Omosessualità del coniuge e nullità del matrimonio

Sabina Anna Rita Galluzzo
09 Luglio 2020

La coesistenza dell'ordinamento italiano e quello canonico che regolano entrambi il matrimonio concordatario, ognuno secondo le proprie norme, porta con sè non pochi problemi. È noto in particolare come molti matrimoni concordatari durati, a volte, anche decine di anni, sono stati dichiarati nulli nell'ordinamento italiano mercé la delibazione di sentenze dei tribunali ecclesiastici. Unioni di venti o trenta anni, spesso arricchite dalla nascita di figli, sono state cancellate perché al momento del matrimonio uno dei due sposi non credeva nella sacramentalità delle nozze, o nell'indissolubilità del vincolo coniugale (bonum sacramenti) o nell'apertura alla nascita di figli (bonum prolis), anche se tali riserve erano rimaste a livello di intenzione o pensiero non espresso. Così non è nell'ordinamento italiano che attribuisce valore preminente ai principi della tutela della buona fede e dell'affidamento incolpevole, considerati dalla giurisprudenza di legittimità parte integrante dell'ordine pubblico. La giurisprudenza italiana per superare tale situazione ha da tempo affermato il principio secondo cui la convivenza tra coniugi...
Massima

La convivenza triennale "come coniugi", quale situazione giuridica di ordine pubblico ostativa alla delibazione della sentenza canonica di nullità del matrimonio, essendo caratterizzata da una complessità fattuale strettamente connessa all'esercizio di diritti, adempimento di doveri e assunzione di responsabilità di natura personalissima, è oggetto di un'eccezione in senso stretto, non rilevabile d'ufficio, né opponibile dal coniuge, per la prima volta, nel giudizio di legittimità.

Il caso

La vicenda ruota intorno alla sorte di un matrimonio celebrato con rito concordatario, durato più di dieci anni e arricchito dalla nascita di tre figli. Il Tribunale Ecclesiastico nel 2012 ne dichiarava la nullità per incapacità ad assumere gli obblighi nascenti dal matrimonio. Tale provvedimento, successivamente, nel 2017 veniva delibato dalla Corte d'Appello territoriale.

La Corte rilevava che nel giudizio di fronte al tribunale ecclesiastico erano stati rispettati tutti i principi processuali necessari al fine di delibare una pronuncia ecclesiastica ed in particolare sosteneva che la sentenza non fosse in contrasto con i principi dell'ordine pubblico italiano.

Avverso tale pronuncia la Procura Generale della Corte di Cassazione proponeva ricorso sostenendo che l'unica ragione fondante la decisione del giudice ecclesiastico fosse l'omosessualità della moglie, biasimata a causa del suo supposto orientamento sessuale e per questo considerata affetta da “disturbo grave della personalità”. La “malattia” della donna avrebbe dunque minato la sua capacità di libero consenso. Pertanto, sostiene la Procura, ricorre la violazione del limite dell'ordine pubblico interno e internazionale, con riferimento al diritto fondamentale di vivere liberamente la vita sessuale ed affettiva “sancito dalla Costituzione, dalla Cedu e dalla Carta dei Diritti fondamentali dell'unione Europea”. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza, in esame respinge il ricorso.

La questione

Alla luce del principio consolidato in giurisprudenza secondo cui la convivenza tra coniugi durata più di tre anni impedisce la delibazione nell'ordinamento italiano della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario, si pone peraltro nella specie, il problema di accertare se la convivenza quale causa ostativa alla delibazione di una sentenza dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario possa essere rilevata d'ufficio nel corso di un giudizio di delibazione, o essere eccepita dal Pubblico Ministero oppure costituisca un'eccezione rilevabile solamente su istanza di parte.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Cassazione respinge il ricorso del Procuratore Generale rilevando, sulla scorta dei suoi precedenti interventi giurisprudenziali, come il limite di ordine pubblico alla dichiarazione di efficacia della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario, costituito dalla convivenza triennale delle parti come coniugi, sia un'eccezione rilevabile solo su istanza di parte, che rientra invece tra quelle che l'ordinamento riserva alla disponibilità della parte interessata.

Molteplici sono stati i provvedimenti in materia a partire da due interventi, che si possono definire storici, delle sezioni unite della Corte di Cassazione che hanno affermato come la convivenza tra coniugi, esteriormente riconoscibile e protrattasi per almeno tre anni dopo la celebrazione del matrimonio osta alla dichiarazione di efficacia nella Repubblica italiana delle sentenze canoniche di nullità del matrimonio concordatario (Cass., sez. un. 16379/2014 e Cass. civ. n. 16380/2014). L'assunto, seguito dai successivi interventi giurisprudenziali, si fonda sulla considerazione secondo cuielemento essenziale del matrimonio-rapporto, è la convivenza tra coniugi, convivenza di cui la giurisprudenza fissa e stabilisce le caratteristiche specificando innanzitutto che deve essere intesa non come mera coabitazione ma come “consuetudine di vita coniugale comune, stabile e continua nel tempo, esteriormente riconoscibile in corrispondenti fatti e comportamenti dei coniugi, e come fonte di una pluralità di diritti inviolabili, di doveri inderogabili, di responsabilità anche genitoriali in presenza dei figli”. La convivenza coniugale deve dunque essere caratterizzata da “esteriorità” ossia essere riconoscibile all'esterno, ed essere dimostrabile in giudizio, restando irrilevanti tutti gli aspetti del cosiddetto "foro interno".

Tale convivenza inoltre, deve essere stabile, essere durata cioè per un determinato periodo di tempo trascorso il quale può legittimamente dedursi anche una piena ed effettiva “accettazione del rapporto matrimoniale”, tale da implicare la sopravvenuta irrilevanza giuridica dei vizi genetici eventualmente inficianti l'atto di matrimonio. Questa stabilità è stata individuata dalla Cassazione, richiamando la legge sull'adozione, nella convivenza durata almeno tre anni.

Quando assume tali caratteristiche la convivenza integra pertanto un aspetto essenziale e costitutivo del matrimonio rapporto, tale da potersi ricomprendere nella nozione di ordine pubblico interno ostativa alla dichiarazione di efficacia nello Stato italiano della sentenza canonica di nullità del matrimonio.

La convivenza ultratriennale peraltro, ha più volte specificato la giurisprudenza, “essendo caratterizzata da una complessità fattuale strettamente connessa all'esercizio di diritti,” integra un'eccezione in senso stretto che può di conseguenza essere fatta valere solo dal coniuge, parte del rapporto matrimoniale e non può conseguentemente essere sollevata dal P.M. o essere rilevata d'ufficio. Tale situazione riguarda infatti, come precisato anche dalle Sezioni Unite, la sfera personalissima dello svolgimento del matrimonio (Cass. civ., n. 1495/2015).

Non vi è pertanto ostacolo alla delibazione della sentenza di nullità quando i coniugi pur avendo convissuto rinunciano a proporre tale eccezione presentando congiuntamente (Cass. civ., n. 2942/2015) richiesta di delibazione o anche nel caso in cui l'istanza sia presentata da uno solo mentre l'altro rimane contumace rinunziando ad eccepire tempestivamente la sussistenza della convivenza “come coniugi” (Cass. civ., n. 6611/2015).

In quest'ordine di idee si schiera anche il provvedimento in esame che si conforma a quanto sostenuto dalla Cassazione a sezioni unite in relazione alla non rilevabilità di ufficio del limite di ordine pubblico costituito dalla convivenza triennale delle parti come coniugi. La Corte, nella specie, giunge a tale conclusione in considerazione della “complessità fattuale” delle circostanze sulle quali essa si fonda e della connessione molto stretta di tale complessità con l'esercizio di diritti, con l'adempimento di doveri e con l'assunzione di responsabilità personalissimi di ciascuno dei coniugi. In proposito la Cassazione richiama l'analoga fattispecie dell'impedimento al divorzio costituito dall'interruzione della separazione che deve necessariamente essere eccepita dalla parte (art. 3 l. n. 898/1970).

Non ricorrono inoltre, sostiene la Corte nel caso in esame, ragioni per ritenere che la rilevabilità solo ad eccezione di parte del limite di ordine pubblico in discussione contrasti con il diritto al giusto processo della parte rimasta contumace. La contumacia è infatti nella specie, precisa la Cassazione, volontaria.

Non esiste, inoltre, in materia, sostengono gli Ermellini, un contrasto giurisprudenziale tale da richiedere l'intervento delle sezioni unite, come testimoniato dalle numerose pronunce citate dal provvedimento in esame (Cass. civ., n. 24729/2018; Cass. civ., n. 2648/2017; Cass. civ., n. 26188/2016; Cass. civ., n. 18695/2015)

Passando alla questione dell'omosessualità della donna la Cassazione evidenzia come la condizione soggettiva della moglie non sia stata affatto “l'unica ragione fondante la decisione del giudice ecclesiastico". La domanda di nullità del matrimonio è stata infatti accolta dal Tribunale ecclesiastico per incapacità della donna ad assumere gli obblighi essenziali del matrimonio per cause di natura psichica, nonché per grave difetto di discrezione di giudizio circa i diritti e doveri matrimoniali ma anche per “esclusione dell'indissolubilità da parte dell'attore”. La Corte d'Appello pertanto reputava inesistente un contrasto con l'ordine pubblico, considerando tale caso simile all'ipotesi della simulazione di cui all'articolo 123 c.c., che presuppone da parte di entrambi i coniugi la volontà di non adempiere agli obblighi e di non esercitare i diritti discendenti dal matrimonio. Pertanto, conclude la Cassazione, posto che il vizio di nullità del matrimonio è dipeso dalle condotte di entrambi i coniugi, in base a quanto accertato nella sentenza impugnata, non rivestono rilevanza alcuna, nella specie, il principio di non discriminazione o il diritto di vivere liberamente la vita sessuale ed affettiva.

Osservazioni

L'orientamento che ne esce se da una parte tutela la buona fede del coniuge impedendo la delibazione di una sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio quando il rapporto matrimoniale, effettivamente vissuto sia durato più di tre anni, d'altra in assenza di un interesse di tale coniuge alla conservazione della situazione consente la delibazione dei provvedimenti ecclesiastici, ciò sulla base dell'assunto secondo cui il principio di tutela dell'affidamento ancorché inderogabile appartiene alla sfera di disponibilità del soggetto. Attenzione pertanto si pone, anche in questo settore, alla rilevanza dell'autonomia delle parti e all'esigenza di garantire un'adeguata tutela economica della parte debole. In questo contesto la convivenza come coniugi, come ha fatto notare autorevole dottrina, non viene più intesa “come una situazione giuridica di un matrimonio-rapporto civile che consente la concorde prosecuzione della vita familiare, nonostante il superamento o il venir meno del matrimonio religioso, ma come un'eccezione concessa ad un coniuge e solo dallo stesso utilizzabile per bloccare il tentativo dell'altro coniuge che ha ottenuto l'annullamento canonico e vuol trascriverlo in Italia per far venir meno ogni suo rapporto con l'altro coniuge, eliminando anche ogni dovere economico sorto in relazione al matrimonio religioso”. (Carbone, Famiglia e diritto, 6/2015).

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