L'azionabilità in via esecutiva del contratto di mutuo fondiario

13 Maggio 2020

La decisione in commento affronta in maniera chiara ed esaustiva numerose questioni relative alle condizioni che devono sussistere ai fini della corretta azionabilità in via esecutiva di un contratto di mutuo fondiario.
Massima

Costituisce titolo esecutivo idoneo all'esecuzione forzata il contratto di mutuo con contestuale costituzione delle somme, da parte del mutuatario, in deposito cauzionale infruttifero in favore della banca mutuante, destinato ad essere svincolato in conseguenza dell'adempimento di una serie di prestazioni a carico del cliente indicate nel contratto.

Il caso

Iniziata l'esecuzione sulla base di un contratto di mutuo fondiario, il garante fideiussore che aveva subìto l'esecuzione proponeva opposizione all'esecuzione e contestuale istanza di sospensione del procedimento esecutivo, eccependo in primo luogo che il contratto azionato era inidoneo a costituire titolo esecutivo ex art. 474, comma 2, n. 3, c.p.c., a causa della mancanza in capo al debitore della disponibilità delle somme mutuate, giacché gli importi finanziati erano stati costituiti in deposito cauzionale infruttifero presso la stessa Banca mutuante a garanzia dell'adempimento da parte del mutuatario di alcune prestazioni; in secondo luogo, deduceva che il pignoramento era stato avviato senza la notifica del titolo esecutivo nei confronti del fideiussore opponente, in violazione dell'art. 479 c.p.c.; infine, rilevava la nullità della fideiussione prestata, facendo leva sull'orientamento per cui i contratti di fideiussione contenenti, come nel caso di specie, delle clausole contenute ai punti n. 2, 6 e 8 del c.d. schema ABI, sono nulli per violazione della disciplina Antitrust.

La questione

Varie dunque sono le questioni sottoposte al giudice dell'opposizione, deducendosi: l'inesistenza del titolo esecutivo, a causa della mancata consegna successiva alla stipula del mutuo delle somme mutuate; ii)- la mancata notifica del mutuo al fideiussore esecutato; iii)- la nullità della fideiussione per contrasto con la normativa antitrust.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale rigetta integralmente l'istanza di sospensione proposta.

Quanto al primo profilo, attinente alla configurabilità del contratto di mutuo fondiario quale titolo esecutivo, si osserva in via preliminare che l'atto pubblico costituisce titolo esecutivo per tutte le obbligazioni in esso contenute: a norma dell'art. 474, comma 2, n. 3, c.p.c., sono titoli esecutivi gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale relativamente alle obbligazioni di somme di danaro in essi contenute, sicché il giudice deve soltanto accertare se la prestazione sia divenuta esigibile con lo scadere del termine e se sia liquida, cioè determinata nel suo preciso ammontare (Cass. civ., 18 gennaio 1983, n. 477, in Giust. civ., 1983, I, 1493).

Ad avviso del tribunale, nonostante sia mancata la concreta messa a disposizione del mutuatario della somma mutuata al momento della stipula, perché condizionata dall'adempimento da parte del mutuatario degli obblighi previsti (ai fini della iscrizione d'ipoteca, ecc.), la circostanza che la somma mutuata sia stata disposta in deposito cauzionale infruttifero in favore della banca mutuante presuppone di per sé la conseguita disponibilità giuridica della somma.

Poiché la costituzione del deposito è in grado di realizzare quella piena disponibilità giuridica considerabile come equivalente della traditio materiale della somma, il contratto può quindi considerarsi pienamente perfezionato e, di conseguenza, idoneo a costituire titolo esecutivo per l'avvio del processo di espropriazione.

Proprio la qualificazione del credito quale “fondiario” permette al tribunale di pervenire al rigetto anche del secondo motivo di opposizione.

La circostanza che il contratto di mutuo fondiario sia «un mutuo che si qualifica in funzione della possibilità di prestazione di garanzia ipotecaria da parte del mutuatario, o di un terzo, che sia proprietario di immobili rustici o urbani», permette l'applicazione anche al fideiussore dell'art. 41 del Testo Unico Bancario, a mente del quale «nel procedimento di espropriazione relativo a crediti fondiari è escluso l'obbligo della notificazione del titolo contrattuale esecutivo»; non è pertanto necessaria la previa notifica del titolo esecutivo «anche al fideiussore che in quello stesso contratto in cui è sorto il credito fondiario ha assunto il proprio obbligo».

Peraltro, osserva la decisione in commento, il motivo proposto, più che infondato, andrebbe dichiarato inammissibile, giacché, costituendo la mancata notificazione del titolo esecutivo vizio formale dell'atto di precetto, essa avrebbe dovuto essere oggetto di una distinta opposizione agli atti esecutivi entro venti giorni dalla notificazione di quest'ultimo, circostanza che però è mancata nel caso di specie.

Infine, relativamente alla questione relativa alla possibile nullità delle fideiussioni stipulate in conformità allo schema di contratto predisposto dall'Associazione Bancaria Italiana nel 2003, secondo un modello che la Banca d'Italia ha, invece, ritenuto in contrasto con il divieto di intese anticoncorrenziali di cui all'art. 2 della l. n. 287/1990, la decisione nota come secondo la consolidata giurisprudenza della S.C. «dalla declaratoria di nullità di una intesa tra imprese per lesione della libera concorrenza, emessa dalla Autorità Antitrust ai sensi dell'art. 2l. n. 287/1990, non discende automaticamente la nullità di tutti i contratti posti in essere dalle imprese aderenti all'intesa, i quali mantengono la loro validità e possono dar luogo solo ad azione di risarcimento danni nei confronti delle imprese da parte dei clienti».

Prosegue il Tribunale che, anche a voler ammettere una incidenza diretta della nullità dell'intesa anticoncorrenziale sui contratti di fideiussione stipulati in conformità allo schema di contratto predisposto dall'Associazione Bancaria Italiana nel 2003, potrebbe al più ipotizzarsi una nullità parziale del contratto “a valle”, ma in nessun modo la nullità totale del contratto, trattandosi di clausole poste a tutela degli interessi della banca mutuante.

Osservazioni

Il Tribunale adito, con un'ordinanza chiara, esaustiva e ben motivata, risolve le tre questioni dedotte dall'opponente in maniera persuasiva ed esauriente.

In primo luogo, assolutamente condivisibile è l'idea secondo cui il contratto di mutuo, nonostante la mancanza di una materiale traditio, può e deve ritenersi titolo esecutivo, qualora il mutuatario abbia comunque conseguito la disponibilità giuridica della somma.

Come è stato affermato nella più recente giurisprudenza di merito, costituisce titolo idoneo all'esecuzione forzata ai sensi del n. 3 del secondo comma dell'art. 474 c.p.c. il contratto di mutuo contenente indicazioni di avvenuta erogazione e quietanza della somma mutuata con contestuale costituzione della stessa, da parte del mutuatario, in deposito cauzionale infruttifero in favore della banca mutuante, destinato ad essere svincolato in conseguenza dell'adempimento di una serie di prestazioni a carico del cliente indicate nel contratto(Trib. Roma, 16 gennaio 2019, in REF, 2019, 370, con nota di Caprio).

Pertanto, ai fini del perfezionamento del contratto, non occorre la materiale traditio del denaro al mutuatario, essendo sufficiente il conseguimento della disponibilità giuridica, da ritenere sussistente nelle ipotesi in cui il mutuante crei un autonomo titolo di disponibilità a favore del mutuatario, in modo da determinare l'uscita della somma dal patrimonio del mutuante e l'acquisizione al patrimonio del mutuatario.

Nel caso posto all'attenzione della decisione in commento, la somma mutuata era stata costituita in deposito cauzionale infruttifero acceso presso l'istituto mutuante a garanzia dell'adempimento di una serie di prestazioni (in caso di inadempimento, alla banca era stata attribuita la facoltà di risolvere il contratto e di utilizzare il deposito ai fini dell'estinzione del mutuo).

Non pare dubbio che, essendo stata la somma trasferita dal mutuante al mutuatario, doveva ritenersi avvenuta la traditio. La costituzione di un deposito cauzionale infruttifero presso la banca, intestato alla parte mutuataria e destinato ad essere svincolato all'esito dell'adempimento degli obblighi ed alla realizzazione delle condizioni contrattuali, ad avviso del giudicante, è da considerarsi infatti come effettiva erogazione della somma da parte del mutuante.

In merito a questa eventualità, divenuta vera e propria prassi, la Cassazione ha ripetutamente affermato che in tal caso il mutuo si perfeziona sempre con la consegna della somma di denaro e che la consegna idonea a perfezionare il contratto non deve necessariamente caratterizzarsi come materiale e fisica traditio nelle mani del mutuatario, sempre che quest'ultimo acquisisca comunque la disponibilità giuridica del denaro stesso.

Affinché ciò avvenga occorre creare un titolo autonomo di disponibilità delle somme in favore del mutuatario, che certifichi l'uscita della somma dal patrimonio della banca e l'acquisizione della stessa in favore del mutuatario. A tal fine è diffuso nella pratica prevedere la sottoscrizione di un apposito atto di erogazione e quietanza, autonomo e distinto rispetto al mutuo, spesso non contestuale alla conclusione del primo contratto, ma successivo allo stesso (Cass. civ., 27 agosto 2015, n. 17194).

Pertanto, la costituzione presso la banca di un deposito cauzionale infruttifero intestato alla mutuataria destinato ad essere svincolato all'esito dell'adempimento degli obblighi ed alla realizzazione delle condizioni contrattuali, si considera come effettiva erogazione della somma da parte della mutuante perché la costituzione del deposito realizza la piena disponibilità giuridica considerabile come equivalente alla traditio materiale della somma (Cass. civ., 27 ottobre 2017, n. 25632).

Invero, non manca parte della giurisprudenza di merito, per la quale il contratto di mutuo non può considerarsi titolo esecutivo, anche se stipulato per atto pubblico notarile, laddove sia dalle parti previsto che la somma mutuata venga depositata presso la stessa banca mutuante in deposito cauzionale a garanzia dell'adempimento di tutte le condizioni poste a carico della parte finanziata (Trib. Lagonegro, 20 marzo 2018, n. 89; Trib. Campobasso, 25 luglio 2017; Trib. Avezzano, 18 luglio 2017; Trib. Chieti, 13 luglio 2017; Trib. Pescara, 12 giugno 2017).

Sennonché, questo orientamento assolutamente controverso non merita accoglimento, giacché la creazione di un pegno sulle somme o la costituzione di un deposito cauzionale rappresentano la sicura testimonianza di un atto di disposizione del finanziato, che, in tutta evidenza, presuppone giuridicamente che la somma sia entrata nella sua sfera giuridica di utilizzo (Trib. Napoli Nord, 7 settembre 2018; Trib. Arezzo, 24 giugno 2017; Trib. Napoli, 23 marzo 2017, n. 3477; Trib. Paola, 25 gennaio 2017, n. 58; Trib. Napoli, 17 aprile 2015, n. 5681; Trib. Napoli, 18 ottobre 2013).

Quanto alla seconda questione affrontata dalla decisione in commento, si può osservare che se è vero che l'art. 479 c.p.c. dispone che il procedimento di esecuzione forzata (sia esso di espropriazione, di obblighi di fare o non fare oppure di esecuzione indiretta) debba essere preceduto dalla notificazione del titolo in forma esecutiva e del precetto, è altresì inconfutabile che la stessa norma prevede la possibilità che sia disposto altrimenti, come accade proprio in relazione al credito fondiario dall'art. 41, comma 1 T.U.B., a norma del quale «[…] nel procedimento di espropriazione relativo a crediti fondiari è escluso l'obbligo della notificazione del titolo contrattuale esecutivo».

Sul punto, la Cassazione ha esplicitamente affermato che nel processo esecutivo per la realizzazione di credito fondiario, ex art. 41 d.lgs. n. 385/1993, il creditore non ha l'obbligo di notificare il titolo, dovendo tuttavia il precetto contenere, oltre all'intimazione ad adempiere il credito, l'indicazione del titolo esecutivo da cui il credito è assistito (Cass. civ., 17 marzo 2009, n. 6426).

Se ciò è indubbio, è del pari inconfutabile che siffatta disposizione debba operare anche nei confronti del fideiussore, quale soggetto passivo nei cui confronti il titolo va azionato in caso di inadempimento dell'obbligo.

Infine, si ritiene opportuno svolgere solo alcuni brevissimi rilievi sul terzo profilo affrontato dalla decisione in commento, avendo il giudicante affrontato e risolto la questione in modo più che esaustivo.

Come già ricordato, con il provvedimento del 2 maggio 2005, laBanca d'Italia - in qualità di Autorità Garante della concorrenza tra istituti creditizi - ha rilevato che l'applicazione uniforme da parte degli istituti di credito di tre disposizioni del modello di fideiussione omnibus predisposta dall'ABI nel 2003 concretasse un'intesa restrittiva della concorrenza, in violazione dell'art. 2, comma 2, lett. a) della legge n. 287/1990.

La decisione che qui si annota si pone nel solco di un recente orientamento della giurisprudenza di merito (Trib. Forlì, 25 marzo 2019, n. 265) che esclude che in tale situazione sia ravvisabile un'ipotesi di nullità della fideiussione, seppur contenente clausole riproduttive dello schema ABI del 2003, in quanto se è vero che l'art. 1418 comma 1 c.c. sanziona con la nullità la violazione di norme imperative, e nessuno dubita che l'art. 2 legge n. 287/90 costituisca norma imperativa è del pari vero che «deve distinguersi tra norme di comportamento e norme di validità del contratto: le prime non attengono alla struttura e al contenuto del negozio e perciò non incidono sulla valida genesi del titolo negoziale»; di conseguenzava esclusa la nullità del contratto, giacché in tali casi è evidente che si tratta di norme di comportamento violate, in quanto le clausole riproduttive dello schema ABI del 2003 sono perfettamente valide come formulate, mentre la loro illegittimità deriva da una circostanza esterna al negozio, e cioè dal fatto che esse corrispondano ad intese volte ad alterare il normale gioco della concorrenza.

Insomma, perché possa considerarsi viziato il contratto di garanzia, occorre la sussistenza di un nesso di dipendenza funzionale tra il contratto stesso e l'intesa a monte che l'ha originato, circostanza che manca nella normale dinamica della contrattazione individuale, in quanto le intese non costituiscono un tutt'uno con i contratti a valle, non rappresentandone in alcun modo un presupposto di esistenza, validità od efficacia.

Guida all'approfondimento
  • Caprio, Validità del contratto di mutuo come titolo esecutivo e rimedi all'abuso del comulo dei mezzi di espropriazione, in REF, 2019, 372 ss.;
  • Sangiovanni, Contratto di mutuo e consegna del bene, in Contratti, 2010, 979 ss.

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