Ai fini della liquidazione del danno in via equitativa la parte deve provare ogni elemento utile alla quantificazione del diritto

29 Luglio 2020

L'esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 c.c., presuppone che sia dimostrata l'esistenza di danni risarcibili e che risulti obiettivamente impossibile, o particolarmente difficile, provare il danno nel suo preciso ammontare. Ciò non esime, però, la parte interessata – per consentire al giudice il concreto esercizio di tale potere, la cui sola funzione è di colmare le lacune insuperabili ai fini della precisa determinazione del danno stesso – dall'onere di dimostrare non solo l'an debeatur del diritto al risarcimento, ma anche ogni elemento di fatto utile alla quantificazione del danno e di cui, nonostante la riconosciuta difficoltà, possa ragionevolmente disporre.

E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 15680 depositata il 23 luglio 2020.

Un avvocato citava a comparire dinnanzi al Tribunale territorialmente competente Poste Italiane spa esponendo di essere stato incaricato per una controversia civile da trattarsi in Sardegna; che aveva, pertanto, predisposto il fascicolo di causa con gli atti e documenti ed aveva provveduto in una certa data ad inoltrarlo tramite “posta celere uno plus ordinaria” al proprio corrispondente in loco affinché si costituisse e svolgesse le difese come da istruzioni allegate. Tuttavia, esponeva che, acquisita notizia del mancato recapito del plico contenente il fascicolo, annullato ogni altro impegno si era recato repentinamente presso il domicilio del corrispondente in loco al fine di consegnargli di persona la copia degli atti e dei documenti utili per la difesa in giudizio. Esponeva che Poste Italiane spa avrebbe dovuto ex contractu recapitare il plico entro ventiquattro ore decorrenti dal giorno seguente la spedizione, ma che al contrario, la consegna era stata eseguita dopo circa un mese.
Chiedeva, pertanto, che la convenuta fosse condannata a risarcirgli i danni subiti, correlati ai costi sostenuti sia per la trasferta che per il soggiorno in loco, nonché ai mancati guadagni cagionati dall'assenza obbligata dal proprio studio protrattasi per due giorni.

I Giudici Supremi, hanno ritenuto destituito di ogni fondamento il primo motivo di ricorso proposto dal difensore con il quale quest'ultimo denunciava violazione e/o falsa applicazione in particolare degli artt. 112 e 115, comma 2, c.p.c. oltreché degli artt. 1226 e 2056 c.c., avendo l'adita Corte di Appello fatto cattivo uso, a suo dire, del potere di valutazione equitativa del danno che dovrebbe tendere all'integrità del risarcimento. In particolare, il ricorrente deduceva che il Collegio di merito avrebbe potuto far ricorso alle presunzioni ancorate alla sua età e alle necessità di vitto e alloggio connessa alla trasferta affrontata.
Secondo la Corte di legittimità, nel caso di specie, invece, non sussiste alcuna violazione dell'art. 112 c.p.c. poiché – i giudici spiegano – la Corte territoriale ha indubbiamente pronunciato oltre che sull'an, sul quantum dei pretesi danni, pronunciando dunque, su tutta la domanda, recte sul primo motivo dell'appello principale.
Parimenti, continuano i Giudici, non merita seguito neanche la pretesa violazione dell'art. 115 citato poiché, spiegano, il ricorso al fatto notorio ai sensi del predetto articolo del codice di rito attiene all'esercizio di un potere discrezionale riservato al giudice di merito; perciò, l'esercizio sia positivo che negativo di tale potere non è sindacabile in sede di legittimità.
Il ricorrente, pertanto, secondo il Collegio, non ha margine alcuno per dolersi in sede di legittimità della circostanza che la Corte distrettuale non si sia avvalsa, ai fini della liquidazione in via equitativa del danno, del “notorio” correlato, per un verso alle spese di taxi, di albergo, di ristorazione e alla indennità oraria di trasferta inevitabilmente sostenute, per altro verso correlato alla qualità presumibilmente rivestita dal ricorrente di professionista, noto ed avvocato con pluriennale esperienza, costretto ad allontanarsi dal proprio Studio.

Su tale scorta, conclude la pronuncia, se è vero, come è vero, che la liquidazione equitativa importa che il ricorrente non è sollevato dall'onere di allegare ogni elemento di fatto utile alla quantificazione del pregiudizio e di cui possa ragionevolmente disporre – ineccepibilmente e congruamente la Corte di merito ha dato atto che, al di là della copia dei biglietti aerei, l'appellante principale non aveva fornito nessun ulteriore riscontro documentale.
In pari tempo, è da negare recisamente che alla diminuzione patrimoniale subita dal ricorrente e a causa dell'inadempimento di Poste Italiane spa possa essere ricondotta l'indennità oraria di trasferta, poiché l'accoglimento della domanda di risarcimento del danno di lucro cessante o da perdita di chance esige la prova che, nella specie, l'attore non ha fornito.

(FONTE: dirittoegiustizia.it)

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