La Class Action in Italia: possibili riflessi della riforma 2019 sul mercato assicurativo

Francesca Nozzi
10 Settembre 2020

A distanza di oltre un decennio dall'introduzione nel panorama legislativo italiano, la Class Action si configura come uno strumento molto poco utilizzato. La recente riforma sull'azione di classe, introdotta con il dichiarato fine di consentire una fruizione più ampia di questo istituto, potrebbe modificare questo scenario.
Introduzione

La Class Action costituisce uno strumento speciale di tutela collettiva posto in favore di più soggetti che, contemporaneamente, intendono chiedere un risarcimento per un danno subito. Nonostante la normativa sull'azione di classe attualmente in vigore risalga al 2009 (l. n. 23/2009), in tutti questi anni la legge non ha riscosso un significativo successo in termini di utilizzo. Basandoci sui dati forniti dall'Osservatorio Antitrust emerge infatti uno scarsissimo utilizzo dello strumento della Class Action: dal 2009 a oggi le azioni di classe promosse in Italia sono meno di un centinaio, la maggior parte di queste sono state dichiarate inammissibili e solo 4 si sono concluse con una condanna i cui contenuti “risarcitori” - come vedremo - lasciano spazio a molteplici riflessioni.

La Novella n. 31 del 12 aprile 2019 – che entrerà in vigore a Novembre 2020 e si applicherà solo ai fatti verificatisi successivamente a tale data – si colloca pertanto all'interno di questo scenario e nasce con il dichiarato intento di consentire una fruizione ad ampio raggio della Class Action.

Tra le modifiche più consistenti introdotte dal Legislatore rientrano la scomparsa della figura del consumatore quale unico soggetto legittimato ad agire e l'ampliamento dell'oggetto della tutela intrapresa: la nuova azione di classe potrà trovare applicazione in ogni ambito nel quale un'impresa o un gestore di servizi pubblici o di pubblica utilità pongano in essere comportamenti illeciti plurioffensivi. Resta invece sostanzialmente invariata la disciplina relativa al filtro di ammissibilità all'azione.

Uno degli aspetti maggiormente contestati della riforma attiene al termine per aderire che, con la nuova legge, viene notevolmente ampliato: con l'entrata in vigore della riforma sarà possibile aderire all'azione anche dopo la sentenza di accoglimento della domanda nel merito. Va da sé che in questo modo le imprese resistenti saranno impossibilitate a valutare esattamente il rischio di esposizione legato al giudizio.

Le origini della Class Action in Italia

La Class Action nasce per rispondere principalmente a due esigenze:

1. agevolare la risarcibilità dei cosiddetti “small claims” che si verificano quando i singoli danneggiati, in ragione della minima entità del risarcimento, non sono incentivati ad avviare un giudizio;

2. favorire (almeno sulla carta) l'economia processuale tramite la concentrazione in un unico giudizio dei contenziosi seriali.

Nonostante tali nobili premesse l'istituto è caratterizzato da un excursus legislativo piuttosto travagliato, avendo incontrato sin dall'inizio significative resistenze da parte del Legislatore Italiano.

L'Azione di classe entra per la prima volta nel dibattito parlamentare nel lontano 2004 allo scopo di fornire ai consumatori uno strumento di tutela comune a seguito dei noti scandali finanziari Cirio e Parmalat, tuttavia solo nel 2007 l'istituto della Class Action vede la luce grazie alla Finanziaria 2008 (l. n. 244/2007). In realtà molteplici proroghe hanno portato fino al gennaio 2010, quando è entrata in vigore la l. n. 99/2009 che ha riformulato l'art. 140-bis del Codice del Consumo rimodellando l'impianto precedente.

La Class Action “all'italiana, così come concepita dal 2009 e tutt'ora in vigore, non ha ottenuto grande successo. I motivi di tale “flop” risiedono principalmente nella macchinosità e lungaggine di tutto il procedimento, nei costi processuali e, non ultimo, nella concezione del sistema risarcitorio italiano a evidente finalità reintegratoria, ancora molto lontano dall'acquisire quell'accezione punitiva tipica del sistema statunitense dove, invece, si registra una costante crescita nell'utilizzo delle azioni collettive. Difatti i danni così detti punitivi non trovano una propria legittimazione all'interno dell'ordinamento italiano (recentemente il dibattito sulla legittimità o meno dei danni punitivi in Italia ha trovato grande spunto grazie alla sentenza n. 16601/2017 emessa dalla Suprema Corte di Cassazione che ha ammesso la legittimità di condanne con finalità punitiva in quanto riguardanti l'esecuzione in Italia di tre pronunce emesse negli Stati Uniti).

Pochi infatti i casi di Class Action che hanno finora avuto luogo in Italia e appaiono degni di nota. Uno di questi è il caso Voden Medical: nel 2010 Codacons intraprende azione di classe contro la Voden Medical Instruments S.p.a. per pratiche commerciali ingannevoli riguardanti un kit per diagnosticare l'influenza suina rivelatosi poi inidoneo a soddisfare le necessità dell'acquirente. Se in primo grado il Tribunale ha respinto la domanda per mancanza di prova del danno, in appello e poi in Cassazione nel 2018 è stato confermato un risarcimento di soli € 14,5 -pari al prezzo di acquisto del kit - in favore dell'unico consumatore che aveva aderito all'azione promossa dal Codacons.

Pare altresì degna di nota l'azione promossa da Altroconsumo contro Trenord per i danni subiti nel 2012. L'azione di classe trae origine da un grave blackout durante il cambio di un software avvenuto tra il 9 e il 10 dicembre 2012: per una settimana intera in tutta la Lombardia andarono in tilt le programmazioni degli orari dei treni locali e i turni dei macchinisti, provocando notevoli disagi durante una settimana molto fredda. Nonostante il riconoscimento in sede di Appello di € 100 per ciascuno dei 3.000 consumatori aderenti, l'azione ha poi subito una forte battuta di arresto nel maggio 2019 ad opera della Cassazione: con il provvedimento n. 14886 è stata infatti annullata la sentenza di appello rinviando la decisione ad altra Corte. Le principali ragioni dell'annullamento della sentenza che riconosceva un risarcimento generalizzato, spiega la Suprema Corte, vanno trovate nella prova del danno subito: la Corte, pur confermando la validità del risarcimento del danno non patrimoniale in contesti collettivi, ha tuttavia segnalato la necessità di allegare il danno subito che non può essere rappresentato da un generico e indefinito fastidio soggettivo, insoddisfazione o ansia.

In questo scenario è stata quindi emanata la L. n. 31 dello scorso 12 aprile 2019, la cui entrata in vigore, inizialmente fissata per il 19 aprile 2020, è stata poi nuovamente prorogata al 18 novembre 2020 (per effetto del decreto “mille-proroghe” n. 162 del 30 dicembre 2019). Con questo intervento normativo il Legislatore ha inteso ridisegnare il perimetro di applicazione e gli elementi essenziali di questo istituto proprio con il dichiarato fine di consentire una fruizione ad ampio raggio dell'azione di classe.

Gli elementi distintivi della riforma

Il procedimento ha la forma del rito sommario previsto dall'art. 702 bis c.p.c., si introduce con ricorso davanti Tribunale delle Imprese (Sezioni specializzate già istituite nel 2012) e si articola in tre fasi:

  • Fase 1: attiene alla decisione di ammissibilità dell'azione, emessa con ordinanza, a seguito di una breve istruttoria;
  • Fase 2: riguarda il merito del procedimento e si conclude con l'emissione di una sentenza dichiarativa di responsabilità che conferma o meno la fondatezza della pretesa risarcitoria;
  • Fase 3: è relativa alla liquidazione delle somme attraverso un decreto del giudice delegato.

La Fase 3 appare molto simile alla struttura della procedura concorsuale ed è caratterizzata dalla nomina del Rappresentante Comune degli Aderenti (figura che deve avere gli stessi requisiti di un Curatore Fallimentare) e dalla redazione e successiva approvazione di un progetto di ripartizione. Quella dell'introduzione del Rappresentante Comune degli Aderenti costituisce una novità assoluta: si tratta di un soggetto che predispone e deposita un progetto di ripartizione delle somme in favore di ricorrenti e aderenti, progetto soggetto poi al vaglio del Giudice.

Le modifiche introdotte con la nuova Class Action mirano tutte, come detto, a consentire una più ampia fruibilità dell'istituto. Oltre alla già menzionata scomparsa della figura del consumatore/utente quale unico soggetto legittimato a intraprendere l'azione, a ulteriore conferma della finalità di ampliamento voluta dal Legislatore, si segnala la rimozione dell'istituto dal Codice di Consumo e il suo inserimento all'interno del codice di procedura civile.

Con l'entrata in vigore della riforma saranno titolati ad intraprendere l'azione non solo le associazioni, come era in precedenza, ma anche il singolo componente della “classe”.

Resta invece sostanzialmente invariata la disciplina relativa al filtro di ammissibilità dell'azione così come predisposta dalla riforma del 2009. Nello specifico la legge prevede 4 casi di inammissibilità:

  1. manifesta infondatezza;
  2. carenza del requisito di omogeneità del diritto leso;
  3. presenza di un conflitto di interessi verso la resistente;
  4. incapacità della ricorrente di curare adeguatamente i diritti individuali omogenei fatti valere in giudizio.

Per quanto riguarda la procedura di adesione, il sistema italiano resta ancorato al modello “opt-in”, che prevede una modalità di adesione basata su una necessaria espressa volontà dell'aderente. Ciò a differenza del modello “opt-out”, tipico statunitense, con il quale tutti gli appartenenti alla classe sono automaticamente considerati parte dell'azione a meno che non intendano espressamente esserne chiamati fuori.

La riforma del 2019, inoltre, dilata notevolmente i termini per aderire all'azione: se oggi il termine di adesione è fissato con l'ordinanza di ammissibilità, la Novella consente invece l'adesione alla Class Action anche dopo la sentenza di merito dichiarativa di responsabilità. Torneremo in seguito su questo aspetto che rappresenta uno degli snodi più controversi della riforma.

Proprio al fine di incentivare la classe forense all'utilizzo di questa forma di tutela collettiva viene introdotto un nuovo modello di remunerazione economica: la quota lite. Oltre al risarcimento in favore dei ricorrenti, la legge prevede un quantum ulteriore che l'impresa condannata dovrà liquidare in favore del Rappresentante Comune calcolato proporzionalmente sulla base del numero dei componenti alla azione di classe.

I possibili riflessi della riforma nel mercato assicurativo

Al di là dei notevoli cambiamenti procedurali apportati dalla Novella, un elemento piuttosto destabilizzante per le imprese e, di conseguenza per gli assicuratori delle stesse, è rappresentato dall'ampio potere discrezionale conferito al Giudice nella fase istruttoria dell'azione, fase propedeutica alla sentenza dichiarativa sulla fondatezza o meno delle pretese risarcitorie. L'onere probatorio grava quasi integralmente sull'impresa resistente obbligata a fornire tutta una serie di informazioni e documenti: la Novella stabilisce espressamente che il Giudice ha il potere di ordinare all'impresa resistente l'esibizione di informazioni e documenti di carattere “personale, commerciale, industriale e finanziario, nonché segreti commerciali” (cfr. art. 840-quinquies, VIII comma). Non solo, al IV comma dello stesso articolo si stabilisce che “ai fini dell'accertamento della responsabilità del resistente, il Tribunale può avvalersi di dati statistici e di presunzioni semplici”.

Viene inoltre prevista una sanzione amministrativa pecuniaria (da € 10.000 a € 100.000) in caso di rifiuto di adempiere all'ordine di esibizione e, da ultimo, quale ulteriore deterrente al diniego di disclosure, la riforma stabilisce che il Giudice in caso di rifiuto da parte dell'impresa resistente “può ritenere provato il fatto al quale la prova si riferisce” (cfr. comma XII dell'art. 840-quinquies).

Appare in modo evidente come un potere discrezionale così ampio porti con sé un'alea che grava inesorabilmente sulle imprese resistenti. Questo elemento di incertezza si amplia maggiormente se si considera che, visto che la procedura per come è stata rimodellata consente l'adesione dei soggetti anche dopo la sentenza dichiarativa di responsabilità, l'impresa resistente non ha la possibilità di conoscere fin da subito il numero dei soggetti aderenti e la somma risarcitoria cui potrebbe essere potenzialmente esposta.

A ciò si aggiungano poi gli impatti mediatici di un'azione di classe e i correlati effetti reputazionali suscitati generalmente da questa tipologia di strumenti di tutela collettiva. Sotto questo profilo la Class Action potrebbe rappresentare uno strumento di indebita pressione sulle imprese che, al fine di evitare il rischio e l'alea di un processo, si ritroverebbero spinte a ricercare una definizione transattiva intraprendendo una negoziazione diretta con le parti coinvolte.

Da questo punto di vista si pone tuttavia un dubbio: atteso che la nuova procedura amplia il termine di adesione a un momento successivo alla sentenza di accoglimento, questo implica che una soluzione transattiva ante sentenza, pur perseguendo lo scopo di limitare i danni reputazionali, lascerebbe comunque spazio per un nuovo giudizio azionabile da coloro che non hanno partecipato alla transazione.

In questo scenario di incertezza uno dei pochi rimedi per le imprese non potrà che essere di carattere preventivo, ovvero quello di acquisire strumenti di autogestione e di autotutela atti a limitare il più possibile il ricorso allo strumento dell'azione collettiva al fine di evitare le conseguenze che la stessa comporta. Il tutto con evidenti maggiori costi sulle imprese stesse.

Sotto il profilo più strettamente assicurativo ciò che ci si potrebbe eventualmente attendere all'indomani dell'entrata in vigore della legge - ribadiamo per ora più volte posticipata - potrebbe essere una rimodulazione dei premi assicurativi per quelle coperture che potrebbero subire il maggiore impatto. Pensiamo ad esempio alle coperture Rc prodotti o cyber risk che subirebbero un impatto “diretto”, oppure all'impatto “riflesso” su garanzie D&O in termini di possibile rivalsa delle stesse imprese resistenti ai danni dei propri amministratori “colpevoli” di scelte manageriali oggetto di eventuali Class Action. Da non sottovalutare inoltre la questione relativa all'operatività delle garanzie in essere in relazione alla clausola dei sinistri in serie rispetto alle azioni collettive.

Da ultimo, si evidenzia che nel panorama assicurativo italiano non è nota la presenza di clausole specifiche o prodotti ad hoc per l'assicurabilità dei danni da Class Action, probabilmente proprio a causa dello scarso utilizzo, fino ad ora, dell'istituto. Tuttavia, laddove la riforma dovesse far acquisire alla Class Action un'effettiva portata generale, occorrerà forse pensare a strumenti ad hoc per consentire una più corretta valutazione dei rischi assunti.

Le reazioni alla riforma

Le reazioni degli addetti ai lavori rispetto ai contenuti della riforma appaiono piuttosto contrastanti.

Le associazioni di categoria delle imprese, prima tra tutte Assonime (Associazione fra le Società Italiane per Azioni), hanno mostrato sin da subito un forte disappunto verso l'ultimo intervento normativo in particolare con riferimento all'aspetto dell'ampliamento del termine di adesione. Con la circolare n. 17 del 2019 Assonime ha infatti evidenziato talune problematiche di coerenza del sistema unitamente alla possibile mancanza di garanzie per le imprese. Secondo l'Associazione con questo sistema aumenterebbe infatti il rischio di un utilizzo “strategico” dello strumento processuale da parte degli aderenti i quali potrebbero scientemente attendere l'emissione della sentenza dichiarativa per poi unirsi all'azione solo in caso di pronuncia favorevole. In questo modo le imprese saranno impossibilitate a fare una stima puntuale dell'esposizione futura in tema di eventuali risarcimenti da liquidare (cfr. Ridare, “Class Action: il disappunto di Assonime sull'adesione post-sentenza” di Redazione scientifica del 22-08-2019).

Anche Ania non ha accolto con favore l'ingresso della riforma sulla Class Action auspicando un'ulteriore proroga fino a gennaio 2021.

Antonio Catricalà, ex Presidente dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, ha mosso diverse critiche contro la riforma dichiarando espressamente: «Preoccupa da un lato l'ampliamento del perimetro all'interno del quale potrà essere esperita l'azione di classe el'assoluta imprevedibilità dei costi legati al contenzioso. Alcuni sollevano il punto delle coperture assicurative per i danni da Class Action. Il tema è oggettivo: la riforma aumenta il rischio per le imprese di essere chiamate a pagare risarcimenti cospicui, non quantificabili ex ante. Credo che il sistema assicurativo si dovrà attrezzare per fornire prodotti adeguati» (cfr. www.assinews.itClass Action, legali preoccupati per lo sbilanciamento dei ricorsi”, a cura di Federico Unnia, del 27-05-2019).

Anche Confindustria, all'indomani dell'approvazione della riforma della Class Action, si è espressa in termini piuttosto negativi auspicando una profonda modifica del testo legislativo al fine di consentire una concreta e definita quantificazione degli interlocutori che intraprendono l'azione.

Come prevedibile la riforma è stata invece accolta positivamente dalle varie Associazioni di Consumatori che intravedono nella Novella la possibilità di un “riscatto” della Class Action. Ciononostante, le diverse Associazioni di Consumatori hanno segnalato con riluttanza come il “primo scoglio” legato al filtro di ammissibilità dell'azione sia comunque rimasto immutato, evidenziando che questa impalcatura iniziale potrebbe continuare a costituire un freno all'auspicato snellimento e velocizzazione della procedura.

Class Action ai tempi del COVID-19

Parlando di Class Action in questo preciso momento storico non si può ignorare la tematica relativa all'emergenza globale che tutti noi stiamo vivendo a causa della pandemia.

Risale a fine aprile la notizia diffusa dal Codacons da cui emerge la volontà di intraprendere l'iter di una Class Action contro la Cina per i danni da pandemia, questo in relazione all'asserito ritardo nella comunicazione dell'emergenza da contagio. L'Associazione di consumatori ha deciso infatti di valutare - con il supporto dello studio legale americano Kenneth B. Moll - la fattibilità di una Class Action contro il Governo di Pechino. L'azione dovrebbe svolgersi presso le Corti statunitensi, con conseguente applicazione del diritto americano, notoriamente più severo sul tema. Allo stesso modo anche la onlus “Oneurope” ha inaugurato una piattaforma web di adesione online per una Class Action contro la Cina in favore delle vittime da Covid-19. In entrambi i casi non sono molto chiari i requisiti di adesione, la strategia processuale, né tantomeno i perimetri risarcitori. Tuttavia, considerata l'enorme difformità delle lesioni subite da ciascun soggetto a seguito del Covid-19, pare difficile pensare al superamento del filtro di ammissibilità relativo alla necessaria omogeneità dei diritti lesi.

Ritornando invece all'interno del territorio italiano, risulta difficile immaginare che vengano intentate azioni collettive per il risarcimento dei danni da Covid-19, specialmente se collegate al ristoro del danno non patrimoniale. Infatti, nel caso di ipotetiche azioni di classe per danni da pandemia, risulta difficilmente superabile l'ostacolo legato al filtro di ammissibilità relativo all'omogeneità dei diritti oggetto di lesione. A ciò si aggiunga l'esclusione dall'ordinamento italiano dei danni così detti punitivi, tipici invece delle azioni collettive.

Infine, vista l'applicabilità della riforma alle sole condotte successive all'entrata in vigore della legge, eventuali azioni di classe promosse resterebbero comunque soggette alla disciplina ante-riforma.

Pertanto, l'utilizzo di questo strumento in relazione alla pandemia appare un'ipotesi abbastanza improbabile specialmente in materia di danni non patrimoniali che, ai fini del risarcimento, richiedono un'indagine personalizzata caso per caso rispetto alle varie situazioni soggettive coinvolte.

Conclusioni

Sebbene la riforma non sia ancora entrata in vigore non si può ignorare il potenziale impatto della legge sulle imprese resistenti in termini di maggiore incertezza nella valutazione dei rischi connessi alla Class Action. Come detto, tale considerazione va tuttavia contemperata con l'aspetto relativo al filtro di ammissibilità che la riforma non ha modificato. Se si considera infatti che tale filtro ha da sempre costituito un importante freno all'avvio procedimento, è difficile prevedere quella che sarà la portata effettiva della riforma e, quindi, verificare se le finalità di ampliamento intese dal Legislatore troveranno poi reale compimento.

Infine, si tenga in considerazione – come già segnalato – che il decreto “milleproroghe” n. 162 del 30 dicembre 2019 ha ulteriormente procrastinato l'entrata in vigore al 18 novembre 2020. Il rinvio trova la sua spiegazione e giustificazione nella necessità di consentire al Ministero della Giustizia di predisporre le più idonee modifiche dei sistemi informatici ai fini della conoscibilità e pubblicità dei procedimenti. Alla luce delle forti critiche mosse da più fronti ai danni della riforma e, soprattutto, in considerazione dell'attuale contesto di emergenza globale che sta colpendo l'economia, la politica e la società intera a causa del Covid-19, non è remoto pensare a un'ulteriore proroga dell'entrata in vigore della Novella.

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