Il decreto semplificazioni e le osservazioni dell'ANAC
10 Agosto 2020
Premessa
L'ANAC ha fatto pervenire alla Commissione Lavori pubblici del Senato un documento contenente osservazioni e proposte di modifica sui vari profili di sua competenza.
Nella premessa del documento, l'Autorità ha ricordato di aver presentato, già in considerazione della fase emergenziale in atto, alcune proposte di modifica della normativa di settore e, in particolare, del Codice dei Contratti, che erano finalizzate ad imprimere “una accelerazione nelle procedure di affidamento degli appalti di lavori, servizi e forniture, senza però compromettere l'impianto complessivo della materia che essendo di derivazione europea impone una particolare attenzione.”
Tali modifiche, senza creare meccanismi derogatori del Codice miravano a “valorizzare l'autonomia e la responsabilità delle stazioni appaltanti tenendo tuttavia presente che la contrattualistica pubblica è materia disciplinata dalle direttive europee e nelle parti in cui le stesse non siano self-executing la disciplina della materia è rimessa all'ordinamento nazionale”. Pertanto, considerata la vigenza del Codice dei contratti, l'Autorità aveva ritenuto opportuno evitare di adottare la tecnica delle deroghe al Codice per scongiurare possibili violazioni del diritto euro-unitario. Inoltre, con il Documento illustrativo e il Vademecum (pubblicati in data 9.4.2020) l'ANAC aveva inteso chiarire che le SA dispongono già ordinariamente delle previsioni del Codice che consentono l'accelerazione e la semplificazione nello svolgimento delle procedure di gara.
Preso atto delle diverse soluzioni adottate nel c.d. decreto semplificazioni l'Autorità ha analizzato le disposizioni in materia di contratti pubblici, evidenziandone le criticità. Di seguito si intende dare conto di quelle più rilevanti. Le osservazioni sulla disciplina prevista per le procedure sotto-soglia
In merito a quanto previsto dall'art. 1 per le procedure sotto-soglia, l'Autorità ha rilevato che se, da un lato, può essere accolto con favore il temporaneo accantonamento della procedura di cui all'art. 36 comma 2, lett. b) (tenuto conto anche dei diversi problemi interpretativi causati dalla disposizione)[1]; dall'altro va accolta con più prudenza la decisione di occupare lo spazio lasciato vuoto dalla procedura negoziata semplificata espandendo la soglia dell'affidamento diretto “puro” (dal limite dei 40.000 euro dell'art. 36, comma 2, lett. a) a quello di 150.000 euro).
L'assetto temporaneo delineato da questo primo articolo, a detta dell'Autorità, andrebbe verificato “al fine di un adeguato bilanciamento tra l'apertura alla concorrenza e l'efficienza dell'azione amministrativa”. Pur convenendo sul fatto che regole improntate ai principi di trasparenza e competitività obbligano le stazioni appaltanti al rispetto di passaggi procedimentali rigidi, sia sotto il profilo delle tempistiche che degli obblighi di pubblicità, l'Autorità sottolinea che è proprio, “nella tensione tra legalità, concorrenza ed efficienza, che è necessario trovare - anche in una situazione di eccezionale gravità quale quella presente - un punto di equilibrio che salvaguardi la trasparenza dell'azione dell'amministrazione e un livello minimo di confronto con il mercato”.
A tal fine viene fatto presente che nel 2019 la fascia di procedure comprese fra 40.000 e 150.000 ha rappresentato il 54% del totale e che pertanto oltre la metà di esse, con la modifica normativa prevista, sarebbero sottratte a un confronto concorrenziale.
Viene quindi ricordato che “in fasi complesse e decisive come questa per la vita del Paese non si può abbassare la guardia nella lotta ai fenomeni corruttivi, ma occorre garantire l'efficienza della spesa pubblica e stimolare la competitività tra gli operatori economici quale volano di ripresa e rilancio dell'economia”.
Ciò potrebbe essere possibile dando una lettura della disciplina in deroga che tenga conto del contesto normativo in cui è inserita, a partire dal comma 1 dell'art. 36 del Codice, non inciso dalla deroga, che sancisce, anche negli affidamenti sotto soglia, il necessario rispetto, oltre che del principio di rotazione, dei principi di cui all'art. 30, comma 1 (economicità, efficacia, tempestività, correttezza, ma anche libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità e pubblicità), principi che come noto sono di diretta applicazione dei principi europei.
Fatte tali considerazioni generali, vengono poi analizzate le singole previsioni contenute nell'art. 1. Si richiamano, in particolare, quelle inerenti all'affidamento diretto e alla procedura negoziata.
In merito alla prima procedura (comma 3) viene evidenziato che:
In merito alla procedura negoziata (comma 2 lett.b)):
Ulteriore rilievo viene fatto in merito alla possibilità o meno delle stazioni appaltanti (dapprima espressamente riconosciuta dall'art. 36, comma 2, del Codice) di ricorrere, nell'esercizio della propria discrezionalità, alle procedure ordinarie, ivi compresa quella ristretta, anziché a quelle semplificate introdotte dal decreto, qualora le esigenze del mercato suggeriscano di assicurare il massimo confronto concorrenziale.
Al riguardo, l'Autorità osserva che, sebbene l'art. 2 del decreto non abbia fatto salva la richiamata facoltà, la perdurante applicabilità dei principi di cui all'art. 30, comma 1, c.c.p., induce a ritenere che il regime in deroga non abbia privato, pur nella situazione eccezionale creatasi a seguito delle misure di contenimento e dell'emergenza sanitaria globale, le stazioni appaltanti della possibilità di ricorrere a soluzioni aperte alla più ampia concorrenza qualora appaiano le più idonee a soddisfare il proprio fabbisogno. Viene quindi suggerito di inserire un riferimento espresso alla possibilità per le stazioni appaltanti di ricorrere alle procedure ordinarie, previa adeguata motivazione.
Vengono fatte poi alcune considerazioni in merito alla scelta dei criteri di aggiudicazione. Tra queste, vi è la precisazione che nonostante la confermata equiparazione tra il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa e quello del prezzo più basso (e la possibilità di scelta discrezionale tra i due), non v'è dubbio che, “pur nella condivisibile esigenza di semplificare temporaneamente gli affidamenti, consentire alle stazione appalti l'utilizzo del criterio del minor prezzo per l'affidamento di servizi ad alta componente di manodopera o caratterizzati da un notevole contenuto tecnologico o aventi carattere innovativo (ex art. 95, comma 3-bis introdotto dallo “Sblocca-Cantieri”) rischia di dare vita ad affidamenti al ribasso giocati sull'abbattimento del costo del lavoro o di svilire il contenuto tecnologico della commessa”. [1] In particolare, viene precisato che l'ambigua formulazione era già stata censurata dall'Autorità al momento della sua introduzione ad opera dello “Sblocca Cantieri” e che le diverse difficoltà interpretative hanno costretto l'Autorità a ribadirne, anche recentemente, la natura di procedura negoziata, ancorché semplificata, da tenere distinta dall'affidamento diretto “puro” previsto alla lettera a) del comma 2 dell'art. 36. Viene inoltre positivamente evidenziato lo sfoltimento delle tipologie di affidamento, che passano da quattro (affidamento diretto, l'affidamento diretto previa consultazione del mercato, procedura negoziata senza pubblicazione di bando, procedura aperta) a due, affidamento diretto e procedura negoziata senza pubblicazione di bando. Le osservazioni sulla disciplina prevista per le procedure sopra-soglia
In merito alle disposizioni previste dal decreto (art. 2) per le procedure sopra-soglia, l'Autorità ha evidenziato quanto segue.
Si tratta, a detta dell'Autorità, di una disposizione che, pur condivisibile, si presta a margini interpretativi piuttosto ampi. La generica correlazione dell'estrema urgenza agli effetti della pandemia in corso, potrebbe consentire un ricorso diffuso alla procedura negoziata senza bando, lasciando un ambito di discrezionalità molto significativo in capo alle stazioni appaltanti sui casi in cui possono ritenersi sussistenti i predetti caratteri dell'estrema urgenza. La stazione appaltante in tal caso dovrebbe comunque fornire adeguata motivazione in ordine all'impossibilità di rispettare i termini (già ridotti) delle procedure diverse da quella negoziata senza bando. Così formulata la disposizione rischia di presentare dei profili di criticità e di non coerenza anche con gli indirizzi forniti dalla Commissione europea in relazione all'emergenza sanitaria in corso[1].
In termini generali viene osservato poi che il ricorso alla procedura negoziata senza bando per ragioni di urgenza è già contemplato nell'art. 63, comma 2, lett. c) c.c.p. Pertanto, a detta dell'Autorità, ai fini perseguiti dal decreto, sarebbe stato sufficiente, come proposto anche dall'Autorità stessa, fare rinvio alle previsioni già presenti nel Codice senza operare una deroga ad una norma già chiara, come quella dell'art. 63, che nella sostanza consente alle stazioni appaltanti di ricorrere alla procedura negoziata in tutti i casi in cui possono ritenersi sussistenti ragioni di estrema urgenza non imputabili alle stazioni appaltanti. Va infine ricordato che, anche al fine di non incorrere in procedure di infrazione comunitaria, la norma che consente un così ampio ricorso alle procedure di urgenza, deve restare limitata nel tempo. A tal proposito viene anche consigliato di valutare la previsione di un termine più breve del 31 luglio 2021.
[1] L'Autorità precisa che nella Comunicazione 2020/C 108 I/01 la Commissione, in relazione alla possibilità di ricorrere alla procedura negoziata senza bando (par. 2.3) ha evidenziato che «Poiché le amministrazioni aggiudicatrici derogano in questo caso al principio fondamentale della trasparenza sancito dal trattato, la Corte di giustizia esige che il ricorso a questa procedura rimanga eccezionale. Tutte le condizioni devono essere soddisfatte cumulativamente e interpretate in senso (cfr ad esempio le cause C275/08, Commissione/Germania e C352-12, Consiglio Nazionale degli ingegneri). Una «procedura negoziata senza previa pubblicazione» consente alle amministrazioni aggiudicatrici di negoziare direttamente con i potenziali contraenti; l'aggiudicazione diretta a un operatore economico preselezionato rimane l'eccezione ed è applicabile se solo un'impresa è in grado di fornire i risultati richiesti nel rispetto dei vincoli tecnici e temporali imposti dall'estrema urgenza. Ogni amministrazione aggiudicatrice dovrà valutare se siano soddisfatte le condizioni per il ricorso a tale «procedura negoziata senza previa pubblicazione» e dovrà giustificare la scelta di detta procedura in una relazione unica (19). Nella valutazione individuale di ogni singolo caso devono essere soddisfatti i criteri cumulativi illustrati qui di seguito (…)». [2] Con particolare riferimento alla disciplina europea richiamata, l'Autorità rileva che la scelta di indicare espressamente anche le direttive (quantomeno la 24/2014/Ue e la 25/2014/Ue) consegna alle stazioni appaltanti che opereranno ai sensi del comma 4 una disciplina complessa che viene così descritta: “Le direttive, infatti, accanto a disposizioni obbligatorie, contengono previsioni la cui attuazione, negli ordinamenti nazionali, è rimessa alla discrezionalità dei singoli Stati membri e che tuttavia per la loro rilevanza nella definizione del corretto iter procedurale non possono non ritenersi parimenti inderogabili. Per tali ultime disposizioni, quindi, il diritto nazionale ha previsto una disciplina particolare che non trova riscontro nella direttiva. Si pensi ad esempio ad alcune cause di esclusione previste dall'articolo 80 del Codice (divieti di contrarre con la pubblica amministrazione, annotazioni nel casellario, violazione del divieto di intestazione fiduciaria, violazione delle norme sul lavoro dei disabili o in materia di salute e sicurezza sul lavoro, condanna per i reati di cui al comma 5, lett. l), situazioni di controllo tra partecipanti alla medesima gara, pantouflage) oppure al sistema di qualificazione degli operatori economici per i lavori di importi superiori a 150.000, oppure ancora si pensi, nella delicata materia della risoluzione del contratto, alla differenza tra l'art. 73 della direttiva 24/2014/Ue che detta indicazioni generali rivolte agli Stati membri e l'art. 108 d.lgs. 50/2016 che invece articola puntualmente le ipotesi di risoluzione rappresentando una guida diretta per le stazioni appaltanti. Per tali ipotesi dovrebbe operare la disapplicazione prevista dal comma 4 dell'articolo 2 del decreto in esame, con conseguente creazione di un vuoto normativo da colmare a cura dell'interprete. Tale possibilità potrebbe generare comportamenti disomogenei da parte delle stazioni appaltanti e occasioni di contenzioso. Pertanto, mentre per i contratti affidati ai sensi del comma 3 resta quantomeno indicato il tipo di procedura da utilizzare (art. 63, art. 125, come accadeva nel ‘decreto Genova' che quanto a modalità di affidamento richiamava il corrispondente art. 32 della direttiva 24/2014/Ue), le stazioni appaltanti che opereranno nei settori indicati dal comma 4 dovranno applicare le direttive a partire dalla scelta della procedura che, in assenza di motivate ragioni in concreto, non potrà essere sempre la procedura negoziata senza bando. Al riguardo si osserva che l'art. 26 della direttiva 24/2014/Ue - che dispone in materia di scelta della procedura - contiene un rinvio alla normativa nazionale (“ nell'aggiudicazione di appalti pubblici, le amministrazioni aggiudicatrici applicano le procedure nazionali adattate in modo da essere conformi alla presente direttiva ”) il che da un punto di vista applicativo determina una reviviscenza delle disposizioni della legge nazionale che proprio il comma 4 parrebbe voler derogare. Tale lettura, peraltro, potrebbe trovare una conferma nel testo dello stesso comma 4 che dispone la deroga “ per quanto non espressamente indicato dal presente articolo ”. Questo inciso consentirebbe, infatti, di ritenere applicabili ai settori del comma 4 le disposizioni del comma 2 che in materia di affidamento rinviano al d.lgs. 50/2016. Tale previsione, infatti, fa salva solo l'applicabilità del comma 3. Quello che dunque si ricava alla luce di una interpretazione sistematica delle disposizioni del comma 4 è che per quanto attiene alla fase della scelta della procedura, non si verte, in effetti, in un regime di deroga (fatta sempre salva la possibilità di operare con motivata urgenza ai sensi del precedente comma 3, anche nei settori di cui al comma 4). Tale aspetto, tuttavia, non è immediatamente intuibile dalla lettura della disposizione che dà l'idea di voler andare invece nella direzione opposta”. Le precisazioni in merito alla disciplina anitmafia
Con riferimento alle semplificazioni introdotte in merito alle verifiche antimafia (art. 3) l'Autorità valuta con interesse la scelta del legislatore di prevedere una clausola di salvaguardia che consente di effettuare gli accertamenti non solo mediante consultazione della banca dati nazionale unica della documentazione antimafia ma anche mediante acquisizione delle informazioni presenti sulle ulteriori banche dati disponibili. Tuttavia, viene evidenziato che la norma non chiarisce le modalità di acquisizione di tali informazioni. Peraltro, l'Autorità segnala che l'informativa liberatoria provvisoria non è acquisibile attraverso AVCPass e non sono disponibili servizi di interoperabilità che ne consentano l'acquisizione automatica da parte delle stazioni appaltanti attraverso AVCPass. Viene suggerita anche qui, al fine di garantire l'effettività e la tempestività dei controlli, di rivedere l'attuale formulazione della disposizione. In merito alla disciplina prevista dall'art. 5 sulla sospensione dell'esecuzione dell'opera, l'Autorità rileva, inter alia, quanto segue.
In particolare, in merito alla risoluzione del rapporto (prevista dal comma 4 dell'art. 5), la norma lascerebbe alla stazione appaltante (supportata dal collegio tecnico consultivo), la valutazione circa l'opportunità di attendere la soluzione del problema che ha determinato la sospensione oppure di risolvere il rapporto proseguendo l'opera in modo diverso (in via diretta, con scorrimento della graduatoria, mediante nuova gara o mediante il coinvolgimento di un commissario straordinario). La norma, a detta dell'Autorità, sarebbe chiaramente volta a superare eventuali stasi dell'esecuzione, “stabilendo in via preventiva una sostanziale prevalenza dell'interesse pubblico alla prosecuzione dell'opera, rispetto alle esigenze economiche dell'appaltatore; peraltro il RUP risulterebbe alleggerito dalle connesse responsabilità, ove osservi il parere del collegio tecnico consultivo (ai sensi dell'art. 6 co. 3, 2° periodo, d.l. 76/2020), che è sostanzialmente sempre coinvolto”. Inoltre, tra le modalità alternative che la stazione appaltante può adottare in conseguenza della risoluzione, è previsto l'interpello dei concorrenti collocatisi utilmente in graduatoria, con affidamento del contratto alle condizioni da questi proposte (art. 5, comma 4, lett. b, d.l. 76/2020), e non alle condizioni già proposte dall'originario aggiudicatario in sede in offerta (art. 110 co. 2 d.lgs. 50/2016). L'Autorità ritiene che tale previsione, se da un lato facilita la disponibilità del candidato ad accettare la sottoscrizione del contratto, dall'altro potrebbe produrre un aumento dei costi a carico dell'amministrazione che il codice, in via ordinaria, aveva voluto evitare prevedendo, appunto, l'affidamento al prezzo offerto dall'aggiudicatario originario. Diverse osservazioni vengono fatte in merito all'introduzione del Collegio consultivo tecnico ad opera dell'art. 6 del decreto (di seguito anche solo CTT).
In linea generale l'Autorità evidenzia che tale disposizione risulta tesa ad introdurre nel nostro ordinamento uno strumento di risoluzione alternativa delle controversie modellato sulla figura del DisputeBoard conosciuto dall'esperienza della contrattualistica internazionale. Tuttavia, la disciplina contenuta nel decreto semplificazioni reca alcuni elementi che portano la disciplina stessa a discostarsi in più punti da questi modelli nazionali e internazionali, a cominciare dalla possibile obbligatorietà dell'impianto dell'organismo.
[1] I componenti del collegio (tre o cinque membri) possono essere nominati d'accordo tra le parti, ma anche separatamente da ciascuna parte (e quindi rispettivamente nel numero di uno o due, senza necessità di approvazione di controparte), così come il terzo o quinto membro può essere nominato d'accordo tra i membri nominati dalle parti, ma anche, in caso di disaccordo, dal MIT o dall'ente territoriale competente per l'opera interessata (comma 2). Altro aspetto della disciplina su cui l'Autorità ha ritenuto opportuno compiere alcuni rilievi è quella dell'art. 9 sui Commissari straordinari.
Sul punto l'ANAC ribadisce in maniera ferma la propria contrarietà all'utilizzo della figura del Commissario in maniera generalizzata, in quanto la presenza dello stesso – quale soggetto unico nella gestione delle procedure di gara - non consente alle stazioni appaltanti di raggiungere livelli di competenza professionale adeguate per lo svolgimento della gestione in autonomia delle procedure di gara. Il rischio è, anche in questo caso, la creazione di una sorta di amministrazione parallela. Per contro, ben potrebbe essere utilizzata questa figura per lo svolgimento di un'attività di coordinamento amministrativo nonché per tutte le attività strategiche e, quindi, prodromiche alle procedure di gara.
L'Autorità fa presente quindi che ove il legislatore intendesse mantenere questa previsione, l'Autorità raccomanda con forza che il Commissario, qualora destinatario di funzioni di gestione delle procedure di affidamento, si debba sempre avvalere di SA qualificate. |