La Corte di Giustizia dell'Unione Europea si pronuncia sull'applicabilità al condominio della disciplina consumeristica

Patrizia Petrelli
09 Luglio 2020

La Corte di Giustizia dell'Unione Europea, in una recentissima pronuncia, se, da un lato, ha ritenuto che il condominio, non essendo una persona fisica, non possa essere considerato consumatore alla luce della direttiva n. 93/13/CEE concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, dall'altro, ha affermato che non si pone in contrasto con la predetta direttiva e con le finalità da essa perseguite di garantire un livello di protezione più elevato possibile per il consumatore, una giurisprudenza nazionale che interpreti la normativa di recepimento della medesima direttiva nel diritto interno in modo che le norme a tutela dei consumatori che essa contiene siano applicabili anche a un contratto concluso con un professionista da un “soggetto giuridico” quale il condominio nell'ordinamento italiano, anche se tale soggetto non rientri nell'ambito di applicazione della suddetta direttiva.
Massima

L'art. 1, par. 1, e l'art. 2, lett. b), della direttiva 93/13/CEE del Consiglio del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una giurisprudenza nazionale che interpreti la normativa di recepimento della medesima direttiva nel diritto interno in modo che le norme a tutela dei consumatori che essa contiene siano applicabili anche a un contratto concluso con un professionista da un soggetto giuridico quale il condominio nell'ordinamento italiano, anche se un simile soggetto giuridico non rientra nell'ambito di applicazione della suddetta direttiva.

Il caso

Un condominio, in persona del suo amministratore, aveva stipulato con una società un contratto di fornitura di energia termica, che conteneva una clausola in forza della quale, in caso di ritardato pagamento, il debitore avrebbe dovuto corrispondere “interessi di mora al tasso del 9,25% e ciò dal momento della scadenza del termine di pagamento al saldo”.

Sulla base di un verbale di mediazione intercorso tra le parti, la società intimava al condominio, mediante atto di precetto, il pagamento di quanto dovuto a titolo di interessi di mora calcolati sul capitale scaduto.

Il condominio proponeva opposizione avverso l'atto di precetto sostenendo di essere un consumatore, ai sensi della direttiva n. 93/13/CEE del 5 aprile 1993 e che la clausola contenuta nel contratto intercorso tra le parti aveva carattere abusivo.

II giudice del rinvio osservava che, in effetti, tale clausola era abusiva e che, sulla scorta della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, avrebbe potuta annullarla d'ufficio ma si interrogava sulla possibilità di considerare il condominio un consumatore, alla luce della direttiva n. 93/13/CEE.

Il Tribunale, pertanto, sospendeva il procedimento e rimetteva alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea la seguente questione pregiudiziale: ”Se la nozione di consumatore quale accolta dalla direttiva 93/13/CEE osti alla qualificazione come consumatore di un soggetto (quale il condominio nell'ordinamento italiano) che non sia riconducibile alla nozione di “persona fisica” e di “persona giuridica”, allorquando tale soggetto concluda un contratto per scopi estranei all'attività professionale e versi in una situazione di inferiorità nei confronti del professionista sia quanto al potere di trattativa quanto al potere di informazione”.

La questione

La questione rimessa alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea nella presente fattispecie era la seguente: “Se la nozione di consumatore quale accolta dalla direttiva n. 93/13 osti alla qualificazione come consumatore di un soggetto (quale il condominio nell'ordinamento italiano) che non sia riconducibile alla nozione di “persona fisica” e di “persona giuridica”, allorquando tale soggetto concluda un contratto per scopi estranei all'attività professionale e versi in una situazione di inferiorità nei confronti del professionista sia quanto al potere di trattativa, sia quanto al potere di informazione».

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Giustizia U.E. evidenzia che, prima di rispondere alla questione posta, occorre analizzare l'ambito di applicazione della direttiva n. 93/13/CEE, al fine di stabilire se un soggetto giuridico che non sia una persona fisica possa rientrare nella nozione di “consumatore”.

Attraverso un'analisi della normativa comunitaria di riferimento se, da un lato, si precisa che lo scopo della direttiva n. 93/13/CEE è quello di uniformare le disposizioni degli Stati membri relative alle clausole abusive contenute nei contratti stipulati tra un professionista e un consumatore, dall'altro, si sottolinea, anche richiamando propri precedenti, che, in base alla definizione di consumatore accolta nella direttiva, sono necessarie due condizioni: deve trattarsi di una persona fisica che svolga la sua attività a fini non professionali.

Nella specie, quindi, si trattava di accertare se il condominio potesse essere considerato, sulla base della direttiva, un consumatore, dal momento che, secondo quanto esposto dal giudice del rinvio, nell'ordinamento giuridico italiano un condominio è un soggetto giuridico che non è né una “persona fisica” né una “persona giuridica”.

Fermo restando che, a livello dell'Unione europea, non risulta armonizzata la nozione di proprietà (art. 345 T.F.U.E. secondo cui “i trattati lasciano del tutto impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri”) e che l'art. 1, par. 2, lett.k), del regolamento (UE) n. 650/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio del 4 luglio 2012, esclude dal suo àmbito di applicazione i diritti reali, con la conseguenza che ogni Stato membro è libero di disciplinare il regime giuridico del condominio, qualificandolo o meno come “persona giuridica”, la Corte evidenzia che un condominio, non essendo una persona fisica, non può rientrare nella nozione di “consumatore” ai sensi dell'art. 2, lett. b), della direttiva n. 93/13/CEE e, quindi, il contratto stipulato tra un condominio e un professionista è escluso dall'àmbito di applicazione della predetta direttiva.

Né tale conclusione - specifica la Corte - può ritenersi in contrasto con un proprio precedente (Corte Giust. 5 dicembre 2019, C-708/17 e C-725/17) perché, nel caso di specie, i contratti di fornitura dell'energia termica inerenti il caseggiato condominiale erano stati stipulati dai condòmini stessi e non dal condominio, in persona dell'amministratore e, quindi, ricadevano nella categoria dei contratti stipulati tra un consumatore-persona fisica e un professionista.

Fatte queste precisazioni, la Corte mette in evidenza che, a questo punto, si tratta di verificare se la giurisprudenza nazionale che interpreta la normativa di recepimento della direttiva n. 93/13/CEE nel senso di ritenere applicabili le norme a tutela dei consumatori anche a un contratto concluso con un professionista da un soggetto giuridico quale il condominio possa porsi in contrasto con quella che è la ratio delle disposizioni europee che disciplinano la materia e la tutela del consumatore in particolare.

A livello europeo, la finalità perseguita in tema di consumo è di garantire un livello di protezione più elevato possibile per il consumatore e la direttiva n. 93/13/CEE è tecnicamente una direttiva ad armonizzazione minima, vale a dire pone un livello minimo di tutela vincolante per tutti i legislatori nazionali, fermo restando la possibilità per i singoli stati di offrire una tutela maggiore, estendendo, ad esempio, la qualifica di consumatore anche a soggetti che persone fisiche non sono.

Nel caso di specie, la Corte Suprema di Cassazione ha adottato un orientamento giurisprudenziale diretto ad accordare maggiore tutela al consumatore estendendo l'ambito di applicazione della tutela prevista dalla direttiva anche al condominio, “soggetto giuridico”, che non è una persona fisica.

Atteso che l'orientamento giurisprudenziale nazionale si armonizza con i principi europei in materia, la Corte conclude precisando che se, anche, il condominio, così come configurato nel diritto italiano, non rientra nella nozione di “consumatore”, quale accolta nella direttiva, alla luce dell'omogeneità delle finalità perseguite dalla legislazione europea e da quella nazionale le disposizioni della direttiva 93/13/CEE non ostano ad una giurisprudenza nazionale che interpreti la normativa di recepimento della medesima direttiva nel diritto interno nel senso che la tutela per i consumatori, in essa prevista, si possa applicare anche a un contratto concluso con un professionista da un soggetto giuridico, quale il condominio nell'ordinamento italiano, anche se tale soggetto non rientra nell'àmbito di applicazione della suddetta direttiva.

Osservazioni

La decisione che si commenta porta chiarezza in ordine alla problematica relativa alla possibilità di considerare il condominio quale consumatore con conseguente applicazione della disciplina prevista a tutela del consumatore.

La risoluzione della questione non è di poca importanzain considerazione della circostanza che, in ambito condominiale, spesso si riscontra la presenza di clausole vessatorie contenute sia nei contratti di fornitura di beni e servizi sottoscritti dall'amministratore che nel regolamento di condominio contrattuale.

La Corte di Cassazione, negli ultimi anni, si è spesso imbattuta nella necessità di qualificare come consumatore il condominio di fronte al problema della qualificazione soggettiva dello stesso, rispetto ad un dato normativo (art. 3, comma 1, lett. a,Codice del consumo) che riserva la qualità di consumatore alla sola persona fisica.

Sulla base della qualificazione del condominio come mero “ente di gestione”, l'orientamento consolidato della giurisprudenza di merito e di legittimità (v., di recente, Cass. civ., sez. VI, 22 maggio 2015, n. 10679) è concorde nel considerare il condominio consumatore sulla base di questi argomenti:

- il condominio è un ente di gestione privo di autonoma soggettività giuridica ulteriore o diversa da quella dei singoli condomini che opera tramite l'amministratore che è un mandatario con rappresentanza;

- gli effetti dei contratti dallo stesso posti in essere nell'interesse dei condomini si ripercuotono sui singoli condomini, i quali devono essere considerati consumatori, in quanto persone fisiche operanti per scopi estranei ad attività imprenditoriale o professionale.

In altri termini, la giurisprudenza ha ritenuto di poter considerare consumatore il condominio attraverso l'escamotage del condominio qualeente di gestione, privo di autonoma soggettività giuridica, distinta da quella dei singoli partecipanti, che opera tramite l'amministratore che è un mandatario con rappresentanza dei singoli condòmini, i quali sono considerati consumatori, essendo persone fisiche che agiscono per scopi estranei ad attività imprenditoriale o professionale.

Tuttavia, l'assunto secondo il quale il condominio debba essere considerato un consumatore ha trovato forti opposizioni.

La Corte di Giustizia pare avereposto fine alla querelle, riconoscendo, di fatto, la possibilità di estendere la qualifica di “consumatore” al soggetto giuridico (così viene definito dalla Corte) condominio.

Attraverso una analisi dettagliata di tutte le disposizioni europee che regolano la materia, il primo scoglio che la Corte si trova a dover affrontare è quello relativo al fatto che, in base alla direttiva n. 93/13/CEE (recepita nell'ordinamento italiano con la l. n. 52/1996, le cui disposizioni sono, poi, confluite nel Codice del consumo) e alla sua stessa giurisprudenza (Corte Giust. 22 novembre 2001, C-541/99 e C-542/99), il consumatore può essere solo una persona fisica che agisce al di fuori della propria attività economica.

Ne consegue - secondo la Corte - che un condominio, non essendo una persona fisica, non può rientrare nella nozione di “consumatore” ai sensi dell'art. 2, lett. b), della direttiva n. 93/13/CEE e, quindi, beneficiare della tutela consumeristica.

Peraltro, questa conclusione non si pone neppure in contrasto con l'unico precedente della C.G.U.E., analogo al caso esaminato nella decisione che si commenta, dove si è riconosciuta la qualità di consumatore solo perché i singoli condomini (e non il condominio, come nella presente ipotesi) avevano stipulato un contratto di fornitura di energia termica.

A questo punto, l'unica strada per estendere la tutela consumeristica anche a soggetti, come il condominio, che non sono persone fisiche va ricercata nel complesso delle disposizioni europee la cui finalità è di garantire un livello di protezione più elevato per il consumatore.

Al riguardo, vengono in considerazione: gli art. 169, par. 4, T.F.U.E. e 8 Direttiva 93/13 dove si sancisce che “gli Stati membri possono adottare o mantenere, nel settore da essa disciplinato, disposizioni più severe, compatibili con il trattato, per garantire un livello di protezione più elevato per il consumatore”; il considerando 13 della direttiva2011/83/UE in base al quale “gli Stati membri dovrebbero restare competenti, conformemente al diritto dell'Unione, per l'applicazione delle disposizioni di tale direttiva ai settori che non rientrano nel suo ambito di applicazione……Ad esempio, gli Stati membri possono decidere di estendere l'applicazione delle norme della presente direttiva alle persone giuridiche o alle persone fisiche che non sono “consumatori” ai sensi della presente direttiva, quali …………”; il considerando 12 della direttiva 93/13 che lascia “agli Stati membri la possibilità di garantire, nel rispetto del trattato, un più elevato livello di protezione per i consumatori mediante disposizioni nazionali più severe di quelle contenute nella medesima direttiva”.

In questo quadro normativo, l'orientamento della Corte di Cassazione - di cui si è sopra fatto cenno - diretto ad estendere la tutela consumeristica anche a chi, come il condominio, non è un consumatore si inserisce in quella che è la ratio di tutta la normativa sul consumo di garantire un livello più elevato possibile di tutela dei consumatori.

La sentenza della Corte di Giustizia assume una particolare valenza, in quanto consente di ritenere che l'estensione della nozione di consumatore anche al condominio possa essere adottata, a livello giurisprudenziale, anche nelle procedure di sovraindebitamento, consentendo al condominio di accedere al piano del consumatore (v., in senso contrario, Trib. Bergamo 16 gennaio 2019).

Anche se, almeno da un punto di vista formale, come già si è avvertito, sembrerebbe che il legislatore abbia voluto differenziare le due nozioni di consumatore, prevedendo nella legge sul sovraindebitamento una nozione più specifica, rispetto a quella contemplata nel Codice del consumo, dal momento che esige che i debiti della “persona fisica” derivino “esclusivamente” da atti compiuti “per scopi estranei all'attività imprenditoriale e professionale eventualmente svolta”, la nozione di consumatore, ai fini delle procedure di sovraindebitamento e del Codice del consumo, dovrebbe essere unitaria perché in realtà le due legislazioni rispondono alla medesima finalità: “garantire il funzionamento del mercato” attraverso la più ampia tutela possibile del consumatore.

Guida all'approfondimento

Bosso, I contratti del condominio e il condominio come consumatore - Introduzione e principi generali, in Arch. loc. e cond., 2017, 4;

Baciucco, Il condominio e la figura del consumatore, in Riv. giur. sarda, 2015, I, 334;

Grisafi, Il condominio può essere classificato come “consumatore”? Note in tema con particolare riguardo alla disciplina in materia di trasparenza bancaria, in Studium iuris, 2014, 1142;

Belli, Condominio “consumatore”: nullità di protezione delle clausole vessatorie nei contratti di assicurazione e intervento integrativo del giudice, in Giur. merito, 2013, 282.

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