Difetto di rappresentanza

31 Agosto 2020

A norma dell'art. 182, comma 2, c.p.c., il giudice è tenuto - ove rilevi un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore - a provvedere alla sanatoria di tale vizio.
Il quadro normativo

A norma dell'art. 182, comma 2, c.p.c., il giudice è tenuto - ove rilevi un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore - a provvedere alla sanatoria di tale vizio, dovendosi equiparare la nullità della procura ad litem al difetto di rappresentanza processuale (Cass. civ., Sez. Un., 22 dicembre 2011, n. 28337).

In dottrina, si affermava che il potere del giudice istruttore di concedere il termine per la sanatoria dei difetti di rappresentanza, assistenza e autorizzazione avesse carattere discrezionale ed il suo mancato esercizio fosse insindacabile in sede di legittimità (Marengo, La discrezionalità del giudice civile, Torino, 1996, 94). In senso analogo si esprimeva la giurisprudenza, secondo cui il potere del giudice di invitare le parti a completare o a regolamentare gli atti e i documenti che riconosce difettosi era discrezionale, e quindi di non obbligatoria osservazione; a tal fine, il giudice concedeva un termine per la costituzione della persona alla quale spettava la rappresentanza o l'assistenza o per il rilascio delle necessarie autorizzazioni (Cass. civ. 27 giugno 2003, n. 10219).

Oggi, per effetto della modifica ad opera della legge 18 giugno 2009, n. 69, tali affermazioni devono ritenersi superata in virtù della considerazione che, stando al nuovo art. 182, comma 2, c.p.c. il giudice “assegna un termine alle parti un termine” per la sanatoria del vizio. L'utilizzazione del verbo assegnare al modo indicativo è indice chiaro ed evidente che oggi il giudice non è facultato a concedere il termine di sanatoria, ma è titolare di un vero potere-dovere, allo scopo di permettere che il processo giunga al suo risultato finale emendato da ogni vizio.

Il difetto di rappresentanza. Caratteri generali e casistica

L'art. 182, comma 2, c.p.c., si riferisce sia alla rappresentanza legale e organica sia alla rappresentanza volontaria, non opponendosi a tale interpretazione alcun motivo di ordine sistematico o logico (in tal senso Proto Pisani, Opposizione di terzo ordinaria, Napoli, 1965, 527; Mandrioli, Delle parti e dei difensori, Comm. Utet, I, 2, Torino, 1973, 916; Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, II, Le disposizioni generali, Padova 2004, 21).

Inoltre, l'art. 182, comma 2 si applica non solo nell'eventualità in cui sia omesso il ricorso allo strumento rappresentativo nonostante la sua necessità (come accade allorché si costituisca in giudizio il soggetto incapace), ma anche laddove vi siano dei vizi nel conferimento del potere rappresentativo ed, ancora, nei casi in cui il conferimento del potere rappresentativo manchi del tutto, come accade quando sta in giudizio il c.d. falsus procurator (Tommaseo, Rappresentanza processuale (diritto processuale civile), in EGT, XXV, Roma, 1991, 11).

CASISTICA

L'indicazione, nella procura rilasciata dal sindaco, dell'esistenza di una delibera e dei suoi estremi, deve ritenersi sufficiente ai fini della legittimazione, senza che tale delibera debba essere esaminata, non essendo il giudice tenuto a svolgere di sua iniziativa accertamenti in ordine alla effettiva esistenza della qualità spesa dal rappresentante e dovendo egli solo verificare se il soggetto che ha dichiarato di agire in nome e per conto della persona giuridica abbia anche asserito di farlo in una veste astrattamente idonea ad abilitarlo alla rappresentanza processuale della persona giuridica stessa (Cass. civ. 3 dicembre 2008, n. 28662).

La citazione in giudizio del solo inabilitato, e non anche del suo curatore, integra un'ipotesi di nullità della citazione stessa, ai sensi dell'art. 164 c.p.c., la cui sanatoria, in mancanza di costituzione dell'inabilitato, è disciplinata non dall'art. 182 c.p.c., ma dagli artt. 164 e 156 c.p.c.; qualora la nullità non sia stata sanata nel giudizio di primo grado, la stessa interposizione dell'appello comporta la sanatoria della nullità della citazione, che non esclude però l'invalidità del giudizio di primo grado, svoltosi in violazione del contraddittorio, e la conseguente nullità della sentenza. Il giudice di appello deve perciò dichiararla e, non potendo rimettere la causa al giudice di primo grado, ai sensi dell'art. 354 c.p.c., è tenuto a trattare la causa nel merito, rinnovando gli atti dichiarati nulli, quando possibile e necessario, ai sensi dell'art. 162 c.p.c. (Cass. civ., Sez. Un., 19 aprile 2010, n. 9217).

Con riguardo alla rappresentanza delle persone giuridiche, la persona fisica che ha conferito il mandato al difensore non è tenuta a dimostrare tale sua qualità, neppure nell'ipotesi in cui l'ente si sia costituito in giudizio per mezzo di una persona diversa dal legale rappresentante e l'organo che ha conferito il potere di rappresentanza processuale derivi tale potestà dall'atto costitutivo o dallo Statuto. Ciò perché i terzi possono verificare il potere rappresentativo consultando gli atti soggetti a pubblicità legale, con la conseguenza che spetta a questi dare la prova negativa. Solo se il potere rappresentativo derivi da un atto della persona giuridica non soggetto a pubblicità legale, incombe a chi agisce l'onere di riscontrare l'esistenza di tale potere, purché la contestazione della relativa qualità ad opera della controparte sia tempestiva (Cass. civ. 15 gennaio 2013, n. 798).

Il processo instaurato nei confronti del minore legalmente rappresentato dal genitore esercente la patria potestà prosegue regolarmente nei confronti del rappresentante anche dopo il raggiungimento della maggiore età da parte del rappresentato se il mutamento di stato non venga dal procuratore costituito denunciato alla controparte (Cass. civ. 9 gennaio 2004, n. 116; Cass. civ. 16 gennaio 2004, n. 564, in Gdir 2004, 9, 49), restando escluso, in mancanza di tale dichiarazione, che il difetto di rappresentanza possa essere fatto valere dalla controparte o rilevato d'ufficio dal giudice, ancorché risulti comunque acquisita agli atti la mera notizia dell'evento (Cass. civ. 2 agosto 1990, n. 7709, in Arch. civ., 1991, 179).

Il rilievo del difetto: modalità e termini

L'invito di cui all'art. 182 c.p.c. può essere rivolto dal giudice durante tutto il giudizio di merito, comprese le fasi di impugnazione, per taluni anche a prescindere dalla circostanza che il vizio sia stato già accertato e dichiarato al giudice in una precedente fase del giudizio (in tal senso Cass. civ. 15 novembre 2016, n. 23274; Cass. civ., Sez. Un. 13 aprile 2010, n. 9217; Cass. civ. 14 febbraio 2017, n. 3894. Contra Mandrioli-Carratta, Corso di Diritto processuale civile, II, Torino, 2017, 55, secondo cui il giudice deve rilevare il vizio in prima udienza e comunque non oltre la rimessione in decisione).

La giurisprudenza, invero, precisa che se è vero che la questione relativa al difetto di legittimazione processuale è rilevabile d'ufficio, il suo rilievo va coordinato con l'attuale sistema di preclusioni, in forza del quale l'assenza dei poteri rappresentativi, in primo grado, va contestata non oltre l'udienza di trattazione mentre, in appello, può essere inserita tra i motivi di impugnazione. Ne consegue che, in mancanza di tempestiva censura nel corso dei due predetti momenti processuali e qualora il giudice di merito non abbia ritenuto di chiedere d'ufficio, a una delle parti, la giustificazione dei poteri rappresentativi in capo alla persona che ha rilasciato la procura ad litem, la doglianza non è proponibile per la prima volta con il ricorso per cassazione (Cass. civ. 19 dicembre 2019, n.33769).

Con particolare riferimento al rilievo del vizio nell'ambito del giudizio di cassazione si veda Cass. civ. Sez. Un. 4 marzo 2016, n. 4248, la quale ha sancito che «il difetto di rappresentanza processuale della parte può essere sanato in fase di impugnazione, senza che operino le ordinarie preclusioni istruttorie e, qualora la contestazione avvenga in sede di legittimità, la prova della sussistenza del potere rappresentativo può essere data ai sensi dell'art. 372 c.p.c.; tuttavia, qualora il rilievo del vizio in sede di legittimità non sia officioso ma provenga dalla controparte, l'onere di sanatoria del rappresentato sorge immediatamente non essendovi necessità di assegnare un termine, che non sia motivatamente richiesto, giacché sul rilievo di parte l'avversario è chiamato a contraddire»; sul tema si veda anche Cass. civ. 6 ottobre 2016, n. 20016 secondo la quale nel caso di ricorso per cassazione nell'interesse di un minore, la carenza di potere rappresentativo, cui consegue l'inammissibilità dell'impugnazione rilevabile officiosamente, inerendo alla legittimazione processuale, non può essere superata con l'esercizio del potere previsto, per i gradi di merito, dall'art. 182, comma 2, c.p.c. attesa l'esclusione, in sede di legittimità, di un'attività istruttoria e la necessità di depositare, a pena d'improcedibilità, i documenti sull'ammissibilità del ricorso all'atto del suo deposito, salva solo la possibilità di provvedervi successivamente, prima dell'udienza, con notifica di apposito elenco alla controparte.

Sul tema della sanatoria del vizio, vedi infine Cass. civ. 4 febbraio 2020, n.2460, secondo cui nel caso in cui il genitore agisca in giudizio in rappresentanza del figlio minore in difetto di autorizzazione ex art. 320 c.c., l'eccezione di carenza di legittimazione processuale sollevata dalla controparte è infondata se l'autorizzazione viene prodotta, sia pure successivamente alla scadenza dei termini ex art. 183, comma 6, c.p.c.,, ovvero se il figlio, diventato maggiorenne, si costituisce nel giudizio (nella specie, di appello), così ratificando l'attività processuale del rappresentante legale, operando in entrambe le ipotesi la sanatoria retroattiva del vizio di rappresentanza.

L'ambito di operatività dell'art. 182, comma 2, c.p.c.

La norma di cui all'art. 182, comma 2, c.p.c. non si applica, secondo una parte della dottrina e della giurisprudenza, allorché il difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione, ovvero il vizio della procura alle liti riguardi il convenuto (Fabbrini, Potere del giudice (diritto processuale civile), EdD, XXXIV, Milano 1985, 725) poiché in tal caso, ove il vizio sia ascrivibile all'attore (il quale abbia in ipotesi citato in giudizio un soggetto erroneamente indicato quale rappresentante legale del convenuto) sarà riscontrabile, piuttosto, una nullità dell'atto introduttivo del giudizio (Cass. civ., Sez. Un., 13 aprile 2010, n. 9217; Cass. civ. 10 febbraio 2003, n. 1947, GI 2003, 1572); ove, invece, il vizio sia imputabile allo stesso convenuto (ad esempio se una persona giuridica si costituisca in giudizio per mezzo di un soggetto diverso da quello cui spettava effettivamente la rappresentanza dell'ente) il vizio inciderà unicamente sulla sua costituzione in giudizio e sulla validità degli atti da lui compiuti senza viceversa intaccare la regolarità del contraddittorio e la valida costituzione del rapporto processuale. Ne consegue che in tal caso l'eventuale omessa sanatoria del vizio non impedirà comunque al processo di sfociare con l'emanazione di una decisione di merito (Balena, Istituzioni di diritto processuale civile, I, Bari, 2015, 178; Fabbrini, Potere del giudice, cit., 725, il quale precisa che, peraltro, in tal caso, la concessione di un termine quale quello di cui all'art. 182, comma 2,c.p.c. al convenuto, sarebbe sostanzialmente inutile, non avendo questi alcun interesse a che il difetto venga eliminato e a che il processo, conseguentemente, non si chiuda con una decisione di rito; Trib. Termini Imerese 7 ottobre 2002, in Gius 2003, 4, 502; Cass. civ. 14 luglio 2001, n. 9596). Secondo un diverso orientamento, invece, l'art. 182, comma 2, c.p.c. si applica anche allorché il difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione ovvero il vizio della procura alle liti riguardi il convenuto (così Cass. civ. 19 giugno 2015, n. 12714, la quale ha sancito che «nell'ipotesi in cui sia convenuto in giudizio, in proprio, un soggetto privo di capacità processuale (per essere stato interdetto legalmente ex art. 32 c.p.), il riacquisto della capacità in fase di gravame determina la sanatoria della nullità della sua costituzione in giudizio, con efficacia ex tunc - ai sensi dell'art. 182 c.p.c. - idonea ad escludere l'invalidità della domanda proposta nei suoi confronti, ma non anche del giudizio svolto in violazione del principio del contraddittorio, sicché il giudice d'appello è tenuto a pronunciarsi su di essa, previa declaratoria della nullità della sentenza di primo grado, senza rimettere la causa al primo giudice»).

La sanatoria del vizio

La formulazione della norma, in virtù della quale «l'osservanza dei termini sana i vizi, e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono sin dal momento della prima notificazione», fa sì che l'art. 182, comma 2, c.p.c. faccia salve, con efficacia retroattiva, sia le decadenze sostanziali che le decadenze processuali (Cass. civ. 30 novembre 2016, n. 24485; Cass. civ. 15 novembre 2016, n. 23274).

Dunque, come già accennato, il vizio di rappresentanza potrà essere sanato attraverso la costituzione o del soggetto cui spetta la rappresentanza legale o dell'ex incapace divenuto capace (Mandrioli, La rappresentanza nel processo civile, Torino 1959, 294 ss.); viceversa, nel caso di difetto di funzionamento dello strumento rappresentativo, il vizio - che, naturalmente, dev'essere comunque allegato e provato ad opera della parte che lo ha rilevato - verrà sanato dalla costituzione o dell'ex falsus procurator (ora munito di potere) o del nuovo rappresentante o dello stesso rappresentato: così Cass. civ. 15 novembre 2016, n. 23274, Cass. civ. 17 febbraio 2016, n. 3084). L'operatività ex tunc della ratifica nell'ambito del diritto processuale permette perciò di riferire allo pseudo rappresentato l'attività svolta dal falsus procurator, salvo si sia verificata una decadenza (Cass. civ. 17 gennaio 1996, n. 346).

La nullità della procura al difensore

L'art. 182 c.p.c., come modificato dalla legge 18 giugno 2009, n. 69, prevede la possibilità di sanare i vizi della procura ad litem e indica espressamente l'efficacia ex tunc di tale tipo di sanatoria, essendo dichiaratamente previsto che gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono sin dal momento della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio.

In tal modo, è da oggi possibile sanare anche i vizi della c.d. "rappresentanza tecnica", istituto che si formalizza proprio attraverso il conferimento del mandato ad litem.

All'indomani della modifica normativa, è sorto il dubbio se il riferimento contenuto nel nuovo art. 182, comma 2, c.p.c. ai "vizi che determinano la nullità della procura", sia tale da riguardare anche i casi di “inesistenza" della procura.

Ora, la procura "nulla" (o "invalida", "inefficace"), differentemente dalla procura "inesistente", incide sulla ritualità dello ius postulandi, ma non comporta alcun dubbio sulla relativa riferibilità alla parte in causa. In altre parole la procura, pur essendo viziata, ha una provenienza certa, ascrivibile alla parte sostanziale.

Ciò premesso, in giurisprudenza si afferma che il tenore assai ampio dell'art. 182 permette di estendere la disciplina contenuta nel suo comma 2 a tutte le ipotesi di nullità della procura, compresi, quindi, i casi della procura irregolare perché conferita da un soggetto non abilitato a rappresentare l'ente, della procura firmata in modo illeggibile o della tardiva produzione in giudizio della procura rilasciata, però, in termini. Più precisamente, si afferma che poiché la norma contempla, oltre alla possibilità di ottenere la concessione di un termine per il rinnovo della procura viziata, anche quella di ottenere la concessione di un termine per il rilascio della procura alle liti è senz'altro sostenibile che il legislatore abbia voluto porre rimedio, con efficacia sanante ex tunc, anche alle ipotesi della procura richiamata e non prodotta in atti (Cass. civ. 14 febbraio 2017, n. 3894; Cass. civ. 18 febbraio 2016, n. 3181; Trib. Milano 9 giugno 2017).

Non è affetta da nullità, ma da mero errore materiale la procura speciale ad impugnare che, sebbene non congiunta materialmente all'atto, individui la pronuncia impugnata, sia corredata di data certa successiva alla stessa e provenga inequivocabilmente dalla parte ricorrente, in quanto l'art. 83, comma 3, c.p.c., non può essere interpretato in modo formalistico, avendo riguardo al dovere del giudice, ex art. 182 c.p.c., di segnalare alle parti i vizi della procura affinché possano porvi rimedio e, più in generale, al diritto di accesso al giudice, sancito dall'art. 6, par. 1, della Cedu, che può essere limitato soltanto nella misura in cui sia necessario per perseguire uno scopo legittimo (Cass. civ., Sez. Un., 7 novembre 2017, n. 26338).

Parte della dottrina (Balena, La nuova pseudo-riforma del processo civile, in Giusto processo civ. 2009, 749 ss.) ritiene possibile applicare il meccanismo dell'art. 182 anche ai casi di inesistenza della procura, giacché la norma, consentendo anche la fattispecie del "rilascio" della procura (accanto a quella della "rinnovazione"), deve pacificamente essere ritenuta riconducibile all'inesistenza della procura proprio perché questo tipo vizio è svilito da un "rilascio" postumo dell'incarico.

Anche per parte della giurisprudenza, l'art. 182, comma 2, c.p.c. nella sua nuova formulazione trova applicazione anche qualora la procura manchi del tutto, restando irrilevante la distinzione tra nullità e inesistenza della stessa (Cass. civ. 7 maggio 2018, n. 10885).

Per alcune decisioni, tuttavia, la mancanza originaria di procura alle liti, conferita al proprio difensore, è insuscettibile di ratifica in quanto è requisito senza il quale l'atto introduttivo non solo del giudizio civile ma anche di quello tributario, (per i procedimenti nei quali è necessario il patrocinio di un difensore avvocato), non può essere qualificato come tale, non riverberando, l'attività del difensore, alcun effetto sulla parte e restando attività processuale di cui il legale assume esclusivamente la responsabilità (Cass. civ. 20 luglio 2018, n. 19399).

Sul punto, va precisato che tale principio valeva in passato, quando si affermava il principio per il quale gli atti posti in essere da soggetto privo, anche parzialmente, del potere di rappresentanza possono essere ratificati con efficacia retroattiva (salvi i diritti dei terzi) non era operante nel campo processuale, giacché la procura alle liti costituiva il presupposto della valida instaurazione del rapporto processuale e poteva essere conferita con effetti retroattivi solo nei limiti stabiliti dall'art. 125 c.p.c., il quale dispone che la procura al difensore può essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell'atto, purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata, e sempre che per l'atto di cui trattasi non sia richiesta dalla legge la procura speciale, come nel caso del ricorso per cassazione, restando conseguentemente esclusa, in tale ipotesi, la possibilità di sanatoria e ratifica (Cass. civ. 18 aprile 2003, n. 6297; Cass. civ. 11 giugno 2012, n. 9464).

Ora il principio appena affermato vale tuttavia solo per le ipotesi di sanatoria riguardante la procura alle cause anteriori all'entrata in vigore delle modifiche introdotte dalla legge 69/2009 (Cass. civ. 23 marzo 2019, n.8933). Ciò per il motivo per cui il nuovo testo dell'art. 182, comma 2 non ha portata meramente interpretativa e non si applica, perciò, retroattivamente, atteso il tenore testuale fortemente innovativo della norma (v. tra le varie, Cass. civ. 9 dicembre 2011, n. 26465; Cass. civ. 23 settembre 2013, n. 21753).

Pertanto, con riguardo ai vizi della procura, può ripetersi anche quanto affermato supra, § 3.

Quanto alla rilevabilità del vizio di procura, occorre notare che sebbene in genere le ipotesi di sanatoria con efficacia ex tunc si accompagnano alla rilevabilità del vizio in ogni stato e grado del processo, tale affermazione va ridimensionata in considerazione della recente elaborazione giurisprudenziale che invece, indirizzandosi ad una finalità di maggiore snellezza dei procedimenti nel rispetto del principio della ragionevole durata del processo, ha indicato nel "giudicato implicito" (Cass. civ. civ., Sez. Un., 9 ottobre 2008, n. 24483) un limite alla permanente rilevabilità di vizi in ogni stato e grado del processo.

Merita infine di essere ricordato che nel giudizio dinanzi al Consiglio Nazionale Forense intrapreso, personalmente, da un avvocato privo di ius postulandi, perché non iscritto nell'albo speciale di cui all'art. 33 del R.d.l. n. 1578/1933 (nella specie in quanto radiato) o sospeso dall'esercizio della professione, non è applicabile l'art. 182, comma 2, che presuppone la regolarizzazione in favore del soggetto o del suo procuratore già costituiti e non consente, pertanto, la costituzione in giudizio di un soggetto diverso dal ricorrente, iscritto in quell'albo, previo rilascio di mandato speciale (Cass. civ. Sez. Un., 27 aprile 2017, n. 10414).

Guida all'approfondimento
  • Asprella, Processo ordinario di cognizione, in AA.VV., La riforma del processo civile dal 2005 al 2009, in GC, Supplemento al n. 6/2009, 38 ss.;
  • Balena, Elementi di diritto processuale civile, I, I principi, Bari 2007;
  • Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, III, Il processo di primo grado e le impugnazioni delle sentenze, Padova 2012;
  • Luiso, Diritto processuale civile, I, Milano 2011;
  • Mandrioli-Carratta, Corso di diritto processuale civile, II, Torino 2017;
  • Muroni, Commento all'art. 182 c.p.c., Commentario al codice di procedura civile, a cura di Comoglio-Consolo-Sassani, Vaccarella, vol. III, t. I, Torino 2012, 276 ss.
  • Negri, Sulla sanatoria del difetto di rappresentanza (e di procura ad litem), in CG 2009, 1682;
  • Olivieri, La “ragionevole durata” del processo di cognizione (qualche considerazione sull'art. 111, 2° comma, Cost.), in FI 2000, V, 251;
  • Salvaneschi, Commento all'art. 182 c.p.c., Commentario alla riforma del codice di procedura civile, a cura di Saletti-Sassani, Milano 2009, 92 ss.;
  • Turroni, Il nuovo art. 182 c.p.c., sempre rimediabili i difetti di capacità processuale e di procura al difensore, in GI 2009, 1575.

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