Osservatorio sulla Cassazione – Maggio 2020

La Redazione
12 Giugno 2020

Torna l'appuntamento mensile con l'Osservatorio, una selezione delle più interessanti sentenze di legittimità depositate nel mese di Maggio.

Trasformazione di una s.r.l. in società semplice e decorrenza del termine annuale di fallibilità

Cass. Civ. – Sez. I – 29 maggio 2020, n. 10302, sent.

In caso di trasformazione regressiva di una società di capitali in società semplice, con conseguente cancellazione della società trasformata dal registro delle imprese e di iscrizione di quella derivata dalla trasformazione nell'apposito registro speciale, la decorrenza del termine annuale di fallimento, ex art. 10 l.fall., va calcolato dalla detta cancellazione. Tuttavia, ove la società semplice derivante dalla trasformazione «regressiva» prosegua in realtà nell'attività di impresa, e la trasformazione si riveli un espediente finalizzato a sottrarsi alla fallibilità, essa assume, per i fini in discorso, le vesti della società irregolare: in tal caso, il termine annuale per la fallibilità si calcola dal momento in cui l'effettiva, e non fittizia, cessazione dell'attività venga palesata all'esterno.

Legittimazione eccezionale del fallito a impugnare l'avviso di accertamento

Cass. Civ. – Sez. VI – 29 maggio 2020, n. 10251, ord.

In tema di fallimento di società dì persone e dei soci illimitatamente responsabili, l'atto impositivo, se inerente a crediti tributari i cui presupposti si siano determinati prima della dichiarazione di fallimento del contribuente o nel periodo d'imposta in cui tale dichiarazione è intervenuta, deve essere notificato non solo al curatore ma anche al contribuente personalmente fallito, il quale, restando esposto ai riflessi, anche sanzionatori, conseguenti alla definitività dell'atto impositivo, è eccezionalmente abilitato ad impugnarlo. Tuttavia, la legittimazione ad impugnare l'avviso di accertamento è riconosciuta eccezionalmente al fallito solo in caso d'inerzia degli organi fallimentari.

Ammissibile la domanda giudiziale dell'imprenditore in concordato senza previa autorizzazione

Cass. Civ. – Sez. Unite – 28 maggio 2020, n. 10080, sent.

L'imprenditore che ha presentato istanza di ammissione al concordato preventivo non perde la capacità di stare in giudizio, sicche la mancata autorizzazione del Tribunale alla proposizione di una domanda giudiziale non incide sull'ammissibilità della domanda stessa. La mancanza della previa autorizzazione del Tribunale al compimento di atti di straordinaria amministrazione ai sensi dell'art. 161 comma 7, l.fall., spiega effetti sul piano dei rapporti sostanziali, ma non su quello processuale.

Per la prova della non fallibilità non rilevano i depositi non depositati nel registro delle imprese

Cass. Civ. – Sez. VI-1 – 22 maggio 2020, n. 9507, ord.

Ai fini della prova della sussistenza dei requisiti di non fallibilità di cui all'art. 1, comma 2, l.fall., i bilanci degli ultimi tre esercizi che l'imprenditore è tenuto a depositare, ex art. 15, comma 4, l.fall., sono quelli già approvati e depositati nel registro delle imprese, ex art. 2435 c.c., sicchè ove difettino tali requisiti o non siano stati ritualmente osservati, il giudice può non tenere conto dei bilanci prodotti, rimanendo l'imprenditore onerato della prova della non fallibilità.

Se la Curatela è inerte il fallito può agire a tutela dei propri diritti patrimoniali

Cass. Civ. – Sez. Lav. – 22 maggio 2020, n. 9482, sent.

In costanza di fallimento, la legittimazione supplementare ed eccezionale del fallito esige una rigorosa e specifica allegazione del requisito dell'assoluto disinteresse della Curatela: la dichiarazione di fallimento, pur non sottraendo al fallito la titolarità dei rapporti patrimoniali compresi nel fallimento, comporta la perdita della capacità di stare in giudizio nelle relative controversie, spettando la legittimazione processuale esclusivamente al curatore; a questa regola, enunciata dall'art. 43 l.fall., fanno eccezione soltanto l'ipotesi in cui il fallito agisca per la tutela di diritti strettamente personali e quella in cui, pur trattandosi di rapporti patrimoniali, l'amministrazione fallimentare sia rimasta inerte, manifestando un totale disinteresse o indifferenza nei confronti del giudizio, situazione che non si verifica ove l'inerzia degli organi fallimentari costituisca, ad esempio, il risultato di una ponderata valutazione negativa.

Bancarotta post fallimentare: per la condanna occorre distinguere tra costi e ricavi

Cass. Pen. – Sez. V – 21 maggio 2020, n. 15650, sent.

Il reato di bancarotta post-fallimentare si concreta nella distrazione dei guadagni, pervenuti al fallito per l'attività esercitata successivamente alla dichiarazione di fallimento, qualora dette somme superino quanto occorre per il mantenimento dell'imprenditore fallito e della famiglia. Il fallito resta, comunque, gravato dall'onere di dimostrare partitamente la natura e l'entità di quelle che sostiene essere state le "spese" e quindi le passività ed occorre, in ogni caso, accertare i costi sostenuti.

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