Per l'accertamento di paternità è sufficiente la consulenza tecnica, soprattutto in combinazione con altri elementi presuntivi

Redazione Scientifica
22 Luglio 2020

In materia di accertamenti relativi alla paternità e alla maternità, la consulenza tecnica ha funzione di mezzo obiettivo di prova, e costituisce lo strumento più idoneo, avente margine di sicurezza elevatissimi, per l'accertamento del rapporto di filiazione. Non è un mezzo per valutare elementi di prova offerto dalle parti, ma costituisce strumento per l'acquisizione della conoscenza del rapporto di filiazione.

Il principio è stato ribadito dalla Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, con l'ordinanza, piuttosto articolata, avente n. 14916/20, emessa il 1° luglio 2020 e depositata successivo 13 luglio.

FB conveniva in giudizio T. e A. M., figli di A.G.M. e suoi eredi legittimi, sostenendo di essere nato dalla relazione tra sua madre e il padre dei convenuti, e chiedendo quindi che il loro de cuius fosse dichiarato suo padre naturale, in relazione del richiesto accertamento di paternità. La domanda era accolta in entrambi gradi di merito, sulla scorta di una perizia stragiudiziale depositata dall'attore e del materiale istruttorio acquisito.

La Corte di Cassazione conferma la decisione dei giudici d'appello, precisando che, per accertare la paternità biologica, ai sensi dell'art. 269 c.c., è sufficiente il ricorso ad elementi presuntivi, come una consulenza tecnica e il comportamento del preteso genitore che abbia trattato il presunto figlio come tale. Per di più, nella specie, l'attore si era sottoposto all'esame del DNA non di sua personale iniziativa, bensì sull'accordo delle parti, affidandosi ad un noto genetista scelto congiuntamente. Questi lo confrontava con quello di uno dei convenuti, suo parente in linea maschile più prossimo, ottenendo una percentuale del 97,386% che era del tutto coerente con un vincolo di parentela fra fratelli unilaterali consanguinei, in quanto figli dello stesso padre.

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