È responsabile il condominio per i danni derivanti dal crollo del muro posto a contenimento del terrapieno del fondo vicino

Gianluigi Frugoni
18 Agosto 2020

Il Tribunale di Roma pare discostarsi dalla giurisprudenza maggioritaria secondo la quale un muro che fa da contenimento e recinzione ad un giardino di proprietà esclusiva, pur inserito nella struttura del complesso immobiliare, non può, di per sé, ritenersi incluso fra le parti comuni, ai sensi dell'art. 1117 c.c., con le relative conseguenze in ordine all'onere delle spese di riparazione, atteso che tale bene, per sua natura, è destinato a svolgere funzione di contenimento di quel giardino.
Massima

Il muro di sostegno che assolve alla funzione di contenimento del terrapieno a monte venutosi a creare per effetto della costruzione a valle del vicino edificio in condominio, deve ritenersi concepito a protezione di quest'ultimo e, pertanto, inserito nel suo complessivo muro perimetrale. Dei danni derivanti dal crollo del predetto muro risponde pertanto il condominio ai sensi degli artt. 2051 e 1172 c.c., quale custode, ancorchè i danni siano imputabili a vizi edificatori dello stabile, comportanti la concorrente responsabilità del costruttore- venditore, ai sensi dell'art. 1669 c.c., non potendosi equiparare i difetti originari dell'immobile al caso fortuito, che costituisce l'unica causa di esonero del custode dalla responsabilità ex art. 2051 c.c.

Il caso

Due fondi confinanti posti in un centro abitato sono situati ad una diversa altezza.

Dal fondo superiore posseduto da Caio ma di proprietà di una comunione ereditaria, si diparte un muro che fa da contenimento al terrapieno. Il muro si estende sino a valle ove si trova il fondo inferiore di proprietà di Sempronia adibito a giardino.

A fianco del giardino si trova un palazzo condominiale nel quale a piano terra sono situati gli appartamenti di Sempronia e Mevio.

A seguito del parziale crollo del muro, Mevio, sostenendo di aver subito dei danni al suo appartamento, ha convenuto avanti il Tribunale di Roma Sempronia e Tizio con l'azione di danno temuto ex art. 1172 c.c. ritenendoli responsabili del pregiudizio arrecato.

Il Tribunale, nella fase sommaria, ha ordinato in via cautelare a Sempronia di provvedere al ripristino.

Quest'ultima ha proposto reclamo ed il Collegio ha ordinato l'integrazione del contraddittorio nei confronti del condominio e disposto una consulenza tecnica.

Secondo l'accertamento tecnico compiuto, il muro è risultato costruito a protezione del palazzo posto sul fondo inferiore ed inserito strutturalmente nelle mura perimetrali del condominio.

Pertanto, il Collegio, riformando il provvedimento assunto nella precedente fase, ha ordinato al terzo chiamato di ricostruire il muro nel segmento interessato dal cedimento.

Il condominio ha adempiuto all'ordine provvedendo a ricostruire il muro a sue spese ed ha introdotto la fase di merito chiamando in causa anche i membri della comunione ereditaria, proprietari del fondo più elevato eccependo la propria carenza di legittimazione passiva sostenendo che il muro, trovandosi al confine delle due particelle poste a diversa altezza, rispettivamente di proprietà della comunione e di Sempronia, dovesse considerarsi in comproprietà tra di loro.

Ha chiesto conseguentemente che il Tribunale accertasse chi fosse l'effettivo proprietario del muro affinchè fosse condannato a rimborsare le spese sostenute per il ripristino.

In causa è poi emersa la circostanza che il defunto Nevio, originariamente proprietario del fondo a monte, ne aveva alienato una parte a tale Simplicio il quale aveva effettuato uno sbancamento sulla particella acquistata per realizzarvi ad una quota più bassa il palazzo condominiale.

E' stata convenuta nella fase di merito anche la compagnia assicuratrice del condominio nei confronti della quale il condominio ha esercitato domanda di manleva.

La questione

La questione attiene all'individuazione del soggetto responsabile del crollo del muro e, in particolare, del soggetto cui incombe il dovere di custodia previsto dall'art. 2051 c.c.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale di Roma, senza affrontare con una pronuncia dichiarativa le complesse questioni inerenti la proprietà del muro, ha ritenuto coerenti le osservazioni del C.T.U. secondo il quale il muro crollato era stato concepito a contenimento del terreno posto a monte ed a protezione dell'immobile condominiale posto a valle, stante il fatto che il dislivello di circa 4 metri si era venuto a creare per effetto dello sbancamento effettuato proprio per edificare il palazzo.

Secondo il perito, il segmento oggetto di cedimento è conseguentemente strutturalmente inserito nel complessivo muro perimetrale del condominio, considerato anche che in origine, il giardino posto a valle, ora di proprietà di Sempronia,dal quale si diparte, costituiva una parte comune del condominio, il quale successivamente l'aveva alienato alla stessa, appunto, in proprietà esclusiva,

Sulla scorta di tali risultanze tecniche, il Collegio, ritenuto che il muro sia una parte comune dell'edificio in condominio, ha dichiarato che spetti a quest'ultimo provvedere, quale custode ai sensi dell'art. 2051 c.c., ad eliminare le caratteristiche dannose della cosa.

Secondo il Tribunale di Roma è il condominio a rispondere, ancorchè i danni siano imputabili a vizi edificatori dello stabile, comportanti la concorrente responsabilità del costruttore - venditore, ai sensi dell'art. 1669 c.c., non potendosi equiparare i difetti originari dell'immobile al caso fortuito, che costituisce l'unica causa di esonero del custode dalla responsabilità di cui all'art. 2051 c.c.

Quanto agli asseriti danni subiti dai proprietari degli appartamenti siti nel palazzo condominiale, si è accertato che essi erano insussistenti per carenza di supporto probatorio.

Infine, quanto al rapporto tra condominio ed assicurazione, il Tribunale ha rilevato che l'evento non risultava coperto dalla polizza contrattuale.

Conseguentemente tutte le domande proposte sono state rigettate.

Osservazioni

La decisione in esame offre vari spunti di approfondimento.

Anzitutto, è bene ricordare che la responsabilità del custode di cui all'art. 2051 c.c. si fonda sulla particolare relazione tra un soggetto e la res che si manifesta con il potere di escludere qualsiasi terzo dall'ingerire sulla cosa nel momento in cui si è prodotto il danno. E' l'espressione “governo della cosa” a qualificare la custodia stessa, concretizzandosi nella “disponibilità immediata sulla cosa”, come disponibilità di fatto.

La disposizione de qua non si riferisce alla custodia nel senso contrattuale del termine, bensì ad un “effettivo potere fisico” sulla cosa, che implica il dovere di custodire la stessa, cioè di vigilarla e di mantenerne il controllo, in modo da impedire che, per sua natura o per particolari contingenze, produca danni (Cass. civ.,sez. III, 10 febbraio 2003,n. 1948).

In tali termini, la relazione di custodia è meramente fattuale e prescinde dal titolo in forza del quale il potere viene esercitato, potendo esso essere manifestato non solo dal proprietario ma anche dal possessore o dal semplice detentore.

Il Tribunale di Roma non pare, tuttavia, aver affrontato la vicenda rigorosamente sul terreno della relazione di fatto, essendosi spinto anche sul piano petitorio, indagando sulla destinazione del muro, ovvero sui presupposti di applicazione dell'art. 1117 c.c.

Ha così affermato che nella fattispecie il condominio si deve considerare custode perché il muro è stato strutturalmente concepito e destinato a sua protezione e quindi inserito nelle mura perimetrali comuni.

La pronuncia è stata emessa nei confronti del condominio ma, investendo l'accertamento sulla comproprietà del bene, si pone il dubbio che dovesse però essere emessa nei confronti di tutti i condomini.

La domanda di accertamento negativo inerente l'inesistenza del rapporto di condominialità ex art. 1117 c.c., in effetti, non andrebbe proposta dall'amministratore del condominio e la contraria pronuncia imporrebbe, piuttosto, la partecipazione, quali legittimati passivi, di tutti i condomini, in una situazione di litisconsorzio necessario (Cass. civ., sez. VI, 21 febbraio 2020, n.4697).

Va anche evidenziato che, quando viene proposta un'azione diretta alla demolizione, al ripristino, o comunque al mutamento dello stato di fatto di parti comuni dell'edificio, essa dovrebbe essere proposta nei confronti di tutti i partecipanti al condominio, quali litisconsorti necessari (Cass. civ., sez. II, 14 dicembre 2017, n.3007).

Altro aspetto non meno spinoso è quello sull'accertamento della funzione del muro che la pronuncia identifica nella protezione al fabbricato condominiale ritenendo che il manufatto sia stato eretto per evitare che il terrapieno del fondo confinante potesse franare a valle.

Tale destinazione pare, tuttavia, porsi in contrasto con i principi già enucleati dalla Suprema Corte in tema di muri posti a contenimento di giardini.

In alcune pronunce, si è infatti ritenuto che i muri in questione sono destinati ad assolvere ad un'utilità del proprietario esclusivo del giardino e non di tutti i condomini.

Si segnala Cass. civ., sez. VI, 12 settembre 2018, n.22155 (conforme Trib. Roma 19 ottobre 2010, n. 20572, su un muro di sostegno di un giardino esclusivo) secondo la quale un muro di recinzione e delimitazione di un giardino di proprietà esclusiva, pur inserito nella struttura del complesso immobiliare, non può di per sé ritenersi incluso fra le parti comuni, ai sensi dell'art. 1117 c.c., con le relative conseguenze in ordine all'onere delle spese di riparazione, atteso che tale bene, per sua natura destinato a svolgere funzione di contenimento di quel giardino e, quindi, a tutelare gli interessi del suo proprietario, può essere compreso fra le indicate cose condominiali solo ove ne risulti obiettivamente la diversa destinazione al necessario uso comune.

Non da meno la conclusione appare non convincente se si considera che in causa è emerso che il giardino posto in mezzo tra il muro, da una parte, ed il palazzo condominiale, dall'altra, solo un tempo era corte comune, ma successivamente era stato trasferito dal condominio stesso in proprietà esclusiva alla condomina Sempronia, per cui la funzione di protezione non sarebbe più rivolta al condominio, bensì all'antistante giardino di proprietà esclusiva.

La vicenda poteva peraltro risolversi con la stessa conclusione adottata se si fosse considerato anche l'art. 887 c.c. nella interpretazione ad esso data dalla Suprema Corte, circa l'onere delle spese di conservazione dei muri di separazione di fondi vicini posti ad una diversa altezza.

Secondo Cass. civ., sez. III, 11 giugno 2007, n.13685, relativamente ai fondi c.d. a dislivello, la disciplina prevista dall'art. 887 c.c., in tema di regime delle spese relative al muro di confine, non trova applicazione quando la creazione di un dislivello ex novo sia opera del proprietario del fondo inferiore, allo scopo di realizzare una struttura necessaria, o anche solo utile, per il proprio fondo, incombendo su quest'ultimo, in tal caso, l'onere della manutenzione del muro di sostegno della scarpata da lui stesso creata.

Sui rapporti tra l'art. 2051 e l'art. 1669 c.c. la pronuncia è invece assolutamente in linea con i principi esposti da Cass. civ., sez. VI, 9 novembre 2017, n.26533 secondo la quale il vizio costruttivo del bene imputabile al terzo costruttore non integra il caso fortuito e non vale a escludere la responsabilità del custode ex art. 2051 c.c.

Guida all'approfondimento

Celeste, Muri, in Condominioelocazione.it, 8 settembre 2017;

Nasini, La responsabilità da cose in custodia e gli obblighi di locatore e conduttore, in Immob. & diritto, 2007, fasc. 7, 55;

Salvati, La responsabilità da cose in custodia, Milano, 2012;

Maglia, I muri condominiali, in Arch. loc. e cond., 1994, 429;

Pugliese, Proprietà dei muri negli edifici in condominio: vale il principio dell'accessione?, in Arch. loc. e cond., 2006, 294.

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