Guida in stato di ebbrezza, estinzione per lavoro di pubblica utilità e certificato del casellario giudiziale

26 Agosto 2020

È costituzionalmente illegittimo l'art. 24 d.P.R. 14/11/2002 n. 313, nella parte in cui non prevede che nel certificato del casellario giudiziale richiesto dall'interessato non siano riportate le iscrizioni della sentenza di condanna per uno dei reati di cui all'art. 186 c.d.s. che sia stato dichiarato estinto in seguito al positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, nonché dell'ordinanza che dichiara l'estinzione del reato medesimo ai sensi dell'art. 186, comma 9-bis, c.d.s.

È costituzionalmente illegittimo l'art. 24 d.P.R. 14/11/2002 n. 313, nella parte in cui non prevede che nel certificato del casellario giudiziale richiesto dall'interessato non siano riportate le iscrizioni della sentenza di condanna per uno dei reati di cui all'art. 186 c.d.s. che sia stato dichiarato estinto in seguito al positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, nonché dell'ordinanza che dichiara l'estinzione del reato medesimo ai sensi dell'art. 186, comma 9-bis, c.d.s.

Lo ha stabilito la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 179/20, depositata in cancelleria il 30 luglio.

La I Sezione penale della Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sul ricorso proposto avverso il provvedimento con cui il Tribunale, quale giudice del casellario ex art. 40 d.P.R. 14/11/2002 n. 313 (T.U. casellario giudiziale), aveva rigettato l'istanza di cancellazione dai certificati generale e penale del casellario di una sentenza pronunciata per il reato di guida sotto l'influenza dell'alcool dichiarato estinto all'esito dello svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilità (L.P.U.), ai sensi del comma 9-bis dell'art. 186 c.d.s., preso atto che l'iscrizione de qua è imposta dall'art. 3 T.U., e che la stessa non compare nell'elencazione (tassativa) dei provvedimenti esclusi, ai sensi degli artt. 24 e 25 T.U., dalle certificazioni rilasciate a richiesta dell'interessato, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dei citati artt. 24 e 25, per contrasto con gli artt. 3 e 27 c. 3 della Costituzione.

La Sezione rimettente lamenta: la disparità di trattamento tra chi si avvalga della pena sostitutiva del L.P.U. per estinguere il reato di cui all'art. 186 c.d.s. e chi, aderendo ai procedimenti speciali, benefici della non menzione dei relativi provvedimenti nei certificati richiesti dai privati; l'irragionevolezza dell'esclusione del beneficio della non menzione dei provvedimenti di cui all'art. 186, comma 9-bis, c.d.s., considerata la non menzione, nei certificati del casellario, delle condanne per le quali sia stata pronunciata riabilitazione; l'irragionevole disparità di trattamento in riferimento alla previsione della non menzione delle condanne per reati estinti a norma dell'art. 167 c. 1 c.p., in seguito al decorso del termine di osservazione che consegue alla sospensione condizionale della pena.

Anche il Tribunale di Napoli, con argomentazioni similari, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dei medesimi artt. 24 e 25 T.U.

La Consulta, riuniti i giudizi, rilevato che, medio tempore, il d.lgs. 2/10/2018 n. 122 ha unificato in un solo «certificato del casellario giudiziale richiesto dall'interessato», il certificato generale, di cui al previgente art. 24 T.U., e il certificato penale, di cui al previgente art. 25 T.U. (abrogato), osservato che tali modifiche non hanno inciso sul punto oggetto delle censure, ha ritenuto le questioni fondate.

Con la sentenza n. 231/2018 il Giudice delle leggi aveva ritenuto lesiva dell'art. 3 Cost. l'omessa previsione della non menzione dei provvedimenti relativi alla messa alla prova (M.A.P.) nei certificati del casellario richiesti da privati, in quanto idonea a comportare un trattamento deteriore dei soggetti che beneficiano di questi provvedimenti, orientati anche a una finalità deflattiva con correlativi risvolti premiali per l'imputato, rispetto a coloro che beneficiano della non menzione dei relativi provvedimenti nei certificati richiesti da privati.

Secondo la Corte Costituzionale tali considerazioni valgono anche rispetto al L.P.U., disposto quale sanzione sostitutiva per la contravvenzione di cui all'art. 186 c.d.s., che - al pari della M.A.P. - comporta un percorso che implica lo svolgimento di un'attività in favore della collettività, e dunque esprime una meritevolezza maggiore - in caso di svolgimento positivo dell'attività - rispetto a quella espressa da chi si limiti a concordare la pena con il pubblico ministero, ovvero non si opponga al decreto penale di condanna, beneficiando per ciò stesso della non menzione nei certificati del casellario richiesti dai privati. L'irragionevole disparità di trattamento è ulteriormente aggravata dal fatto che, in questi casi, l'interessato non ha nemmeno la possibilità di ottenere la non menzione per effetto della riabilitazione, per definizione esclusa nel momento in cui il reato sia estinto.

Le questioni risultano fondate anche con riferimento all'art. 27, comma 3, Cost.: una volta che il reato si sia estinto per effetto del positivo svolgimento del L.P.U., che testimonia il percorso rieducativo compiuto dal condannato, la menzione nei certificati del casellario richiesti dall'interessato contrasterebbe con la ratio della stessa dichiarazione di estinzione del reato, che comporta normalmente l'esclusione di ogni effetto pregiudizievole - anche in termini reputazionali - a carico di colui al quale il fatto di reato sia stato ascritto.

La menzione della condanna per il reato ormai estinto finirebbe, infatti, per creare prevedibili difficoltà nell'accesso a nuove opportunità lavorative, senza che ciò possa ritenersi giustificato da ragioni plausibili di tutela di controinteressi costituzionalmente rilevanti.

Analogamente a quanto affermato per la M.A.P., infatti, anche in questo caso l'esigenza di garantire che la sanzione sostitutiva del L.P.U. non sia concessa più di una volta (ex art. 186 comma 9-bis, ultimo periodo, c.d.s.) e che in caso di recidiva nel biennio sia revocata la patente (ex art. 186 c. 2 lett. c) c.d.s.) risulta soddisfatta dall'obbligo di iscrizione dei provvedimenti in questione e della loro menzione nel certificato “ad uso del giudice”.

Per tali motivi, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 24 T.U., nella parte in cui non prevede - tanto nella versione antecedente, quanto in quella successiva alle modifiche recate dal d.lgs. 122/2018 - che nel certificato del casellario giudiziale richiesto dall'interessato non siano riportate le iscrizioni della sentenza di condanna per uno dei reati di cui all'art. 186 c.d.s. che sia stato dichiarato estinto in seguito al positivo svolgimento del L.P.U., nonché dell'ordinanza che dichiara l'estinzione del reato medesimo ai sensi dell'art. 186, comma 9-bis, c.d.s. e dell'art. 25 T.U., nel testo in vigore anteriormente alla sua abrogazione a opera del d.lgs. 122/2018, nella parte in cui non prevede che nel certificato penale del casellario giudiziale richiesto dall'interessato non siano riportate le iscrizioni della sentenza di condanna per uno dei reati di cui all'art. 186 c.d.s. che sia stato dichiarato estinto in seguito al positivo svolgimento del L.P.U., nonché dell'ordinanza che dichiara l'estinzione del reato medesimo ai sensi dell'art. 186, comma 9-bis, c.d.s.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.