“Contestazioni a catena” e commissione dei fatti oggetto dell'ordinanza rispetto a cui operare la retrodatazione

Redazione Scientifica
05 Giugno 2020

In tema di "contestazioni a catena", la retrodatazione prevista dall'art. 297, comma 3, c.p.p., presuppone che i fatti oggetto dell'ordinanza rispetto alla quale operare la retrodatazione «siano stati commessi anteriormente all'emissione della prima ordinanza, e tale condizione non sussiste nell'ipotesi in cui l'ordinanza coercitiva successiva abbia ad oggetto la contestazione...

In tema di "contestazioni a catena", la retrodatazione prevista dall'art. 297, comma 3, c.p.p., presuppone che i fatti oggetto dell'ordinanza rispetto alla quale operare la retrodatazione «siano stati commessi anteriormente all'emissione della prima ordinanza, e tale condizione non sussiste nell'ipotesi in cui l'ordinanza coercitiva successiva abbia ad oggetto la contestazione del reato di associazione di tipo mafioso con formula "aperta", che indichi la permanenza del reato anche dopo l'emissione della prima ordinanza coercitiva, a meno che gli elementi acquisiti non consentano di ritenere l'intervenuta cessazione della permanenza quanto meno alla data di emissione della prima ordinanza».

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 16595/20, depositata il 1° giugno.

Gli imputati ricorrono congiuntamente contro l'ordinanza con la quale il Tribunale, in funzione di giudice del riesame ed appello in tema di misure cautelari, ha rigettato il gravame presentato nell'interesse di questi contro l'ordinanza con la quale, lo stesso Tribunale, in funzione di giudice procedente, aveva rigettato la richiesta di declaratoria d'inefficacia della misura cautelare della custodia in carcere applicata ai predetti.

In particolare, i ricorrenti, rivolgendosi alla S.C., lamentano violazione dell'art. 297 c.p.p. e vizi di motivazione quanto all'esclusione dell'operatività della disciplina della retrodatazione della data di inizio della custodia in carcere nell'ambito dell'odierno procedimento alla data del fermo emesso nei loro confronti.

In ordine alla tematica della "contestazione a catena" riguardante anche reati associativi, aventi natura permanente, e prosecuzione della condotta criminosa contestata anche dopo l'esecuzione della prima ordinanza la S.C. ha ribadito che la retrodatazione prevista dall'art. 297, comma 3, c.p.p., presuppone che i fatti oggetto dell'ordinanza rispetto alla quale operare la retrodatazione siano stati commessi anteriormente all'emissione della prima ordinanza e tale condizione non sussiste nell'ipotesi in cui «l'ordinanza successiva abbia ad oggetto la contestazione del reato di associazione di stampo mafioso con descrizione del momento temporale di commissione mediante una formula cosiddetta aperta, che faccia uso di locuzioni tali da indicare la persistente commissione del reato pur dopo l'emissione della prima ordinanza, precisando che soltanto rispetto a condotte illecite anteriori all'inizio della custodia cautelare disposta con la prima ordinanza può ragionevolmente operarsi la retrodatazione di misure adottate in un momento successivo, come si desume dalla lettera dell'art. 297 c.p.p., comma 3, che prende in considerazione solo i "fatti diversi commessi anteriormente alla emissione della prima ordinanza"».
Sulla base di tale orientamento richiamato più volte, i Giudici di legittimità affermano il nuovo principio di diritto in virtù del quale: in tema di "contestazioni a catena", la retrodatazione prevista dall'art. 297, comma 3, c.p.p., presuppone che i fatti oggetto dell'ordinanza rispetto alla quale operare la retrodatazione «siano stati commessi anteriormente all'emissione della prima ordinanza, e tale condizione non sussiste nell'ipotesi in cui l'ordinanza coercitiva successiva abbia ad oggetto la contestazione del reato di associazione di tipo mafioso con formula "aperta", che indichi la permanenza del reato anche dopo l'emissione della prima ordinanza coercitiva, a meno che gli elementi acquisiti non consentano di ritenere l'intervenuta cessazione della permanenza quanto meno alla data di emissione della prima ordinanza».
Ebbene, nel caso in esame, deve escludersi l'acquisizione in atti di elementi idonei ad offrire una diversa ricostruzione del tempo di commissione del reato, ed in particolare l'intervenuta cessazione ex ante della permanenza dell'enucleato reato associativo. Pertanto, i ricorsi vanno rigettati.

Fonte: Diritto e Giustizia

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