Gli effetti della pandemia sugli obblighi familiari di mantenimento

Massimiliano Ferrari
09 Giugno 2020

L'attuale emergenza sanitaria ha comportato la chiusura di tutte le attività definite “non essenziali, provocando una pesante crisi economica che, molto probabilmente, perdurerà ben oltre la risoluzione dell'epidemia, quanto peserà questa contrazione economica sui genitori separati tenuti a corrispondere assegni di mantenimento di figli e coniuge?

L'attuale emergenza sanitaria ha comportato la chiusura di tutte le attività definite “non essenziali, provocando una pesante crisi economica che, molto probabilmente, perdurerà ben oltre la risoluzione dell'epidemia.

Tale situazione avrà ripercussioni pesanti anche nei confronti dei genitori separati i quali riscontreranno difficoltà nel garantire la corresponsione dell'importo previsto in sede di separazione o divorzio o di affidamento della prole nata fuori del matrimonio, quale contributo mensile a favore dei figli e/o del coniuge. E non essendovi alcun intervento da parte del Governo o del Legislatore sul punto, il soggetto obbligato, in linea generale, sarà tenuto a far fronte all'obbligo di mantenimento anche in caso di estrema difficoltà. Diversamente il mancato versamento dell'assegno di mantenimento determinerà conseguenze sia dal punto di vista civile, sia sotto il profilo penale.

Analizzando ora la situazione economica familiare di due ex coniugi, si può notare come tale emergenza abbia avuto un impatto negativo sul reddito di entrambi i soggetti, anche se in misura differente.

Per il lavoratore dipendente di un'azienda commerciale, si stima un calo di circa l'8% del reddito annuale. Nel periodo compreso tra marzo e maggio di cassa integrazione, ha percepito l'80% di 1.350,00 e nei mesi a seguire lo stipendio ridotto mensilmente del 4%.

Diversamente, il reddito del soggetto obbligato, nonché lavoratore autonomo operante nel settore della ristorazione, è stato colpito in maniera rilevante soprattutto nei primi tre mesi di allerta Covid-19 per inattività, registrando come unica entrata il bonus 600 euro (come da DPCM del 11 marzo) determinando una diminuzione del fatturato mensile pari al 74% rispetto al periodo precedente.

La riapertura di molte attività, tra cui la ristorazione (prevista dal DPCM del 26 aprile), ha determinato una forte ripresa economica: si stima un reddito mensile, nei 9 mesi successivi, di euro 2.200,00 (importo diminuito del solo 4% rispetto al 2019).

Il periodo di fatturato sospeso, senza dubbio, ha inciso fortemente e in maniera negativa sul reddito annuale. Difatti, nel 2019 il soggetto ha percepito euro 27.500,00, e per l'anno in corso si presume un calo del 23%.

La ridotta capacità di reddito del soggetto obbligato risultante da un fatto sopravvenuto indipendentemente dalla volontà dei soggetti diviene un valido motivo per richiedere la revisione dell'assegno (avente come importo originario euro 500/mese).

Si potrà valutare una riduzione di importo solo per un periodo limitato, e in particolare, per il periodo in cui il soggetto ha avvertito maggiormente il peggioramento dello status economico. Nel caso descritto il giudice ben potrà rideterminarne la nuova misura, i cui effetti saranno applicabili solo sui 3 mesi di inattività e l'importo sarà calcolato in proporzione alla riduzione subìta, intorno al 74%.

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