L'obbligo di informazione alla persona offesa della richiesta di revoca o di modifica della misura cautelare (e del successivo provvedimento di accoglimento)

10 Settembre 2020

L'art. 299, comma 3, c.p.p. prevede che la richiesta di revoca o di sostituzione delle misure cautelari, applicate nei procedimenti aventi ad oggetto reati commessi con violenza alla persona, debba essere notificata, a cura della parte richiedente ed a pena di inammissibilità...
Abstract

L'art. 299, comma 3, c.p.p. prevede che la richiesta di revoca o di sostituzione delle misure cautelari, applicate nei procedimenti aventi ad oggetto reati commessi con violenza alla persona, debba essere notificata, a cura della parte richiedente ed a pena di inammissibilità, al difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, direttamente alla persona offesa. Il comma precedente della medesima disposizione stabilisce che i provvedimenti di revoca o di modifica di misure cautelari coercitive, disposti negli stessi procedimenti, debbano essere immediatamente comunicati ai servizi socio-assistenziali e alla persona offesa, mentre vanno comunicati anche al difensore della persona offesa solo se nominato. Queste norme sollevano delicati quesiti interpretativi, in particolare nel caso in cui la persona offesa non abbia nominato un difensore e non abbia eletto o dichiarato un domicilio.

Gli obblighi informativi previsti dall'art. 299 c.p.p. La comunicazione alla persona offesa della revoca o della modifica della misura

L'art. 299, comma 2-bis, cod. proc. pen. prevede che i provvedimenti di revoca o di modifica di misure cautelari coercitive, sia obbligatorie (artt. 282-bis, 282-ter, 283 cod. proc. pen.), sia custodiali (art. 284, 285 e 286 cod. proc. pen.), applicate nei procedimenti aventi ad oggetto delitti commessi con violenza alla persona, devono essere immediatamente comunicati, a cura della polizia giudiziaria, ai servizi socio-assistenziali e alla persona offesa e, ove nominato, (anche) al suo difensore.

Questa disposizione è stata inserita nel codice di rito dall'art. 2, comma 1, lett. b), n. 1), d.l. 14 agosto 2013, n. 93, che introduceva specifici obblighi di comunicazione riferiti soltanto alle misure previste dagli artt. 282-bis e 282-ter cod. proc. pen. La legge n. 119 del 2013, nel convertire il decreto-legge, ha esteso l'obbligo di informazione anche ai provvedimenti cautelari previsti dagli artt. 283, 284, 285 e 286 cod. proc. pen. La norma, quindi, è stata successivamente modificata dall'art. 15, comma 4, della legge 19 luglio 2019, n. 69, cd. “Codice rosso”, a decorrere dal 9 agosto 2019, con previsione della comunicazione direttamente alla persona offesa, in ogni caso e non solo in mancanza della nomina di un difensore, come previsto in precedenza.

L'informazione, come è evidente, persegue l'obiettivo immediato di mettere in guardia la persona offesa in modo da preservarla dal pericolo di recidiva. Da qui la previsione di un obbligo informativo rivolto alla stessa persona offesa e al suo difensore solo in aggiunta, sempre che sia stato nominato.

(Segue). La comunicazione della richiesta di revoca o della modifica

L'art. 299, comma 3, secondo periodo, cod. proc. pen. stabilisce che la richiesta di revoca o di sostituzione delle misure cautelari predette, applicate nei procedimenti indicati, che non sia stata proposta in sede di interrogatorio di garanzia, deve essere contestualmente notificata, a cura della parte richiedente ed a pena di inammissibilità, presso il difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa, salvo che in quest'ultimo caso essa non abbia provveduto a dichiarare o eleggere domicilio.

L'informazione è funzionale a permettere alla persona offesa di interloquire sulla richiesta (Cass. pen. Sez. VI, 09/02/2016, n. 6864). La stessa norma, infatti, prosegue prevedendo che il difensore e la persona offesa possono, nei due giorni successivi alla notifica, presentare memorie ai sensi dell'art. 121 cod. proc. pen.

Una norma di analogo tenore è contenuta nell'art. 299, comma 4- bis, cod. proc. pen. secondo cui, anche dopo la chiusura delle indagini preliminari, la richiesta di revoca o di sostituzione della misura coercitiva deve essere contestualmente notificata, a cura della parte richiedente ed a pena di inammissibilità, presso il difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa, salvo che in quest'ultimo caso essa non abbia provveduto a dichiarare o eleggere domicilio.

L'obbligo di notifica alla persona offesa o al suo difensore della richiesta di modifica o sostituzione della misura cautelare, previsto a pena di inammissibilità dall'art. 299 cod. proc. pen., non trova applicazione allorché l'istanza sia formulata in udienza alla presenza della stessa persona offesa o del difensore di questa, per evitare un aggravio procedimentale che non garantirebbe alcuna tutela ulteriore alla parte (Cass. pen. Sez. V, 8/11/2018, n. 9872).

La comunicazione del provvedimento di revoca o di modifica della misura cautelare, come si è visto, va rivolta alla persona offesa e al suo difensore solo nel caso sia stato nominato; nel caso dell'istanza rivolta a tale scopo, invece, è privilegiato il profilo strettamente tecnico della domanda formulata dall'imputato, essendo stato previsto che la comunicazione debba essere rivolta al difensore eventualmente nominato dalla persona offesa, garantendo l'eventuale contraddittorio, e solo in sua mancanza alla stessa persona offesa (Cass. Sez. III, 21/02/2020, n. 15609).

I dibbi interpretativi: la nozione di delitti commessi con violenza alla persona

Le norme illustrate hanno sollevato notevoli quesiti interpretativi.

Il primo di essi, che, invero, si è manifestato fin dalle prime applicazioni della disposizione (Tribunale di Torino, Sez. G.i.p., ord. 4 novembre 2013, in Dir. Pen. Cont., 2013), concerne l'individuazione dell'area operativa degli obblighi informativi illustrati. L'art. 299, comma 2-bis, cod. proc. pen. fa riferimento ai “procedimenti aventi ad oggetto delitti commessi con violenza alla persona”.

Secondo un orientamento giurisprudenziale, la nozione indicata include tutti quei delitti, consumati o tentati, che si sono manifestati in concreto con atti di violenza fisica, ovvero morale o psicologica, in danno della vittima del reato (Cass. pen. Sez. II, 24/06/2016, n. 30302; Cass. pen. Sez. I, 29/10/2015, n. 49339).

Tale interpretazione del dato normativo, che appare strettamente letterale, conduce ad estendere notevolmente lo spazio applicativo degli obblighi illustrati.

Secondo l'indirizzo che appare prevalente nella giurisprudenza di legittimità, invece, la nozione di "delitti commessi con violenza alla persona", utilizzata dal legislatore nell'art. 299, comma 2-bis, cod. proc. pen. al fine di individuare l'ambito di applicabilità dell'obbligo di notifica alla persona offesa della richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare, evoca tutti i delitti maturati nell'ambito di un pregresso rapporto tra vittima e aggressore ovvero quei delitti per i quali sussistono concrete possibilità di intimidazione o di ritorsioni, circostanze che permettono di individuare un fondamento razionale alla norma, tale da giustificare la compressione dei diritti processuali dell'indagato sottoposto a limitazione della libertà personale (Cass. pen. Sez. II., 04/05/2017, n. 36680; Cass. pen. Sez. II, 08/06/2017, n. 46996).

Secondo tale impostazione, la partecipazione della persona offesa all'incidente cautelare e, dunque, il diritto a ricevere la notifica della richiesta del pubblico ministero o dell'imputato previsto dall'art. 299, comma 3, cod. proc. pen., sussiste nei casi di delitti commessi con violenza alla persona che consentono di ritenere esistente un pericolo di recidiva "personale" per la vittima (Cass. pen., Sez. II, 28/03/2019, n. 17335; Cass. pen. Sez. V, 08/01/2020, n. 4485). Tale interpretazione si fonda su dati ermeneuti desumibili dai principi espressi dalla direttiva 2012/29/UE, recante norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato.

La giurisprudenza ha pure precisato che l'obbligo di notifica al difensore della persona offesa della richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare, prescritto a pena di inammissibilità dall'art. 299 cod. proc. pen., opera anche nel caso in cui l'istanza abbia ad oggetto il mero mutamento delle condizioni di esecuzione della misura coercitiva, come ad esempio nel caso di istanza volta ad ottenere il mutamento del luogo di detenzione domiciliare (Cass. pen. Sez. V, 24/02/2016, n. 18306).

(Segue). Il rilievo della dichiarazione o dell'elezione di domicilio alla persona offesa

Il profilo di maggiore complessità nella interpretazione delle norme illustrate è rappresentato dall'individuazione del significato dell'inciso, contenuto negli artt. 299, comma 3 e comma 4-bis, cod. proc. pen. secondo cui si procede alla notifica presso il difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, direttamente alla persona offesa, “salvo che in quest'ultimo caso essa non abbia provveduto a dichiarare o eleggere domicilio”.

La disposizione, invero, disciplina due ipotesi.

La prima riguarda il caso in cui la persona offesa dal reato abbia nominato un difensore ex art. 101 cod. proc. penper l'esercizio dei diritti e delle facoltà ad essa attribuiti”. In questo caso, essa ha diritto di ricevere la notificazione della richiesta di revoca o di sostituzione della misura coercitiva, custodiale o obbligatoria, presso il difensore nominato, domiciliatario ex lege ai sensi dell'art. 33 disp. att. cod. proc. pen., senza che possa sorgere alcun problema, neppure di carattere pratico, attesa la facile reperibilità del difensore della persona offesa, che può essere raggiunto agevolmente da una notificazione con il mezzo della posta certificata (Cass. pen. Sez. V, 08/01/2020, n. 4485).

La seconda ipotesi, che ricorre quando la persona offesa non ha nominato un difensore, si presenta di difficile interpretazione.

Secondo un orientamento giurisprudenziale, infatti, in tale caso l'obbligo di notifica a pena di inammissibilità sussiste soltanto se la persona offesa ha eletto o dichiarato un domicilio. La norma, ancorché scritta “in negativo” (“… non abbia provveduto …”) intenderebbe circoscrivere l'area operativa dell'obbligo di notifica alle sole ipotesi in cui la persona offesa ha eletto o dichiarato un domicilio (Cass. pen. Sez. I, 17/01/2020, n. 5552; Cass. pen. Sez. II, 03/02/2016, n. 12325).

A sostegno di questo indirizzo si richiama essenzialmente il tenore letterale della disposizione, anche se l'ispirazione sottesa allo stesso pare derivare dalle difficoltà pratiche che potrebbero insorgere per effettuare la notificazione se la persona offesa non ha eletto o dichiarato un domicilio.

Alla stregua di questa impostazione, comunque, la notificazione della richiesta di revoca o di modifica della misura cautelare non proposta nell'interrogatorio di garanzia (art. 299, comma 3, cod. proc. pen.) o non presentata in udienza (art. 299, comma 4-bis, cod. proc. pen.) deve essere effettuata, a pena di inammissibilità in tre casi:

  1. se la persona offesa ha nominato un difensore;
  2. se ha eletto un domicilio;
  3. se ha dichiarato un domicilio.

Un diverso orientamento giurisprudenziale, invece, sostiene che l'istanza di revoca o di modifica della misura cautelare deve essere notificata direttamente alla persona offesa, in mancanza di nomina di un difensore, anche in assenza di una sua formale dichiarazione o elezione di domicilio (Cass. Sez. 6, 14/11/2017, n. 8691; Cass. Sez. 2, 01/04/2016, n. 19704; Cass. Sez. 2, 19/11/2014, n. 52127). Secondo questa impostazione, gli art. 299, comma 3 e comma 4-bis, cod. proc. pen., prevederebbero distinte modalità di notifica alla persona offesa:

  1. presso il difensore di fiducia eventualmente nominato, ai sensi dell'art. 33 disp. att. cod. proc. pen.;
  2. personalmente, presso la stessa persona offesa, nel caso in cui non abbia nominato un difensore di fiducia.

Qualora la persona offesa abbia eletto o dichiarato domicilio, tuttavia, la notifica deve essere sempre eseguita in tale luogo, anche se avesse già provveduto alla nomina di un difensore di fiducia. L'inciso contenuto nelle norme illustrate (“… salvo che in quest'ultimo caso essa non abbia provveduto”), pertanto, esprimerebbe la prevalenza della notificazione al domicilio eletto o dichiarato rispetto a quella al difensore (in deroga alla domiciliazione della persona offesa ex lege ai sensi dell'art. 33 disp. att. cod. proc. pen., presso il difensore di fiducia).

Sul piano pratico, poi, è stato precisato che è sufficiente che l'imputato alleghi la prova di avere contestualmente notificato, mediante raccomandata con ricevuta di ritorno, la richiesta di revoca o sostituzione della misura alla persona offesa presso il domicilio risultante in atti, laddove quest'ultima non sia assistita da difensore di fiducia e non abbia dichiarato o eletto domicilio (Cass. pen. Sez. V, 08/01/2020, n. 4485).

La richiesta di revoca della misura cautelare applicata nei procedimenti per reati commessi con violenza alla persona deve ritenersi ritualmente notificata ove risulti consegnata "brevi manu" al difensore della persona offesa il quale vi abbia apposto la sottoscrizione per presa visione (Cass. Sez. II, 20/11/2018 n. 57845).

Una recente sentenza della Corte di cassazione ha affermato che la notificazione della richiesta di revoca o modifica della misura cautelare possa essere effettuata dal difensore del ricorrente a quello della persona offesa anche a mezzo posta elettronica certificata (Cass., Sez. V, 3/7/2020, n. 23127; contra Cass., Sez. 4, 23/01/2018, n. 21056).

(Segue). L'individuazione della persona offesa da informare

Al fine di individuare la persona destinataria dell'informazione, la giurisprudenza ha richiamato il canone della ordinaria diligenza esigibile nella fattispecie concreta, considerando destinatari della notifica solo le persone offese i cui dati siano immediatamente ricavabili dal fascicolo processuale (Cass. pen. Sez. V, 08/01/2020, n. 4485), con la ulteriore precisazione che "in caso di allontanamento dal domicilio per destinazione ignota, nessun onere di ricerca grava sulla parte istante" (Cass. Sez. VI, 14/11/2017, n. 8691).

Alla stregua di questa impostazione, l'onere di notifica imposto a pena di inammissibilità presuppone che la persona offesa sia agevolmente "reperibile" in base ai dati rilevabili dagli atti accessibili alla parte istante; in difetto di tale condizione l'istanza dovrà essere valutata nel merito, stante l'incolpevole impossibilità di adempiere all'obbligo informativo (Cass. Sez. II, 03/05/2017, n. 36167).

(Segue). La rilevabilità d'ufficio dell'inammissibilitàSEGUE: LA RILEVABILITÀ D'UFFICIO DELL'INAMMISSIBILITÀ

Secondo un indirizzo giurisprudenziale, l'inammissibilità dell'istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare personale applicata nei procedimenti aventi ad oggetto delitti commessi con violenza alla persona, prevista dall'art. 299, comma 3, c.p.p., come modificato dall'art. 2 del d.l. 14 agosto 2013, n. 93, quale conseguenza della mancata notifica della richiesta medesima, a cura della parte richiedente alla persona offesa, è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo cautelare e non può essere sanata fino al formarsi del giudicato (Cass. 14/11/2017, n. 8691; Cass. pen. Sez. II, 14/07/2016, n. 33576; Cass. pen. Sez. II, 20/06/2014, n. 29045).

La riforma dell'art. 90-ter c.p.p. a opera del cd. Codice rosso

Per completezza appare utile ricordare che l'art. 15 della legge n. 69 del 2019, nota con la denominazione “Codice rosso”, ha modificato diverse disposizioni del codice di rito, tra cui l'art. 299, comma 2-bis, cod. proc. pen. in precedenza illustrato, modificando il sistema delle comunicazioni dei provvedimenti relativi ai delitti con violenza alla persona al fine di consentire una più ampia informazione della persona offesa e del suo difensore.

All'art. 90-ter cod. proc. pen., in particolare, è stato inserito un nuovo comma 1-bis per prevedere la comunicazione obbligatoria alla persona offesa da un reato di violenza domestica o di genere e al suo difensore dell'adozione di provvedimenti di scarcerazione, di cessazione della misura di sicurezza detentiva e di evasione. Secondo questo nuovo comma la comunicazione illustrata deve essere “sempre” data - e non solo su richiesta della stessa persona offesa - alle vittime degli specifici delitti di violenza domestica e di genere, aggiungendo che essa debba essere rivolta non solo alla persona offesa, ma anche al suo difensore.

I reati per i quali è stato previsto tale obbligo di comunicazione sono quelli di cui agli artt. 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis cod. pen. nonché dagli art. 582 e 583-quinquies cod. pen. nelle ipotesi aggravate ai sensi degli art. 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, cod. pen.

L'art. 90-ter cod. proc. pen., intitolato “Comunicazioni dell'evasione e della scarcerazione”, più in generale, è stato introdotto dal d. lgs. n. 212 del 2015, di attuazione della direttiva 2012/29/UE. Integrando il regime delle comunicazioni di cui all'art. 299, commi 2-bis, 3 e 4-bis, cod. proc. pen.,in tema di sostituzione o revoca di misure cautelari, questa disposizione ha previsto che, fermo restando le previsioni dell'art. 299 cod. proc. pen., “nei procedimenti per delitti commessi con violenza alla persona sono immediatamente comunicati alla persona offesa che ne faccia richiesta, con l'ausilio della polizia giudiziaria, i provvedimenti di scarcerazione e di cessazione della misura di sicurezza detentiva”. Con le medesime modalità deve essere data tempestiva notizia “dell'evasione dell'imputato in stato di custodia cautelare o del condannato, nonché della volontaria sottrazione dell'internato all'esecuzione della misura di sicurezza detentiva”.

Il presupposto che permette di attivare l'obbligo di informazione, dunque, è una richiesta della persona offesa.

L'oggetto della comunicazione è rappresentato dai provvedimenti di scarcerazione e di cessazione della misura di sicurezza detentiva; vanno altresì comunicate l'evasione dell'imputato in stato di custodia cautelare o del condannato e la volontaria sottrazione dell'internato all'esecuzione della misura di sicurezza detentiva, situazioni che ricorrono quando è lo stesso imputato o indagato che si è sottratto al regime detentivo.

Il primo quesito posto da tale disposizione ha riguardato l'interpretazione del termine “scarcerazione”. Se inteso in senso ampio, infatti, dovrebbe riferirsi a tutti i casi in cui si verifica una modifica del regime detentivo per decisione dell'Autorità che comporti l'uscita dell'autore del reato dallo stato custodiale, anche per brevi periodi, per esempio a seguito della concessione di misure alternative alla detenzione o di benefici penitenziari, come permessi o licenze. L'adesione a questa prospettiva determinerebbe la necessità di effettuare un notevole numero di avvisi alla persona offesa, con conseguenziale onere per i soggetti pubblici coinvolti.

Il soggetto che deve provvedere ad informare la vittima è la polizia giudiziaria. Sebbene l'art. 148 cod. proc. pen. non includa la polizia giudiziaria tra gli organi preposti, in via generale, alla notificazione degli atti, per una determinata categoria di illeciti - procedimenti per delitti commessi con violenza alla persona – essa deve essere impiegata anche per compiti di informazione della persona offesa. Detto impegno comunicativo, per giunta, deve essere eseguito “tempestivamente”.

L'art. 90-ter cod. proc. pen., inoltre, ha fissato anche il limite dell'obbligo informativo, cui non si deve dare corso se risulta “il pericolo concreto di un danno per l'autore del reato”. L'esistenza di concreti elementi da cui desumere la possibilità di azioni ritorsive contro l'imputato, il condannato o l'internato in stato di libertà, dunque, rappresentano per il legislatore legittimo motivo ostativo all'informazione in esame. Questa limitazione dell'informazione attua la direttiva europea che legittima la mancata comunicazione, anche se richiesta, quando “… risulti il pericolo concreto di un danno per l'autore del reato”.

Il pericolo concreto di un danno per l'autore del reato, secondo l'art. 90-ter, comma 1, cod. proc. pen. legittima la mancata informazione alla persona offesa “anche nell'ipotesi di cui all'art. 299 cod. proc. pen.”. Quest'ultimo inciso, invero, è di difficile interpretazione, posto che la norma si apre con la previsione che essa opera “Fermo restando quanto previsto dall'art. 299 cod. proc. pen.

(Segue). Le finalità degli obblighi informativi

L'informazione alla persona offesa, in conclusione, persegue l'obiettivo immediato di mettere in guardia la persona offesa assicurandole una maggiore tutela.

Il coinvolgimento della vittima nelle vicende evolutive della pena o delle misure applicate all'autore del reato sottende il delicato tema del limite fino al quale possa spingersi il riconoscimento di un ruolo agli interessi privati della persona offesa nella giustizia penale. In proposito, si deve rilevare che la Corte di giustizia, con la sentenza 15/09/ 2011, Cause C-483 e C-1/10, Guye e Sanchez, ha escluso che alla vittima possa essere riconosciuto un diritto nella determinazione della pena da irrogare (ma non pare che una simile esclusione sia prevista per le misure cautelari), sottolineando come la decisione quadro 2001/220/GAI (successivamente sostituita dalla direttiva 2001/29/UE) riconosca alle vittime unicamente diritti di natura processuale, ma non estende la tutela al diritto sostanziale.

Guida all'approfondimento

H. Belluta, Revoca o sostituzione di misura cautelare e limiti al coinvolgimento della vittima, nota a Tribunale di Torino, Sez. G.i.p., ord. 4 novembre 2013, in Dir. Pen. Cont., 2013; M. Bontempelli, Novità nelle procedure di revoca e sostituzione, in Diddi - Geraci (a cura di), Misure cautelari 'ad personam' in un triennio di riforme, Torino, 2015, 151; V. Cuneo, Il pregiudizio alle ragioni della libertà dovuto al coinvolgimento della persona offesa nelle vicende modificative delle misure cautelari personali, in Arch. pen., n. 2, 2016, 1; D. Potetti, Il nuovo art. 299 c.p.p. dopo il decreto legge n. 93 del 2013, in Cass. pen., 2014, 985; M. Raco, Omesso avviso all'offeso della revisione della misura cautelare: "molto rumore per nulla", in Dir. Pen. e Processo, 2019, 2, 244; F. Zacché, Il sistema cautelare a protezione della vittima, in Arch. pen., n. 3, 2016, 14; F. Zacché, Le cautele fra prerogative dell'imputato e tutela della vittima di reati violenti, in Riv. it. dir. proc. pen., 2015, 673.

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