Nel villaggio turistico con villette legate dall’esistenza di cose, impianti e servizi comuni, sì alla disciplina del condominio

09 Settembre 2020

La disciplina condominiale, così come innovata dalla novella del 2012, deve ritenersi estesa anche ai complessi orizzontali e, segnatamente, alle villette a schiera facenti parte di un villaggio turistico, con la conseguenza che la natura comune di un bene deve rifarsi ai parametri dettati dall'art. 1117 c.c., avuto riguardo alla natura strutturale o funzionale del bene stesso: tale natura può essere esclusa solo ove quella parte serva all'uso esclusivo o al godimento di una sola parte dell'edificio, oppure ove sia diversamente disposto dal titolo e non può essere negata per parti necessarie per l'esistenza o per l'uso delle unità abitative.
Massima

Qualora a seguito dello scioglimento della comunione di un villaggio turistico vengano assegnate in proprietà esclusiva ai comproprietari unità residenziali (villette) e rimangano in comune tutta una serie di beni quali parcheggi, piscine, aree verdi, viali, portineria, locali tecnici, si deve applicare la disciplina condominiale in quanto è ravvisabile un rapporto di strumentalità ed accessorietà tra le proprietà esclusive e i suddetti beni, da ritenersi parti necessarie, non solo per l'esistenza o per l'uso delle unità abitative, ma anche per l'esistenza del villaggio stesso.

Il caso

La vicenda, decisa con la sentenza in commento, prendeva l'avvio quando due società sottoscrivevano una convenzione urbanistica con l'autorità comunale avente ad oggetto la realizzazione di un villaggio turistico.

Successivamente, però, le due società venivano fuse e trasformate in un'unica società che diventava il solo soggetto tenuto ad attuare la suddetta convenzione. Quest'ultima alienava ai singoli partecipanti le rispettive unità immobiliari comprese nel complesso edilizio, mantenendo la gestione unitaria delle opere e dei servizi. In ogni caso, risultava altresì vigente un contratto di locazione tra la costituita comunione del villaggio turistico

ed una società terza. Inoltre, i comproprietari erano addivenuti ad un atto di divisione relativo alle unità residenziali turistico-ricettive, con esclusione dei beni e dei servizi comuni rimasti in comunione.

Gli stessi comproprietari di tali residue parti comuni deliberavano, poi, di nominare come amministratrice del condominio una società in nome collettivo, decisione che alcuni condomini decidevano di impugnare davanti al Tribunale, rilevando, in primo luogo, come la delibera fosse nulla per l'impossibilità dell'oggetto.

In particolare, la domanda di impugnazione metteva in rilievo come, con riferimento alle parti rimaste in comune a seguito dell'atto di divisione, non sussistesse un condominio, trattandosi di “beni in comunione”, quali parcheggi, piscine, aree verdi, viali, portineria, locali tecnici, da ritenersi privi di un rapporto di strumentalità ed accessorietà rispetto alle unità residenziali; in ogni caso, secondo gli attori, la delibera era annullabile in quanto la nomina dell'amministratore era avvenuta in base alla maggioranza di cui all'art.1136, comma 2, c.c. che era inferiore a quella prevista da un regolamento approvato dai comproprietari.

Un'ulteriore doglianza degli istanti allegava la sovrapposizione di competenze tra la deliberata nomina dell'amministratore di condominio e la locazione stipulata con la società che continuava a gestire sia la comunione del compendio immobiliare, sia le ipotetiche parti comuni del condominio.

Gli attori richiedevano la sospensione della delibera non avendo dubbi sulla sussistenza del fumus boni iuris,

e del periculum in mora, quest'ultimo da ritenersi in re ipsa nella duplicazione delle spese di ordinaria e straordinaria amministrazione.

La questione

Si trattava, quindi, di stabilire se, a seguito dell'atto di divisione tra i comproprietari della comunione del villaggio turistico, in forza del quale erano state assegnate in proprietà esclusiva ai comproprietari le unità residenziali, fossero rimasti in comune beni legati da un vincolo di accessorietà con le proprietà esclusive, con conseguente applicazione della disciplina specifica del condominio, anziché quella generale della comunione.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale adìto, con la decisione in commento, ha rigettato la domanda di sospensione dell'esecuzione della delibera di nomina dell'amministratore del complesso immobiliare costituente un villaggio turistico, in relazione al quale gli attori contestavano la qualificazione in termini di condominio edilizio ex artt.1117 e 1117-bis c.c.

Il Tribunale, in risposta ai motivi di impugnazione della delibera di nomina dell'amministratore, ricorre, in via preliminare, ad un dato letterale-testuale, prendendo in considerazione un passaggio dell'atto di divisione da cui emergerebbe la consapevolezza dei comproprietari che, a seguito dello scioglimento della comunione, si è determinata la costituzione di un condominio.

Inoltre, sulla premessa che, per la nascita del condominio, è necessaria l'oggettiva e stabile destinazione dei beni comuni al servizio dei beni di proprietà esclusiva, lo stesso giudice ha negato il fumus boni iuris dell'azionata pretesa, sottolineando come vi siano elementi sufficienti per ritenere configurato un rapporto di accessorietà tra le singole unità residenziali (villette) del villaggio e le parti comuni, costituite da aree verdi, piscine, locali tecnici, viale, locale portineria, locali di servizio. A sostegno della tesi viene evidenziato che in un contesto quale quello di un villaggio turistico in località di mare, senza le suddette parti comuni, da un lato le unità abitative non esisterebbero e non potrebbero essere utilizzate, dall'altro lato verrebbe compromessa l'esistenza della stessa struttura turistica, la quale sarebbe priva di tutta una serie di beni che caratterizzano un villaggio turistico. Così il Tribunale mette in rilievo come, ad esempio, la portineria all'ingresso svolga una funzione di sicurezza e controllo delle persone e dei mezzi che accedono alla struttura ed alle unità residenziali, i viali interni (circondati da un ampio contesto di zone verdi attrezzate), risultino necessari, per raggiungere le singole e numerose unità residenziali costituite in vari blocchi, la piscina sia determinante in un villaggio ubicato ad una certa distanza dal mare.

Alla luce di quanto sopra, il giudice friulano ritiene che nella fattispecie esaminata debbano trovare applicazione le disposizioni del codice civile in materia condominiale, tra le quali l'obbligo della nomina dell'amministratore con la maggioranza qualificata prevista dal secondo comma dell'art. 1136 c.c.; in ogni caso esclude “una duplicazione di funzioni” tra l'amministrazione condominiale e la società conduttrice cui era affidata la gestione del villaggio turistico, trattandosi di funzioni relative a campi e settori diversi

Osservazioni

La sentenza in commento conferma che perché sussista il nesso di condominialità, presupposto dalla regola di attribuzione di cui all'art.1117 c.c., occorre che fra le unità immobiliari di proprietà esclusiva e le cose, gli impianti ed i servizi di uso comune, sia ravvisabile un collegamento materiale oppure un collegamento funzionale.

Il collegamento materiale tra beni comuni ed individuali postula l'incorporazione tra entità inscindibili, mentre il collegamento funzionale suppone una congiunzione tra cose separabili. Il primo si manifesta come necessità per l'esistenza o per l'uso comune (art.1117, n. 1, c.c.: il suolo, il tetto, le fondamenta, le scale, i muri maestri, ecc.).

Il secondo nesso, cioè quello funzionale, si basa, invece, sulla destinazione all'uso comune (art.1117, nn. 1 e 2, c.c.: portineria, sottotetti, impianto di riscaldamento, tubature, ascensore, ecc.). Questo collegamento utilitaristico tra beni individuali e parti comuni viene spiegato in giurisprudenza come “relazione di accessorietà”: se, cioè, ricorre tale relazione di accessorietà tra beni, impianti o servizi comuni, e unità immobiliari di proprietà individuale, sui primi si instaura un diritto di condominio.

Con riferimento alla relazione funzionale, la giurisprudenza ha precisato, anche di recente, che essa sussiste ogni qual volta sia accertato in fatto un rapporto di accessorietà necessaria che lega alcune parti comuni ad unità o porzioni di proprietà individuale, delle quali le prime rendono possibile l'esistenza stessa o l'uso (Cass. civ.,sez. II, 16 gennaio 2018, n. 884: nel caso all'esame della Corte, i posti auto di proprietà esclusiva appartenevano strutturalmente al complesso edilizio condominiale e, perciò, rispetto ad essi, sussisteva il collegamento strumentale, materiale funzionale ovvero la relazione di accessorio, con le parti comuni; pertanto, anche i proprietari esclusivi di spazi destinati a posti auto compresi nel complesso condominiale, possono dirsi condomini in base ai criteri di cui all'art.1117 c.c. e, quindi, presumersi comproprietari di quelle parti comuni che, al momento della formazione del condominio, si trovassero in rapporto di accessorietà, strutturale e funzionale, con le singole porzioni immobiliari).

Va, inoltre, precisato che, in considerazione del rapporto di accessorietà necessaria che lega le parti comuni dell'edificio alle proprietà singole, la condominialità è certamente ravvisabile sia nelle tipologie costruttive estese in senso verticale sia nelle costruzioni realizzate, anzichè come porzioni di piano l'una sull'altra (condominio verticale), quali proprietà singole in sequenza (villette a schiera, condominio in orizzontale), poiché la nozione di condominio è configurabile anche nel caso di immobili adiacenti orizzontalmente in senso proprio, ove dotati delle strutture e degli impianti essenziali indicati dall'art.1117 c.c. (Cass. civ., sez.II, 3 maggio 2019, n. 11729).

Del resto, l'art.1117-bis c.c., avendo recepito l'elaborazione giurisprudenziale formatasi intorno al concetto di supercondominio, ne identifica una nozione utile anche in senso retrospettivo, allorquando si riferisce, con ampia locuzione, a più unità immobiliari o più edifici ovvero più condomini di unità immobiliari o di edifici aventi parti comuni ai sensi dell'art.1117 c.c.

Il supercondominio unifica più edifici, costituiti o meno in distinti condomini, entro una più ampia organizzazione condominiale, legata dall'esistenza di talune cose, impianti e servizi comuni, in rapporto di accessorietà con i fabbricati, sicché trova ad essi applicazione, proprio in ragione della condominialità del vincolo funzionale, la disciplina specifica del condominio, anziché quella generale della comunione (Cass. civ., sez. II, 14 novembre 2012, n. 19939).

In particolare, sia nel condominio, come nel supercondominio, le cose, gli impianti ed i servizi di uso comune, contemplati dall'art.1117 c.c., non sono suscettibili di autonoma utilità, perché sono strutturalmente necessari alla stessa esistenza del bene individuale o funzionalmente destinati a servizio di questo.

Ciò delinea la diversità fra beni condominiali e beni in comunione, in quanto in questi ultimi difetta il carattere della strumentalità rispetto alle proprietà esclusive (Cass. civ., sez. II, 6 marzo 2019, n. 6458).

Di conseguenza si è affermato che, le piscine - seppure rendano più ameni gli appartamenti di proprietà individuale e ne accrescano il valore economico - non risultano, per loro natura, caratterizzate da quella relazione di accessorietà rispetto alle unità immobiliari esclusive, ben potendo essere, piuttosto, oggetto di godimento totalmente svincolato dal godimento di queste ultime (Cass. civ., sez. II, 7 luglio 2000, n. 9096).

Del resto, per quanto non possa escludersi, nell'odierna multiforme fenomenologia degli aggregati immobiliari, la coesistenza di beni a godimento strumentale e beni a godimento autonomo (la dottrina considera infatti l'eventualità di un “doppio regime”), criteri di preminenza funzionale devono orientare il giudice di merito verso la definizione prevalente della fattispecie, nell'un senso o nell'altro (Cass. civ., sez. II, 10 dicembre 2019, n. 3223).

Nell'ambito, però, di strutture turistiche, dove le singole unità residenziali vengono utilizzate al solo fine turistico da parte dei singoli proprietari, alloggiandovi in proprio o locandole a terze, proprio per il contesto in cui sono inserite e sono state costruite, sembrano necessariamente ricomprese, nelle parti comuni, anche zone verdi, parchi, impianti sportivi (piscine, i campi da tennis, da calcio, pallavolo, da bocce, ecc.); locali adibiti ai servizi vari (i centri commerciali o riunione); attrezzature per le spiagge.

Infatti, si tratta di beni che, oltre ad aumentare il valore del complesso immobiliare e, conseguentemente delle unità immobiliari, possono risultare la ragione fondamentale che ha spinto il singolo condomino ad acquistare una proprietà nel complesso edilizio.

In ogni caso, la disciplina pattizia contenuta nei regolamenti condominiali appare di fondamentale importanza in presenza della doppia categoria di parti comuni, cioè quelle necessarie al godimento delle unità immobiliari in proprietà esclusiva e quelle contrassegnate da autonoma utilità e non necessarie al godimento delle unità immobiliari in proprietà esclusiva.

Guida all'approfondimento

Celeste - Scarpa, Il condominio negli edifici, Milano, 2017;

Celeste, Le parti comuni ed esclusive, Milano, 2016;

Terzago, Il condominio. Trattato teorico-pratico, Milano, 2015, 935;

Scalettaris, Supercondominio e comunanza di soli servizi tra condominii, in Giur. it., 2015, 1, 39;

Triola, Il nuovo condominio, AA.VV. a cura di Triola, Torino, 2014, 25;

Cirla, Il supercondominio, l'assemblea e il diritto a impugnare le delibere, in Consul. immob., 2013, fasc. 921, 29;

Bordolli, Il supercondominio, Milano, 2013;

Galletto, Appunti su taluni profili della riforma della disciplina del condominio. Le parti comuni. Il supercondominio, in Foro pad., 2013, II, 131;

Celeste, La disciplina giuridica applicabile al sistema fognario destinato al servizio comune di più edifici: la Cassazione sposa la tesi del c.d. doppio regime per risolvere le problematiche connesse al supercondominio, in Riv. giur. edil., 2004, I, 77;

Corona, Proprietà e maggioranza nel condominio degli edifici, Torino, 2001, 107.

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