Spetta al padre spostarsi se vuole vedere la figlia

Michol Fiorendi
24 Aprile 2020

È da considerarsi violata la libertà personale del padre se il giudice, decidendo nel preminente interesse della figlia, stabilisce che debba essere lui a spostarsi in altro comune per vederla?
Massima

Non si viola la libertà personale del padre, né gli si impone un domicilio forzato, stabilendo che debba essere lui a spostarsi per poter esercitare il proprio diritto di visita verso la figlia. Tale decisione è da ritenersi più confacente all'interesse della ragazza, oltre che di minor compressione delle esigenze di entrambi i genitori, garantendole la possibilità di mantenere un rapporto significativo con gli stessi.

Il caso

Un padre separato, genitore non collocatario, in regime di affidamento condiviso della figlia, presenta ricorso contro la decisione della Corte d'Appello territoriale che stabilisce che debba essere lui a spostarsi per esercitare il suo diritto di visita verso la ragazza.

Il padre ritiene che tale sentenza violi la sua libertà personale, di movimento e di residenza.

I giudici di seconde cure stabiliscono, infatti, che è più opportuno e maggiormente rispondente alle esigenze della figlia imporre al padre di muoversi per raggiungerla, essendo la ragazza residente con la madre in altro Comune. Ciò in considerazione dei minori impegni lavorativi del padre rispetto alla madre, ed avendo quest'ultima messo a disposizione del padre un appartamento da utilizzare nei giorni della settimana che trascorre insieme alla figlia.

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 4285/2020, respinge il ricorso del padre, ritenendo che l'esame svolto dalla Corte territoriale abbia adeguatamente tenuto in considerazione l'esclusivo interesse della figlia, avendo la stessa effettuato una valutazione alla luce delle risultanze della Ctu che ha stabilito che «il trasferimento della bambina non svolgerebbe certamente una funzione migliorativa, a meno che tale trasferimento non venga effettuato da entrambi i genitori così che il cambiamento scolastico, relazionale, ambientale in un contesto di continuità affettiva, relazionale e parentale, assumendo il tal caso anche una valenza positiva in quanto ulteriore stimolo a favorire il coping e lo sviluppo psico-emotivo».

Per quanto attiene la doglianza del padre con la quale evidenzia la violazione della sua libertà personale, la Suprema Corte dichiara che il provvedimento assunto dalla Corte territoriale non può considerarsi restrittivo di questo suo diritto poiché è stato adottato per rispondere alle esigenze di una piena frequentazione della figlia con entrambi i genitori.

Si tratta di un provvedimento non coercibile nei confronti del padre e che, nell'ipotesi di un suo rifiuto a risiedere con la figlia, imporrà di fatto la stabile residenza della ragazza presso la madre, in attesa dell'eventuale revisione del collocamento da valutare alla luce del preminente e migliore interesse della ragazza.

La questione

È da considerarsi violata la libertà personale del padre se il giudice, decidendo nel preminente interesse della figlia, stabilisce che debba essere lui a spostarsi in altro Comune per vederla?

Le soluzioni giuridiche

In materia di diritto di visita, sono molte, variegate ed interessanti le pronunce e vale la pena ricordarne alcune.

Una, in particolare, ricorda che le norme sul diritto dei minori di conservare rapporti significativi con gli ascendenti non attribuiscono a questi ultimi un autonomo diritto di visita, ma introducono un elemento ulteriore di indagine e di valutazione nella scelta e nell'articolazione dei provvedimenti da adottare nella prospettiva di una rafforzata tutela del diritto del minore ad una crescita serena ed equilibrata.

Un'altra ancora, afferma che il trasferimento di residenza del coniuge separato in una località distante da quella ove risiede l'ex non è circostanza idonea a privarlo dell'idoneità ad avere in affidamento i figli minori. Dinanzi a tale evenienza, pur incidente in negativo sulla quotidianità dei rapporti con il genitore non affidatario, il giudice deve quindi valutare solo se è più funzionale all'interesse della prole il collocamento presso la madre o il padre.

Ed ancora, se il genitore non esercita il proprio diritto di visita ripetutamente, il giudice può far discendere da tale suo comportamento l'applicazione eccezionale dell'affidamento esclusivo in capo all'altro.

Pur non essendo il diritto di visita un diritto coercibile, infatti, ciò non vuol dire che il suo mancato esercizio non dia luogo ad alcuna conseguenza.

Anzi, vi è di più: in casi estremi, l'assenteismo del genitore non collocatario può comportare conseguenze anche più pesanti, ovverosia sia la decadenza della responsabilità genitoriale ai sensi dell'art. 350 c.p.c. , nonché la responsabilità penale per il reato di cui all'art. 570 c.p., ed, infine, l'obbligo al risarcimento del danno.

Il diritto di visita, infatti, rappresenta non solo un diritto ma anche un vero e proprio dovere nei confronti dei figli e dell'altro genitore. Ai figli, più in particolare, deve essere garantito il diritto alla bigenitorialità, mentre all'altro genitore la solidarietà negli oneri verso i figli.

Nel caso di specie, come detto, la Cassazione considera le valutazioni del consulente tecnico d'ufficio, ma mette al primo posto l'interesse della cura e dello sviluppo della ragazza, senza fare venire meno le esigenze dei genitori.

La Suprema Corte ha respinto il ricorso del papà con queste motivazioni: «È evidente che, essendo entrambi i genitori residenti in luoghi diversi e desiderosi entrambi di mantenere un regime di piena condivisione dell'affidamento della figlia, che, a sua volta, non può sobbarcarsi, se non altro per le sue esigenze scolastiche, a un pendolarismo fra i due luoghi di residenza dei genitori, la soluzione adottata dalla Corte d'appello viene necessariamente ad operare un bilanciamento fra gli interessi e le esigenze dei due genitori, che tiene conto degli impegni lavorativi della madre e della maggiore disponibilità di tempo del padre, cui viene incontro imponendo la messa a disposizione di una residenza da parte della madre». Dunque, il provvedimento della Corte d'appello territoriale, secondo i giudici della Suprema Corte, non può considerarsi restrittivo della libertà personale e di residenza del padre perché adottato per rispondere alle esigenze di una piena frequentazione della figlia con entrambi i genitori. Nell'ipotesi in cui il papà rifiuti tale soluzione, verrà imposta, di fatto, la stabile residenza della bambina presso la madre, in attesa della eventuale revisione del collocamento, da valutare sempre alla luce del preminente e migliore interesse della figlia.

Osservazioni

L'istituto dell'affidamento condiviso è stato introdotto nel nostro ordinamento giuridico con la l. n. 54/2006 ed è stato parzialmente rivisto dalle più recenti sentenze della Corte di Cassazione.

Se l‘articolo 337-ter c.c. impone al giudice di valutare «prioritariamente possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori», in modo da realizzare al meglio il diritto dei bambini a «mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi», con le ultime pronunce, la Suprema Corte, fa alcune precisazioni volte a definire meglio i termini dell'affido, appoggiando sì il concetto di bigenitorialità, ma a certe condizioni.

L'affidamento condiviso è da considerarsi una condizione ideale per i figli dopo la separazione dei genitori, a patto che sia vissuto in modo pieno e rispettoso di quanto previsto dalla legge che, a tal riguardo, stabilisce con chiarezza che, anche dopo la rottura dell'unità familiare, i bambini debbano restare affidati a entrambi i genitori, salvo i casi più rari di affido esclusivo, ed conservino il diritto di mantenere rapporti equilibrati e continuativi sia con la madre che con il padre, così come con i parenti di ciascuno di loro.

Il Giudice, se manca l'accordo tra le parti, deve determinare i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore.

Ed è il quest'ultima condizione che si racchiude quello che comunemente viene definito “diritto di visita” che rappresenta, in realtà, una pura invenzione giuridica, vale a dire la “collocazione” dei figli presso uno dei genitori.

Nessuna norma, infatti, la prevede e di qui l'inevitabile riflessione: se i figli sono affidati ad entrambi i genitori, come l'affido condiviso richiede, essi teoricamente dovrebbero stare con ciascuno di loro per tempi paritari e non dovrebbe esistere un genitore al quale fare visita.

Senza addentrarsi nel tema della collocazione prevalente dei figli che – proprio in quanto non prevista per legge – è da ritenersi condivisibile solo quando il frutto di una precisa e ponderata scelta dei genitori o, come nel caso di specie, sia effetto di una distanza territoriale di uno di loro, vorrei, invece, in questo commento, soffermarmi sullo specifico problema delle frequentazioni tra i figli e i genitori non collocatari, ossia il genitore che ha il cosiddetto diritto di visita dei minori, ma che non risiede con loro in modo abituale.

La legge non fornisce indicazioni a riguardo, ma la prevalente giurisprudenza di merito detta un principio generale di prudenza e buon senso nella gestione di questo specifico problema pratico.

I giudici hanno chiarito che la necessità di garantire, in caso di affidamento condiviso, la presenza del bambino presso il genitore non collocatario non deve attuarsi costringendo il figlio a spostamenti continui, specie quelli infrasettimanali.

In tal senso, secondo costante giurisprudenza, il giudice della separazione dei coniugi deve assicurare, in difetto di specifiche situazioni ostative, il mantenimento dei rapporti tra figli e genitore non affidatario, nei limiti compatibili con la frattura del nucleo familiare, tenuto conto che l'equilibrato sviluppo dei figli, cui devono tendere detti provvedimenti, necessita dell'apporto di entrambi i genitori.

Infatti, il coniuge non affidatario, secondo l'espresso disposto dell'art. 155, comma 3 c.c., ha il diritto di vedersi garantito una sufficiente possibilità di rapporti con il figlio minore affidato all'altro coniuge, sia al fine di essere in grado di guadagnarsi l'affetto ed il rispetto del figlio stesso, sia al fine di conservare e rafforzare i rapporti affettivi con il figlio, oltre ad avere il doveredi contribuire adeguatamente al mantenimento economico ed all'educazione del minore.

Tuttavia, il diritto di visita del coniuge non affidatario non ha carattere assoluto, ma resta viceversa subordinato ai preminenti interessi morali e materiali dei minori.

Alla stregua di ciò, ben può essere limitato o anche disconosciuto - nel senso di poter essere sospeso - dal Giudice ove ricorrono gravi e comprovate ragioni di incompatibilità del suo esercizio con la salute psico-fisica del minore stesso.

Tali gravi motivi non possono essere ricondotti unicamente alla pregressa condotta del genitore, nel senso che non può essere negato per considerazioni di tipo sanzionatorio attinenti a responsabilità nella separazione, occorrendo invece avere riguardo, in caso di gravi condotte pregresse, soprattutto all'impatto psicologico sui minori delle vicende dalle quali si fa derivare la sospensione del diritto di visita.

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