L’adozione mite: dalla sperimentazione all’applicazione

Lydia Ardito
30 Giugno 2020

In ossequio al best interest of the child, é possibile pronunciare una adozione nella forma cosiddetta “mite” ex art. 44 lett. d) l. n. 184/1983, che consente la conservazione dei rapporti tra i minori ed il padre biologico...
Massima

In presenza della dichiarazione di adottabilità che conduce alla adozione legittimante, in ossequio al best interest of the child, é possibile pronunciare una adozione nella forma cosiddetta “mite” ex art. 44 lett. d) l. n. 184/1983, che consente la conservazione dei rapporti tra i minori ed il padre biologico e realizza maggiormente il loro interesse tutelandone il benessere psico-fisico.

Il caso

Il Tribunale per i minorenni di Bari, accerta lo stato di abbandono di due minori e dichiara il loro stato di adottabilità. I minori risultavano essere stati affidati, fin dalla tenera età, ad una famiglia, dove erano perfettamente integrati ed all'interno della quale riconoscevano le figure genitoriali, pur mantenendo un intenso legame con il padre biologico. Il Tribunale, a seguito dell'ascolto dei minori ed assecondando una riflessione degli affidatari condivisa dai minori stessi, ha ritenuto che fosse opportuno formalizzare il legame familiare che si era realizzato e che era caratterizzato dalla mancata rescissione dei contatti con il genitore biologico. Il Tribunale ha proceduto, pertanto, con l'adozione ex art. 44 lett. d) della l. n. 184/1983 e non già con l'adozione piena; conseguentemente i minori hanno acquistato il cognome della famiglia adottante, anteponendolo al proprio.

La questione

La sentenza in esame ha posto l'attenzione su come perseguire il best interest of the child, arrivando alla conclusione che l'adozione ex art. 44 lett. d) della l. n. 184/1983, meglio dell'adozione piena, nel caso de quo tutelerebbe l'interesse dei minori, attraverso la conservazione del legame esistente tra gli stessi ed il padre e salvaguardando la loro identità biologica e familiare secondo i principi della cosiddetta “adozione mite”.

Le soluzioni giuridiche

I minori, che versano in stato di abbandono morale e materiale, da parte dei genitori e dei parenti tenuti a provvedervi - purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio - vengono dichiarati adottabili e, per loro, si apre, di regola, la procedura dell'adozione piena (in precedenza, invece, legittimante). Con tale forma di adozione i minori diventano, a tutti gli effetti, figli della famiglia adottiva ed ogni rapporto con la famiglia biologica viene rescisso. Può però verificarsi il caso in cui la famiglia di origine risulti essere solo parzialmente inidonea a rispondere ai bisogni dei figli in modo continuativo, a causa di criticità di carattere verosimilmente temporaneo. In tali situazioni si fa ricorso all'affidamento familiare, disciplinato dagli artt. 2 ss. l. 184/1983.

Quando l'affidamento familiare si protrae nel tempo, mancando le condizioni per il rientro dei minori nella famiglia di origine a causa del perdurare dello stato di difficoltà della famiglia stessa - quindi diventa affidamento sine die - si concretizza il cosiddetto semiabbandono permanente che, normativamente, non trova specifica collocazione.

La condizione di questi minori in affidamento, che non sfociava né nell'adozione e neppure nel rientro in famiglia, generando una situazione di incertezza nella definizione della loro identità personale, ha indotto il Tribunale per i Minorenni di Bari alla sperimentazione, a partire dal giugno 2003, della c.d. “adozione mite”, che è una forma intermedia di adozione, autorizzata dal CSM; tali minori furono definiti, dall'allora Presidente, dott. F. P. Occhiogrosso, come “bambini nel limbo”.

Nello specifico la sperimentazione prendeva in considerazione le famiglie di origine dove la capacità genitoriale era assente o seriamente inefficace a soddisfare i bisogni dei figli, ma dove esisteva, comunque, un serio legame affettivo, la cui interruzione sarebbe stata fonte di pregiudizio per i minori.

Il Tribunale, in questi casi, dichiarava giudizialmente lo stato di “semiabbandono permanente” da parte dei genitori biologici con cui i minori continuavano ad avere contatti ed un rapporto affettivo stabile e valutava la positività dell'esistenza del solido rapporto affettivo tra i minori e gli affidatari, tanto che l'interruzione di entrambi tali rapporti avrebbe potuto essere pregiudizievole per i minori stessi. Tale dichiarazione non interrompeva il rapporto di filiazione tra i minori e la famiglia di origine, ma aggiungeva un secondo rapporto, quello con gli adottanti, che, sopperendo alle carenze dei genitori biologici, se ne prendevano cura, a tutti gli effetti, in senso materiale e morale.

L'adozione mite, da un punto di vista giuridico, venne, quindi, considerata una «variante dell'adozione in casi particolari ex art. 44 lett. d) della l. 184/1983» alla quale, più di ogni altro istituto, si avvicinava. L'obiettivo di questo tipo di adozione era quello di creare uno stabile rapporto fra il minore e la nuova famiglia senza recidere i rapporti con la famiglia di origine. La pratica dell'adozione mite presso il Tribunale per i Minorenni di Bari si svolgeva selezionando le coppie adottive più idonee e non pronunciando un'adozione legittimante ai sensi dell'art. 10 e ss. l. 184/1983 bensì ai sensi dell'art. 44 della stessa legge, in quanto individuato come strumento giuridico nell'ambito dei casi particolari per la previsione del mantenimento del rapporto con la famiglia di origine.

In questo contesto si inserisce la sentenza in oggetto, che ha disposto l'adozione ai sensi dell'art. 44 lett. d) di due minori. In sintesi, nel caso in esame, era intervenuta la dichiarazione di adottabilità, ma gli affidatari, nell'esclusivo interesse dei minori, che, nel tempo, avevano mantenuto costanti rapporti con il padre, si sono resi disponibili a procedere ad una sorta di adozione mite e non già di adozione legittimante che, nel recidere i legami con il genitore biologico, avrebbe arrecato evidente nocumento ai minori.

È questa la conclusione più affettuosa e maggiormente rappresentativa della mitezza rinveniente dall'adozione mite nonché la più rispettosa dei diritti dei minori!

Osservazioni

L'adozione ai sensi dell'art. 44 della l. 184/1983, consentendo il rapporto con la famiglia di origine, creava dei contrasti con l'applicazione dell'art. 74 c.c. che disciplina la parentela. Prima della riforma del 2012 (l. 10 dicembre 2012, n. 219), l'art. 74 c.c. riconosceva che vi fosse parentela solo tra persone che discendono da uno stesso stipite; con la predetta legge di riforma in materia di riconoscimento dei figli naturali, la parentela è stata riconosciuta nel caso di filiazione all'interno del matrimonio, al di fuori di esso ed, anche, nel caso di figlio adottivo.

L'indicazione di “figlio adottivo” in modo generico lascia dubbi interpretativi circa l'individuazione della parentela; tale classificazione è applicabile solo all'ipotesi dell'adozione legittimante o anche dell'adozione ai sensi dell'art. 44 e, quindi, dell'adozione mite?

Ritengo che l'art. 74 c.c. abbia una valenza amplissima e, quindi, la parentela si estenda anche al figlio adottivo, ai sensi dell'art. 44 l. 184/1983 compreso, perché l'art. 74 c.c. è rivolto allo stesso sic et simpliciter, senza distinguere fra le diverse tipologie di adozione. Sta di fatto che l'art. 44 in questione, nel riconoscere legami del figlio con la famiglia di origine, ne mantiene in vita i doveri verso la stessa, salvo che sia intervenuta dichiarazione di decadenza dalla responsabilità genitoriale. L'art. 44, quindi, prevede la conservazione dei rapporti emotivi, affettivi, psicologici del figlio con la famiglia di origine, mantenendo altresì in vita i relativi rapporti giuridici, ivi compresi i diritti successori e gli obblighi alimentari verso gli ascendenti; il figlio, pertanto, è tenuto a provvedere al genitore biologico indigente. L'adozione mite produceva, quindi, conseguenze potenzialmente pregiudizievoli connesse alla sussistenza dei legami giuridici. In definitiva la sperimentazione presentava, di fatto, delle falle nell'applicazione giuridica e, pertanto, “forzare la mano” pensando a tutte le adozioni (beninteso, con le connotazioni sopra evidenziate) come adozioni miti prestava il fianco a soluzioni differenti da quelle auspicate.

Con il cambio di presidenza al Tribunale per i Minorenni di Bari - di fatto - la sperimentazione dell'adozione mite è cessata, restando tuttavia operativo un approccio culturale fondato sul concetto della mitezza, ovvero della non invasività del provvedimento giurisdizionale, inteso come accompagnamento alla crescita nella vita delle persone e non come intromissione del giudizio nella loro vita. Come approccio culturale l'adozione mite viene applicata dal Tribunale barese come soluzione giuridica ai sensi dell'art. 44, a seconda dell'interesse prevalente del minore valutato attentamente caso per caso - come si rinviene nella sentenza in esame - non già e non più come regola perché “come ogni bambino è unico, così ogni procedimento a suo favore deve essere unico”.

Il Tribunale per i Minorenni, oggi, con l'adozione piena elide giuridicamente i rapporti con la famiglia di origine, ma disciplina - ove occorra - i predetti rapporti emotivi, affettivi e psicologici con i genitori biologici e la famiglia di origine; nell'ambito di tale forma di adozione il Tribunale può prescrivere alla coppia adottiva di conservare i rapporti con la famiglia biologica nell'ottica del rispetto del bisogno dei minori (ad es. continuare a sentire e vedere i nonni, gli zii, i cuginetti) concretizzando così, con tale prescrizione, l'adozione mite.

È importante evidenziare che il problema non è l'individuazione della formula giuridica, ma la ricerca della famiglia adottiva migliore che consenta di realizzare l'effettivo benessere dei minori, quando si comprende che, per il benessere dei minori, sia necessario anche mantenere i rapporti con la famiglia di origine. Sostanzialmente si può dire che aumentano i requisiti che le coppie adottanti devono avere. Il Tribunale, pertanto, individua con estrema oculatezza la coppia che, nel rispetto di tale evidenziato bisogno dei minori, accondiscenda a mantenerlo vivo.

Quindi, oggi, il Tribunale per i Minorenni di Bari si avvale della speculazione teorica dell'adozione mite; peraltro anche la CEDU, con la sentenza Zhou c/ Italia del 2014, conferma tale indirizzo evidenziando che, nelle situazioni di fatto ed oggettive in cui si cala il contesto adottivo, non è un diritto dei genitori biologici mantenere le relazioni nei confronti dei figli ma, secondo il best interest of the child, è un diritto dei figli mantenere le relazioni con la famiglia di origine.

Del resto, tali conclusioni sono state confermate anche dalla Suprema Corte, che di recente ha riconosciuto l'adozione mite, quale strumento utile per ovviare a situazioni di semiabbandono (Cass. 13 febbraio 2020, n. 3643).

Non va sottaciuto che la sperimentazione barese ha avuto il merito di anticipare i recenti orientamenti della giurisprudenza nazionale e sovranazionale - seguiti dallo stesso legislatore - che hanno valorizzato il principio della continuità affettiva, così abbandonando la concezione dell'adozione fondata sull'annullamento del passato familiare del minore.

Il legislatore, infatti, recependo l'approccio culturale della mitezza della adozione che si ritrova nella finalità della legge n. 173/2015 - che è quella di preservare «il diritto alla continuità affettiva dei bambini e delle bambine in affido familiare» - sancisce, in tal direzione, anche una sorta di preferenza, nel caso di procedimento adottivo, in favore delle famiglie che hanno instaurato con i minori un «legame significativo affettivo». Tale corsia preferenziale opera soltanto a condizione che la coppia affidataria soddisfi tutti i requisiti per l'adozione legittimante previsti dall'articolo 6 l. n. 184/1983 (stabile rapporto di coppia, idoneità all'adozione e differenza d'età con l'adottato), nonché quando l'affidamento, contrariamente alla natura dell'istituto, si sia sostanziato, di fatto, in un rapporto stabile e prolungato tra la famiglia (o la persona) affidataria ed i minori.

Guida all'approfondimento

V. Montaruli, I nuovi confini dell'adozione all'insegna della continuità affettiva, in ilFamiliarista.

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