Azione revocatoria fallimentare e conoscenza dello stato di insolvenza da parte del terzo contraente
26 Giugno 2020
La conoscenza dello stato di insolvenza da parte del terzo contraente, pur dovendo essere effettiva, può essere provata anche mediante indizi e fondata su elementi di fatto, purché idonei a fornire la prova per presunzioni di tale effettività. Se è vero che la scelta degli elementi che costituiscono la base della presunzione così come il giudizio logico con cui dagli stessi si deduce l'esistenza del fatto ignoto costituiscono un apprezzamento di fatto che, se adeguatamente motivato, sfugge al controllo di legittimità, è pur vero che, in tema di prova per presunzioni, il giudice deve esercitare la sua discrezionalità in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto alla base della selezione delle risultane probatorie e del proprio convincimento.
Così ha deciso la cassazione con l'ordinanza n. 11696/20, depositata il 17 giugno.
Il Fallimento di una s.r.l. proponeva innanzi al Tribunale azione revocatoria di pagamenti normali, come avvenuti nel semestre anteriore alla dichiarazione di fallimento, nei confronti di una banca. Nel corso del giudizio al Fallimento succedeva nell'azione il Comune di Milano e il Tribunale accoglieva la pretesa. La banca presentava appello innanzi alla Corte territoriale, la quale accoglieva l'impugnazione valutando che, al momento in cui aveva erogato i pagamenti a favore della banca, la s.rl. svolgesse regolare attività. e che dal bilancio d'esercizio non risultava una compromissione del suo patrimonio. Avverso la decisione propone ricorso in Cassazione il Comune di Milano lamentando che la Corte d'Appello non avesse tenuto conto che la banca è un operatore economico qualificato e che la società nel bilancio d'esercizio considerato avesse perso una somma pari a cinque volte il suo patrimonio.
La Cassazione chiarisce che, in tema di revocatoria e di 'scientia decoctionis', la recente giurisprudenza (Cass. n. 3327/20 e n. 9257/19) ha specificato che «la conoscenza dello stato di insolvenza da parte del terzo contraente, pur dovendo essere effettiva, può essere provata anche mediante indizi e fondata su elementi di fatto, purché idonei a fornire la prova per presunzioni di tale effettività. Se è vero che la scelta degli elementi che costituiscono la base della presunzione così come il giudizio logico con cui dagli stessi si deduce l'esistenza del fatto ignoto costituiscono un apprezzamento di fatto che, se adeguatamente motivato, sfugge al controllo di legittimità, è pur vero che, per giurisprudenza altrettanto consolidata in tema di prova per presunzioni, il giudice deve esercitare la sua discrezionalità nell'apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto alla base della selezione delle risultane probatorie e del proprio convincimento». Dunque, ove sia in contestazione il rigore del ragionamento presuntivo operato dal giudice, occorre verificare che l'apprezzamento dei requisiti di gravità, precisione e concordanza sia stato ricavato dagli indizi complessivi, previamente individuati per la loro idoneità a produrre inferenze.
La Corte territoriale non si è conformata ai principi richiamati e ha trascurato la qualità di operatore qualificato della banca, quale impresa autorizzata all'esercizio del credito. Infatti, la qualità di operatore economico qualificato della banca convenuta, pur non integrando da sola la prova dell'effettiva conoscenza dei sintomi dell'insolvenza, impone di considerare la professionalità e l'avvedutezza con cui normalmente gli istituti di credito esercitano la propria attività.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it |