsti, dovesse comparire la presenza del virus, la malattia che dal contagio dovesse manifestarsi sarebbe coperta dall'assicurazione. Di nuovo quindi il presupposto a che la polizza sia operante resta l'individuazione di un evento ben individuabile e che sia stato proprio quello il veicolo dell'infezione.

Un terzo punto del contratto che potrebbe riguardare le infezioni da Covid-19 nei dipendenti dell'Azienda sanitaria assicurata è quello che estende la copertura anche alle malattie professionali. Di nuovo però è la stessa normativa INAIL a impedire a questo tipo di contagio l'ingresso nella tutela della polizza infortuni. Non solo questa clausola vincola la copertura per le malattie professionali a quelle elencate dal d.P.R. n. 1124/1965 (che ovviamente non prevedevano il corona virus), ma un tale contagio non è inseribile nemmeno nelle “successive modifiche” di quell'elenco (che in realtà estendono la copertura a tutte le malattie contratte in occasione di lavoro e a causa di lavoro), atteso che l'INAIL stesso, come detto sopra, nella sua circolare ha ribadito che per l'Ente le infezioni da Covid-19 sono considerate infortuni sul lavoro e non malattie professionali.

Le conseguenze eventualmente indennizzabili di una malattia determinata dal contagio da Covid-19

I dati oggi disponibili (comunque preliminari e non ancora del tutto scientificamente validati) ci dicono che le morti da corona virus, nella grande maggioranza, non sono state conseguenza unica diretta ed esclusiva della malattia indotta dal virus, ma hanno interessato (con percentuali elevatissime, anche fino al 90%) soggetti già portatori di altre malattie, senza le quali probabilmente il decesso non vi sarebbe stato. Tanto che, sempre in riferimento alle statistiche in circolazione, sembrerebbe che meno del 2% di queste morti abbia riguardato soggetti “integri e sani”. Né, almeno al momento, si ha notizia di significativi danni permanenti in quei casi in cui l'infezione ha generato, con nesso di causalità unico, diretto ed esclusivo, una malattia che ha necessitato di ricovero in ospedale. Si ha anzi notizia (ad oggi però solo giornalistica) anche di soggetti che hanno avuto una sostanziale restitutio ad integrum, nonostante la polmonite che li ha colpiti sia stata di gravità tale da richiedere un trattamento in rianimazione. Di nuovo quindi, viene a sottolinearsi la diversa tutela che fornisce l'INAIL ai lavoratori suoi assicurati rispetto a chi ha una polizza infortuni, laddove il principio di causalità applicato dall'Istituto ammette anche gli eventi concausati (sia le concause di lesione, sia le concause di menomazione e morte), mentre la norma della polizza privata che definisce i criteri di indennizzabilità – come è noto – ammette solo le conseguenze dirette ed esclusive, indipendentemente dal maggio pregiudizio che ad esse possano portare alterazioni patologiche preesistenti o sopravvenute, ammettendo dunque ad indennizzo solo ciò che si sarebbe verificato in un soggetto “integro e sano”.

Conclusioni

A commento finale di questa nota, nonostante tutto non sono da nascondere i rischi di fraintendimento che la norma del decreto 18/2020 e la circolare dell'INAIL potrebbero generare nella gestione dei casi di malattia da Covid-19 (da non confondere con il semplice contagio che molto spesso non determina alcuna “lesione corporale obiettivamente constatabile”) denunciati su polizza infortuni. Al di là però dell'inevitabile impatto emotivo che una tale tragedia sta suscitando, se si derogasse alle norme del contratto solo perché l'INAIL (le cui finalità di tutela sono ben diverse da quelle di un contratto di polizza infortuni, volte a tutelare il più possibile il lavoratore da ogni evento morboso che possa contrarre in occasione e a causa di lavoro) ha considerato le malattie e le morti attribuibili ad un contagio da corona virus come infortunio e non come malattia, si aprirebbe una “falla” che estenderebbe la tutela della polizza infortuni a tutte le malattie infettive (tubercolosi, meningite, morbillo, epatiti… ecc.) che a tutti gli effetti, per rimanere nel gergo assicurativo, sono da considerare malattia (che pure possono essere oggetto di specifiche coperture sia per la morte, sia per la invalidità permanente, sia ancora per garanzie temporanee) e non infortuni. E se l'intento del mercato assicurativo fosse quello di voler invece estendere la tutela offerta dalla polizza infortuni anche alle conseguenze di questa pandemia, sarebbe allora necessario creare una estensione ad hoc, specifica, che operi per queste forme morbose, ma non consenta, in seguito, di aprire la polizza a tutte le altre malattie infettive. Del resto, con inconsueta tempestività, collocando le infezioni da corona virus – anche quelle che non determinano malattie significative, ma solo un contagio che obbliga alla restrizione della cosiddetta quarantena – nell'ambito della tutela da malattia, già oggi vi sono imprese che queste specifiche coperture le hanno proposte al mercato, anche se al momento solo nelle coperture collettive.

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