L'eccessiva conflittualità tra i genitori impedisce l'affido condiviso

Sabina Anna Rita Galluzzo
05 Maggio 2020

In forza dell'affido condiviso, istituto fondato sul principio della bigenitorialità, il figlio ha diritto ad avere accanto, pur dopo la separazione dei genitori, sia madre che padre. Nonostante i possibili rapporti conflittuali tra ex conviventi ed ex coniugi ci si è chiesti se la conflittualità tra genitori, sia o meno ostativa all'applicazione dell'affido condiviso. Inoltre nel caso in cui si ritenga applicabile l'istituto ci si domanda fino a che punto un contrasto tra madre e padre possa essere conciliato con un affidamento ad entrambi.
Massima

La mera conflittualità riscontrata tra i genitori non coniugati, che vivono separati, non preclude - in via di principio - il ricorso al regime preferenziale dell'affidamento condiviso dei figli ove si mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per la prole, mentre può assumere connotati ostativi alla relativa applicazione, ove si traduca in forme atte ad alterare e a porre in serio pericolo l'equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei figli, e, dunque, tali da pregiudicare il loro interesse. Anche il mutamento di residenza del genitore non fa perdere allo stesso né il diritto all'affidamento, ove esistente, né la qualità di collocatario del minore, dovendo il giudice esclusivamente valutare se sia più funzionale all'interesse della prole il collocamento presso l'uno o l'altro dei genitori, per quanto ciò ineluttabilmente incida in negativo sulla quotidianità dei rapporti con il genitore non affidatario.

Il caso

Protagonista del caso in esame è un bambino nato da una convivenza more uxorio e affidato al Comune dal Tribunale per i minorenni che aveva altresì dichiarato la sospensione della responsabilità genitoriale. Il padre ne chiedeva l'affido condiviso, ma sia in primo che in secondo grado la sua richiesta veniva respinta. La Corte d'appello n particolare confermava la sospensione della responsabilità genitoriale, l'affidamento del minore al Comune e l'assegno di mantenimento di 650 euro a carico dell'uomo, nonché la suddivisione delle spese straordinarie al 50% tra i genitori. Il padre proponeva allora ricorso in Cassazione.

La questione

L'affido condiviso si fonda sul principio della bigenitorialità, pertanto al fine di non svuotare di significato l'istituto, dalla sua introduzione, ci si è chiesti se la conflittualità tra genitori, sia o meno ostativa all'applicazione dell'affido condiviso. Inoltre nel caso in cui si ritenga applicabile l'istituto ci si domanda fino a che punto un contrasto tra madre e padre possa essere conciliato con un affidamento ad entrambi.

Le soluzioni giuridiche

La Corte respinge il ricorso affermando, che nel caso di specie non era possibile affidare il bambino ai genitori. Coglie comunque l'occasione per sostenere che il principio secondo cui la mera conflittualità tra madre e padre non preclude l'affidamento condiviso dei figli. Ciò ovviamente quando il rapporto “burrascoso” si mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per la prole. La conflittualità invece, quando si traduca in forme atte ad alterare e a porre in serio pericolo l'equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei figli, tali da pregiudicare il loro interesse impedisce l'applicazione dell'affido condiviso.

Nello stesso senso si pongono i precedenti giurisprudenziali in materia. È principio consolidato infatti quello secondo cui, alla luce della ratio legis, la conflittualità tra i coniugi, pur se elevatissima, non è di per sé ostativa all'affido condiviso. Al principio della bigenitorialità, si sostiene, può derogarsi solo ove la sua applicazione risulti «pregiudizievole per l'interesse del minore». (Tra le altre: Cass. 1715/2019; Cass. 21591/2012). Ciò al fine di non escludere e di non relegare la figura di un genitore ad un ruolo marginale.

Un genitore può così essere escluso dall'affidamento, si sottolinea in giurisprudenza, soltanto per le sue carenze e non per la sua relazione con l'altro, solamente, cioè, ove il giudice ritenga motivatamente, che affidare i figli a quel genitore contrasterebbe con il loro interesse. Si verrebbe al contrario a frustare la volontà del Legislatore dato che rapporti difficili, rancori e dissapori sono quasi sempre presenti, seppur con varia intensità quando una relazione coniugale o di fatto finisce. Secondo la giurisprudenza infatti l'escludere l'affidamento condiviso a causa dei rapporti conflittuali esistenti tra i genitori attribuirebbe a tale istituto un'applicazione residuale, coincidente con il vecchio affidamento congiunto.

Nel tempo peraltro la giurisprudenza ha tentato di contemperare il principio di bigenitorialità con le reali difficoltà che comporta nella crescita di un minore un'accesa conflittualità tra i coniugi arrivando a trovare come ostacolo all'applicazione dell'affido condiviso il manifestarsi di concrete e gravi ragioni contrarie all'interesse del minore e in particolare episodi che travalichino i limiti di contrasti ordinari. Si tratta di casi estremi come patologie psichiatriche, maltrattamenti (Cass. 18559/2016),violenza, minaccia o addirittura tentato omicidio (Trib. Catania, 18 maggio 2006), o anche casi meno gravi in cui il conflitto comporta la negazione da parte di un coniuge della capacità genitoriale dell'altro. L'affidamento condiviso infatti, presuppone che vi sia il reciproco riconoscersi adatti da parte dei genitori, ossia, la consapevolezza di ciascuno dei due di dover fornire e favorire un paritario accesso del minore alla figura dell'altro, pur se portatore di cultura, personalità, idee, diverse da quelle proprie (Trib. Napoli, 11 aprile 2007, n. 1067).

In tal caso comunque, si sottolinea, la pronuncia di affidamento esclusivo deve essere sorretta da una puntuale motivazione in ordine, non solo, al pregiudizio potenzialmente arrecato ai figli da un affidamento condiviso ma anche all'inidoneità educativa o alla manifesta carenza dell'altro genitore (Cass. 27/2017).

In particolare si precisa che non disattende il diritto del minore alla bigenitorialità la sentenza che neghi l'affido condiviso in presenza di accesa conflittualità tra i genitori quando il giudice di merito non si limiti ad un generico riferimento alla conflittualità ma incentri le sue valutazioni sull'interesse del minore, motivando il suo convincimento sugli effetti pregiudizievoli che potrebbero derivare allo sviluppo psicologico dello stesso dall'affidamento condiviso sia in positivo con riguardo alla capacità genitoriale del genitore affidatario sia in negativo in relazione all'inidoneità dell'altro (Cass. 17191/2011).

Nel caso in esame il ricorrente sottolineava come la Corte d'Appello non avesse preso in debita considerazione il fatto che il conflitto tra i due fosse nato a causa della decisione della donna di trasferirsi a Roma creando così due ambienti affettivi distinti per il minore e impedendo l'effettivo esercizio della bigenitorialità. La Cassazione invece sostiene che la Corte di merito aveva adeguatamente valutato la situazione della coppia, la loro inadeguata capacità genitoriale e la loro totale incapacità di concordare alcunché. I due avevano rifiutato un percorso di mediazione ed entrambi svalutavano l'altra figura genitoriale causando una forte sofferenza nel minore. Tali motivi hanno indotto l'organo giudicante non soltanto a non disporre l'affido condiviso ma addirittura a sospendere la responsabilità genitoriale e ad affidare il bambino al Comune.

La Corte nella specie si sofferma anche sul mutamento di residenza della madre precisando come una simile circostanza non fa perdere al genitore né il diritto all'affidamento del figlio, che nella specie comunque non c'è, né la qualità di collocataria. Il giudice, infatti, si precisa, deve soltanto valutare con quale dei due genitori sia preferibile per il minore vivere in relazione unicamente al suo interesse con la consapevolezza comunque delle conseguenze negative sulla quotidianità della relazione tra il figlio e il genitore lontano (nello stesso senso Cass. 19455/2019 ; Cass. 18087/2016).

In materia, l'orientamento giurisprudenziale pressoché consolidato ritiene che l'affidamento condiviso dei figli non può essere escluso dall'obiettiva lontananza dei luoghi di residenza dei genitori trattandosi di una circostanza che, di per sé, non denota alcuna inidoneità educativa o manifesta carenza di madre e padre potendo detta distanza incidere soltanto sulla disciplina dei tempi e delle modalità della presenza del minore presso ciascun genitore(Cass. 24526/2010), nonché sulla quantificazione del contributo di mantenimento in favore del minore, considerato che le spese mensili necessarie per prelevare il minore e per riportarlo nel luogo di sua abituale dimora potrebbero incidere sul reddito e sulle disponibilità economiche del genitore onerato.

La lontananza tra i luoghi di residenza dei genitori può, in linea di principio, precludere la possibilità di un affidamento condiviso del minore solo quando si traduca in un comportamento, da parte di uno dei due, che escluda l'altro dal pari esercizio della potestà genitoriale, così da rendere non rispondente all'interesse del figlio l'adozione, nel caso concreto, del modello legale prioritario di affidamento.

Nel caso in esame problematico era stato anche l'assegno di mantenimento fissato per il minore dal tribunale a carico del padre. L'uomo infatti ne aveva chiesto la riduzione precisando come a suo parere la Corte d'Appello non avesse tenuto conto della situazione patrimoniale dei due genitori e non avesse compiuto indagini patrimoniali e reddituali sulla condizione della donna che, proprietaria di immobili, percepiva delle rendite e non si adoperava per trovare un'occupazione lavorativa.

La Cassazione respinge anche tale motivo di ricorso affermando, sulla linea dei suoi precedenti giurisprudenziali, che nel quantificare l'ammontare del contributo dovuto dal genitore non collocatario per il mantenimento del figlio minore, deve osservarsi il principio di proporzionalità, che richiede una valutazione comparata dei redditi di entrambi, oltre alla considerazione delle esigenze attuali del figlio e del tenore di vita da lui goduto (Cass. 4811/2018; Cass.,17089/2013). Nella specie, si sostiene, il giudice dell'appello si è attenuto ai principi giurisprudenziali consolidati in materia esaminando il reddito dei due genitori e le esigenze del minore.

La Corte ha inoltre precisato che le indagini patrimoniali che erano state richieste dal ricorrente ai sensi dell'art. 337-ter c.c., sono disposte ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate e sono rimesse alla valutazione discrezionale del giudice di merito, all'esito dell'esame delle risultanze probatorie acquisite agli atti. E nella specie, la Corte territoriale aveva adeguatamente motivato in ordine alla mancata disposizione di tali indagini.

Osservazioni

La Corte dunque, nel caso in esame, conferma l'affidamento del minore al Comune ma coglie l'occasione per affermare e ribadire che l'affido condiviso può essere applicato anche in presenza di conflittualità tra i coniugi o di un mutamento di residenza di uno dei due. Peraltro in proposito merita rilevare come un eventuale trasferimento di residenza di un genitore involge interessi diversi, tutti meritevoli di tutela: da una parte l'interesse del genitore, rimasto solo a traferirsi dove preferisce o dove gli è più conveniente e dall'altra l'interesse dei figli a mantenere, pur in caso di disgregazione della famiglia, equilibrati e adeguati contatti e rapporti con entrambi i genitori. Il regime di affidamento condiviso pone così un notevole limite al diritto costituzionale sussistente in capo a chiunque di fissare la propria residenza in qualunque parte del territorio nazionale, o all'estero, limite costituito dal prioritario e superiore interesse del minore alla bigenitorialità.

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