Divorzio internazionale: la giurisdizione spetta anche al giudice della separazione

Alberto Figone
13 Maggio 2020

Il giudice che ha pronunciato la separazione personale è competente a conoscere anche del successivo divorzio tra le parti, configurandosi una giurisdizione unitaria in relazione alle vicende che rientrano nell'ambito applicativo del Regolamento stesso.
Massima

In base all'art. 5 Reg. UE 2201/2003, il giudice che ha pronunciato la separazione personale è competente a conoscere anche del successivo divorzio tra le parti, configurandosi una giurisdizione unitaria in relazione alle vicende che rientrano nell'ambito applicativo del Regolamento stesso.

Il caso

Tizia, dopo la separazione giudiziale in Italia, si trasferisce in Spagna, mentre il marito fa ritorno negli Emirati Arabi. Successivamente Tizia instaura il procedimento di divorzio davanti al medesimo giudice che aveva pronunciato la separazione. Il Tribunale di Terni afferma la propria giurisdizione sulla base dell'art. 5 Reg. UE 2201/2003, insieme con l'applicazione del diritto italiano quale lex fori.

La questione

Come deve essere interpretato l'art. 5 Reg. UE 2201/2003 che, per il caso di conversione della separazione in divorzio, attribuisce al giudice della prima la giurisdizione a conoscere anche del secondo?

Le soluzioni giuridiche

Come è noto, ogni Stato, in presenza di fattispecie con elementi di estraneità, risponde con un proprio sistema di norme di diritto internazionale privato per disciplinare la giurisdizione ed eventualmente anche il diritto sostanziale applicabile. Il problema sta peraltro nel fatto che i vari sistemi statuali di norme ben possono collidere tra loro, con conseguenti conflitti di vario tipo. Nel quadro di un progressivo ampliamento della cooperazione giudiziaria in materia civile, il 29 maggio 2000 il Consiglio dell'Unione Europea ha approvato il Regolamento (CE) n. 1347/2000 relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e di potestà sui figli di entrambi i coniugi, che riprendeva il primo intervento comunitario nell'ambito del diritto di famiglia, ossia la Convenzione di Bruxelles del 28 maggio 1998, mai entrata in vigore per mancanza di ratifiche. La relazione alla Convenzione della Prof.ssa Alegria Borras (cui si riferisce il decreto ternano) è stata recepita nel Regolamento 1347/2000. Come è agevole comprendere, esso riguardava fondamentalmente i casi di scioglimento del matrimonio e, in caso di figli comuni, i conseguenti provvedimenti sul regime di affidamento; rimanevano quindi escluse tutte le questioni estranee alla materia matrimoniale, ossia le decisioni sui figli “naturali” e quelli concernenti la limitazione e la decadenza della allora “potestà” genitoriale. A distanza di nemmeno tre anni, il 27 novembre 2003, il Consiglio approvava un nuovo sistema normativo eurounitario, ossia il Regolamento n. 2201/2003 (comunemente denominato “Bruxelles II bis”), relativo a competenza, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale, che ha abrogato e sostituito quello precedente. Per quanto attiene specificamente al vincolo coniugale, il Regolamento attiene al divorzio, alla separazione personale e all'annullamento del matrimonio (come strutturato nei singoli Paesi), individuando il giudice competente (ossia avente giurisdizione, posto che la competenza in senso stretto, per materia e territorio, è demandata al diritto interno dello Stato cui è attribuita la giurisdizione stessa). Come è noto, in fattispecie coinvolgenti più ordinamenti, la “competenza” a conoscere della crisi della coppia coniugata spetta al giudice maggiormente di prossimità, individuato, con criteri alternativi dall'art. 3, in quello dove si trova la residenza abituale dei coniugi, la loro ultima residenza abituale, se uno di essi vi risiede ancora, la residenza abituale del convenuto, ovvero quella dell'attore (alle condizioni previste dalla norma); la residenza abituale di uno dei due coniugi è sufficiente per radicare la giurisdizione in presenza di domanda congiunta.

Il Regolamento non riguarda invece la legge applicabile quanto ai presupposti della domanda di separazione e divorzio, oggetto del diverso Regolamento UE 1259/2010, adottato secondo la procedura della cooperazione rafforzata. Entrambi i Regolamenti poi non attengono alla disciplina applicabile alle conseguenze dell'allentamento o dello scioglimento del vincolo coniugale (assegni di mantenimento, affidamento di eventuali figli minori, contributo al loro mantenimento e di quello dei figli maggiorenni non autosufficienti, assegnazione della casa familiare). Si tratta allora di individuare, in base ad altri Regolamenti, a Convenzioni, ovvero, in subordine, al diritto interno, l'autorità avente giurisdizione e la legge applicabile, nel contesto di quello che viene, in modo atecnico, ma efficace, definito come “spacchettamento” delle domande.

L'art. 5 del Regolamento 2201/2003, su cui si fonda la decisione annotata, prevede un ulteriore peculiare criterio di giurisdizione, in aggiunta, e in alternativa, a quelli di cui al citato art. 3, disponendo che il giudice dello Stato membro, che ha reso la pronuncia sulla separazione personale, sia altresì competente per convertirla in una decisione di divorzio, qualora ciò sia previsto dalla legislazione di detto Stato (in prospettiva più generale, cfr. SCARAFONI (a cura di), Il processo civile e la normativa comunitaria, Torino 2012). Molto si è discusso in ordine alla portata dell'art. 5. La dottrina si è interrogata infatti sulla possibilità di applicare detta previsione nel nostro ordinamento, che non contempla la conversione della separazione personale in divorzio, atteso che la separazione rappresenta uno dei presupposti (il più frequentemente invocato nella pratica) per chiedere il successivo divorzio (essendo assai contenute le decisioni relative al divorzio diretto) Un primo orientamento propende per la soluzione negativa (Cfr., per tutti, QUEIROLO, Lo scioglimento del vincolo matrimoniale tra regolamento 2201/2003 e proposte di modifica della disciplina comunitaria, in I quaderni europei, Catania 2009). In diversa prospettiva si ritiene invece che la fattispecie contemplata dalla norma non rappresenterebbe una vera e propria ipotesi di “conversione” del procedimento, ma uno strumento per cui il giudice della separazione sarebbe in grado di decidere sulla domanda di divorzio, anche se nel frattempo siano venuti meno i criteri di collegamento di cui all'art. 3 (SCARAFONI, Il Regolamento n, 2201/2003 sulla competenza ed esecuzione della decisione in materia matrimoniale e genitoriale, in AA.VV., Manuale di diritto processuale europeo, a cura di Taruffo e Varano, Torino, 2011; ZIINO, La giurisdizione sulle cause matrimoniali e sulle domande connesse secondo la normativa europea, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2014, 546).

Osservazioni

La pronuncia in commento che, a quanto consta, rappresenta il primo precedente italiano in materia, ha ritenuto di offrire un'interpretazione “aperta” dell'art. 5 del Regolamento 2201/2003, «individuando la ratio della disposizione nella finalità di creare una giurisdizione unitaria in relazione alle vicende che rientrano nell'ambito applicativo del Regolamento».Tale conclusione è motivata sulla scorta della già citata relazione esplicativa della Prof.ssa Borras, richiamata espressamente nel considerando 3 del Regolamento medesimo, ed in relazione alla continuità tra Convenzione di Bruxelles del 1998, ed i due Regolamenti del 2000 e 2003. A ben vedere, tale relazione di per sé non offre grandi spunti ermeneutici; essa, infatti, con riferimento all'art. 6 della citata Convenzione, dato atto che “vi sono Stati in cui la separazione costituisce un presupposto indispensabile per ottenere successivamente il divorzio (…)” conclude per la possibilità di ottenere una pronuncia di divorzio dal giudice dello Stato che ha pronunciato la separazione, per “completare o attualizzare una decisione relativa al matrimonio”. Tanto è vero che, come già anticipato, la dottrina ha assunto posizioni differenziate.

Al di là di una disamina necessariamente più approfondita della disciplina eurounitaria, che esula dai confini di questo lavoro, è indubbio che Il Tribunale di Terni abbia assunto una posizione del tutto condivisibile, tenuto vieppiù conto della peculiarità della fattispecie, che vedeva la proposizione della sola domanda relativa allo scioglimento del vincolo matrimoniale, dopo una pregressa separazione, nella contumacia del convenuto. Il criterio della “ragione più liquida”, predicato più volte dalla recente giurisprudenza ben può valere anche sotto il profilo del rito: una declaratoria di difetto di giurisdizione, nel caso di specie, avrebbe comportato per la ricorrente l'onere di riproporre la domanda davanti ad altro Giudice statale, per pervenire alla medesima conclusione sullo status. Nel contempo, la sentenza del Tribunale ternano si segnala per avere fornito un'interpretazione adeguatrice della “conversione” cui si riferisce l'art. 5 del Regolamento, quale strumento per completare una decisione relativa al matrimonio già adottata; ciò trova indiretta conferma nella stessa l. 55/2015, che, abbreviando i termini della durata della separazione per poter richiedere il divorzio, ha dato luogo assai sovente alla contemporanea presenza, magari proprio davanti allo stesso giudice, dei due procedimenti, tanto che ci si è chiesti se sia ammissibile una loro riunione. Vi è poi da considerare che la vis acractiva è stata valorizzata anche con riferimento alla competenza territoriale del giudice della separazione. Solo per completezza espositiva preme rammentare come l'art. 5 del Reg. 2201/2003 sia stato trasfuso nella corrispondente previsione del nuovo Regolamento UE 25 giugno 2019, n. 1111, che sostituirà il precedente con decorrenza dal 1° agosto 2022; i problemi interpretativi affrontati dalla pronuncia in commento mantengono dunque notevole rilevanza anche per il futuro.

Una volte che il Tribunale ha riconosciuto la giurisdizione italiana a conoscere della domanda di divorzio, correttamente è stato applicato il diritto italiano, quanto ai presupposti della domanda stessa, quale lex fori, che, come è noto, rappresenta l'ultimo criterio di individuazione della disciplina applicabile, tra quelli “a cascata” di cui all'art. 8 Reg. UE 1259/2010.

Guida all'approfondimento

AMISANO, Divorzio internazionale: competenza giurisdizionale, in IlFamiliarista.it;

FASANO, FIGONE, La crisi delle relazioni familiari. Ricorso al giudice e strumenti alternativi alla giurisdizione, in Pratica professionale Famiglia, Milano, 2019;

ZIINO, La giurisdizione sulle cause matrimoniali e sulle domande connesse secondo la normativa europea, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2014, 546;

SCARAFONI, Il Regolamento n, 2201/2003 sulla competenza ed esecuzione della decisione in materia matrimoniale e genitoriale, in AA.VV., Manuale di diritto processuale europeo, a cura di Taruffo e Varano, Torino, 2011.

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