Accordo sull'assegno divorzile una tantum e pendenza del giudizio in cassazione

Giulio Montalcini
29 Aprile 2020

Le determinazioni delle parti contenute in un accordo stragiudiziale raggiunto nelle more del giudizio, che abbia stabilito la corresponsione una tantum dell'assegno divorzile da parte di uno dei coniugi in favore dell'altro, sono idonee a far venire meno l'interesse ad agire e a determinare la materia del contendere in sede di legittimità?
Massima

Il raggiungimento di un accordo fra gli ex coniugi per la corresponsione dell'assegno di divorzio in un'unica soluzione non comporta il venir meno dell'interesse ad agire, né la cessazione della materia del contendere nel giudizio davanti alla Corte di Cassazione, davanti alla quale pende il procedimento avverso la liquidazione dell'assegno stabilita dal giudice di merito.

Il caso

Il Tribunale di Pordenone aveva dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio, disponendo, fra l'altro, che il marito versasse alla ex moglie un assegno divorzile nella misura di Euro 1.000,00 mensili. La Corte d'Appello di Trieste, accogliendo parzialmente il gravame interposto dal marito, aveva ridotto l'importo dell'assegno ad Euro 500,00 mensili. Il marito ha proposto ricorso per cassazione, invocando i principi espressi dalla recente pronuncia delle Sezioni Unite n. 18287/2018. Nelle more del giudizio di legittimità, le parti raggiungono un accordo stragiudiziale in forza del quale il marito si era impegnato a versare alla moglie, in un'unica soluzione, un assegno divorzile per l'importo di Euro 20.000,00, così come previsto dal comma 8 dell'art. 5 l. n. 898/1970. I procuratori delle parti chiedono alla Suprema Corte di recepire il contenuto della predetta scrittura, con conseguente cassazione della sentenza gravata, ma detta istanza viene respinta.

La questione

All'esame della Suprema Corte si è posto il presente quesito: se le determinazioni delle parti contenute in un accordo stragiudiziale raggiunto nelle more del giudizio, che abbia stabilito la corresponsione una tantum dell'assegno divorzile da parte di uno dei coniugi in favore dell'altro, siano idonee a far venire meno l'interesse ad agire e a determinare la materia del contendere in sede di legittimità.

Le soluzioni giuridiche

Come noto, l'art. 5 l. n. 898/1970, al comma sesto, stabilisce che, con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto di alcune circostanze specifiche, fra le quali, ad esempio, la durata del matrimonio, ovvero il contributo personale ed economico alla coppia offerto in costanza di matrimonio da ciascuno dei coniugi, può imporre l'obbligo a carico di uno dei coniugi di corrispondere all'altro un assegno periodico, quando quest'ultimo non abbia mezzi adeguati o comunque non sia in grado di procacciarseli per ragioni oggettive. In alternativa, su accordo delle parti, il comma ottavo del medesimo articolo stabilisce che la corresponsione dell'assegno possa avvenire anche in un'unica soluzione, ove questa sia ritenuta equa dal tribunale.

La legge stabilisce che, in caso di assegno una tantum recepito dal tribunale competente, agli ex coniugi sia preclusa ogni ulteriore ed eventuale domanda di contenuto economico.

La decisione in ordine alla corresponsione dell'assegno in un'unica soluzione ha, dunque, effetto tombale sui rapporti patrimoniali degli ex coniugi, poiché comporta, in primo luogo, l'impossibilità futura di modificare e/o revocare la misura (ipotesi, invece, consentita dalla legge nel caso di assegno periodico) e, in secondo luogo, annulla ogni futura pretesa di carattere economico (si pensi, al diritto alla pensione di reversibilità, riconosciuto al titolare di assegno periodico, non riconosciuto a chi ha beneficiato dell'assegno una tantum: cfr. Cass. civ. 9054/2016; Cass. civ. sez. un., 22434/2018).

È bene ricordare, però, che l'effetto summenzionato non si estende all'ipotesi in cui gli ex coniugi abbiano convenuto di regolare con le medesime modalità e, cioè, per il tramite della corresponsione una tantum, anche i rapporti patrimoniali rispetto ai figli minori o non economicamente autosufficienti. In questa circostanza la Cassazione ammette la revisione degli accordi ai sensi dell'art. 9, l. 898/1970, così come è previsto per il caso di assegno periodico (cfr. Cass. Civ. 13424/2014).

Per accedere alla misura dell'assegno una tantum divorzile è necessaria la compresenza di 3 requisiti:

1) L'accordo fra i coniugi divorziandi;

2) L'assenza della previsione di qualsivoglia prestazione patrimoniale periodica;

3) La sussistenza di uno squilibrio fra le capacità economico-reddituali dei divorziandi;

4) Il vaglio di equità da parte del tribunale competente.

Chi accetta l'assegno una tantum rinuncia, pertanto, a una serie di diritti spettanti, di norma, al coniuge divorziato, rescindendo ogni pregresso rapporto economico di solidarietà post-matrimoniale.

Da ciò si ricava la strutturale differenza fra la misura una tantum e quella periodica, tanto dal punto di vista della natura giuridica quanto degli effetti, nonché dell'assoggettabilità alle norme.

Sotto quest'ultimo profilo, è stata riconosciuta l'applicabilità all'accordo per la corresponsione una tantum della disciplina normativa generale in materia di contratti. La misura è stata ricondotta sotto la figura del negozio atipico di natura aleatoria, i cui effetti rimangono vincolati alla preventiva valutazione di equità effettuata dal tribunale.

Può, pertanto, affermarsi che l'accordo dei divorziandi, pur fungendo da presupposto alla definizione una tantum dei rapporti patrimoniali fra le parti, si sostanzia in un mero prerequisito improduttivo di effetti giuridici.

La corresponsione una tantum presuppone pur sempre la sussistenza di coniugi in situazione economica e patrimoniale differenziata e, quindi, l'erogazione a favore di uno di essi di un beneficio economico. In questo senso, una recente pronuncia di merito aveva a ritenere inammissibile la clausola contenuta in un accordo di divorzio con cui le parti avevano previsto reciproche concessioni a titolo di una tantum.

L'ipotesi della cosiddetta “doppia una tantum” è inammissibile perché incompatibile con la ratio della misura dell'assegno divorzile, in quanto presuppone un'illogica situazione di reciproco svantaggio economico e costituisce un'inammissibile rinuncia preventiva al diritto all'assegno (Trib. Milano, 16 aprile 2015).

In detta pronuncia il giudice di merito aveva ad affermare che la decisione di optare per l'una tantum «non è affidata alla libera scelta dei coniugi: la natura assistenziale e tendenzialmente pubblicistica dell'assegno divorzile esclude un regime di libera disponibilità e, pertanto clausole dispositive del diritto al sostegno solidaristico devono essere vagliate dall'Autorità Giudiziaria».

Osservazioni

Come è noto il requisito del vaglio dell'organo giudicante sull'assegno una tantum è stato introdotto dal Legislatore del 1987 con una novella alla Legge 898/1970, allo scopo di tutelare il coniuge più debole contro una scelta lesiva quale è potenzialmente l'accettazione di detta forma d'assegno, valutate le conseguenze sul piano giuridico, appena illustrate, che ne derivano.

La Suprema Corte, nel caso in oggetto, ha stabilito che l'accordo fra i divorziandi per la corresponsione una tantum dell'assegno divorzile ai sensi del comma ottavo dell'art. 5 l. n. 898/1970, essendo subordinato al preventivo vaglio di equità da parte del giudice “sull'adeguatezza della somma concordemente individuata”, non comporta “la cessazione della materia del contendere” nel giudizio di legittimità instaurato dall'ex coniuge, il quale abbia richiesto al giudice di fare corretta applicazione dei canoni normativi previsti dalla l. n. 898/1970, articolo 5, in tema di assegno divorzio, alla luce dei più recenti principi espressi dalle Sezioni Unite nella nota sentenza n. 18287/2018.

La scrittura privata prodotta in giudizio dal marito con il quale egli dà atto dell'intervenuto accordo fra le parti, non attesta “l'intervenuta definizione della controversia con un accordo negoziale”, bensì pone soltanto le basi per la successiva valutazione di equità dell'importo forfettariamente individuato da parte dell'organo giudicante, il quale, in caso di esito positivo, può disporre la sostituzione dell'assegno periodico con quello una tantum.

Pertanto, la Suprema Corte ha provveduto a cassare la sentenza impugnata con rinvio, senza procedere alla decisione nel merito, come aveva richiesto il ricorrente nel proprio atto introduttivo, affinché la Corte d'appello, previa rimessione in istruttoria delle parti, effettui una nuova indagine sui reciproci mezzi di sostentamento della coppia, alla luce dei principi più recenti espressi dalle Sezioni Unite.

La richiesta di cassazione della sentenza d'appello con conseguente accoglimento del contenuto dell'accordo stragiudiziale di corresponsione una tantum dell'assegno non è stata accolta, in ragione del fatto che il vaglio di equità da parte del giudice sull'adeguatezza dell'importo concordemente pattuito avrebbe comportato una valutazione nel merito dei fatti di causa, preclusa al giudizio di legittimità. Da ciò ne è derivata la cassazione con rinvio della sentenza della Corte triestina, con invito al giudice d'appello a rimettere le parti in istruttoria, fermo il principio di diritto affermato dalla Suprema Corte.

La pronuncia in commento appare in linea con la volontà del legislatore nella parte in cui afferma che l'accordo delle parti confluito nella scrittura prodotta in giudizio «pone le basi ma non definisce la lite nel senso voluto dalle parti, poiché le loro determinazioni rimangono comunque soggette a un controllo giudiziale di equità sull'adeguatezza della somma concordemente individuata, in ragione delle gravi conseguenze riconnesse a una simile forma di liquidazione».

La peculiarità dell'accordo sull'assegno una tantum esclude l'operatività del principio generale, ribadito ancora di recente dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite; si è infatti affermato che, quando nel corso del giudizio di legittimità le parti definiscono la controversia con un accordo consensuale, la Suprema Corte deve dichiarare la cessazione della materia del contendere, non potendosi inquadrare la situazione in una delle tipologie di decisione contemplate dal codice di rito (Cass. civ., sez. un., 11 aprile 2018, n. 8980).

Pertanto, la Suprema Corte ha ritenuto sussistente, nel caso di specie, l'interesse in capo al ricorrente a una definizione della lite che tenga conto dei più recenti principi espressi dalla Sezioni Unite. La valutazione di equità circa l'adeguatezza dell'importo è stata rimessa alla Corte d'Appello, affinché faccia proprio il principio per cui la natura dell'assegno divorzile è di tipo composito, valorizzando l'aspetto perequativo e compensativo dello stesso.

Alla luce della pronuncia in esame, può giungersi ad affermare che, anche laddove le parti siano addivenute ad un accordo una tantum sull'assegno divorzile, il giudice di merito, nella propria valutazione di adeguatezza dell'importo concordato, è tenuto al rispetto del principio di diritto affermato, da ultimo, nella sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 18287/2018.

Ci si domanda se il tribunale, nel compiere la propria valutazione, debba limitarsi alla sola valutazione del quantum concordemente individuato delle parti, ovvero si possa spingere a sindacare d'ufficio la stessa volontà delle parti di addivenire a un accordo per la corresponsione dell'assegno in un'unica soluzione, quando questa misura appaia lesiva della sfera giuridica del coniuge economicamente più debole.

Da una lettura stricto sensu dell'enunciato dell'ordinanza in esame, pare doversi escludere quest'ultima ipotesi.

Tuttavia, la necessità di valutare l'equità dell'importo dell'assegno implica comunque un preventivo sindacato d'ufficio sulla sussistenza dei presupposti per addivenire all'accordo una tantum e, in particolare, del requisito dello squilibrio economico fra i divorziandi.

Da ciò si ricava la natura sostanzialmente indisponibile dell'assegno divorzile che viene riaffermata dall'ordinanza in commento in modo del tutto coerente con la sentenza delle Sezioni Unite n. 8980/2018 in precedenza richiamata.

Guida all'approfondimento

A. Simeone, Inammissibilità dell'una tantum reciproca in sede di divorzio, in ilfamiliarista.it, 7 luglio 2015.

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