Responsabilità medica e nesso causale: rilevanza delle contingenze del caso concreto

Vittorio Nizza
14 Settembre 2020

In tema di responsabilità medica omissiva, il meccanismo controfattuale, necessario per stabilire l'effettivo rilievo condizionante della condotta umana...
Massima

In tema di responsabilità medica omissiva, il meccanismo controfattuale, necessario per stabilire l'effettivo rilievo condizionante della condotta umana [nella specie: l'effetto salvifico delle cure omesse], deve fondare non solo su affidabili informazioni scientifiche ma anche sulle contingenze significative del caso concreto, dovendosi comprendere: a) qual è solitamente l'andamento della patologia in concreto accertata; b) qual è normalmente l'efficacia delle terapie; c) quali sono i fattori che solitamente influenzano il successo degli sforzi terapeutici. Sulla base di tali elementi, l'esistenza del nesso causale può essere ritenuta solo quando l'effetto salvifico dei trattamenti terapeutici non compiuti sia caratterizzata da elevata probabilità logica, ovvero sia fortemente corroborata alla luce delle informazioni scientifiche e fattuali disponibili (si veda Sezioni Unite, 10 luglio 2002, Franzese).

Il caso

La vicenda in oggetto vedeva imputata per il reato di omicidio colposo ex art. 589 c.p. la dott.ssa B. quale medico in servizio presso il reparto di cardiologia dell'ospedale istraelitico che ebbe ad occuparsi della paziente poi deceduta a causa di una insufficienza cardiocircolatoria acuta da trombo embolia polmonare massiva per trombosi venosa profonda. Secondo la ricostruzione accusatoria la condotta colposa addebitabile all'imputata sarebbe consistita nell'omessa prescrizione e somministrazione di adeguata terapia profilattica antitrombotica a base di derivati eparinici. Terapia che, se tempestivamente somministrata, avrebbe potuto scongiurare l'evento.

L'imputata veniva condannata in primo e secondo grado alla pena di un anno di reclusione, oltre alla refusione dei danni a favore delle parti civili.

Avverso la sentenza di appello proponeva ricorso per cassazione la difesa della dottoressa.

La questione

Nella sentenza in commento la Corte analizza la problematica della responsabilità medica omissiva sotto il profilo della valutazione della sussistenza di una posizione di garanzia in capo al sanitario coinvolto e del nesso di causa alla luce dei principi fatti propri dalla giurisprudenza sull'elaborazione del c.d. giudizio controfattuale.

Le soluzioni giuridiche

Le doglianze formulate dalla difesa dell'imputato nell'atto di impugnazione riguardavano fondamentalmente tre spetti. Sotto il primo profilo si evidenziava una carenza motivazionale delle sentenze di merito in relazione all'individuazione della causa del decesso. Secondo la difesa, infatti, non poteva essere escluso che il decesso fosse stato determinato da un'embolia autoctona della vena cava, evento quindi imprevedibile ed inevitabile o comunque non collegabile ad una condotta omissiva del sanitario.

La Corte esclude l'accoglibilità di tale motivo. Secondo i supremi giudici le motivazioni delle sentenze di primo e secondo grado sarebbero state logiche ed esaustive nell'escludere l'ipotizzabilità di una trombosi autoctona quale causa del decesso. Il quadro probatorio, su cui i giudici di merito si erano correttamente soffermati nelle sentenze, aveva invece fatto emergere quale causa del decesso una trombosi profonda venosa, prevedibile ed evitabile con la tempestiva somministrazione di eparina.

Nel secondo motivo si lamentava, invece, un'errata interpretazione dell'art. 40 c.p. in ordine all'assunzione di una posizione di garanzia in capo all'imputata, in quanto la stessa sarebbe stata solo un consulente con contratto di 22 ore settimanali presso l'ospedale istraelitico ed avrebbe visitato la paziente solo in tre occasioni durante il suo ricovero.

Secondo la Corte anche tale censura sarebbe destituita di fondamento. Ciò che rileva perché sorga una posizione di garanzia è l'attività svolta ed il rapporto instauratosi con la vittima e non il rapporto contrattuale con un terzo. Non è necessario che vi sia un'investitura formale per l'assunzione da parte di un soggetto della posizione di garanzia nei confronti di un determinato bene giuridico, ma è sufficiente l'esercizio anche di fatto delle funzioni tipiche del garante, purché l'agente assuma la gestione dello specifico rischio mediante un comportamento concludente, consistente nella presa in carico del bene protetto. Nello specifico caso, la dottoressa, a prescindere dal suo rapporto contrattuale con la struttura sanitaria, aveva preso in carico la paziente, ne aveva seguito il decorso ospedaliero, visitandola tutti i giorni durante il suo ricovero.

L'ultima doglianza – accolta dalla Corte - aveva ad oggetto la valutazione della sussistenza del nesso di causa. La Corte fa proprie le considerazioni espresse dalla difesa in merito alla valutazione della sussistenza del nesso di causa evidenziando come le motivazioni dei giudici di merito siano state carenti essendosi limitate ad affermare la sussistenza del nesso causale alla luce del mero dato statistico ed astratto prescindendo completamente dalla situazione concreta. In particolare non sarebbero state tenute in considerazione le condizioni della paziente, il lasso temporale intercorso dal momento in cui sarebbe insorta la doverosità della terapia antitrombotica e il momento del decesso, i tempi ordinari e specifici di efficacia della terapia omessa, l'evoluzione della patologia trombotica e l'analisi del relativo livello di gravità al momento in cui si sarebbe dovuta iniziare la terapia omessa.

Inoltre, evidenziano ancora i supremi Giudici, non sarebbe stata individuata in maniera precisa, ma in termini solamente generici, l'effettiva probabilità logica dell'efficacia salvifica delle cure omesse, ossia la capacità della somministrazione dell'eparina di ridurre il rischio del verificarsi della complicanza troboembolica con specifico riferimento alla situazione fisica e clinica della paziente.

La Corte rinviava annullava pertanto la sentenza della Corte d'Appello con rinvio con nuovo esame ad altra sezione.

Osservazioni

La suprema Corte, della sentenza in oggetto, si incentra principalmente sulle valutazioni espresse nei gradi di merito con riferimento all'elemento oggettivo del reato di omicidio colposo contestato all'imputata. In particolare si trattava di un'ipotesi di condotta omissiva. Seconda l'accusa infatti l'imputata avrebbe omesso di prescrivere e somministrare la terapia con l'eparina che avrebbe evitato il verificarsi della tromboembolia da cui era derivato il decesso della paziente.

La giurisprudenza, a partire dalla nota “sentenza Franzese” si è ormai costantemente orientata nel ritenere che il giudice in relazione alla causalità omissiva debba procedere ad effettuare il c.d. “giudizio controfattuale” ossia verificare se, ipotizzata come tenuta la condotta alternativa doverosa omessa, l'evento si sarebbe verificato “secondo un elevato grado di probabilità logica”. Presupposto per poter effettuare tale ragionamento è l'individuazione di una legge statistica o universale di copertura sufficientemente valida ed astrattamente applicabile al caso concreto (cd. sussunzione sotto leggi scientifiche). La valutazione relativa alle probabilità salvifiche della condotta doverosa omessa deve essere effettuata tenendo conto non solo del mero coefficiente di probabilità statistica della legge di copertura, ma della specifica caratterizzazione del fatto storico. In ambito medico, l'evoluzione giurisprudenziale ha dato sempre maggior rilievo alla valutazione delle peculiarità del caso concreto anche al fine di individuare la reale efficacia condizionante dell'omissione dell'agente rispetto ad altri fattori interagenti nella produzione dell'evento lesivo.

In ambito medico, pertanto, diventa essenziale ricostruire l'esatta dinamica dell'evoluzione della malattia e rapportarla alle condizioni generali del paziente. Nel caso in oggetto, la Corte evidenzia come la sentenza d'appello risulti carente proprio sotto tale aspetto. Secondo la Corte, infatti i giudici di secondo grado avrebbero affermato la sussistenza del nesso causale tra la mancata somministrazione delle terapia antitrombotica e il decesso della paziente sulla base del mero dato statistico ed astratto, prescindendo completamente dalla situazione concreta ossia dalle condizioni specifiche della paziente (età e concomitanti patologie), dalle tempistiche della efficacia della terapia omessa e dell'evoluzione della patologia stessa in relazione al livello di gravità e di complicanze già raggiuto dalla paziente.

Nel caso di specie, in particolare, sarebbe emerso dalle valutazioni effettuate dal consulente della difesa che le altre patologie di cui era portatrice la paziente costituivano elementi ostativi ad una terapia anti-coagulante (quale quella con l'eparina) rendendo il rischio emorragico superiore a quello trombotico. Secondo le linee guida, a cui i consulenti di tutte le parti si erano attenuti, la decisione di iniziare una terapia trombotica si basa sempre su una valutazione individuale del rapporto rischio emorragico/trombotico. Le stesse linee guida individuano alcune situazioni a cui si associa il rischio emorragico, senza tuttavia escludere che il medico alla luce della condizione specifica della paziente individui altri elementi concretamente sintomatici del rischio emorragico.

Evidenziano i giudici come la giurisprudenza di legittimità abbia affermato che, in tema di responsabilità medica in relazione all'applicazione delle Legge Balduzzi, il rispetto delle linee guida accreditate presso la comunità scientifica non determina, di per sé, l'esonero dalla responsabilità penale del sanitario dovendo comunque accertarsi se la specificità del caso clinico del paziente imponesse un percorso terapeutico diverso rispetto a quello indicato da linee guida stesse.

Nella sentenza in oggetto, quindi, i supremi giudici ribadiscono l'orientamento ormai consolidatosi in materia di responsabilità nella valutazione del nesso di causa. Aspetto essenziale perché il giudice possa effettuare il c.d. giudizio controfattuale, oltre all'individuazione della legge di copertura, diventa la ricostruzione di tutti gli aspetti che caratterizzano il singolo caso concreto: le caratteristiche del paziente (condizioni fisiche, età, malattie concomitanti), lo sviluppo della malattia (cause, effetti, tempistiche, eventuali terapie) fino ad arrivare in alcuni casi a tener conto delle caratteristiche della realtà ospedaliera in cui si sia verificato l'evento infausto. Solo la valutazione globale di tutti gli elementi suddetti può consentire di addivenire ad un corretto giudizio sulla sussistenza del nesso causale ove si raggiunga un “elevato gradi di probabilità logica” di derivazione causale tra al condotta doverosa omessa contestata al sanitario e l'evento lesivo.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.