Limitato uso di bene esclusivo causato da lavori condominiali: spetta il ristoro?

Guerino De Santis
16 Luglio 2020

L'esecuzione di lavori edili spesso comporta attività insite nell'opera che, per potersi esplicare hanno bisogno di spazio ottenuto con l'occupazione di suoli adiacenti al corpo di fabbrica. E' il caso dei lavori effettuati dal condominio per mantenere parti comuni, laddove per poterli eseguire è necessario, a volte, limitare l'uso ed il godimento di beni appartenenti ai condomini in via esclusiva i quali, per detta menomazione dei loro diritti, spesso richiedono risarcimenti o indennizzi. Ed è questo il punto: in questi casi spetta un ristoro? Su quali basi normative? La sentenza in commento offre una lettura affezionata ad un orientamento che tende ad escluderlo.
Massima

I comproprietari non possono vantare alcun diritto di tipo pecuniario, connesso all'indisponibilità della propria autorimessa, in quanto l'esecuzione dei lavori condominiali, in un tempo ragionevolmente contenuto, non determina una variazione dell'assetto dei limiti alla proprietà già previsti dal legislatore, che giustifichi il diritto ad indennizzo, né tantomeno ad un risarcimento.

Il caso

Il condominio deliberava di effettuare dei lavori di manutenzione ad alcune parti comuni dello stabile, a mezzo delibera assembleare non impugnata. L'esecuzione degli stessi aveva in concreto limitato ad una coppia di condomini comproprietari l'uso ed il godimento di un locale autorimessa per un lasso di tempo contenuto e comunque strettamente necessario allo svolgimento dei lavori. A fronte di tale mancato uso, questi richiedevano, dapprima al Giudice di Pace e successivamente in sede di gravame al Tribunale di Parma, un risarcimento per detta menomazione, istanza rigettata con accurata motivazione.

La questione

La questione, solo apparentemente banale, vive e si esaurisce nel comprendere se il condomino, che risulti pregiudicato da una delibera condominiale, anche se non impugnata, che abbia deciso lavori di consolidamento statico, abbia o meno il diritto di vedersi ristorato il pregiudizio riconducibile alla riduzione delle facoltà di uso e/o godimento di un box auto su cui hanno insistito le strutture portanti delle impalcature utilizzate dalla ditta esecutrice per i lavori.

Le soluzioni giuridiche

Il giudice parmense per arrivare a negare il diritto degli appellanti ad un ristoro in ragione del mancato o limitato uso e/o godimento del locale in proprietà esclusiva causato dalle impalcature per i lavori condominiali, parte dalla disamina dell'unica norma di legge che riconoscerebbe un ristoro per tali attività anche se in condizioni diverse: l'art. 843 c.c.

Secondo tale disposto, il proprietario di un fondo (verosimilmente gli appellanti) deve tollerare il passaggio che si renda necessario per costruire, riparare un muro, o altra opera propria o comune, specificando che un'indennità è dovuta nel caso in cui l'accesso cagioni un danno.

Il giudicante ritiene che il silenzio del legislatore, con riferimento alla fattispecie portata alla sua attenzione, sia significativo nel senso di ritenerne l'irrilevanza della protezione sociale.

Ed infatti, l'art. 843 ridetto circoscrive l'attività consentita al mero passaggio; aggancia la facoltà di passaggio alla necessità di riparare un'opera dell'occupante; riconduce il diritto all'indennità esclusivamente al caso in cui un danno sia cagionato nel passaggio ed a motivo del passaggio, senza dar luogo a veri e propri rapporti di servitù.

Da tali presupposti, viene rilevato come la pretesa degli appellanti non abbia alcun conforto normativo, in considerazione del fatto che la riduzione temporanea del valore d'uso e di godimento del bene, in ragione delle opere comuni necessarie, conduce all'esistenza di elementi sufficienti a governarne il rischio che vanno individuati nella disciplina dei rapporti di vicinato tra proprietà contrapposte; nel criterio della normale tollerabilità per definire il punto di equilibrio per il bilanciamento degli interessi ed infine nel criterio della utilità (anche per i presunti soggetti lesi) che derivi dall'esecuzione delle opere deliberate.

Osservazioni

Si può dire, in genere, che il condominio ha diritto di eseguire lavori di interesse comune, anche se questi comportano limitazioni temporanee all'esercizio e al godimento della proprietà esclusiva di singoli condomini.

In tali casi non si può parlare di un danno risarcibile in quanto non si tratta di un danno ingiusto, atteso che le opere sono eseguite anche nell'interesse dei singoli condomini ai quali è temporaneamente impedito il godimento della loro proprietà esclusiva.

Ed ecco che soccorrerebbe, in assenza di una espressa protezione normativa, l'art. 843 c.c., che non possiamo definire estensibile per analogia, in quanto contempla una disciplina diversa di attività e prevede non un risarcimento ma una indennità valutabile come minus rispetto al primo, rimesso, in quanto a sussistenza, all'equo apprezzamento del giudice, che potrebbe valutare la sua applicabilità anche nella casistica condominiale (Trib. Milano 20 febbraio 1992).

Si ricorda, ad onor del vero, che il giudice di legittimità ha in un caso risposto in maniera affermativa alla possibilità di ottenere un risarcimento da mancato o limitato uso e godimento di un bene in proprietà esclusiva causato da lavori condominiali, allorquando ha affermato che l'onere necessario per la produzione di una utilità collettiva nell'interesse di tutti i condomini deve essere proporzionalmente distribuito tra tutti comunisti. (Cass. civ., sez. II, 16 dicembre 2015, n. 25292).

La soluzione adottata dalla Suprema Corte, può sembrare solamente ispirata ad una elementare regola di equità sostanziale, ma non può condividersi il principio di giustizia distributiva, enucleato per la prima volta, che è diverso da quello di solidarietà nei rapporti condominiali, dato che il principio di giustizia distributiva assume una rilevanza del tutto peculiare con tutte le conseguenze ed i limiti tuttavia che sono tipici della elaborazione giurisprudenziale.

Riteniamo che una risposta sistemica, che sia più adeguata alla fattispecie de qua, possa essere data da una lettura dell'art. 1123, comma 2, c.c., che introduce un criterio in forza del quale il parametro dell'utilità valga non solo ad addossare le spese ai condomini che traggano beneficio dalle opere che debbono essere deliberate nel loro interesse, ma anche ad alleviare la posizione del soggetto che, in ragione di quelle opere, patisca una riduzione delle facoltà di godimento dei propri beni individuali o delle cose comuni.

Guida all'approfondimento

Alpa, I principi generali, Trattato Iudica-Zatti, Milano, 2006;

Ditta, L'indennizzo per l'opera di utilità collettiva nel condominio, in Consul. immob., 2016, n. 996, 649.

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