Sospensione condizionale della pena subordinata a una prestazione pecuniaria e capacità ad adempiere: un contrasto giurisprudenziale mai composto

05 Giugno 2020

In relazione all'obbligo per il giudice della cognizione, che intenda subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno ovvero al pagamento di una provvisionale determinata…
Premessa

In relazione all'obbligo per il giudice della cognizione, che intenda subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno ovvero al pagamento di una provvisionale determinata sull'ammontare di esso, di accertare le condizioni economiche dell'imputato e, quindi, la concreta esigibilità della prestazione, si registrano tre diversi orientamenti nella giurisprudenza di legittimità.

Il contrasto, invero assai risalente, pareva stemperato per la prevalenza della più recente, ed intermedia, tesi.

Tuttavia, da ultimo, la Corte di Cassazione ha assunto posizioni tra loro divergenti, propendendo, ora, per l'esistenza di un obbligo di verifica generalizzato, ora, per l'insussistenza dello stesso, in accoglimento delle due, opposte e più rigide impostazioni e, così, ha fatto riemergere in maniera evidente il conflitto.

Con sentenza n. 4626/2020 la Corte di Cassazione è tornata sul tema della sussistenza, per il giudice della cognizione che intenda subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno o al pagamento di una somma a titolo di provvisionale, dell'obbligo di procedere all'accertamento delle condizioni economiche dell'imputato (Cass. pen., Sez. IV, 08.11.2019, n. 4626).

Nell'adottare la soluzione negativa, la Corte si è posta in consapevole contrasto con altre, anche recenti, sentenze che hanno accolto la soluzione positiva (Sez. V, 18.06.2019, n. 40041) o quella intermedia (Cass. pen., Sez. V, 24.06.2019, n. 40480) e ha, così, messo in risalto il risalente, e mai composto, contrasto giurisprudenziale sul punto.

Il quadro normativo di riferimento

La norma di riferimento è l'art. 165 c.p. che, al comma 1, stabilisce che la sospensione condizionale della pena può essere subordinata all'adempimento dell'obbligo delle restituzioni, al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno o della provvisionale su di esso assegnata, alla pubblicazione della sentenza di condanna, all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero, se il condannato non vi si opponga, alla prestazione di attività retribuita in favore della collettività per un periodo determinato, secondo le modalità stabilite dal giudice nella sentenza di condanna (subordinazione discrezionale).

Il comma 2 della medesima disposizione prevede che, se la sospensione condizionale viene concessa ad un soggetto che ne ha già beneficiato, essa deve essere subordinata all'adempimento di uno degli obblighi previsti dal comma precedente (subordinazione obbligatoria); la norma, nella sua originaria formulazione, conteneva l'inciso salvo che ciò sia impossibile poi soppresso dall'art. 2, comma 1, lett. b), della l. 11 giugno 2004 n. 145.

La giurisprudenza di legittimità ha più volte precisato che l'art. 165 c.p. si ispira ai principi di legalità e tassatività e che, pertanto, la subordinazione può essere disposta solo con riferimento a prestazioni certe e determinate, in modo da assicurare l'esatta corrispondenza tra l'obbligo imposto ed il suo corretto adempimento, di talché, ad esempio, non si può ancorare la sospensione condizionale della pena ad una condanna generica al risarcimento del danno, atteso che si tratterebbe di una condizione inesigibile (così, tra le altre, Cass. pen., Sez. II, 06.12.2018, n. 1148; Cass. pen., Sez. VI,09.06.2016, n. 29163).

Per il principio di obbligatorietà ed effettività della pena, elemento essenziale per la concessione del beneficio è la determinazione del termine entro cui la prestazione deve essere eseguita (art. 165, ultimo comma, c.p.).

Quanto al momento di decorrenza di detto termine, nella giurisprudenza formatasi in relazione a casi di omessa fissazione, si registrano due posizioni: secondo la prima, e più rigorosa, esso va individuato nel passaggio in giudicato della sentenza (tra le altre: Cass. pen., Sez. VI,13.05.1996,n. 8392), mentre secondo altri arresti, ove non indicato in sentenza, esso coincide con quello, previsto dall'art. 163 c.p., durante il quale è sospesa l'esecuzione della sanzione irrogata, vale a dire cinque o due anni, a seconda che la condanna sia stata inflitta per un delitto o per una contravvenzione, decorrenti dal giorno in cui la sentenza è divenuta irrevocabile (tra le altre: Cass. pen., Sez. V, 08.11.2018, n. 9855), fermo restando il diritto delle parti civili di agire immediatamente in executivis in sede civile, in forza del titolo di condanna all'adempimento delle statuizioni civili passato in giudicato.

Recentemente, la quinta sezione della Cassazione ha riaffermato la prima, e più risalente, posizione, evidenziando che, ove si concedesse un lasso di tempo di due o cinque anni dopo il passaggio in giudicato per adempiere si creerebbe un ulteriore, e non previsto, vantaggio per l'obbligato, con conseguente ulteriore, e altrettanto non previsto, pregiudizio per la persona offesa, e ciò in contrasto con il disposto dell'art. 1183, comma 1, c.c., secondo cui «se non è determinato il tempo in cui la prestazione deve essere eseguita il creditore può esigerla immediatamente»(Cass. pen., Sez. V, 24.06.2019, n. 40480).

Le posizioni della giurisprudenza in tema di verifica delle condizioni economiche dell'imputato: il primo orientamento

Uno degli obblighi cui può essere subordinato il beneficio della sospensione condizionale della pena, come visto, è il risarcimento del danno ovvero il pagamento di una provvisionale.

Poiché la concreta esigibilità di tale tipo di prestazione è correlata alle condizioni economiche del reo, si pone il problema di stabilire se il giudice della cognizione, nell'applicazione dell'art. 165 c.p., debba svolgere un accertamento preventivo sul punto.

In materia si registrano tre diversi orientamenti nella giurisprudenza di legittimità.

Secondo la prima impostazione, cui, pur nella dichiarata consapevolezza dell'esistenza di un contrasto giurisprudenziale, ha recentemente aderito la quarta sezione della Corte di Cassazione, il giudice della cognizione non è, comunque, tenuto a svolgere alcun accertamento sulla capacità economica del reo, atteso che la verifica dell'eventuale impossibilità di adempiere deve essere effettuata in sede esecutiva (Cass. pen., Sez. IV, 08.11.2019, n. 4626; in senso conforme, tra le altre: Cass. pen., Sez. V, 09.03.2016, n. 31606; Cass. pen., Sez. V, 17.11.2015, n. 15800;Cass. pen., Sez. II, 11.06.2015, n. 26221; Cass. pen., Sez. V, 09.12.2015, n. 12614;Cass. pen., Sez. VI, 08.05.2014, n. 33020; Cass. pen., Sez. VI, 08.05.2014, n. 33024; Cass. pen., Sez. III, 25.06.2013, n. 38345; Cass. pen., Sez. VI, 31.01.2000, n. 2390; Cass. pen., Sez. VI, del 05.02.1998, n. 3450; Cass. pen., Sez. IV, 15.10.1979, n. 762).

Spetta, cioè, al giudice dell'esecuzione stabilire, nel momento in cui l'onere risarcitorio deve essere effettivamente adempiuto, se esso possa essere soddisfatto.

Ed in effetti, la mancata esecuzione della prestazione non comporta, di per sé, la revoca del beneficio, la quale consegue soltanto all'«inadempimento» (art. 168 c.p.).

Da ciò deriva che il giudice dell'esecuzione, chiamato a pronunciarsi ex art. 674 c.p.p. sulla richiesta di revoca, dovrà, appunto, verificare se vi sia stato inadempimento, ossia, secondo la nozione mutuata dalla norma civilistica (art. 1218 c.c.), mancata o inesatta esecuzione della prestazione per causa imputabile all'obbligato.

Quindi, secondo le regole generali, il condannato potrà sempre dimostrare che la prestazione era ab origine, oppure è divenuta successivamente, inesigibile, e, così, liberarsi dall'obbligazione (cfr. Cass. pen., Sez. V, 24.06.2019, n. 40480).

È per tale motivo che l'omessa verifica in sede di cognizione della capacità ad adempiere non cagiona all'imputato alcun grave ed irreparabile danno né introduce sperequazioni, in contrasto con l'art. 3 Cost., tra coloro che, disponendo dei mezzi necessari, hanno la materiale possibilità di dare esecuzione all'obbligo e coloro che si trovano nell'opposta condizione.

Tale impostazione è ritenuta conforme ai principi affermati nella sentenza n. 49 del 1975, con cui la Corte Costituzionale, nel dichiarare non fondata la questione di legittimità dell'art. 165 c.p. in relazione all'art. 3 Cost., ha precisato che la valutazione giudiziale della capacità economica del condannato e della sua concreta possibilità di sopportare l'onere del risarcimento del danno può esplicarsi sia nel momento della condanna sia in quello della esecuzione.

Del resto, imporre l'accertamento in sede di merito delle condizioni economiche dell'imputato significherebbe attribuire al giudice della cognizione l'onere di un approfondimento che, in primo luogo, potrebbe rivelarsi del tutto inutile, non essendo precluso al soggetto interessato di dimostrare in sede esecutiva le modifiche peggiorative nel frattempo intervenute e che, in secondo luogo, potrebbe non essere attuabile, sussistendo la possibilità, soprattutto nei casi in cui l'imputato sia assente, che non vi sia alcun elemento per la verifica della sua reale capacità economica.

Il secondo orientamento

Di segno opposto rispetto agli arresti fino ad ora citati sono altre, anche recenti, sentenze, in cui la Corte di Cassazione ha affermato che il giudice della cognizione che intenda subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno o al pagamento di una provvisionale ha, in ogni caso, l'obbligo di verificare le reali condizioni economiche del condannato.

Tale principio è stato ribadito, da ultimo, dalla quinta sezione, con pronuncia n. 40041 del 18.06.2019 che ha annullato, in parte, la sentenza impugnata per difetto di tale doverosa verifica (in precedenza, tra le altre, si vedano: Cass. pen., Sez. V, 02.02.2015, n. 21557; Cass. pen., Sez. V, 03.11.2010, n. 4527/2011; Cass. pen., Sez. II, 15.02.2013, n. 22342; Cass. pen., Sez. IV, 11.07.1979, n. 3050; Cass. pen., Sez. VI, 20.11.1978, n. 1661; Cass. pen., Sez. VI, 22.02.1978, n. 5085).

Secondo questa impostazione, tale soluzione risulta costituzionalmente orientata e conforme agli insegnamenti della sentenza n. 49 del 1975 (qui richiamata a fini opposti rispetto a quelli visti in precedenza), con cui la Corte Costituzionale ha avvertito che è lo stesso art. 165 c.p. ad attribuire al giudice il potere di valutare, con apprezzamento motivato ma discrezionale, la concreta possibilità del reo di sopportare l'onere del risarcimento pecuniario. Da ciò consegue che soltanto la preventiva valutazione, sia pure sommaria, delle condizioni economiche dell'imputato costituisce mezzo idoneo per evitare che si realizzi in concreto un trattamento di sfavore a carico dello stesso imputato per motivi di censo, ancor più quando vi sia già un accenno di prova dell'incapacità di adempiere all'obbligazione risarcitoria (art. 3 Cost.).

Sotto altro profilo, si evidenzia come la Costituzione, nel prevedere che la pena deve avere anche una funzione rieducativa (art. 27), abbia inteso evitare l'imposizione di sanzioni non concretamente esigibili, che creano una percezione di ingiustizia nel soggetto cui sono inflitte.

Tuttavia, negli arresti che aderiscono a tale orientamento non si precisa esattamente quale sia l'estensione del potere-dovere del giudice di procedere alla citata verifica né si chiarisce se esista un onere di allegazione o, piuttosto, un onere di fornire quantomeno un principio di prova, in capo alla difesa.

Fermo restando, cioè, che l'approfondimento deve essere necessariamente compiuto nel contraddittorio tra le parti e che il giudice ha il dovere di procedere all'apprezzamento delle circostanze rilevanti dalle stesse introdotte, non viene chiarito cosa accada, ad esempio, nelle ipotesi in cui nulla sia sul punto nemmeno allegato, atteso che nei casi concreti sottoposti all'esame della Corte erano comunque stati acquisiti, nel corso del giudizio di merito, elementi rilevanti a tale fine.

Il terzo orientamento

Il terzo orientamento, che, pur con le viste oscillazioni, rimane maggioritario, rappresenta una impostazione intermedia tra quelle già analizzate.

Esso pare avere il pregio di contemperare le contrastanti esigenze evidenziate dagli arresti di segno opposto, atteso che, per un verso, consente di non gravare il giudice della cognizione con obblighi generalizzati di preventive verifiche di esigibilità della prestazione e, per altro verso, consente di non porre sull'imputato, che abbia allegato «per lo meno un serio principio di prova Cass. pen., un onere che non sarebbe in grado di adempiere (Cass. pen., Sez. IV, 05.04.2016, n. 25685).

Secondo questa impostazione l'intervenuta soppressione, al secondo comma dell'art. 165 c.p., dell'originario riferimento all'impossibilità ad adempiere quale causa ostativa alla subordinazione obbligatoria del beneficio della sospensione condizionale della pena (art. 2, l. n. 145 del 2004) ha, all'evidenza, sollevato il giudice della cognizione -anche nei casi di sospensione facoltativa- da qualsiasi obbligo di accertamento preventivo sulle condizioni economiche dell'imputato (Cass. pen., Sez. V, 20.01.2015, n. 14205).

Rispetto a tale regola, però, viene introdotta una eccezione, nell'ipotesi in cui dagli atti emergano situazioni che facciano dubitare della capacità di adempiere (Cass. pen., Sez. V, 24.06.2019 n. 40480; Cass. pen., Sez. V, 20.12.2018, n. 5500; Cass. pen., Sez. II, 06.12.2018, n. 1148; Cass. pen., Sez. VI, 15.02.2018 n. 11371; Cass. pen., Sez. VI, 28.09.2017, n. 52730; Cass. pen., Sez. V, 01.10.2018 n. 48913; Cass. pen., Sez. VI, del 06.04.2017, n. 33696; Cass. pen., Sez. IV, 04.10.2017, n. 50028; Cass. pen., Sez. III, 17.05.2016,n. 29996; Cass. pen., Sez. IV, 05.04.2016, n. 25685; Cass. pen., Sez. VI, 13.05.2016, n. 25413).

In tali casi, infatti, il giudice è tenuto a valutare la sussistenza dell'allegata situazione di difficoltà o impossibilità ad adempiere, in base alle emergenze processuali, e a dare conto nella motivazione della sentenza del percorso logico seguito.

Del resto, si sottolinea che i criteri che presiedono alla scelta, discrezionale, di subordinare la sospensione condizionale della pena ad una condizione non possono che essere rinvenuti nell'art. 164 c.p., il quale, rinviando al precedente art. 133 c.p., impone una valutazione anche delle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo.

Pertanto, nell'ipotesi in cui negli atti processuali siano evidenziati chiari e specifici elementi che consentano di dubitare della capacità dell'imputato di soddisfare la condizione imposta, ovvero quando lo stesso, in vista della decisione, abbia diligentemente provveduto ad allegare tali elementi, il giudice della cognizione è tenuto ad effettuare un motivato apprezzamento delle sue condizioni economiche. Ove, invece, ciò non accada, è da escludersi che sul giudice gravi tanto un obbligo di compiere accertamenti preventivi tesi a verificare la possibilità dell'imputato di sopportare la condizione, quanto un obbligo di motivare sul punto.

Diviene, allora, di fondamentale importanza stabilire in quali situazioni il giudice possa fondatamente dubitare della capacità ad adempiere dell'imputato e, conseguentemente, definire e delimitare l'onere di allegazione, o di prova, della parte.

La giurisprudenza di legittimità non ha, sul punto, assunto una posizione univoca.

In un caso di omesso versamento della somma dovuta a titolo di contributo nel mantenimento dei figli minori, la Corte ha ritenuto che la verifica da parte del giudice sia imprescindibile, non solo nell'ipotesi in cui una situazione di impossibilità o di rilevante difficoltà all'adempimento emerga dal fascicolo processuale ma, anche, quando essa emerga dalle «deduzioni» o dalle «produzioni» documentali dell'interessato, con ciò parendo attribuire rilievo anche alle mere allegazioni di parte (Cass. pen., Sez. VI, 28.09.2017, n. 52730).

Con sentenza n. 1148/2019, la seconda Sezione, in un caso di condanna per il delitto di appropriazione indebita, ha respinto il motivo di ricorso della difesa poggiante sull'omessa valutazione delle dichiarazioni dell'imputata che, in sede di esame, aveva riferito di essere disoccupata e di vivere grazie agli aiuti degli anziani genitori.

In particolare, il giudice di merito aveva disatteso i rilievi difensivi, adducendo la mancata produzione di prove documentali a sostegno delle dichiarate precarie condizioni economiche e non ritenendo, sul punto, sufficienti mere allegazioni.

La Corte ha condiviso tale impostazione, reputando necessaria una specificazione delle puntuali circostanze che fondano la richiesta di esclusione della subordinazione ed aggiungendo che l'accertamento incidentale postulato dalla ricorrente, chiamando in causa le ragioni della costituita parte civile e i tempi delle relative istanze risarcitorie, <<non può limitarsi alla ricezione dell'unilaterale prospettazione dell'interessata né prescindere dalla necessità di un'istruttoria in contraddittorio rispondente alle regole probatorie proprie della fase processuale e dall'assolvimento dell'onere di puntuale allegazione >> incombente sulla parte.

In altra sentenza, pronunciata in un caso di condanna per il reato di lesioni aggravate, si è precisato che l'onere di allegazione delle specifiche circostanze, dirette a dimostrare l'assoluta incapacità a soddisfare la condizione imposta, non è soddisfatto dalla mera produzione dell'ISEE in sede di discussione del giudizio appello, in difetto financo di illustrazione sulla rilevanza dello stesso nell'atto introduttivo del giudizio (così Cass. pen.,Sez. V, 20.12.2018, n. 5500).

Di particolare interesse, ancora, la vicenda oggetto della pronuncia n. 25413/2016 della sesta sezione.

L'imputato era stato condannato per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, per non aver versato le somme stabilite con provvedimento presidenziale in sede di separazione coniugale in favore della moglie e delle figlie, facendo mancare alle stesse i mezzi di sussistenza. La condanna era stata condizionalmente sospesa ma il beneficio era stato subordinato al pagamento di quanto liquidato a titolo di provvisionale.

Nel ricorso per cassazione la difesa aveva addotto, tra gli altri, il vizio di erronea applicazione degli artt. 163, 164 e 165 c.p., sostenendo che fosse illegittimo subordinare la sospensione condizionale della pena al pagamento di una somma di denaro, attesa l'intervenuta dichiarazione di fallimento, che precludeva all'imputato di effettuare personalmente dei pagamenti.

La Corte ha accolto tale motivo di ricorso, dando rilievo all'intervenuta dichiarazione di fallimento, poiché, a far data dalla stessa, tutta l'amministrazione del patrimonio del fallito è rimessa alle decisioni degli organi della procedura fallimentare, cui restano estranei solo i beni strettamente personali.

Spunti interessanti possono, poi, essere tratti dai casi in cui l'imputato era stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato, atteso che proprio da tale provvedimento potrebbe essere desunta una situazione di difficoltà ad adempiere.

Ebbene, nella vicenda oggetto della sentenza n. 11371/18 della sesta sezione della Corte di Cassazione, l'imputata era stata condannata per il delitto di cui all'art. 574-bisc.p., per avere sottratto il figlio minore ed averlo portato con sé all'estero contro la volontà del padre ed in assenza di provvedimento giurisdizionale che disciplinasse l'affidamento del figlio della coppia. Il giudice aveva subordinato la concessione della sospensione condizionale della pena al pagamento di una provvisionale.

La Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente alla statuizione relativa alla subordinazione, rilevando come in atti fosse già acquisita la prova del grave ed attuale disagio economico in cui viveva l'imputata. In tal senso sono stati ritenuti rilevanti, in primo luogo, l'avvenuta presa in carico del nucleo familiare da parte dei servizi territoriali (che avevano segnalato la precarietà anche, e non solo, economica dei genitori del minore, evidenziando come la donna dormisse in stazione, non fosse in grado di pagare un'abitazione per sé e per i figli, girovagasse per l'Italia alla ricerca di un lavoro) e, in secondo luogo, l'ammissione, in Francia, all'aiuto legale, istituto corrispondente al patrocinio a spese dello Stato.

In tale arresto, quindi, l'ammissione al patrocinio era uno tra i vari elementi che il giudice aveva a disposizione per le valutazioni in ordine alla capacità economica.

In una coeva sentenza, la Corte, pronunciandosi in un caso di lesioni gravi con condanna a pena condizionalmente sospesa subordinata al risarcimento del danno, ha precisato che l'incapacità di adempiere non può essere desunta sic et simpliciter dall'ammissione al patrocinio a spese dello Stato (Cass. pen., Sez. II, 06.12.2018 n. 40480/2019).

Qualche mese prima, invece, in un caso di condanna per il delitto di lesioni, era stata annullata la sentenza impugnata per omessa valutazione di elementi attestanti le modeste condizioni economiche dell'imputato, elementi desumibili proprio dal fascicolo inerente all'ammissione al detto patrocinio (Cass. pen., Sez. V, 01.10.2018, n. 48913).

In conclusione

La questione relativa alla sussistenza dell'obbligo per il giudice della cognizione di procedere all'accertamento delle condizioni economiche dell'imputato, nel caso in cui la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena sia subordinata al risarcimento del danno o al pagamento di una somma a titolo di provvisionale, coinvolge profili di interesse costituzionale, quali il principio di uguaglianza e la funzione rieducativa della pena.

Infatti, condizionare il beneficio ad una prestazione concretamente non esigibile dall'obbligato, per un verso, confligge con le esigenze sottese all'art. 27 Cost., e, per altro verso, introduce un trattamento di sfavore in ragione delle condizioni economiche dell'interessato.

La Corte Costituzionale, con una risalente pronuncia (n. 49 del 1975), ha dichiarato infondata la questione di legittimità dell'art. 165 c.p., sotto il profilo della violazione del principio di uguaglianza, precisando che detta norma rientra fra quelle che impongono oneri patrimoniali per il raggiungimento di determinati fini e che essa comporta, nella sua applicazione, una diversa possibilità di utilizzazione secondo la condizione economica dei soggetti che quei fini si propongono di conseguire.

Tuttavia, lo stesso art. 165 c.p. riconosce al giudice il potere di subordinare, o meno, la sospensione condizionale della pena all'adempimento dell'obbligazione pecuniaria, per effetto di una valutazione, motivata ma discrezionale, della capacità economica del condannato e della sua effettiva possibilità di sopportare l'onere economico.

Ebbene, secondo la Corte, proprio tale apprezzamento, che può avvenire tanto in sede di cognizione quanto in sede esecutiva, costituisce mezzo idoneo per evitare che si realizzi in concreto un trattamento di sfavore a carico del reo, in funzione delle sue condizioni economiche.

La giurisprudenza successiva, che ha sempre richiamato questo arresto, anche se a fini opposti, ha privilegiato talora il riferimento al giudice dell'esecuzione, talaltra il riferimento al giudice della cognizione come destinatari dell'obbligo di verifica della capacità ad adempiere.

Il contrasto giurisprudenziale si è di recente riproposto per effetto di sentenze, quasi coeve, con cui la Corte di Cassazione si è discostata dalla posizione intermedia, che pareva oramai maggioritaria.

La questione è di non poco momento, atteso che dall'accoglimento dell'una o dell'altra soluzione derivano differenti conseguenze in tema di individuazione, non solo, degli obblighi del giudice ma, anche, degli oneri delle parti.

Nel processo di cognizione, infatti, le esigenze dell'imputato, che assuma di non essere nelle condizioni per adempiere e che, quindi, miri ad ottenere il beneficio della sospensione condizionale della pena non subordinato ad alcun obbligo, confliggono con gli interessi risarcitori della parte civile, per la quale l'applicazione di una condizione costituisce uno stimolo all'adempimento.

In linea di principio, se si aderisce alla tesi secondo cui ogni verifica è demandata alla fase esecutiva, non si pone alcuna questione al riguardo; se, al contrario, si accolgono le tesi dell'obbligo di verifica generalizzato o, quanto meno, limitato ai casi in cui emergano sintomi di incapacità economica, diviene necessario definire l'estensione degli oneri di parte.

Anche delimitando in questo modo il perimetro della verifica, tuttavia, non è possibile dedurre in modo univoco dall'esame delle sentenze sopra riportate se la difesa possa limitarsi ad una mera allegazione oppure se debba fornire quanto meno un <<principio di prova>> dell'incapacità ad adempiere.

Infatti, accanto a pronunce che paiono annettere rilevanza alla sola allegazione, ve ne sono altre che, in considerazione del coinvolgimento dei diritti della parte civile, richiedono, in questi casi, una vera e propria attività istruttoria in contraddittorio e su impulso della difesa, cui viene richiesto di fornire specifici elementi a sostegno della situazione di difficoltà o impossibilità ad adempiere dell'imputato.

Proprio tali incertezze applicative, che hanno significative ed evidenti ricadute anche sul diritto di difesa, fanno ritenere auspicabile un intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che possa dirimere il persistente contrasto giurisprudenziale.

Guida all'approfondimento

AMOROSO M. C., Questioni vecchie e nuove in tema di richiesta di pena concordata subordinata alla sospensione condizionale e relativi poteri del giudice, Cassazione Penale, 2019

GASPARRE A., Sospensione condizionata al risarcimento dei danni: rilevano le condizioni economiche dell'obbligato?, Diritto & Giustizia, 2017

LEVITA L., Sospensione condizionale e condizioni economiche dell'imputato: in attesa delle Sezioni unite, Il Penalista, 2015

In giurisprudenza:

Cass. pen., Sez. IV, 08.11.2019, n. 4626

Cass. pen., Sez. V, 24.06.2019, n. 40480

Cass. pen., Sez. V, 18.06.2019, n. 40041

Cass. pen., Sez. V, 20.12.2018, n. 5500

Cass. pen., Sez. II, 06.12.2018, n. 1148

Cass. pen., Sez. VI, 15.02.2018, n. 11371

Cass. pen., Sez. V, 01.10.2018, n. 48913

Cass. pen., Sez. IV, 04.10.2017, n. 50028

Cass. pen., Sez. VI, 28.09.2017, n. 52730

Cass. pen., Sez. V, 09.03.2016, n. 31606

Cass. pen., Sez. III, 17.05.2016, n. 29996

Cass. pen., Sez. IV, 05.04.2016, n. 25685

Cass. pen., Sez. VI, 13.05.2016, n. 25413

Cass. pen., Sez. V, 17.11.2015, n. 15800

Cass. pen., Sez. V, 09.12.2015, n. 12614

Cass. pen., Sez. V, 02.02.2015, n. 21557

Cass. pen., Sez. VI, 08.05.2014, n. 33020

Cass. pen., Sez. VI, 08.05.2014, n. 33024

Cass. pen., Sez. III, 25.06.2013, n. 38345

Cass. pen., Sez. II, 15.02.2013, n. 22342

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