L'eliminazione delle opere e dei frazionamenti esclude la confisca da lottizzazione abusiva

01 Luglio 2020

In tema di lottizzazione abusiva, l'effettiva ed integrale eliminazione di tutte le opere eseguite in attuazione dell'intento lottizzatorio, nonché dei pregressi frazionamenti, con conseguente ricomposizione fondiaria e catastale nello stato preesistente e in assenza di...
Massima

In tema di lottizzazione abusiva, l'effettiva ed integrale eliminazione di tutte le opere eseguite in attuazione dell'intento lottizzatorio, nonché dei pregressi frazionamenti, con conseguente ricomposizione fondiaria e catastale nello stato preesistente ed in assenza di definitive trasformazioni, se dimostrata in giudizio ed accertata in fatto dal giudice del merito con congrua motivazione, rende superflua la confisca perché misura sproporzionata secondo i parametri di valutazione indicati dalla giurisprudenza della Corte EDU.

Il caso

La Corte di Appello, dichiarato prescritto il reato di lottizzazione abusiva, aveva confermato la confisca delle aree abusivamente lottizzate e degli immobili ricadenti sulle stesse.

Con il ricorso per cassazione l'interessato deduceva di aver provveduto al ripristino dell'originario assetto dei luoghi attraverso la demolizione di tutte le opere abusive realizzate oggetto di contestazione e ciò anche in seguito ad un provvedimento del Tribunale, che aveva consentito l'accesso ai luoghi in sequestro per provvedere all'eliminazione dei manufatti.

Precisava, poi, che l'amministrazione comunale aveva formalmente autorizzato la demolizione delle opere abusive al fine di riportare i luoghi nella situazione preesistente e che la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici aveva comunicato una presa d'atto dell'autorizzazione comunale con la quale veniva autorizzata la rimozione delle opere abusive realizzate. Inoltre, il Comune aveva dato atto dell'avvenuto ripristino dello stato dei luoghi nella sua completezza, trasmettendo anche documentazione fotografica.

Osservava, altresì, di aver prodotto tutta la documentazione nel corso del giudizio di primo grado, dando così dimostrazione della compatibilità del ripristino dello stato dei luoghi con l'interesse pubblico di cui le amministrazioni sono esponenti ed eliminando ogni turbativa dell'attività di tutela del territorio, della pianificazione urbanistica e della tutela ambientale provocata dall'intervento lottizzatorio.

Assumeva, a tale proposito, che l'autorizzazione al ripristino costituirebbe manifestazione di volontà dell'ente e rientrerebbe negli atti di pianificazione territoriale edilizia, urbanistica ed ambientale e che il ripristino eseguito risulterebbe comunque più efficace rispetto ad un'eventuale autorizzazione in sanatoria a lottizzare, avendo di fatto attuato in pieno la tutela perseguita dalla norma, con la conseguenza che, a fronte di tale situazione, i giudici del merito avrebbero dovuto eliminare la disposta confisca.

La questione

La questione prospettata dal ricorrente era dunque quella della legittimità della confisca in presenza dell'integrale ripristino della situazione antecedente all'intervento lottizzatorio abusivo, effettuato attraverso la demolizione di tutte le opere realizzate, la stipula di atti notarili finalizzati alla eliminazione delle conseguenze delle pregresse alienazioni, nonché la completa ricomposizione fondiaria e catastale tale da far venire meno le conseguenze del precedente frazionamento.

I principi di riferimento sono quelli affermati dalla nota sentenza 28 giugno 2018 della Corte EDU - Grande camera nella causa G.I.E.M. s.r.l. ed altri c/ Italia che al punto 301 recita:

Al fine di valutare la proporzionalità della confisca, possono essere presi in considerazione i seguenti elementi: la possibilità di adottare misure meno restrittive, quali la demolizione di opere non conformi alle disposizioni pertinenti o l'annullamento del progetto di lottizzazione; la natura illimitata della sanzione derivante dal fatto che può comprendere indifferentemente aree edificate e non edificate e anche aree appartenenti a terzi; il grado di colpa o di imprudenza dei ricorrenti o, quanto meno, il rapporto tra la loro condotta e il reato in questione.

La questione è stata quindi esaminata alla luce di tale principio e risolta positivamente sulla base di una lettura costituzionalmente e convenzionalmente orientata della vigente disciplina, affermando che la integrale demolizione di tutte le opere eseguite in attuazione di un'attività di illecita lottizzazione, unitamente alla eliminazione dei pregressi frazionamenti e delle loro conseguenze, rispondono ai criteri di proporzionalità indicati dalla Corte EDU e rappresentino una valida alternativa alla confisca.

Le soluzioni giuridiche

La Cassazione ha fissato due condizioni per l'applicabilità di tale principio.

La prima è che, se lo scopo è quello di ripristinare la conformità urbanistica dell'area interessata dall'intervento lottizzatorio abusivo, la riconduzione della stessa alle originarie condizioni deve essere effettiva e integrale, non assumendo quindi rilievo interventi ripristinatori fittizi o soltanto parziali, dovendosi intendere come tali non soltanto quelli attuati mantenendo anche soltanto alcuni degli interventi realizzati, ma anche quelli resi impossibili dalle trasformazioni effettuate (si pensi, ad esempio, a disboscamenti, sbancamenti di terreno ed altri interventi di definitiva mutazione dell'originario assetto dell'area).

La seconda è che l'ambito di operatività di eventuali legittimazioni postume rimane confinato alla fase anteriore al passaggio in giudicato della sentenza, affermazione che si pone in dichiarata continuità con quella giurisprudenza (Cass. pen., Sez. III, 27 settembre 2010, n. 34881 e Cass. Pen., Sez. III, 29 maggio 2007, n. 21125) secondo cui alcuni provvedimenti adottati in tale fase dall'autorità amministrativa possono comportare quale conseguenza, se legittimamente emanati, l'impossibilità per il giudice di disporre la confisca, perché l'autorità amministrativa competente, riconoscendo ex post la conformità della lottizzazione agli strumenti urbanistici generali vigenti sul territorio, ha inteso evidentemente lasciare il terreno lottizzato alla disponibilità dei proprietari, rinunciando implicitamente ad acquisirlo al patrimonio indisponibile del Comune. Va precisato che, secondo la citata giurisprudenza «a seguito del passaggio in giudicato della sentenza che, accertando la lottizzazione, ha disposto la confisca dei terreni e dei manufatti realizzati, si verifica il trasferimento della proprietà dei beni in capo al Comune, con la impossibilità per il giudice, anche a seguito della approvazione di un nuovo assetto urbanistico compatibile con l'attività edificatoria precedentemente posta in essere illecitamente, di rivalutare il proprio precedente provvedimento, in quanto la confisca costituisce un provvedimento ablativo radicale, rispetto al quale si originano diritti pieni ed incondizionati a favore dell'ente locale».

A tale orientamento se ne contrappone un altro, implicitamente disatteso dalla sentenza in commento, che pure ne dà conto, secondo cui, in caso di accertamento di una lottizzazione abusiva e di successiva adozione di un piano di recupero urbanistico dell'area interessata o di successiva autorizzazione a lottizzare, ferme restando le responsabilità penali accertate in capo ai lottizzatori, la confisca deve essere revocata “posto che diversamente il provvedimento giurisdizionale si renderebbe incompatibile con l'esercizio di poteri legislativamente attribuiti alla pubblica amministrazione” (Cass., Sez. III, 29 dicembre 2005, n. 47272; conforme Cass. pen., Sez. III, 12 aprile 2007, n. 35219).

La limitazione dell'ambito di operatività di legittimazioni postume alla fase anteriore al passaggio in giudicato della sentenza che dispone la confisca, comporta che la demolizione delle opere e l'eliminazione dei pregressi frazionamenti e delle loro conseguenze, successivamente eseguite non possono consentire al giudice dell'esecuzione la revoca della confisca.

Viene poi richiamato il principio secondo cui la sanatoria delle violazioni edilizie che, ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, determina l'estinzione del reato, non è applicabile alla lottizzazione abusiva in quanto essa presuppone la conformità delle opere eseguite alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della realizzazione del manufatto, sia a quello della presentazione della domanda di sanatoria, mentre nel caso di lottizzazione abusiva, le opere non possono mai considerarsi conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente, al momento della loro costruzione [da ultimo Cass. pen., Sez. III, 16 maggio 2020, n. 28784].

Il ripristino della situazione anteriore alla lottizzazione, quindi, non può mai comportare l'estinzione del reato, ma solo precludere, alle condizioni specificate, la confisca dei terreni, abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite ai sensi dell'art. 44, comma 2, T.U.E.

Sulla base di tali principi la sentenza in commento ha disposto l'annullamento con rinvio ai fini della verifica della praticabilità della confisca, rilevato:

  • che già dalla sentenza di primo grado risultava eseguita una attività di ripristino realizzata anche a seguito di una autorizzazione del Tribunale che, nel corso del processo, aveva consentito all'imputato (ridivenuto proprietario delle aree originariamente allenate per effetto di atti di "mutuo dissenso" stipulato gli acquirenti) di compiere tale attività;
  • che l'imputato aveva chiesto ai giudici, in entrambi i gradi di giudizio, di tenerne conto, ai fini della decisione sulla confisca, dello svolgimento di una documentata attività ripristinatoria;
  • che il Tribunale prima e la Corte di appello poi, avevano ritenuto non necessario tale apprezzamento in ragione della obbligatorietà della confisca;
  • che tale verifica, tuttavia, “appare allo stato necessaria in considerazione di quanto stabilito dalla già menzionata giurisprudenza della Corte EDU e di questa Corte”;
  • che va tenuto “anche conto di un altro dato fattuale significativo che emerge dalla lettura delle sentenze di merito e, cioè, dell'emanazione e conseguente trascrizione, ad opera della competente amministrazione comunale, dell'ordinanza di cui all'art. 30, comma 7” T.U.E., disposizione secondo la quale "nel caso in cui il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale accerti l'effettuazione di lottizzazione di terreni a scopo edificatorio senza la prescritta autorizzazione, con ordinanza da notificare ai proprietari delle aree ed agli altri soggetti indicati dell'art. 29, comma 1, ne dispone la sospensione. Il provvedimento comporta l'immediata interruzione delle opere in corso ed il divieto di disporre dei suoli e delle opere stesse con atti tra vivi, e deve essere trascritto a tal fine nei registri immobiliari";
  • che quindi «dovranno essere valutate anche le conseguenze dell'ordinanza emessa dall'amministrazione comunale non soltanto per ciò che concerne la acquisizione di diritto al patrimonio disponibile del comune delle aree interessate e la conseguente perdita della proprietà (e di ogni conseguente interesse) da parte del ricorrente, ma anche riguardo alla validità degli atti dallo stesso posti in essere successivi alla emissione dell'ordinanza medesima, quali quelli di "mutuo consenso" di cui si è detto, se non più proprietario, tenendo anche conto di quanto disposto del D.P.R. n. 380 del 2001, citato art. 30, comma 9, laddove è stabilito che "gli atti aventi per oggetto lotti di terreno, per i quali sia stato emesso il provvedimento previsto dal comma 7, sono nulli e non possono essere stipulati, né in forma pubblica né in forma privata, dopo la trascrizione di cui allo stesso comma e prima della sua eventuale cancellazione o della sopravvenuta inefficacia del provvedimento del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale».
Osservazioni

La soluzione della Cassazione appare condivisibile in quanto fa applicazione dei principi affermati dalla Corte Edu.

Resta però da approfondire la questione dei criteri di verifica della proporzionalità della confisca nei casi in cui, diversamente da quello di specie, l'interessato non abbia eliminato, prima del passaggio in giudicato della sentenza, tutte le conseguenze dell'illecito lottizzatorio.

Precedenti decisioni della terza sezione che avevano disposto l'annullamento con rinvio al fine di verificare la proporzionalità della confisca (ex plurimis, sentenze Cass. pen., 26 febbraio 2019, n. 8350, Cass. pen., 20 ottobre 2019, n. 47094, Cass. pen., 21 novembre 2019, n. 47280 e Cass. pen., 16 marzo 2020, n. 10080), dopo aver precisato che le aree abusivamente lottizzate non coincidono con quelle edificate, sia perché la lottizzazione può avere natura esclusivamente negoziale, sia perché, quando in tutto o in parte materiale, essa «può comprendere anche altre aree che, essendo in qualche modo ad esse asservite, direttamente o indirettamente, rientrano nel complesso di attività univocamente finalizzate al conferimento di un diverso assetto del territorio snaturando la programmazione dell'uso dello stesso delineato dallo strumento urbanistico generale», hanno ritenuto conforme al principio di proporzionalità la confisca di tutte le aree abusivamente lottizzate, indipendentemente dalla presenza o meno di volumi, ed in contrasto quella di aree completamente estranee all'attività lottizzatoria abusiva.

Con l'ulteriore precisazione che «i terreni lottizzati ovvero rientranti nel generale progetto lottizzatorio vanno identificati in quelli che risultano oggetto di un'operazione di frazionamento preordinata ad agevolarne l'utilizzazione a scopo edilizio. Ove esista, pertanto, un preventivo frazionamento, va confiscata tutta l'area interessata da tale frazionamento, nonché dalla previsione delle relative infrastrutture ed opere di urbanizzazione, indipendentemente dall'attività di edificazione posta concretamente in essere. Nell'ipotesi, invece, in cui non sia stato predisposto un frazionamento fondiario e tuttavia si sia conferito, di fatto, un diverso assetto ad una porzione di territorio comunale, la confisca va limitata a quella porzione territoriale effettivamente interessata dalla vendita di lotti separati, dalla edificazione e dalla realizzazione di infrastrutture».

Occorre però rilevare come la sentenza GIEM abbia individuato criteri di verifica della proporzionalità ulteriori rispetto a quello della mera coincidenza tra aree abusivamente lottizzate ed aree confiscate, enunciando nel citato punto 301 tre requisiti essenziali e precisamente:

  • il primo, di carattere oggettivo, relativo all'impatto della misura sul diritto di proprietà;
  • il secondo, di carattere soggettivo, relativo al grado di colpa o di imprudenza degli interessati o, quanto meno, al rapporto tra la loro condotta e il reato in questione;
  • il terzo, consistente nella necessaria disponibilità per il giudice di un sistema graduale di misure al fine di consentirgli di bilanciare, in concreto, l'interesse generale (consistente nel ripristino e salvaguardia del c.d. ordine urbanistico e quindi, come rileva la sentenza GIEM al punto 295, nella tutela del “benessere e della salute delle persone”) con quello particolare.

Criteri coerenti con i punti 292 e 293 in cui la sentenza GIEM ha enunciato «i seguenti principi, per poter ritenere convenzionalmente legittima l'ablazione del diritto di proprietà: che un'ingerenza dell'autorità pubblica nel godimento del diritto al rispetto dei beni abbia un fondamento giuridico; che sussista un ragionevole rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito; che lo Stato abbia un ampio margine di apprezzamento per scegliere i mezzi da utilizzare al fine di conseguire lo scopo nell'interesse generale» (Cass. pen. Sez. III, n. 47280/2019, cit.).

L'esame del solo profilo della corrispondenza tra aree abusivamente lottizzate e aree confiscate (da ascriversi al primo dei tre parametri indicati dalla Corte Edu) è stato giustificato dalla citata giurisprudenza della terza sezione con una duplice argomentazione.

La prima si fonda sulla natura casistica delle decisioni della Corte Edu e sul rilievo che nei casi decisi dalla sentenza GIEM le parti avevano dedotto la confisca di terreni non interessati dall'attività lottizzatoria.

Prospettazione questa, si afferma, che si evince sia dal tenore delle difese del Governo italiano, che aveva sostenuto le ragioni dell'esatta individuazione delle aree confiscate, sia dalla opinione parzialmente dissenziente e parzialmente concordante dei giudici Spano e Lemmens, laddove «si ritiene inaccettabile che non sia stato accertato in alcun modo se la confisca rappresentasse o meno un onere sproporzionato sul proprietario, ritenendolo un dato particolarmente rilevante, dal momento che la lottizzazione abusiva riguardava solo una parte dei terreni di cui era stata disposta la confisca», osservazione dalle quali, secondo la citata giurisprudenza della terza sezione, la Corte Edu «ha conseguentemente escluso che fosse stato nella fattispecie mantenuto un giusto equilibrio tra le esigenze dell'interesse generale e l'interesse delle parti in causa».

Vanno però tenute presenti le conclusioni del punto 303 della sentenza GIEM, secondo cui «l'applicazione automatica della confisca in caso di lottizzazione abusiva prevista dalla legge italiana è in contrasto con questi principi in quanto non consente al giudice di valutare quali siano gli strumenti più adatti alle circostanze specifiche del caso di specie e, più in generale, di bilanciare lo scopo legittimo soggiacente e i diritti degli interessati colpiti dalla sanzione».

È significativo, quindi, che la violazione dell'art. 1, Protocollo 1, Cedu, pure in fattispecie in cui si lamentava la confisca di terreni non interessati dall'attività lottizzatoria, non è stata affermata per tale ragione, ma per la violazione della regola del bilanciamento tra interessi contrapposti che è alla base dell'applicazione del principio di proporzionalità.

Orbene, se è vero che la giurisprudenza della Corte Edu è essenzialmente casistica, quando l'esame di una particolare fattispecie sia risolto con la enunciazione di un principio generale, che regola tutti i casi ai quali quella fattispecie è riconducibile, lo stesso va considerato nella sua interezza e, qualora sia enunciato da una sentenza resa dalla Grande Camera, “certamente rappresenta il diritto consolidato in materia” (Cass. pen., Sez. III n. 47280/2019, cit.).

La seconda argomentazione consiste nel riferimento fatto dalla giurisprudenza della terza sezione, a partire dalla sentenza Alessandrini, a precedenti pronunce della Corte EDU dalle quali «emergeche la Corte di Strasburgo ha sempre tenuto in particolare considerazione l'esigenza di un giusto equilibrio tra l'ingerenza sul diritto del singolo e le esigenze di salvaguardia dell'interesse generale, considerando conformi ai principi della Convenzione, pur tenendo conto della specificità dei singoli casi sottoposti alla sua attenzione, interventi radicali e definitivi quali la demolizione di singoli edifici realizzati in spregio alle previsioni della pianificazione urbanistica, effettuando tale apprezzamento attraverso un'analisi globale dei vari interessi, anche mediante la verifica del comportamento tenuto dalle parti, dei mezzi utilizzati dallo stato, dalle modalità di attuazione del provvedimento, specie per quanto riguarda l'obbligo delle autorità di agire in modo tempestivo, corretto e coerente».

Trattasi però di richiami non pertinenti, in quanto le sentenze citate non riguardano la confisca a seguito di lottizzazione urbanistica, ma casi di imposizione di vincoli in sede di pianificazione del territorio (Brosset-Triboulet e altri c. Francia; Gorraiz Lizarraga e altri c. Spagna), ovvero di demolizione di manufatti abusivi (Depalle c. Francia e Kvyatkovskiy c. Russia) provvedimento quest'ultimo del quale ripetutamente la Corte Edu ha affermato la natura ripristinatoria e non sanzionatoria, avendo lo scopo di disciplinare l'uso della proprietà conformemente all'interesse generale e di garantire il rispetto delle norme urbanistiche e di costruzione, nonché l'uso del terreno conformemente alla sua destinazione (affermazioni più volte riprese dalla terza sezione per affermare che l'ordine di demolizione di un immobile abusivo non costituisce una sanzione penale, bensì una misura funzionalmente diretta al ripristino dello status quo ante e che la sua esecuzione non contrasta con il diritto al rispetto della vita privata e familiare e del domicilio di cui all'art. 8 CEDU; v. da ultimo Cass. pen., Sez. III, n. 844/2020, Distante, cui si rinvia per ulteriori citazioni della giurisprudenza della Corte Edu).

Condivisibile, quindi, è la critica della dottrina (ESPOSITO) che rileva come, dopo la sentenza della Corte europea G.I.E.M. S.r.l, «la Corte di legittimità ha ricostruito una sorta di criterio legale di proporzionalità: questa si avrebbe sempre quando la confisca coinvolge beni immobili direttamente interessati dall'attività lottizzatoria e quelli a essa funzionali», mentre «i giudici europei chiedevano un bilanciamento in concreto, un apprezzamento pratico del giudice in funzione dell'intensità offensiva della condotta; i giudici italiani rispondono indicando una regola di giudizio legale, un parametro normativo fisso».

Pertanto, la corretta applicazione del punto 301 della sentenza GIEM comporta che, al fine di valutare la proporzionalità della confisca, vanno esaminati entrambi i parametri enunciati, non soltanto quello oggettivo, relativo all'ingerenza nel diritto di proprietà (rispetto al quale può trovare applicazione il criterio della corrispondenza tra aree abusivamente lottizzate ed aree confiscate), ma anche quello soggettivo, relativo al grado di colpa o di imprudenza” degli interessati “o, quanto meno, il rapporto tra la loro condotta e il reato in questione”.

Per la valutazione di tale secondo profilo possono applicarsi i parametri normativi previsti dall'art. 133 c.p., secondo uno schema già utilizzato da plurime decisioni della quinta sezione in tema di rimodulazione del trattamento sanzionatorio nella materia del market abuse in presenza del c.d. doppio binario sanzionatorio, al fine di attuare il principio del ne bis in idem nella sua accezione eurounitaria e convenzionale (v. Cass. pen., Sez. V, 30 settembre 2019, n. 39999).

Nel verificare l'intensità del rapporto intellettuale tra il destinatario della confisca e il fatto lottizzatorio, occorre però sempre tenere presente:

  1. «l'estrema gravità del reato di lottizzazione abusiva, che la distingue dalla semplice costruzione in assenza di permesso di costruire e comporta il completo stravolgimento del territorio in spregio all'attività di pianificazione e di ogni eventuale vincolo (paesaggistico o di altro genere) esistente, con un rilevantissimo aggravio del carico urbanistico» (Cass. pen., Sez. III, n. 8350/2019 e successive conformi);
  2. il dovere, anche per chi non sia concorrente materiale nel reato, di “assumere le necessarie informazioni sulla sussistenza di un titolo abilitativo e sulla compatibilità dell'intervento agli strumenti urbanistici, dovendosi anche tenere conto, sotto questo profilo, del comportamento della pubblica amministrazione” (Cass. pen., Sez. III, 21 agosto 2019,n. 36310 ed ivi rif.).

La non proporzionalità della confisca, sub specie intensità del rapporto intellettuale tra il destinatario della confisca ed il fatto lottizzatorio sembra quindi configurabile in ipotesi residuali, quali, a titolo esemplificativo, quelle caratterizzate da colpa lieve, dalla estraneità all'attività materiale, ovvero dalla minima importanza della partecipazione.

Si pone a questo punto la questione dell'assenza nell'art. 44 T.U.E. di strumenti alternativi alla confisca i quali, come afferma il punto 303 della sentenza GIEM, consentano «al giudice di valutare quali siano gli strumenti più adatti alle circostanze specifiche del caso di specie e, più in generale, di bilanciare lo scopo legittimo soggiacente e i diritti degli interessati colpiti dalla sanzione».

Ben potrebbe, infatti, il giudice penale formulare un giudizio negativo sulla proporzionalità della confisca urbanistica, ma al tempo stesso avvertire la necessità di uno strumento di minor impatto che sia comunque idoneo a ripristinare l'ordine urbanistico violato.

Premesso che solo il legislatore potrebbe adeguatamente colmare tale vuoto, modificando l'art. 44 T.U.E. in modo da consentire al giudice di operare in concreto il bilanciamento di interessi essenziale per la piena e corretta attuazione del principio di proporzionalità, va segnalato che la Corte di appello di Bari, Sez. II, con ordinanza 18 maggio 2020 (in sistemapenale.it, 22 Giugno 2020, con nota di FINOCCHIARO) ha sollevato questione di legittimità costituzionale – per contrasto con l'art. 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 1 Prot. add. n. 1 CEDU – dell'art. 44, comma 2, d.P.R. 380/2001 (T.U. edilizia), nella parte in cui «non consente l'applicazione in via principale di una sanzione meno grave, come quella dell'obbligo di procedere all'adeguamento parziale delle opere eseguite per renderle integralmente conformi alle legittime prescrizioni della pianificazione urbanistica generale, nei confronti dei soggetti rimproverar abilità e l'aver tenuto solo una lieve condotta colposa con riguardo alla lottizzazione abusiva».

La mancanza di gradualità dell'intervento del giudice penale pone l'alternativa tra una (parziale) soluzione con una interpretazione convenzionalmente conforme, ovvero tramite l'incidente di legittimità costituzionale.

La risposta va cercata all'interno delle norme che disciplino l'intervento del giudice penale per garantire l'effettività della tutela del territorio.

Orbene, è indubbio che la demolizione dell'opera abusiva rappresenti la misura ripristinatoria di carattere generale per tutti gli interventi abusivi previsti come reato dal T.U.E.

Essa è infatti prevista quale attribuzione diretta del giudice penale nel caso di interventi in assenza di permesso di costruire o in totale difformità (art. 31, comma 9), ed in tema di violazioni antisismiche (art. 98), mentre nel caso della lottizzazione l'art. 30, comma 8, T.U.E. prevede l'obbligo per la P.A. di provvedere alla demolizione delle opere quando le aree abusivamente lottizzate siano acquisite di diritto al patrimonio disponibile del comune, effetto questo che può conseguire non solo al provvedimento amministrativo di acquisizione, ma anche alla confisca disposta in sede penale (art. 44, comma 2, secondo periodo).

Pertanto, nel disegno originario del legislatore, l'esercizio del potere ripristinatorio non è estraneo all'intervento del giudice in materia di lottizzazione, ma viene da lui attivato in capo all'amministrazione quale conseguenza vincolata “ex lege” della confisca.

Al giudice penale è quindi attribuito al tempo stesso sia un potere sanzionatorio diretto, sia un potere ripristinatorio, indiretto e mediato, in quanto titolare del presupposto necessario dell'obbligo di demolizione da parte della P.A.

A seguito della sentenza della Grande Camera, divenuto facoltativo il potere sanzionatorio tramite la confisca, il giudizio di sproporzione di quest'ultima finirebbe per sterilizzare del tutto la legittimazione del giudice penale ad attivare l'esercizio del potere ripristinatorio; un potere di carattere generale, attribuitogli da ogni istituto del diritto penale urbanistico per la funzione di garanzia a lui assegnata al fine della effettività della tutela del territorio, ed esercitato indirettamente nella materia della lottizzazione solo in ragione dell'automatismo ed obbligatorietà della confisca.

D'altra parte, la corretta applicazione del principio di proporzionalità richiede al giudice di operare il bilanciamento tra interessi contrapposti ed è la stessa sentenza GIEM che a tal fine indica lo strumento della demolizione quale quello idoneo a tal fine.

Proprio l'espressa indicazione di tale misura da parte della Corte sembra consentire una interpretazione convenzionalmente orientata dell'art. 44, comma 2, nel senso che qualora il giudice penale accerti che vi è stata lottizzazione abusiva, ma ritenga sproporzionata la confisca delle aree e proporzionata la demolizione delle opere abusive, si riespande il potere ripristinatorio riconosciutogli in via generale dal sistema di tutela urbanistica, ed indirettamente esercitato nella materia della lottizzazione, con la conseguente possibilità di esercitare direttamente lo stesso e quindi disporre la demolizione delle opere abusive se non altrimenti eseguita ai sensi dell'art. 30, comma 8.

L'alternativa è quella dell'incidente di costituzionalità della norma che, limitatamente alla mancata previsione per il giudice della possibilità di disporre (almeno) la demolizione nel caso di ritenuta sproporzione della confisca, potrebbe essere proposto, oltre che per le ragioni addotte dalla Corte di appello barese (violazione dell'art. 117, comma 1, Cost., con riferimento all'art.1 Protocollo 1 Cedu, quale norma interposta come interpretata dalla sentenza GIEM.), anche per violazione degli artt. 3 (per irragionevolezza rispetto alle citate altre disposizioni del T.U.E. relative ad illeciti meno gravi) e 42 (perché, nel caso di ritenuta sproporzione della confisca, l'impossibilità di ripristinare con la demolizione l'ordine urbanistico violato non consentirebbe di garantire la funzione sociale della proprietà che la pianificazione territoriale le attribuisce attraverso l'imposizione di vincoli conformativi).

Guida all'approfondimento

A. Dello Russo, Prescrizione e confisca. Le ricadute in tema di riserva di codice nella materia penale, in archiviopenale.it, 1° marzo 2018;
Id, Prescrizione e confisca dei suoli abusivamente lottizzati: non è necessaria una sentenza di condanna, neppure in primo grado?, nota a Cass. pen., Sez. III, 26 febbraio 2019, n. 8350, in archiviopenale.it, 17 marzo 2019;

Esposito A., Il dialogo imperfetto sulla confisca urbanistica Riflessioni a margine di sentenze europee e nazionali, in archiviopenale.it, 22 maggio 2019;

Fimiani P., La confisca urbanistica nella lottizzazione abusiva prescritta, in ilpenalista.it, 5 dicembre 2019;

Finocchiaro S., Principio di proporzionalità e confisca urbanistica: alla Consulta una nuova questione di costituzionalità dell'art. 44 T.U. edilizia, nota a Corte di appello di Bari, Sez. II, ordinanza 18 maggio 2020, in sistemapenale.it, 22 giugno 2020;

Gaeta G., Cassazione vs Corte europea in tema di confisca: la storia infinita, nota a Cass. pen., Sez. III, 26 febbraio 2019, n. 8350, inarchiviopenale.it, 15 febbraio 2019;

Montorsi M., Confisca disposta in assenza di condanna formale e tutela dei terzi: un'interessante interpretazione convenzionalmente orientata, con qualche spunto per il futuro, nota a Cass. pen., Sez. III, 26 febbraio 2019, n. 8350, in Lexambiente – Rivista, 2019, II, 94;

Pedullà C., Natura "penale" della confisca urbanistica e tutela dell'ente in sede esecutiva, nota a Cass. pen., Sez. III, 26 febbraio 2019, n. 8350 in Cass. pen., 2020, I, Sez. IV., 290;

A. Pulvirenti, Il difficile connubio dell'art. 578-bis c.p.p. con la “sentenza Giem” della Corte europea tra arretramenti ermeneutici e ipotesi d'innalzamento del livello (interno) di tutela, inarchiviopenale.it, 30 giugno 2019;

G. Ranaldi, Confisca urbanistica e prescrizione del reato: prime "applicazioni" della sentenza G.I.E.M. s.r.l. e altri c. Italia, in archiviopenale.it, 7 marzo 2019.

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