“The match goes on”: il Magistrato di Sorveglianza solleva nuovamente questione di legittimità costituzionale sul decreto legge n. 29/2020

Veronica Manca
09 Settembre 2020

Con ordinanza del 18.08.2020, l'Ufficio di Sorveglianza di Spoleto, sollecitato dalla Corte costituzionale a rivalutare la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale sul decreto legge del 10 maggio 2020, n. 29, alla luce delle modifiche apportate con la legge di conversione del 25 giugno 2020, n. 70, ha ritenuto di confermare...
Massima

Con ordinanza del 18.08.2020, l'Ufficio di Sorveglianza di Spoleto, sollecitato dalla Corte costituzionale a rivalutare la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale sul decreto legge del 10 maggio 2020, n. 29, alla luce delle modifiche apportate con la legge di conversione del 25 giugno 2020, n. 70, ha ritenuto di confermare, oltre che di precisare in punto di rilevanza, la propria precedente decisione, rimettendo nuovamente gli atti alla Corte costituzionale: l'art. 2-bis del decreto legge n. 28 del 2020 (in cui è stato assorbito, in gran parte, il d.l. n. 29/2020, ora abrogato) è incostituzionale nella misura in cui impone al magistrato di sorveglianza una rivalutazione della situazione sanitaria – funzionale alla revoca della misura alternativa concessa a titolo provvisorio – con provvedimento emesso, de plano, senza contraddittorio con la difesa e l'interessato, in attesa della decisione finale del tribunale di sorveglianza (parametri violati, quindi, quelli inerenti all'esercizio del diritto di difesa, di cui agli artt. 24, co. 2 e 111, co. 2 Cost., e quelli inerenti al principio di eguaglianza e ragionevolezza, ex art. 3 Cost.).

Il caso

L'ordinanza dell'Ufficio di Sorveglianza di Spoleto, con un'articolatissima motivazione di ben 22 pagine, rappresenta l'ultimo prezioso tassello di un percorso che ha portato la Magistratura di Sorveglianza a rivolgersi alla Corte costituzionale per la valutazione della tenuta delle modifiche apportate, dai decreti legge nn. 28 e 29 del 30 aprile e 10 maggio 2020, all'ordinamento penitenziario: causa politica e mediatica della riforma di una parte della disciplina delle misure alternative è da rinvenirsi nelle mediatiche, quanto discusse “scarcerazioni dei boss”, ovverosia – in termini tecnici – in quei provvedimenti della Magistratura (di sorveglianza e di cognizione) sulla concessione di misure extramurarie per motivi di salute a condannati o imputati affetti da gravi patologie, in prevalenza di tipo cardio-respiratorio; patologie, che, sulla scorta delle affermazioni dell'OMS e dell'Istituto Superiore della Salute, riportate nella nota del DAP del 21 marzo 2020, se in contatto con il COVID-19, avrebbero potuto degenerare fino a causare il decesso della persona ristretta. In tale dimensione, si iscrive il primo provvedimento dell'Ufficio di Sorveglianza di Spoleto, del maggio del 2020 (di cui è dato conto proprio in questa rivista: Il decreto legge n. 29/2020 non trova pace: sollevata un'altra questione di legittimità costituzionale): il Magistrato di Sorveglianza, chiamato a decidere sulla base delle norme neo-introdotte, avrebbe dovuto procedere alla rivalutazione della situazione sanitaria del detenuto ammesso alla misura provvisoria della detenzione domiciliare derogatoria ai sensi dell'art. 47-ter O.P., chiedendo obbligatoriamente il parere della Procura Distrettuale Antimafia, e provvedendo nell'arco di soli quindici giorni per la prima verifica e a cadenza mensile, per le verifiche successive, con l'ulteriore onere, però, di decidere nell'immediato, laddove, nelle more, fosse giunta la disponibilità del DAP a collocare il detenuto malato in una struttura ospedaliera adeguata, a livello intramurario. Tale meccanismo istruttorio – strutturalmente votato alla revoca del provvedimento già emesso – risulta per il Magistrato di Sorveglianza fortemente lesivo dell'esercizio del diritto di partecipazione e di difesa dell'interessato e del suo difensore, atteso che il provvedimento provvisorio viene emesso, senza l'instaurazione del contraddittorio con le parti e al “buio” delle stesse, non avendo la possibilità formale di interagire con il Magistrato né con la Procura, né tanto meno di visionare le informative depositate. Sulla stessa linea si è aggiunto, di lì a breve, anche il Magistrato di Sorveglianza di Avellino. Discorso più articolato e profondo viene, poi, formulato dal Tribunale di Sorveglianza di Sassari, chiamato a decidere in relazione ad una situazione analoga all'Ufficio di Sorveglianza di Spoleto (anche se nel caso di specie, si tratta di un detenuto sottoposto anche al regime del 41-bis O.P.): in questo caso, anche il Collegio – pur potendo avvalersi degli strumenti della partecipazione e assistenza dell'interessato da parte della difesa, in contraddittorio con la Procura, ritiene violato il principio di eguaglianza dei detenuti che si trovano in situazioni simili, ma decise prima dell'insorgere dell'emergenza sanitaria da COVID-19, e rispetto ad altre categorie di condannati, il cui titolo di reato non è compreso nel catalogo indicato dal legislatore, che possono continuare a beneficiare delle stesse misure, con istruttorie più snelle, senza l'intervento della Procura Distrettuale Antimafia (come, prevede, peraltro, la disciplina, in generale, di cui agli artt. 147, co. 1 n. 2 c.p., 684 c.p.p., 47-ter, co. 1-ter e 1-quater O.P.). Ulteriore punto di frizione individuato dal Tribunale di Sorveglianza riguarda proprio l'incidenza dei poteri istruttori dell'Amministrazione dello Stato sul procedimento giurisdizionale esecutivo – anche solo a livello di cadenza temporale del procedimento di sorveglianza – della Procura Distrettuale Antimafia, rispetto al parere da acquisirsi obbligatoriamente, e al Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, rispetto al suo potere di intervenire bruscamente sulla decisione del Magistrato di Sorveglianza, che obbligatoriamente deve disporre la revoca, anche prima del breve termine concesso per la rivalutazione istruttoria del caso, laddove sopraggiunga una disponibilità ad un trasferimento del detenuto in una struttura ospedaliera intramuraria adeguata. Così vale anche per la scelta del legislatore di gravare l'organo giudicante dell'onere di sentire le autorità sanitarie locali: un'istruttoria articolata e complessa, le cui cadenze difficilmente sono condensabili ragionevolmente in termini tanto stretti, da quindici giorni, per la prima valutazione, a trenta per le successive. Una vera e propria invasione di campo, che il Tribunale di Sorveglianza legge come un'ingerenza nell'autonomia decisoria della Magistratura di Sorveglianza (sempre in questa rivista:Il decreto legge n. 29/2020 non trova pace: sollevata un'altra questione di legittimità costituzionale).

La questione

In tale quadro, è maturata le legge di conversione, che, con parziali modifiche, è andata ad incidere, sui decreti legge nn. 28 e 29 del 2020: con la legge n. 70 del 2020. Si è abrogato formalmente il decreto legge n. 29 del 2020, assorbito all'art. 2 del decreto legge n. 28 del 2020: tra le minime interpolazioni apportate, quella più di rilievo, che ha determinato la Corte costituzionale a restituire gli atti al Magistrato di Sorveglianza di Spoleto per una nuova valutazione della non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale già sollevata, ha riguardato la procedura di trasmissione immediata del provvedimento provvisorio di revoca del magistrato, unitamente al fascicolo del procedimento, al tribunale di sorveglianza, il quale deve provvedere nel limite di trenta giorni, pena la perdita di efficacia del provvedimento provvisorio.

Così, infatti, dispone l'art. 2-bis del decreto legge n. 28 del 2020, convertito: “quando il magistrato di sorveglianza procede alla valutazione del provvedimento provvisorio di ammissione alla detenzione domiciliare o di differimento della pena, i pareri e le informazioni acquisiti ai sensi dei commi 1 e 2 e i provvedimenti adottati all'esito della valutazione sono trasmessi immediatamente al tribunale di sorveglianza, per unirli a quelli già inviati ai sensi degli articoli 684, comma 2, del codice di procedura penale e 47-ter, comma 1-quater, della legge 26 luglio 1975, n. 354. Nel caso in cui il magistrato di sorveglianza abbia disposto la revoca della detenzione domiciliare o del differimento della pena adottati in via provvisoria, il tribunale di sorveglianza decide sull'ammissione alla detenzione domiciliare o sul differimento della pena entro trenta giorni dalla ricezione del provvedimento di revoca, anche in deroga al termine previsto dall'articolo 47, comma 4, della legge 26 luglio 1975, n. 354. Se la decisione del tribunale non interviene nel termine prescritto, il provvedimento di revoca perde efficacia”.

Con ordinanza n. 185 del 2020, infatti, la Corte costituzionale ha disposto che gli atti venissero ritrasmessi all'Ufficio di Sorveglianza di Spoleto. La Corte costituzionale ha fatto seguito ad un suo precedente, con sentenza n. 125 del 2018, in cui si distingue la sorte delle questioni rimesse alla Corte, a seguito del sopraggiungere di un intervento normativo, nelle more della pendenza del giudizio di costituzionalità: laddove le norme sopraggiunte incidano in modo sostanziale sulle disposizioni censurate si impone la restituzione al giudice rimettente perché rivaluti i presupposti dell'incidente di costituzionalità.

Le soluzioni giuridiche

Preso atto dell'ordinanza della Corte costituzionale, quindi, il Magistrato di Sorveglianza ha ripercorso i termini della questione: con decisione provvisoria del 21.03.2020, veniva concessa al detenuto, in espiazione di pena con fine pena ravvicinato al 2021, per un reato di cui al co. 1 dell'art. 4-bis O.P. (e, in particolare, per l'art. 416-bis c.p.), la misura della sospensione facoltativa della pena, ai sensi dell'art. 147, co. 1 n. 2 c.p., nelle forme della detenzione domiciliare per motivi di salute, di cui all'art. 47-ter, co. 1-ter e 1-quater O.P. e 684 c.p.p., sulla base di un compendio istruttorio – che il Magistrato rammenta – veniva descritto in termini analitici nella motivazione del provvedimento. Il quadro clinico del detenuto, unitamente all'emergenza COVID-19, sono state le argomentazioni poste alla base della decisione: la misura ha avuto regolarmente inizio e non sono state segnalate infrazioni, tanto che il detenuto ha anche beneficiato della liberazione anticipata per i semestri di pena espiati. In corso di esecuzione della misura, tuttavia, è sopraggiunta la riforma normativa del decreto legge n. 29 del 2020, che ha imposto al Magistrato di Sorveglianza di riesaminare il caso del detenuto: ai sensi dell'art. 2, quindi, si richiede che il magistrato procedente debba rivalutare la situazione sanitaria, nel termine di quindici giorni, anche per misure concesse in data precedente, dal 23 febbraio in poi, sentendo l'autorità sanitaria locale, sollecitando informazioni circa la disponibilità di collocamento intramurario da parte del DAP ed acquisendo il parere della Procura Distrettuale Antimafia.

Secondo il Magistrato di Sorveglianza, pur rilevando le modifiche apportate in sede di conversione, con i tempi accelerati rispetto all'instaurazione del procedimento in capo al Collegio, in caso di revoca da parte dell'organo monocratico, permangono le criticità rispetto al diritto di difesa proprio nel segmento procedimentale provvisorio. Si evidenzia, infatti, che la parte non viene notiziata dell'instaurazione del procedimento; si dubita, infatti, della stessa legittimità di un simile procedimento, nei casi in cui l'istanza originaria non sia stata presentata dalla parte; non si prevede che la difesa e la parte siano avvisate dei risultati istruttori; né si prevede formalmente che la difesa possa interagire con l'Amministrazione penitenziaria, né che si sappia la destinazione indicata dal DAP o quali indicazioni vengano auspicate dall'area sanitaria; tanto meno si concede la possibilità di un'interlocuzione sulle informative della Procura Distrettuale. La mancanza di un'interlocuzione con la Procura – per il Magistrato di Sorveglianza – rappresenta la più marcata atipicità della procedura, “tanto da non avere eguali nel pur variegato panorama di modelli procedimentali, più o meno semplificati, previsti dinanzi alla magistratura di sorveglianza” (che non può trovare un riferimento simile neanche nella procedura semplificata della liberazione anticipata, data la successiva fase di reclamo al tribunale di sorveglianza). I rilievi sulla criticità dell'esercizio di difesa permangono, in questa fase, non potendosi applicare le riflessioni fatte proprie dalla Corte costituzionale, con l'ordinanza n. 291 del 2005. Medesime conclusioni che vengono raggiunte dal Magistrato, dopo un'attenta ricognizione anche degli altri riti di sorveglianza: la declaratoria di inammissibilità pronunciata in sede di reclamo ex artt. 35-bis e -ter O.P., senza la partecipazione della difesa e dell'interessato, una volta sentito il pubblico ministero, non può essere assunta a modello di riferimento, dato che anche in questo caso, comunque, il rito di sorveglianza si instaura su domanda di parte e il decreto di inammissibilità è ricorribile per cassazione. Così vale altresì per il rito semplificato di concessione di misure alternative, di competenza del magistrato di sorveglianza, ai sensi dell'art. 678, co. 1-ter c.p.p., essendo coinvolte le parti, sin dall'origine della procedura (stessa considerazione anche per il diverso rito semplificato di cui all'art. 678, co. 1 ult. parte e co. 1-bis c.p.p.). Queste conclusioni si possono estendere poi alla procedura di sospensione provvisoria della misura alternativa, in vista dell'udienza di revoca della stessa, su proposta del magistrato di sorveglianza: tale procedura, infatti, recupera le criticità sotto il profilo della difesa con l'instaurazione del procedimento di sorveglianza dinanzi al tribunale di sorveglianza, nella composizione collegiale.

Alla luce delle argomentazioni sin qui svolte, il Magistrato di Sorveglianza ritiene che la attuale disciplina delineata dalla legge di conversione all'art. 2-bis del decreto legge n. 28 del 2020 risulti carente per la tutela del diritto di difesa del condannato: tali carenze generano un vulnus al diritto di difesa tecnica e al principio del contraddittorio nella parità delle parti affinchè si instauri un giusto processo esecutivo, ai sensi degli artt. 24, co. 2 e 111, co. 2 Cost.

La norma censurata risulta critica anche sotto il diverso profilo dell'art. 3 Cost., nella creazione di una situazione di disparità di trattamento – del tutto causale – tra detenuti con situazioni simili, per reati identici, ma decise in tempi diversi (prima o dopo il 23 febbraio 2020) e tra detenuti con reati diversi, del pari disvalore, e detenuti condannati per uno dei reati annoverati nel catalogo di cui all'art. 2-bis del decreto legge n. 28 del 2020.

Osservazioni

Con la nuova sollecitazione da parte del Magistrato di Spoleto, rimangono due le questioni di legittimità costituzionale, rispetto al decreto legge n. 29 del 2020, incardinate presso la Corte costituzionale: viene da dire the match goes on, non tanto con riguardo al rapporto tra Magistratura di Sorveglianza e Corte costituzionale, rispetto al quale – proprio in questi anni – si registra il massimo allineamento, quanto tra la Magistratura di Sorveglianza e il Legislatore, o meglio, sull'esercizio del potere legislativo ed esecutivo all'interno dei margini riservati all'autonomia decisoria della magistratura. Ancor più significativa, la valenza simbolica, esemplificazione di una cultura consolidata in materia esecutiva, della questione di legittimità costituzionale sollevata sotto il profilo del diritto di difesa e alla rivendicazione del principio della parità delle armi, anche in fase di sorveglianza, tra pubblica accusa e parte interessata, con a fianco il difensore. Come a ricordare, che tutte le parti sono indispensabili, esattamente come lo sono nel processo penale, dato che anche il procedimento esecutivo è parte del processo e partecipa ai principi comuni e supremi del giusto processo costituzionalmente garantito: tutte le parti sono funzionali al raggiungimento della decisione finale del Magistrato di Sorveglianza, che deve essere – auspicabilmente – il più completa possibile, anche grazie al contributo conoscitivo, per la fase del bilanciamento con la pericolosità sociale, della Procura Distrettuale Antimafia, e delle informazioni sanitarie, piuttosto che locali o regionali della pubblica autorità; con ciò solo se il tutto risulta funzionale e armonico verso la decisione, l'obiettivo comune, una decisione che comunque è il frutto di una scelta, tutelata e garantita nella sua autonomia, dalla stessa Costituzione e dalla tipicità della funzione giurisdizionale, e che se arricchita da tutte le informazioni e correttamente motivata può fornire delle risposte in termini di bilanciamento, anche rispetto alla pericolosità sociale. Ma, se al contrario, tali elementi sono distonici rispetto alla linearità del procedimento, non risultano ragionevoli né proporzionali al raggiungimento dell'obiettivo finale, né sono riconducibili allo schema tipo del giusto processo, come vuole la Costituzione anche per la fase esecutiva, allora è onere della Magistratura di Sorveglianza rivolgersi alla Corte costituzionale censurando scelte del legislatore che privano le parti del processo, e, in particolare, proprio la parte più vulnerabile, dei propri diritti fondamentali, il primo tra tutti, quello di difesa e di partecipazione al procedimento penale, anche se esecutivo (o, meglio, specie se esecutivo).

Guida all'approfondimento

Amato, Passione, Vuoti a perdere, in www.dirittodidifesa.eu;

Cesaris,Il d.l. n. 29 del 2020: un inutile e farraginoso meccanismo di controllo, in www.giurisprudenzapenale.com;

Della Bella,Emergenza COVID e 41 bis: tra tutela dei diritti fondamentali, esigenze di prevenzione e responsabilità politiche, in www.sistemapenale.it;

Fiandaca, Scarcerazioni per motivi di salute, lotta alla mafia e opinione pubblica, in www.sistemapenale.it;

Fiorentin, Con controlli cadenzati sui casi blindate le procedure per i benefici, in Guida al diritto, 23, 2020;

Gialuz, L'emergenza nell'emergenza: il decreto-legge n. 28 del 2020, tra ennesima proroga delle intercettazioni, norme manifesto e “terzo tempo” parlamentare, in www.sistemapenale.it;

Gianfilippi,Emergenza sanitaria in carcere, provvedimenti a tutela di diritti fondamentali delle persone detenute e pareri sui collegamenti con la criminalità organizzata nell'art. 2 del dl 30 aprile 2020 n. 28, in www.giurisprudenzapenale.com;

Gianfilippi,La rivalutazione delle detenzioni domiciliari per gli appartenenti alla criminalità organizzata, la magistratura di sorveglianza e il corpo dei condannati nel d.l. 10 maggio 2020 n. 29, in www.giustiziainsieme.it;

Minnella, Ennesimo d.l. per “monitorare” le scarcerazioni legate all'emergenza coronavirus di imputati e condannati, in diritto e giustizia.it;

Manca, Il decreto legge n. 29/2020 non trova pace: sollevata un'altra questione di legittimità costituzionale, in www.ilpenalista.it;

Manca, Ostatività, emergenza sanitaria e Covid-19: le prime applicazioni pratiche, in www.giurisprudenzapenale.com;

Manca, Umanità della pena, diritto alla salute ed esigenze di sicurezza sociale: l'ordinamento penitenziario a prova di (contro)riforma, in www.giurisprudenzapenale.com;

Stampanoni Bassi, Il differimento dell'esecuzione della pena nei confronti di Pasquale Zagaria: spunti in tema di bilanciamento tra diritto alla salute del detenuto (anche se dotato di “caratura criminale”) e interesse pubblico alla sicurezza sociale, in www.giurisprudenzapenale.com;

Terranova, Le misure adottate dal Governo contro le scarcerazioni dei boss, in www.ilpenalista.it.

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