Risoluzione del contratto di acquisto dell'auto difettosa: il risarcimento dovrà tener conto dell'uso fattone dal compratore

Redazione Scientifica
05 Agosto 2020

In caso di risoluzione del contratto di acquisto di un'auto affetta di vizi, il giudice, nella determinazione del prezzo da restituire al compratore, dovrà tenere in considerazione l'uso del veicolo da parte di quest'ultimo in modo da garantire l'equilibrio tra le reciproche prestazioni restitutorie delle parti ed evitare un'illegittima locupletazione dell'acquirente.

A seguito dell'acquisto di un'auto, il compratore conveniva in giudizio la società venditrice chiedendo la risoluzione del contratto per la presenza di vizi che rendevano il veicolo inidoneo all'uso, come riscontrato anche da accertamento tecnico preventivo. L'attore chiedeva anche il risarcimento dei danni. Il Tribunale accoglieva la domanda e condannava la convenuta alla restituzione di oltre 30mila euro, mentre la società importatrice dell'auto, chiamata in manleva dalla soccombente, veniva condannata al risarcimento del danno.

In sede di appello, veniva confermata la risoluzione del contratto ritenendo irrilevante il fatto che l'acquirente avesse continuato ad utilizzare l'auto per diversi anni a causa del protrarsi della lite. La sentenza d'appello provvedeva dunque a disporre la restituzione del veicolo.

La questione è giunta all'attenzione della Suprema Corte su ricorso del venditore soccombente che lamenta la violazione degli artt. 1490 e 1492 c.c. per aver la Corte territoriale confermato la risoluzione del contratto con conseguente integrale restituzione del prezzo di acquisto e restituzione dell'auto nello stato in cui si trovava al momento della pronuncia. Tale soluzione configura una disparità di trattamento sotto il profilo della reciprocità degli effetti restitutori. L'acquirente infatti pur avendo continuato ad utilizzare per anni l'auto, risultata poi affetta da vizi che – evidentemente – non ne avevano del tutto impedito l'uso, aveva visto riconosciuta la restituzione dell'intero prezzo corrisposto al momento dell'acquisto a fronte dell'ordine di restituzione del veicolo stessa che però fosse riconosciuta la relativa svalutazione per effetto dell'uso fattone.

La doglianza risulta fondata. Il Collegio afferma difatti che «in virtù dell'operatività del nesso sinallagmatico che connota il contratto di vendita ed in dipendenza degli effetti retroattivi riconducibili alla risoluzione contrattuale (ai sensi dell'art. 1458, comma 1, c.c. in correlazione con l'art. 1493 c.c.), nella determinazione del prezzo da restituire al compratore di un'autovettura che abbia agito vittoriosamente in redibitoria si deve tener conto dell'uso del bene fatto dal medesimo, dovendosi, sul piano oggettivo, garantire l'equilibrio anche tra le reciproche prestazioni restitutorie delle parti ed evitare un'illegittima locupletazione dell'acquirente, ove lo stesso abbia continuato ad utilizzare il bene (ancorchè accertato come viziato ma non completamente inidoneo al suo uso), determinandone una sua progressiva e fisiologica perdita di valore».
La pronuncia impugnata viene dunque annullata sotto tale profilo con rinvio alla Corte d'Appello.

(FONTE: dirittoegiustizia.it)

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