Ultimissime dalle Sezioni Unite

Redazione Scientifica
20 Luglio 2020

Sono state depositate le motivazioni delle Sezioni Unite penali in materia di ricorso per cassazione avverso le sentenza di patteggiamento dopo la Riforma Orlando. Le S.U. hanno altresì affermato alcuni principi di diritto in tema di ricusazione del GUP e decreto che dispone il giudizio; riesame; violenza sessuale e abuso del'autorità, e esercizio arbitrario...

Il 17 luglio 2020 sono state depositale le seguenti sentenze delle Sezioni Unite penali della Cassazione:

sentenza n. 21368/2020: a seguito dell'introduzione della previsione di cui all'art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., è ammissibile il ricorso per cassazione per vizio di motivazione avverso la sentenza di applicazione di pena con riferimento alle misure di sicurezza, personali o patrimoniali, che non abbiano formato oggetto dell'accordo delle parti.

sentenza n. 21368/2020: a seguito dell'introduzione della previsione di cui all'art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., è ammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza di applicazione di pena avente ad oggetto l'applicazione o l'omessa applicazione di sanzioni amministrative accessorie ai sensi dell'art. 606 cod. proc. pen.

(Per il commento alle ordinanze di rimessione v. R. BRICCHETTI, Il ricorso per cassazione contro la sentenza di patteggiamento dopo la Riforma Orlando. Prime questioni rimesse alle Sezioni Unite).

Il 16 luglio 2020, invece, le S.U. penali si sono pronunciate su quattro questioni controverse in giurisprudenza loro rimesse:

1. RICUSAZIONE DEL GUP E DECRETO CHE DISPONE IL GIUDIZIO. Relativamente alla questione Se, in caso di accoglimento dell'istanza di ricusazione del G.u.p., il decreto che dispone il giudizio, emesso in pendenza della decisione definitiva sulla domanda di ricusazione, conservi o meno efficacia (ord. n. 10818/2020 v. A. CARUSO, Quale destino per il decreto che dispone il giudizio in caso di accoglimento dell'istanza di ricusazione del GUP?), le S.U. hanno dato risposta negativa: in caso di accoglimento della istanza di ricusazione del G.u.p., il decreto che dispone il giudizio - emesso in pendenza della decisione definitiva sulla domanda di ricusazione - non conserva efficacia ed è affetto da nullità ai sensi dell'art. 178, comma 1, lett. a), cod. proc. pen.

2. PROCEDIMENTO DI RIESAME. Relativamente alla questione Se, in tema di misure cautelari personali, nel caso di giudizio di rinvio a seguito di annullamento di ordinanza che abbia disposto o confermato la misura, il termine di dieci giorni dalla ricezione degli atti previsto per la decisione dall'art. 311, comma 5-bis, cod. proc. pen., decorra dalla data dell'arrivo alla cancelleria del tribunale o alla cancelleria della sezione del riesame del fascicolo relativo al ricorso per cassazione, comprendente la sentenza rescindente e gli atti allegati, ovvero dalla data in cui il tribunale riceva nuovamente dall'autorità procedente gli atti ad essa richiesti a norma dell'art. 309, comma 5, cod. proc. pen. (ord. n. 4125/2020), le S.U. hanno affermato il seguente principio di diritto: Nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento di ordinanza che abbia disposto o confermato la misura cautelare personale, il procedimento di riesame si svolge seguendo le stesse cadenze temporali e con le stesse sanzioni processuali previste dall'art. 309, commi 5 e 10, cod. proc. pen., con inizio di decorrenza dei relativi termini dal momento in cui gli atti trasmessi dalla Corte di cassazione pervengono alla cancelleria del tribunale.

3. VIOLENZA SESSUALE E ABUSO DI AUTORITÀ. Relativamente alla questione controversa Se l'abuso di autorità di cui all'art. 609 bis, comma primo, cod. pen., presupponga nell'agente una posizione autoritativa di tipo formale e pubblicistico o se, invece, si riferisca anche a poteri di supremazia di natura privata di cui l'agente abusi per costringere il soggetto passivo a compiere o subire atti sessuali (ord. n. 2888/2020), le S.U. hanno affermato il seguente principio di diritto: L'abuso di autorità cui si riferisce l'art. 609-bis, comma primo, cod. pen. presuppone una posizione di preminenza, anche di fatto e di natura privata, che l'agente strumentalizza per costringere il soggetto passivo a compiere o subire atti sessuali.

4. ESERCIZIO ARBITRARIO DELLE PROPRIE RAGIONI. Infine, riguardo alle seguenti questioni controverse: 1) Se il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone e quello di estorsione si differenzino tra loro in relazione all'elemento oggettivo, in particolare con riferimento al livello di gravità della violenza o della minaccia esercitate, o, invece, in relazione al mero elemento psicologico, e, in tale seconda ipotesi, come debba essere accertato tale elemento. 2) Se il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni debba essere qualificato come reato proprio esclusivo e, conseguentemente, in quali termini si possa configurare il concorso del terzo non titolare della pretesa giuridicamente tutelabile (ord. n. 50696/2019 v. AGNINO, Esercizio arbitrario delle proprie ragioni ed estorsione: alla ricerca degli elementi differenziali), sono stati affermati i seguenti principi di diritto:

1) Il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone e quello di estorsione si differenziano tra loro in relazione all'elemento psicologico, da accertarsi secondo le ordinarie regole probatorie.

2) Il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni ha natura di reato proprio; il concorso del terzo è configurabile nei soli casi in cui questi si limiti ad offrire un contributo alla pretesa del creditore, senza perseguire alcuna diversa e ulteriore finalità.

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