Sul ne bis in idem per l'imputato già condannato per gli stessi fatti a sanzione tributaria di carattere sostanzialmente penale

Redazione Scientifica
17 Giugno 2020

La Corte Costituzionale con ordinanza n. 114 dello scorso 12 giugno, con riferimento all'applicabilità o meno della disciplina del divieto di un secondo giudizio nei confronti di un imputato già condannato per gli stessi fatti a sanzione amministrativa (nella specie, tributaria) di carattere sostanzialmente penale ai sensi della CEDU, dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 649 c.p.p., in riferimento agli artt. 3 e 117 Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 4 del Protocollo n. 7 alla CEDU e all'art. 50 CDFUE.

La Corte Costituzionale con ordinanza n. 114 dello scorso 12 giugno, con riferimento all'applicabilità o meno della disciplina del divieto di un secondo giudizio nei confronti di un imputato già condannato per gli stessi fatti a sanzione amministrativa (nella specie, tributaria) di carattere sostanzialmente penale ai sensi della CEDU, dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 649 c.p.p., in riferimento agli artt. 3 e 117 Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 4 del Protocollo n. 7 alla CEDU e all'art. 50 CDFUE.

Il Tribunale di Rovigo, su sollecitazione dell'imputato (del reato di cui all'art. 10-ter d.lgs. n. 74/2000 per aver omesso il versamento dell'IVA in qualità di imprenditore) , sollevava questioni di legittimità costituzionale dell'art. 649 c.p.p, «nella parte in cui non prevede l'applicabilità della disciplina del divieto di un secondo giudizio nei confronti dell'imputato al quale con riguardo agli stessi fatti, sia già stata irrogata in via definitiva, nell'ambito di un procedimento amministrativo, una sanzione di carattere sostanzialmente penale ai sensi della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo e dei relativi Protocolli».

Il giudice a quo, premesso che il suddetto articolo 649 è già stato oggetto di rimessione alla Corte Costituzionale, ripercorre la giurisprudenza europea sviluppatasi sul principio del ne bis in idem.
In particolare, osserva il rimettente, che la Corte di Giustizia ha escluso la contrarietà all'art. 50 CDFUE della normativa italiana, che consente di avviare un procedimento penale per omesso versamento IVA a carico di colui che abbia già subito, per i medesimi fatti, una sanzione amministrativa definitiva di natura punitiva, «a condizione che le due sanzioni perseguano scopi differenti e complementari e il sistema normativo garantisca una coordinazione tra i due procedimenti sì da evitare eccessivi oneri per l'interessato, assicurando comunque che il complessivo risultato sanzionatorio non risulti sproporzionato rispetto alla gravità della violazione».
Alla luce di tale giurisprudenza, il rimettente sospetta il contrasto dell'art. 649 c.p.p. con l'art. 117, comma 1, Cost., «nella misura in cui eleva a norma di rango costituzionale la norma interposta discendente dall'interpretazione della disposizione dell'art. 50 CDFUE fornita dalla Corte di Giustizia»; in relazione all'omissione del versamento dell'IVA, i procedimenti e le sanzioni rispettivamente penali e amministrativi perseguirebbero il medesimo scopo e la condotta punita sarebbe identica.
Il rimettente dubita inoltre della conformità dell'art. 649 c.p.p. all'art. 3 Cost..

Interviene in giudizio, così, il Presidente del Consiglio dei Ministri denunciando infondatezza e inammissibilità delle suddette questioni, sostenendo che sarebbe erronea la valutazione del giudice a quo circa la non complementarietà degli scopi perseguiti dalle sanzioni amministrativa e penale, alla luce della giurisprudenza di legittimità, secondo cui il delitto di cui all'art. 10-ter d.lgs. n. 74/2000 si pone in rapporto di «progressione illecita» con la fattispecie di cui all'art. 13, comma 1, d.lgs. n. 471/1997, recante la «Riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi, a norma dell'articolo 3, comma 133, lettera q), della legge 23 dicembre 1996, n. 662».
Pertanto le questioni sull'art. 649 c.p.p. sollevate dal rimettente minerebbero la certezza della risposta sanzionatoria a fronte di comportamenti di evasione IVA, ponendosi così in contrasto con gli artt. 11 e 117 Cost..
Per queste ragioni la Corte Costituzionale dichiara inammissibili le censure sollevate dal Tribunale di Rovigo, ovvero dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 649 c.p.p. sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 117 Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 4 del Protocollo n. 7 alla CEDU e all'art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (CDFUE).

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