Adozione in casi particolari: giurisdizione tra residenza abituale del minore e Paese d'origine

Giulio Montalcini
18 Maggio 2020

In una controversia relativa all'adozione in casi particolari di un minore, di nazionalità russa, radicata dalla madre biologica nei confronti di una coppia adottiva di conviventi, abitualmente residenti in Italia, le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno affermato la giurisdizione del giudice italiano, in base al criterio di collegamento della “residenza abituale del minore” previsto dalla Convenzione Aja del 5/10/1961 (ratificata con l. 742/1980), dichiarando incompatibile l'istituto di cui all'art. 44 l. 184/1983 con la ratio dell'Accordo bilaterale siglato tra Russia e Italia il 6 novembre 2008, tesa a favorire la cooperazione fra gli Stati firmatari in materia di adozione piena e legittimante di persona di minore età

Il fatto Il Tribunale per i minorenni di Genova emetteva sentenza di adozione ai sensi dell'art. 44, lett. d) l. 184/1983 di un minore, di nazionalità russa e residente in Italia, in favore sia della tutrice, già nominata affidataria dello stesso minore dal giudice russo, prima del trasferimento nel nostro Paese, sia del suo compagno. Avverso detta pronuncia la madre biologica interponeva gravame, in ragione del presunto contrasto del provvedimento impugnato con l'art. 8 dell'Accordo bilaterale siglato tra Russia e Italia il 6 novembre 2008, in materia di cooperazione e accesso alle pratiche di adozione, e pure con un provvedimento del tribunale russo che, nelle more del giudizio, aveva disposto la reintegrazione della stessa nella responsabilità genitoriale.

La Corte d'Appello di Genova rigettava l'impugnazione, facendo applicazione del criterio di collegamento della “residenza abituale del minore” previsto dalla Convenzione Aja del 5.10.1961 e sulla scorta dell'inapplicabilità dell'accordo bilaterale all'istituto italiano dell'adozione in casi particolari di cui all'art. 44, lett. d), l. 184/1983.

La madre biologica proponeva ricorso in cassazione, eccependo difetto di giurisdizione del giudice italiano.

La questione sottoposta alla Corte. Nel ricorrere in Cassazione, la madre biologica lamentava violazione dell'accordo bilaterale Italia-Russia, in relazione a tre diversi profili:

i) il contrasto con l'art. 8, a tenore del quale, nelle controversie regolate dalla materia pattizia, si afferma la competenza del Giudice del luogo di origine del minore ad emettere sentenza di adozione;

ii) l'applicabilità dell'accordo bilaterale anche all'istituto dell'adozione in casi particolari previsto dall'art. 44 della l. 184/1983;

iii) l'errata individuazione, da parte dei giudici di merito, del luogo di abituale permanenza del minore, anche in relazione alla Convenzione dell' Aja richiamata, volta al contrasto della sottrazione internazionale del minore.

Proprio in relazione a quest'ultimo profilo, la ricorrente riteneva doversi individuare, non in Italia, bensì nel territorio della Federazione Russa, il luogo della residenza abituale del minore, atteso che lo stesso sarebbe stato illecitamente trasferito in Italia dall'affidataria.

La prima sezione della Corte di Cassazione rimetteva la decisione alle Sezioni Unite, trattandosi di questione in materia di giurisdizione. Le Sezioni Unite della Cassazione, con sentenza n. 8847 del 13 maggio 2020, confermano la decisione di merito, attribuendo la giurisdizione al giudice italiano in forza del disposto dell'art. 1 della Convenzione dell'Aja del 5 ottobre 1961, ratificata dall'Italia con Legge n. 742 del 1980.

Sulla questione dell'applicabilità dell'Accordo bilaterale tra Repubblica Italiana e Federazione Russa precisano che tale normativa pattizia ha efficacia solo con riferimento all'adozione c.d. piena o legittimante e non anche a quella per casi particolari. Secondo le Sezioni Unite, a nulla rileva il fatto che l'art. 8 del predetto Accordo attribuisca competenza al Giudice dello Stato di origine nel dichiarare lo stato di adottabilità del minore, dal momento che la dichiarazione di adottabilità è presupposto esclusivo dell'adozione piena e non di quella in casi particolari.

A giudizio della Corte, l'istituto dell'adozione in casi particolari, pur se volto a sopperire a situazioni di abbandono, non realizza quel modello di adozione piena costitutiva di un rapporto di filiazione con conseguente rescissione di ogni pregresso rapporto con la famiglia di origine, fuoriuscendo pertanto dalla portata cogente dell'Accordo bilaterale, che si ispira a “offrire al minore i benefici di una famiglia stabile qualora non sia stato possibile reperire una famiglia adeguata del Paese di origine”, operando una vera e propria sostituzione genitoriale.

Quanto all'asserito errore d'individuazione della “residenza abituale del minore”, le Sezioni Unite danno atto della corretta decisione del giudice di merito che aveva ritenuto che l'ingresso in Italia della minore fosse da ritenersi del tutto legittimo.

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