L'Unione Europea, un'istituzione d'integrazione non così “integrata” di fronte alle pandemie

Enrico Gruden
15 Maggio 2020

Il COVID-19 e l'impatto del Diritto dell'Unione Europea sulla reazione all'epidemia
Introduzione. L'Unione Europea e la questione sanitaria

Gli Stati membri dell'Unione Europea, non hanno mai raggiunto, né tantomeno ricercato, una totale armonizzazione in ambito sanitario, sia per questioni legate alle sovranità nazionali che per via di elementi derivanti dalla gestione della cosa pubblica, specifici di ogni singolo Paese.

Nonostante questa constatazione, bisogna riconoscere come l'Unione tenda costantemente ad armonizzare diverse pratiche nazionali verso una visione transnazionale, con lo scopo dichiarato di aiutare e sostenere le autorità dei singoli Stati, al fine di mettere in comune le risorse e ad affrontare perciò le comuni sfide (https://europa.eu/europeanunion/topics/health_fr Pubblicazione: 5 febbraio 2019. Lettura: 24 marzo 2020).

È importante ricordare che, inizialmente, un reale Diritto europeo della Salute non esisteva e forse, nonostante alcune importanti pubblicazioni (Anne Laude, Didier Tabuteau. Code Européen de la Santé. Ed. Editions de Santé. Juin 2009. pp. 2228), esiste attualmente solo in senso lato.

Misure legislative ad hoc sono state promulgate in vari campi, toccando tangenzialmente la salute dei cittadini dell'Unione, ma senza che lo scopo ricercato fosse quello di conferire un vantaggio in ambito sanitario.

In questo breve excursus, sarà presentata l'evoluzione della questione sanitaria comunitaria, secondo il progressivo succedersi degli elementi principali che caratterizzano il corpus juris dell'Unione, completata dall'analisi dei vari atti, alla luce dell'attuale emergenza sanitaria.

La nascita e l'evoluzione della protezione sanitaria nell'Unione

Con il Trattato di Roma nel 1957, ex art. 3, la Comunità Europea s'impegna a contribuire alla realizzazione di un elevato livello di protezione sanitaria dei suoi cittadini (Traité Instituant la Communauté Européenne Rome, le 25 mars 1957, Art. 3-1 p).).

In realtà, il primum movens è indubitabilmente l'armonizzazione delle regole necessarie al buon funzionamento del Mercato comune, più che la ricerca di performance efficienti e coordinate in ambito sanitario (Anne Limpens Harmonisation des législations dans le cadre du Marché commun. Rev. Int. de Droit Comparé; 1967, 19-3 pp. 621-653.).

In conformità a un tale assioma, l'articolo 47 del medesimo Trattato spinge verso la progressiva abrogazione delle misure restrittive riguardanti la libera circolazione dei professionisti in ambito sanitario e farmaceutico (Traité Instituant la Communauté Européenne. Op. cit. Art 47-3.).

La direttiva 2005/36/CE, riguardante il riconoscimento delle qualifiche professionali tra Stati Membri, che si basa, inter alia, sui citati articoli del Trattato di Roma, è un esempio di come la Salute, ambito del quale non si ricercava inizialmente, come si è detto, un'azione specifica, sia stata de facto integrata, promuovendo la libera circolazione dei sanitari sul territorio dell'Unione.

Parallelamente alla libera circolazione del personale sanitario, non bisogna omettere la politica riguardante i farmaci ad uso umano, elemento che contribuisce, in ultima analisi, alla creazione di un vero framework del Diritto europeo della salute. Già la Direttiva del 6 novembre 2001, modificata ed ampliata dalla Direttiva del 31 marzo 2004 (Direttiva 2004/27/CE, che modifica la Direttiva 2001/83/CE, del 31 marzo 2004 instituente un codice comunitario relativo a farmaci ad uso umano), istituiva un codice comunitario in ambito farmacologico. Le basi giuridiche dei testi citati sono rappresentate da una serie di precedenti direttive CEE che, dagli anni Sessanta, hanno contribuito all'armonizzazione del substrato legale sui farmaci circolanti a livello comunitario (Directive 65/65/CEE, del 26 gennaio 1965

per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialità medicinali).

Nel 1992, grazie al Trattato di Maastricht, la Comunità Europea prevede e sancisce il principio di lotta per la prevenzione delle malattie e quello contro le grandi epidemie.

L'articolo 129 indica chiaramente che «la Comunità contribuisce a garantire un livello elevato di protezione della salute umana, incoraggiando la cooperazione tra gli Stati membri e, se necessario, sostenendone l'azione» (Trattato sull'Unione Europea, Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee n. C 191/1, del 29 luglio 1992. Art. 129-1.).

Il medesimo articolo pone altresì l'accento su come «l'azione della Comunità si indirizza in primo luogo alla prevenzione delle malattie, segnatamente dei grandi flagelli».

Si tratta quindi di un'importante fonte giuridica, di assoluta attualità nel periodo che stiamo vivendo.

Col tempo, si è creata una gestione sempre più condivisa di determinate problematiche, quali l'invecchiamento della popolazione, le spese mediche, soprattutto per le cure transfrontaliere, la questione del consenso informato alle cure e, argomento così importante ai giorni nostri, le malattie, siano esse trasmissibili o meno, quali tumori o malattie infettive (Rudolf Strohmeier, Die Europäische Union: Kompendium aus deutscher Sicht., Ed. Westdeutscher Verlag GmbH Opladen. 1994. p. 184 ).

In generale, si può constatare come, nel tempo, l'approccio dell'Unione Europea a sostegno degli Stati Membri nell'ambito della salute sia stato sempre più vasto e articolato, sancito periodicamente da documenti comuni sempre più incisivi, quali la Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea. Nel testo, la protezione della salute umana è evidenziata dall'art. 35, ove è sancito il diritto di ognuno ad «accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure mediche alle condizioni stabilite dalle legislazioni e prassi nazionali» ( Carta dei Diritti Fondamentale dell'Unione Europea , Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea n. C 364/1 del 18 dicembre 2000. Art. 35). Nonostante ciò quindi, come da prassi e da decisione comune, l'Unione non si sostituisce agli Stati membri nella gestione delle questioni sanitarie.

Un'integrazione a geometria variabile

È doveroso ricordare che, nonostante l'Unione Europea sia un'istituzione d'integrazione, a differenza del Consiglio d'Europa, dove lo scopo principale è la cooperazione, tale integrazione non è totale ed è condizionata dagli Stati che la compongono.

Tale fondamento è sancito, in primo luogo, dall'articolo 5 del Trattato sull'Unione Europea dove viene introdotto il “principio d'attribuzione”, che delimita le competenze dell'Unione, facendo in modo che le istituzioni europee agiscano al di qua di limiti ben stabiliti e in linea con le competenze devolute dagli Stati Membri (Trattato sull'Unione Europea (Versione consolidata), Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea n. C 326 del 26 ottobre 2012. Art 5-1).

Il medesimo articolo impone all'Unione gli altri due principi fondamentali che guidano l'azione delle istituzioni comunitarie, quello di sussidiarietà e quello di proporzionalità.

In virtù del primo, «nei settori che non sono di sua competenza esclusiva», e la Sanità è uno di questi, «l'Unione interviene soltanto se e in quanto gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati Membri” ma possono “essere conseguiti meglio a livello di Unione»( Trattato sull'Unione Europea (Versione consolidata), Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea n. C 326 del 26 ottobre 2012. Art 5-3).

Il secondo principio, di proporzionalità, impone che «il contenuto e la forma dell'azione dell'Unione” si limitino “a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi trattati» (Trattato sull'Unione Europea (Versione consolidata), Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea n. C 326 del 26 ottobre 2012. Art 5-4).

Parallelamente a questa base giuridica riguardante le capacità di azione delle istituzioni europee, troviamo le tre categorie di competenza, esclusiva, concorrente e di sostegno.

La Sanità Pubblica rientra tra le “competenze concorrenti”, o condivise e, in parte, tra le competenze di sostegno.

Tale possibilità di azione trova nell'articolo 168 del TFUE (Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea) la sua principale fonte giuridica.

Nessun trattato ha mai accordato un adeguato substrato giuridico per sostenere una vera politica comune di sanità pubblica all'interno dell'Unione, fatto salvo per alcuni campi specifici, quali gli organi e le altre sostanze di origine umana a uso terapeutico, i prodotti fitosanitari e gli animali, i farmaci e i dispositivi ad uso medico, ove la competenza dell'Unione è concorrente, «deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria» (Trattato di Lisbona, del 13 dicembre 2007, che modifica il trattato dell'Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità europea, Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea n. 2007/C 306/01 del 17 dicembre 2007).

Grazie a questo dispositivo, hanno visto la luce documenti d'importante valore giuridico in ambito sanitario, quali la Direttiva n. 53, del 7 luglio 2010 (Direttiva 2010/53/UE del 7 luglio 2010, relativa alle norme di qualità e sicurezza degli organi umani destinati ai trapianti), relativa agli organi umani ad uso terapeutico, o la Direttiva n° 24, del 9 marzo 2011, relativa ai diritti dei pazienti riguardo alle cure transfrontaliere (Direttiva 2011/24/UE del 9 marzo 2011, concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera ).

L'azione condotta dall'Unione Europea, come abbiamo fin qui visto, emerge da basi giuridiche generali, quali i trattati o la Carta dei Diritti fondamentali, e dà luogo a testi vincolanti, su argomenti determinati e prestabiliti, rappresentati principalmente dalle Direttive.

Considerando la gerarchia delle fonti, non vanno naturalmente dimenticati le decisioni e i regolamenti comunitari. Tra questi ultimi, il più recente promulgato in campo sanitario è quello dell'11 marzo 2014, relativo al programma d'azione 2014-2020 sulla Salute. Nonostante la sua natura vincolante, i propositi sono in realtà generici.

L'articolo 3-2 è particolarmente edificante, se rapportato alle contingenze attuali, sottolineando come la coordinazione sanitaria tra Paesi limitrofi debba essere sostenuta e auspicata (Regolamento (UE) n. 282/2014 del Parlamento Europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2014 sulla istituzione del terzo programma d'azione dell'Unione in materia di salute (2014-2020), Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea n. 2014/L 86/1 del 21 marzo 2014. Art. 3-2.).

Più in generale, le “priorità tematiche” del documento risultano altresì d'incontrovertibile attualità.

Ritroviamo quindi la necessità di una maggior cooperazione tra Paesi limitrofi ma anche l'attuazione di azioni per far fronte alle minacce sanitarie in generale, la coordinazione inerente alle misure di protezione e le misure riguardanti l'organico del personale sanitario (Regolamento (UE) n. 282/2014 del Parlamento Europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2014 sulla istituzione del terzo programma d'azione dell'Unione in materia di salute (2014-2020)

Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea n. 2014/L 86/1 del 21 marzo 2014. Allegato I. Priorità Tematiche) .

La cosa importante da rilevare risiede nel preambolo dell'atto che cita, tra le sue fonti, la Decisione 1082/2013/UE (Decisione n. 1082/2013/UE, del 22 ottobre 2013,

relativa alle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero e che abroga la decisione n. 2119/98/CE, Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea n. L 293/1 del 5 novembre 2013), che può essere considerato l'atto legislativo principe nella panoplia dei testi che l'Unione ha prodotto in ambito sanitario, e d'attualità rispetto al contesto contingente. Lo scopo del documento, ex articolo 1, è quello di stabilire «norme in materia di sorveglianza epidemiologica, monitoraggio, allarme rapido e lotta contro le gravi minacce della salute a carattere transfrontaliero, compresa la pianificazione della preparazione e della risposta in relazione a tali attività, allo scopo di coordinare e integrare le politiche nazionali».

La Decisione 1082/2013/UE, ex paragrafo (9) del preambolo, pone l'accento sull'importanza del CSS (Comitato per la sicurezza sanitaria), che rappresenta un'interfaccia di collegamento prioritaria tra la Commissione, gli Stati membri, le agenzie e le istituzioni dell'Unione (Ibid.

Il testo in inglese non lascia alcun dubbio interpretativo riguardo al fatto che la Decisione stabilisca che gli Stati membri debbano coordinare la risposta sanitaria in collegamento con il Comitato per la sicurezza sanitaria. La versione italiana ufficiale del documento lascia intendere che il CSS sia stato istituito dalla Decisione 1082/2013/UE stessa, quando, in realtà, la sua creazione risale al 2001.

The Member Statres should, in liaison with the Commission, coordinate the response within the Health Security Committee (‘HSC') as established by this Decision

Gli Stati membri dovrebbero coordinare la risposta, in collegamento con la Commissione, nel quadro del comitato per la sicurezza sanitaria (CSS) istituito dalla presente decisione”).

L'impatto istituzionale e le agenzie della Commissione

Il CSS è la realtà comunitaria più attiva nel monitorare l'andamento dell'attuale emergenza sanitaria. Tra il 17 gennaio e il 30 marzo 2020, il consesso si è riunito tredici volte, riassumendo l'evoluzione dell'epidemia in atto, presentando le misure intraprese, impegnandosi attivamente nella coordinazione delle attività a livello di Stati membri.

Il comitato per la sicurezza sanitaria, tuttavia, non è altro che un'emanazione della Commissione europea e delle sue istituzioni.

L'Unione possiede strumenti ad hoc, come il Parlamento e il Consiglio dei Ministri dell'Unione, per promuovere e far applicare le sue decisioni e si avvale della cooperazione di alcune agenzie decentrate per redigere pareri e per compiere missioni specifiche.

La struttura che maggiormente traduce i provvedimenti comunitari legati alla sanità in azioni pratiche è la CHAFEA (Consumers, Health, Agriculture and Food Executive Agency), chiamata a gestire 449,4 milioni di euro, tra il 2014 e il 2020, al fine di mettere in atto gli obiettivi del relativo piano d'azione. L'elemento cardine della capacità d'agire dell'Agenzia è rappresentato dalla disponibilità di risorse finanziarie, garantite dalla Commissione, e quindi dagli Stati membri, al fine di portare a termine i compiti assegnati.

Tra gli obiettivi del programma vi è la creazione di strumenti volti a sviluppare la preparazione e la coordinazione nei casi di emergenza sanitaria, trovando soluzioni e meccanismi dedicati a fronteggiare problematiche come il calo delle risorse, sia in termini umani che finanziari, o la creazione di una serie di meccanismi volti alla condivisione delle conoscenze a livello dell'Unione (http://ec. europa.eu/health/funding/programme_en, Lettura: il 30 marzo 2020).

L'Agenzia Europea per i Medicinali (EMA, European Medicines Agency), un'istituzione cardine dell'Unione, possiede principalmente compiti di veglia sanitaria e farmacologica ed è generalmente conosciuta come autorità competente per il rilascio di autorizzazioni di messa sul mercato di sostanze ad uso terapeutico, la cui distribuzione è prevista sull'intero territorio dell'Unione. L'EMA, nell'attuale contesto di crisi sanitaria, fornisce il suo contributo sostenendo la lotta contro l'epidemia COVID-19. Alcune tappe cronologiche nell'attività recente dell'Agenzia, indicano il suo impegno nel far fronte alla pandemia in atto. Possiamo ricordare la pubblicazione di linee guida per l'eventuale modifica di trial clinici in corso, dopo l'inizio dell'epidemia (hpps://www.ema.europa.eu/en/documents/scientific-guideline/point-consider-implications-coronavirus-disease-covid-19-methodological-aspects-ongoing-clinical_en.pdf, Pubblicazione: il 25 marzo 2020 , Lettura: il 31 marzo 2020), o pareri riguardo l'amministrazione di certi farmaci cronici a pazienti affetti da COVID-19 (EMA advises continued use of medicines for hypertension, heart or kidney disease during COVID-19 pandemic., EMA/143324/2020. 27 march 2020), analizzando e vagliando studi pubblicati recentemente in letteratura (Fang L, Karakiulakis G, Roth M, Are patients with hypertension and diabetes mellitus at increased risk for COVID-19 infection ? Lancet Respir Med. March 11, 2020, hpps://doi.org/10.1016/S2213-2600(20)30116-8). L'Agenzia si è dichiarata pronta a sostenere tutte le iniziative di ricerca e sviluppo volte alla messa a punto di farmaci contro il coronavirus COVID-19.

Nel 2005, a seguito delle recenti epidemie, la Commissione Europea crea il Centro Europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC, European Centre for Disease Prevention and Control), con sede a Stoccolma. Tra le varie aree d'intervento, l'istituzione si occupa, inter alia, della sorveglianza delle epidemie, della pubblicazione di linee guida, della creazione di programmi di training per il servizio sanitario, della redazione del giornale europeo dedicato alla prevenzione e al controllo delle malattie (https://www.eurosurveillance.org ).

Da un punto di vista più precipuamente pratico e di azione concreta sul territorio, una delle strutture create di recente è il Centro di coordinamento della risposta alle emergenze (ERCC, Emergency Response Coordination Centre), il cui sviluppo e le sue competenze si fondano su basi giuridiche quali il Trattato di Lisbona (Trattato di Lisbona, del 13 dicembre 2007, che modifica il trattato dell'Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità europea, Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea n. 2007/C 306/01 del 17 dicembre 2007, Art. 196 e Art. 214) e le Decisioni 1313/2013/UE (Decisione n. 1313/2013/UE, del 17 dicembre 2013, sul meccanismo unionale di protezione civile.Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea n. L 347/94 del 20 dicembre 2013), 2019/420/UE (Decisione n. 2019/420/UE, del 13 marzo 2019, che modifica la decisione n. 1313/2013/UEsu un meccanismo unionale di protezione civile, Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea n. L 77 I/l del 20 marzo 2019) e 2019/570/UE (Decisione di esecuzione). Il Centro è stato creato per contrastare le catastrofi naturali, o causate dall'essere umano, in qualsiasi Stato membro dell'Unione che ne facesse richiesta.

In particolare, la Decisione 1313/2013/UE ha imposto la creazione di un «meccanismo unionale di solidarietà tra gli Stati membri, attraverso la cooperazione e il coordinamento delle attività».

Un simile percorso evolutivo ha considerabilmente elevato la protezione sanitaria al di sopra degli interessi degli Stati membri, senza che vi sia, come si è detto, una vera competenza delegata all'Unione per la gestione delle emergenze come quella attuale.

Il background giuridico è stato recentemente potenziato, con la promulgazione della Decisione di esecuzione, quindi non legislativa, del 19 marzo 2020 (Decisione di esecuzione (UE) 2020/414 che modifica la decisione di esecuzione (UE) 2019/570, per quanto riguarda le risorse di rescEU per la costituzione di scorte di materiale medico, Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea n. L 82 I/l del 19 marzo 2020), specificatamente concepita per fronteggiare l'emergenza COVID-19.

Il documento è indirizzato a tutti gli Stati membri dell'Unione.

La Commissione prevede l'allocazione di risorse finanziarie per l'acquisto o la locazione di materiale medico e di supporto. Le risorse atte a prevenire e trattare minacce per la salute a carattere transfrontaliero sono rafforzate.

Il documento potenzia e precisa quanto espresso dalla già citata Decisione 1313/2013/UE.

Da tutto ciò si evince come la Commissione europea tenda, ma appena dalla presente fase centrale dell'epidemia, di appropriarsi delle facoltà che le competono, nel rispetto dei testi in vigore.

Conclusioni

Il quadro legislativo esposto permette di rilevare il continuo ed evolutivo interesse dell'Unione europea verso i problemi inerenti alla sanità pubblica.

La crisi attuale ha tuttavia evidenziato le lacune organizzative nei meccanismi e nelle procedure per far fronte a un'emergenza sanitaria mondiale e, nella fattispecie, continentale.

Nonostante decisioni e direttive chiare e, a volte, vincolanti in materia di salute, diverse misure sono state prese senza un accordo preventivo tra Stati membri. Ciò non ha fatto altro che spingere, di fatto, verso una gestione anarchica della lotta contro il COVID-19.

Da ricordare che il primo caso ufficiale diagnosticato in Europa è stato pubblicato il 4 marzo su un'importante rivista scientifica (Rothe C et al., Transmission of 2019-nCoV Infection from Asymptomatic Contact in Germany, N Eng J Med March, 5 2020; 382: 970-971). La diagnosi risale al 29 gennaio, in Germania. Se una segnalazione europea fu fatta, non è stata adeguatamente presa in considerazione. Se non fu fatta, le regole stabilite a livello comunitario, forse, non sono state rispettate appieno.

Nonostante la promulgazione di tutta una serie di misure atte a favorire una migliore integrazione tra Stati membri in ambito sanitario, le differenze rappresentate dalle particolarità di ogni singolo Paese, in particolare in ambito assicurativo, assistenziale e previdenziale, costituiscono ancora un ostacolo maggiore a che tale processo avanzi in maniera più decisa. Il fatto che le fonti del Diritto dell'Unione Europea, e in particolar modo il Trattato di Lisbona, non sostengano una gestione esclusiva della salute pubblica, da parte dell'Unione, esporrà sempre il vecchio continente a ritardi di gestione delle epidemie, soprassedendo alla caratteristica fondamentale delle malattie infettive, quella di non conoscere frontiere.

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