Rito civile emergenziale e udienze da remoto (... ma non troppo) negli ultimi decreti legge sulla giustizia

Roberto Masoni
12 Maggio 2020

Dall'inizio della pandemia il Governo ha approvato molteplici provvedimenti legislativi, inaugurando un periodo di ipertrofia (o bulimia) legislativa. È stato autorevolmente stimato che, dalla proclamazione dello stato di emergenza, sono state prodotte una quantità di disposizioni normative che occupano circa 1100 pagine della Gazzetta Ufficiale.
Bulimia legislativa in periodo di emergenza epidemiologica

Dall'inizio della pandemia il Governo ha approvato molteplici provvedimenti legislativi, inaugurando un periodo di ipertrofia (o bulimia) legislativa. È stato autorevolmente stimato che, dalla proclamazione dello stato di emergenza, sono state prodotte una quantità di disposizioni normative che occupano circa 1100 pagine della Gazzetta Ufficiale.

A questo proposito si sono normati molteplici e (fino ad ora) impensabili profili della vita privata dei cittadini; dagli spostamenti individuali ai sospiri, dalla corsa alle uscite col cane, dai giochi dei bambini all'apertura dei parchi pubblici, dall'attività ludica agli incontri con figli di genitori separati, alle attività economiche che possono operare in forza dei vecchi codici Ateco.

Senza dire che alla produzione normativa del Governo, di contrasto dell'epidemia, si è stratificata quella regionale e talvolta quella comunale, così determinando una situazione di confusione ed incertezza sulla conoscenza e conoscibilità del comportamento da tenere da parte del singolo; ciò che non sembra consono ad uno Stato di diritto, nel quale le leggi dovrebbero essere poche e conosciute (o agevolmente conoscibili) e l'ignoranza delle legge non scusa.

In questi tempi drammatici e strani di clausura sembra ritornare di piena attualità il richiamo al seicento manzoniano ed alle grida emanate dal governo spagnolo, quando, in un regime di pomposa e falsa autorità, le ultime e più fresche disposizioni normative erano quelle che incutevano maggiore rispetto ai sudditi (“il 15 ottobre 1627 ! Sicuro; è dell'anno passato: grida fresca: sono quelle che fanno più paura”, così dice il dottor Azzecca-garbugli a Renzo all'inizio del Romanzo).

Dalla conversione in legge del d.l. n. 18, al nuovo d.l. 30 aprile 2020, n. 28

Circa un mese or sono, su questo Portale, commentavano taluni snodi procedurali recati dall'art. 83 dell'appena approvato d.l. 17 marzo 2020, n. 18, che introduceva un innovativo “rito emergenziale” per il civile.

Con quel provvedimento governativo venivano opportunamente contemperate esigenze e necessità contrapposte: quella sanitaria, volta ad evitare «assembramenti negli uffici giudiziari e contatti ravvicinati tra le persone» (come dispone l'art. 83, al comma 6) mediante previsione del rinvio d'ufficio delle udienze civili e sospensione dei termini processuali fino al 15 aprile 2020 (poi tale ultimo termine è stato prorogato all'11 maggio 2020 ex art. 36 d.l. 8 aprile 2020, n. 23, ancora in fase di conversione) e quella giudiziaria, nell'ottica di non completamente paralizzare la trattazione dei processi civili, mediante introduzione di strumenti processuali alternativi rispetto all'ordinario sistema di iurisdictio fondato sull'udienza “in presenza”, ovvero con fisica comparizione delle parti innanzi al giudice nelle aule dell'ufficio giudiziario.

In quest'ottica, le scelte di politica legislativa compiute dal Governo mediante approvazione dell'art. 83 del d.l. n. 18/20 erano state positivamente valutate.

Il d.l. n. 18/20 è stato convertito, con modificazioni, nella l. 24 aprile 2020, n. 27, che è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 29 aprile scorso.

Questo testo normativo, per quanto concerne l'esplicazione della giurisdizione e lo svolgimento dei processi, ancora prima di entrare in vigore (è noto che la G.U. viene pubblicata in serata), è stato modificato e in più punti innovato da un nuovo testo normativo deliberato lo stesso giorno dal Consiglio dei Ministri, ancor prima che il precedente (per effetto dell'avvenuta conversione in legge) venisse pubblicato.

Il riferimento è al d.l. 30 aprile 2020, n. 28 (recante “Misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazione delle conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19”), pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (G.U. 30 aprile 2020, n. 111) lo stesso giorno del nuovo deliberato del C.d.M.

Questa serie di interventi a cascata, che hanno modificato precedenti modifiche di norme non ancora ancora entrate in vigore, sempre adottando l'abusata tecnica del decreto legge, costituiscono sintomo allarmante di assenza di strategie e di progettualità generale nell'innovazione delle delicate regole del processo (oltrechè della iurisdictio)nel tempo straordinario della pandèmia.

Nell'arco di solo due mesi (marzo ed aprile) l'art. 83 in oggetto è stato introdotto e fatto oggetto di ben due innovazioni normative quasi contestuali (da parte di altrettanti decreti legge), che ha prodotto un continuo mutamento delle regole processuali, il disorientamento degli operatori, minando la certezza sulle regole.

Le opzioni di svolgimento del processo civile

Nella fase emergenziale, che l'ultimo decreto legge della serie ha dilatato fino al 31 luglio 2020, sono previste diverse opzioni pratico-organizzative, nell'intento di contemperare contrapposte esigenze: sanitarie e giurisdizionali.

Per evitare “assembramenti negli uffici giudiziari” (fino al 31 luglio prossimi), nella seconda fase (ovvero, per il periodo ricompreso tra l'11 maggio ed il 31 luglio 2020: ex art. 36 d.l. n. 23/20 e ex comma 6 dell'art. 83 d.l. n. 18/20), per effetto di provvedimenti organizzativi adottati dai dirigenti degli uffici, le udienze civili sottostanno ad un regime che tende ad evitare la presenza fisica in udienza dei difensori, delle parti e degli ausiliari, come dispone il comma 7 dell'art. 83 del d.l. n. 18/20, in particolare prevedendo l'adozione di una delle seguenti opzioni:

  • «svolgimento delle udienze mediante collegamenti da remoto» (lett. f)
  • «svolgimento delle udienze che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti mediante lo scambio in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, e la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice» (lett. h);
  • infine, quale extrema ratio, «la previsione del rinvio delle udienze a data successiva al 31 luglio 2020, con le eccezioni indicate al comma 3» (lett. g).

Una volta che le misure organizzatore in oggetto siano state autorizzate in termini generali da parte dei Capi degli uffici (e, poi, con eventuale ulteriore provvedimento - “possono”- dagli stessi eventualmente, prorogate fino alla data del 31 luglio prossimo), l'adozione del modulo procedurale di svolgimento del processo civile, in questa fase emergenziale sempre più dilatata, resta affidato alla responsabile scelta del giudice istruttore esplicata nell'esercizio della funzione istituzionale di direzione del procedimento che lo stesso esercita (art. 175, comma 1, c.p.c.).

Per quanto sia stato autorevolmente suggerito di coinvolgere in questa opzione procedurale le parti, «sulla traccia segnata da quanto previsto dagli artt. 190, comma 2, 275, comma 2, e 352, comma 2, c.p.c.» (Costantino).

Il medesimo autore ha messo in guardia dal rischio che «la diversità di soluzioni accolte nei diversi uffici (possa) minare il principio di uguaglianza», evidenziando pure che «la pluralità delle fonti regolatrici dei processi suscita la tentazione di prescinderne e di governare lo svolgimento delle attività processuali in base a scelte affatto discrezionali».

Il rilievo critico sulla diversità di rito adottabile dal giudice della “porta accanto” pone l'accento su un problema reale. Per quanto, in realtà, le diverse scelte sul modulo procedurale in concreto adottabile appaiono insite nel disegno codicistico; dato che l'iter processuale non costituisce un monolito unico per tutti, omologante ed immodificabile, in quanto il codice rimette alla sensibilità di ciascun giudice le scelte sulla conduzione del processo, oltre che sulla determinazione del ritmo di svolgimento (art. 175, comma 2, c.p.c.).

Così nella lunga fase emergenziale vi sarà un magistrato che prediligerà l'adozione del sistema della concessione di termini per deposito di note scritte in telematico, rispetto a quello, maggiormente aduso e versato nello strumento informatico, che azzarderà lo svolgimento di udienze da “remoto”.

Tra le opzioni previste dal legislatore, l'ultima soluzione consigliabile dovrebbe essere quella del rinvio dell'udienza tout court a data successiva al 31 luglio 2020, posto che questa scelta «si traduce in un diniego di giustizia, per la quale è ragionevole optare soltanto se le altre non sono praticabili» (Costantino).

Espansione dei processi in streaming

Con l'art. 83 d.l. n. 18/20 il legislatore ha indubbiamente incentivato, non solo per il processo civile, ma anche per tutti le altre tipologie di processi, lo svolgimento dell'udienza “mediante collegamento da remoto”.

Si avverte, però, che tale modalità deve svolgersi «con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e la partecipazione delle parti» (lett. f).

Per il processo civile sono stata dettate talune sparse disposizioni normative, talune introdotte in sede di conversione in legge del d.l. n. 18/20.

Da un canto, si stabilisce che la cd. “remotizzazione” del processo è possibile laddove in udienza «non si richieda la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti e dagli ausiliari del giudice, anche se finalizzate all'assunzione di informazioni presso la pubblica amministrazione» (lett. f).

È ammesso conferire incarico al CTU da remoto, sempre che sia«salvaguardato il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti» (lett. h-bis). Il tal caso il CTU potrà giurare e ricevere il quesito cui dovrà rispondere dal proprio studio professionale, senza doversi recare nella sede giudiziaria.

Anche le camere di consiglio possono svolgersi mediante collegamenti da remoto ed «il luogo da cui si collegano i magistrati è considerata camera di consiglio a tutti gli effetti di legge» (artt. 83, comma 12-quinquies, norma introdotta in sede di conversione in legge del decreto).

Nel periodo emergenziale anche gli incontri di mediazione possono svolgersi in via telematica, acquisendo «il preventivo consenso di tutte le parti coinvolte nel procedimento» (comma 20-bis).

Anche lo svolgimento del processo penale può avvenire da remoto, sin dalla fase delle indagini preliminari, a tenore dei commi 12-bis, 12-ter, 12-quater e 12-quinquies dell'art. 83 (come innovati dal d.l. n. 28/20).

La remotizzazione del processo è stata estesa anche ai procedimenti relativi alle «giurisdizioni speciali non contemplate dal presente decreto legge, agli arbitrati rituali, alle commissioni tributarie e alla magistratura militare» (comma 21 dell'art. 83). In caso di arbitrato rituale il legislatore ha omesso di precisare quale organo o ente potrà autorizzare le misure organizzative previste dal comma 7.

Il processo in modalità streaming non ha lasciato esente il processo amministrativo.

La discussione orale della vertenza può avvenire mediante collegamento da remoto in presenza di «istanza congiunta delle parti costituite» (art. 4 d.l. n. 28/20, che pure è intervenuto a innovare il d.l. n. 18/20, sub art. 84, ancor prima della sua entrata in vigore).

In ogni caso il giudice amministrativa delibera in camera di consiglio, se necessario avvalendosi di collegamenti da remoto, con la precisazione che il giudice delibera in camera di consiglio, se necessario avvalendosi di collegamenti da remoto. Il luogo da cui si collegano i magistrati ed il personale addetto è considerata camera di consiglio a tutti gli effetti di legge. (art. 84 comma 6, d.l. n. 18/20).

Da ultimo, anche la giustizia contabile, con riguardo ai processi che si svolgono avanti la Corte dei Conti, è facultizzata all'utilizzo del collegamento da remoto per «lo svolgimento delle udienze e delle camere di consiglio che non richiedono la presenza di soggetti diversi dalle parti, ovvero delle adunanze e delle camere di consiglio che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai rappresentati dell'amministrazione».

Anche in tal caso si precisa che: «il giudice delibera in camera di consiglio, se necessario avvalendosi di collegamenti da remoto. Il luogo da cui si collegano i magistrati e il personale addetto è considerato camera di consiglio a tutti gli effetti di legge» (art. 85, comma 3, d.l. n. 18/20).

Un ossimoro di remoto per il processo civile

Il d.l. 30 aprile 2020, n. 28, all'art. 3, lett. c), ha modificato il comma 7, lett. f), dell'art. 83, comma 7, del. d.l. 17 marzo 2020, n. 18, appena convertito nella legge n. 27 del 24 aprile 2020, con riguardo alle udienze del processo civile da svolgere da remoto, che, nel testo ad oggi vigente, dispone: «lo svolgimento dell'udienza deve avvenire con la presenza del giudice dall'ufficio giudiziario e l'effettiva partecipazione delle parti».

In meno criptiche parole ciò significa che, laddove il giudice civile, nella fase 2 dell'emergenza (da ultimo fissata fino al 31 luglio 2020) abbia stabilito di tenere l'udienza civile “da remoto”, egli non può essere... molto remoto, dovendosi collegare dalla postazione dell'ufficio giudiziario.

Nei primi commenti ci si è significativamente riferiti ad un “ossimoro di remoto” o ad un “remoto temperato” ad una “contradictio in adiecto”, potendosi pure evocare “un remoto, ma non troppo”.

L'innovazione in parola, frutto del recepimento di un ordine del giorno approvato dalla Camera nel corso della conversione in legge del decreto legge n. 18/20, sin dai primi commenti è stata aspramente criticata

L'A.N.M. ha severamente stigmatizzato l'insipienza e l'improvvisazione del legislatore dell'emergenza COVID-19, scrivendo: «siano di fronte ad un altro caso di norma dal sapore insensatamente demagogico, che si inserisce in un quadro di interventi privi di progettualità e di consapevolezza delle reali esigenze organizzative del sistema giudiziario e che di fatto mette a rischio la salute della collettività imponendo ad alcuni lavoratori di recarsi in ufficio anche per attività che possono essere sicuramente svolte da remoto».

All'evidenza, la previsione dell'udienza da remoto in ufficio rappresenta un ossimoro ed una trasparente contraddizione in termini, del tutto criticabile.

Da un canto, la legislazione emergenziale di questi mesi ha imposto di evitare ingiustificati contatti tra le persone e spostamenti delle stesse per ragioni superiori di tutela della salute pubblica (come hanno imposto i molteplici d.P.C.M. limitativi della libertà di circolazione dei cittadini, salvo che per ragioni di lavoro, di salute e di necessità), salvo poi, con quest'ultimo parto legislativo, imporre al giudice civile (ed unicamente a lui !) di recarsi in ufficio per tenere udienze in streaming dalla postazione presente in ufficio; costringendo così la classe magistrale, in buona parte composta da pendolari, a compiere ingiustificati spostamenti, anche di centinaia di chilometri e così contribuendo ad intasare treni, metropolitane, autobus ed ascensori, venendo a contatto con decine o forse centinaia di altre persone.

Come si vede, un non senso, dato che il processo da remoto è stato pensato proprio per evitare gli spostamenti delle persone ed i relativi contatti.

La disposizione sembra poi pure ingiustamente discriminatoria per i giudici civili.

Dato che solo per essi il Governo ha previsto la remotizzazione dall'ufficio.

Con riferimento alle altre magistrature, che pure possono fruire del collegamento da remoto per l'espletamento di udienze e camere di consiglio (giudici amministrativi e contabili), a tenore dei già richiamati artt. 84 e 85 del d.l. n. 18/20, il legislatore ha ripetuto la formula secondo cui: «il luogo da cui si collegano i magistrati è considerato udienza a tutti gli effetti di legge».

In sostanza, la previsione, valevole per i soli giudici civili, appare «priva di ogni ragionevole giustificazione» (Costantino), oltrechè «illogica e discriminatoria» (Orlando) ed in grado di «vanificare le enormi potenzialità positive degli strumenti tecnologici per la funzionalità e l'efficienza della Giustizia» (De Stefano).

Quale razionalità sia insita nella disposizione criticata non merita ulteriori commenti se solo si rifletta sul fatto che la stessa si riferisce unicamente alle udienze e non anche le camere di consiglio che, invece, possono fruire di un remoto “pieno” (art. 83, comma 12-quinquies, d.l. n. 18/20).

Una lettura correttiva

Auspicando una celere eliminazione dell'inciso in sede di conversione del decreto legge, è però sin d'ora possibile ipotizzarne un depotenziamento negli effetti pratici che appaiono di trasparente dannosità, in un'ottica profilattica e di tutela della salute collettiva.

La previsione dello svolgimento dell'udienza civile da remoto dall'ufficio giudiziario costituisce misura organizzativa non incidente sullo sviluppo processuale, riguardando unicamente il luogo “fisico” ove si tiene l'udienza, con l'incontro tra difensori e giudice. Nessuna nullità di atti processuali è comminata al riguardo, laddove l'udienza venga tenuta al di fuori degli uffici giudiziari (art. 156 c.p.c.).

D'altro canto, non va dimenticato che la possibilità di svolgere l'udienza da remoto rientra tra le “misure organizzative” che i capi degli uffici giudiziari possono adottare “per contrastare l'emergenza epidemiologica”, come recita il non innovato testo dell'art. 83, comma 6, del d.l. n. 18/20.

Ebbene, la previsione criticata potrebbe essere posta nel nulla mediante un (coraggioso) provvedimento organizzativo dirigenziale che, nel caso concreto, la ritenesse inapplicabile, ravvisando ostacoli, oggettivi o soggettivi, alla sua operatività.

In particolare, sembra ipotizzabile che il dirigente dell'ufficio, in sede di proroga al 31 luglio 2020 delle misure organizzative emergenziali di seconda fase (previste dal comma 7 del medesimo art. 83), possa valutare le concrete condizioni soggettive dei giudici civili dell'ufficio (i quali siano costretti a spostarsi dal luogo di residenza di pochi o tanti chilometri per raggiungere la sede giudiziaria), ovvero quelle oggettive del tribunale (si pensi, ad es., ad uffici giudiziari con stanze d'udienza promiscue occupate da un numero elevato di magistrati, ovvero, di dotazioni informatiche d'ufficio insufficienti ed inidonee ad organizzare collegamenti da remoto, in assenza di telecamere o di pc compatibili), che impediscano di tenere dall'ufficio l'udienza remotizzata.

In tali casi, nell'ottica di non precludere l'utilizzo del rito processuale, il dirigente potrebbe esonerare i magistrati dall'applicazione dell'innovato disposto normativo.

La previsione potrebbe pure ritenersi contraddittoria rispetto alla finalità di “contrastare l'emergenza epidemiologica da Covid-19”, come enunciata dall'esordio del comma 6, perchè anzi in grado, addirittura, di fomentarla, con ciò rivelandosi del tutto nociva da un punto di vista sanitario, in quanto potenzialmente pandemica.

A fronte di un legislatore affrettato, confuso, insipiente, bulimico ed alfine dannoso, potrebbe soccorrere l'assunzione di responsabilità da parte dei dirigenti degli uffici, i quali potrebbero correggerne interpretazione ed applicazione nel senso testè suggerito.

Ammesso che, da parte del singolo magistrato chiamato a farne applicazione, questi non ritenga, a sua volta, di disporne la completa disapplicazione, ravvisando nella prescrizione un contrasto con i principi costituzionali di buona amministrazione (art. 97 Cost.), ovvero in quanto discriminatoria ex art 3 Cost, rispetto alle altre magistrature.

In alternativa, quale extrema ratio, può infine ipotizzarsi il differimento dell'udienza civile a data successiva al 31 luglio prossimi, nell'impossibilità di garantire il remoto dall'ufficio giudiziario.

Come emerge da questo e dalla fioritura di altri scritti in materia, i decreti legge sulla giustizia di questo periodo emergenziale, putroppo, hanno determinato l'effetto di contraddire l'antico l'antico adagio secondo cui il processo migliore è quello che non fa parlare di sé, in quanto non suscita questioni procedurali.

Guida all'approfondimento
  • Masoni, Il nuovo rito civile emergenziale di cui all'art. 83, comma 7, lett. h., del d.l. 17 marzo 2020, n. 18: una prima lettura, in www.ilprocessocivile.it, 30 marzo 2020
  • De Stefano, Il processo civile tra la legge di conversione n.27/2020 del d.l. 18 del 2020 ed il d.l. n. 28 del 30 aprile 2020. (Aggiornamento), in Giustizia insieme, 1° maggio 2020
  • Costantino, La Giustizia da remoto: adelante … con juicio – seconda parte, intervista curata da De Stefano, in Giustizia insieme, 2 maggio 2020;
  • Orlando, La Giustizia da remoto: adelante … con juicio – seconda parte, intervista curata da De Stefano, in Giustizia insieme, 2 maggio 2020.

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