Rinviata alla Corte Costituzionale la decisione sul riconoscimento di un minore nato all’estero con maternità surrogata

06 Maggio 2020

Non è manifestatamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle norme che impediscono il riconoscimento di un bambino nato all'estero, tra persone dello stesso sesso unite tra di loro in matrimonio, dalla cosiddetta “maternità surrogata”.

La decisione è stata presa dalla Prima Sezione della Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 8325/2020, emessa il 5 dicembre 2019 e depositata il successivo 20 febbraio, in particolare dal Collegio della seconda Sezione civile, in un ricorso risalente al 2017. Si tratta, naturalmente, di una problematica piuttosto rilevante, che secondo la Suprema Corte va valutata dalla Corte Costituzionale, anche alla luce della modifica del diritto sostanziale avvenuta nel nostro Paese ma anche nell'Unione Europea negli ultimi anni. La questione riguarda un giudizio instaurato dai sigg.ri P.F. e F.B., uniti in matrimonio civile in Canada, trascritto in Italia come unione civile, e teso ad ottenere il riconoscimento di entrambi come genitori di un minore nato appunto in Canada, ma con la cosiddetta “maternità surrogata”.

Il caso. Con ricorso ex art. 702-bis c.p.c., i suddetti, cittadini italiani coniugati in Canada con matrimonio trascritto nel registro delle unioni civili nel 2017 ricorrevano alla Corte di appello di Verona a seguito del rifiuto loro opposto dall'ufficiale di stato civile del Comune di Verona, di trascrivere l'atto di nascita del minore P. B. F., nato in Canada, nel quale si attesta che il piccolo è figlio dei ricorrenti. I ricorrenti sostenevano che il bambino era nato con la modalità tipica della gestazione per altri, cioè la cosiddetta “maternità surrogata”, essendo la fecondazione avvenuta tra un ovocita di una donatrice anonima e i gameti di uno dei ricorrenti, con successivo impianto dell'embrione nell'utero di una diversa donna, non anonima, che aveva portato a termine la gravidanza che partorito il bambino; al momento della nascita le autorità canadesi avevano formato un atto di nascita nel quale era indicato come unico genitore il suddetto ricorrente. La donatrice dell'ovocita e la cosiddetta madre gestazionale non erano nominate e non erano dichiarate madri del minore. A seguito del ricorso presso la Suprema Corte della British Columbia, veniva emanata una sentenza in cui si dichiarava entrambi gli odierni ricorrenti erano genitori del minore con la conseguente modifica dell'atto di nascita. Veniva quindi presentata richiesta di rettifica dell'atto di nascita presso il Comune di Verona che veniva rifiutata, sia perché vi era preesistenza di un atto di nascita trascritto, sia per l'assenza di dati normativi certi e di precedenti giurisprudenziali favorevoli alla richiesta. Gli allora ricorrenti chiedevano quindi l'esecutorietà in Italia della sentenza canadese, onde ottenere la trascrizione dell'atto di nascita del minore, invocando l'applicazione del combinato disposto degli articoli 33, 65 e 66 l. 218/1995, rilevando la non contrarietà all'ordine pubblico della suddetta sentenza canadese, peraltro passata in giudicato e la liceità delle condotte che hanno determinato la nascita del bambino secondo le leggi del paese in cui la stessa è avvenuta. Si costituiva in giudizio l'Avvocatura dello Stato sia per il Comune di Verona che per il ministero dell'Interno, sollevando varie eccezioni preliminari nonché l'inammissibilità nella domanda per contrarietà all'ordine pubblico. Il Pubblico Ministero Interveniva opponendosi all'accoglimento del ricorso.

La Corte d'Appello di Venezia emetteva ordinanza di accoglimento, accertando e dichiarando che la sentenza canadese aveva riconosciuto entrambi i ricorrenti quali i genitori del minore e che possedeva i requisiti per il riconoscimento nell'ordinamento italiano. Secondo la Corte territoriale, non esiste infatti nel nostro ordinamento un principio superiore e fondante che vieti il riconoscimento di un minore concepito con la maternità surrogata in un paese ove questo è concesso; inoltre, secondo l'ordinanza, l'ordine pubblico internazionale impone l'esigenza imprescindibile di assicurare al minore la conservazione del suo status e la tutela del suo diritto al riconoscimento dei legami familiari e al mantenimento dei rapporti con chi ha legalmente assunto il riferimento della responsabilità genitoriale, tanto più che nella nostra legislazione e contemplata la possibilità che il minore abbia due figure genitoriali dello stesso sesso nel caso in cui uno dei genitori abbia ottenuto la rettifica dell'attribuzione del sesso con gli effetti di cui alla legge n. 164 del 1982. Infine, secondo la Corte d'appello, in quanto ai divieti di ricorrere alla procreazione medicalmente assistita, la scelta del legislatore italiano appare fondata sulla discrezionalità e non su principi fondanti a livello costituzionale e riguardanti l'ordine pubblico. Ha proposto ricorso in Cassazione l'avvocatura dello Stato Per il Comune di Verona e per il ministero dell'Interno, con quattro motivi; hanno resistito i genitori, quali dichiarati dalla Corte d'appello con controricorso eccependo inammissibilità e infondatezza del ricorso e presentando anche ricorso incidentale.

L'intervento della Corte. Con il primo motivo veniva dedotto il difetto assoluto di giurisdizione, poiché nel nostro ordinamento non esiste una norma che legittimi una piena bigenitorialità omosessuale e , come affermato dal giudice canadese. Con il secondo motivo si sosteneva che il primo grado fosse competente il tribunale e non la Corte d'appello; con il terzo violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c., avendo omesso la Corte d'appello di pronunciarsi sulla legittimazione attiva del padre intenzionale a rappresentare il minore. Infine, con il quarto e ultimo motivo, si sosteneva che l'ordinanza impugnata confliggesse con vari principi fondanti l'ordine pubblico, tra cui la nozione di filiazione intesa nell'ordinamento italiano quale discendenza da persone di sesso diverso, come disciplinata dalle norme in materia di fecondazione assistita, anche eterologa, nonché il divieto della maternità surrogata, fattispecie peraltro costituente reato secondo la legge italiana

Non è manifestatamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle norme italiane che non prevedono il riconoscimento di una sentenza straniera che assegni a entrambi i genitori, pur dello stesso sesso, lo status di genitori di un minore concepito con la maternità surrogata in uno stato in cui detta pratica è permessa

La Suprema Corte ha esaminato con estrema attenzione la questione provvedendo anche ad un approfondito esame delle norme in questione, nonché della legislazione dell'Unione Europea in merito. Secondo la Suprema Corte, non esistono nel sistema normativo italiano attuale delle norme che consentano una forma di riconoscimento del legame di filiazione alternativa alla trascrizione dell'atto di nascita o al riconoscimento del provvedimento giurisdizionale straniero che instauri un legame di filiazione anche con il genitore intenzionale non biologico nei confronti del minore nato mediante ricorso all'estero alla pratica della gestazione per altri soggetti. Secondo la Cassazione, si potrebbe affermare che l'istituto dell'adozione in casi particolari potrebbe semmai costituire una forma di tutela del rapporto affettivo insolito con il genitore intenzionale dei casi particolari in cui il pieno riconoscimento dello stato di figlio non si dimostri concretamente rispondente all'interesse del minore. Secondo la Corte quindi, in presenza di deficit gli istituti alternativi vanno sollevate le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 12, comma 6, della legge numero 40 del 2004, comma uno, lettera g della legge numero 218 del 1995 e 18 del DPR n. 396/2000, che vieta la trascrizione negli atti dello Stato civile degli atti formati all'estero se contraria all'ordine pubblico perché in contrasto con gli articoli due, tre , 30, 31 e 117 comma 1 della Costituzione, in relazione all'articolo 8 CEDU, se interpretati come impeditivi senza valutazione concreta dell'interesse superiore del minore, della trascrizione dell'atto di nascita legalmente costituito all'estero di un bambino nato mediante gestazione per altri nella parte in cui esso attesta la filiazione del genitore intenzionale non biologico, soprattutto se come nel caso in esame coniugato con il genitore intenzionale biologico. Alla luce di questi principi e di questi ragionamenti la Suprema Corte ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 12, comma 6, della legge 40/2014, degli artt. 18 del DPR 396/2000, e 64 comma 1, lett. g della l. 218/95, nella parte in cui non consentono che possa essere riconosciuto e dichiarato esecutivo per contrasto con l'ordine pubblico, il provvedimento giudiziario straniero relativo all'inserimento nell'atto di Stato civile di un minore procreato con la maternità surrogata del cosiddetto genitore di intenzione non biologico, per contrasto con numerosi articoli della costituzione, della convenzione europea per la protezione dei diritti umani, della convenzione del 20 novembre 1989 delle Nazioni unite sui diritti dei minori e dell'articolo 24 della carta dei diritti fondamentali dell'unione europea. Sarà quindi la Corte costituzionale a decidere sull'importante questione.

Fonte: dirittoegiustizia.it

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