Nelle cause scindibili per la riassunzione del giudizio interrotto è sufficiente l'iniziativa di una sola parte

15 Settembre 2020

La mancata riassunzione del giudizio a seguito di interruzione dello stesso da parte di tutte le parti, nel caso di cumulo di cause scindibili, non separate dal giudice, non determina l'estinzione parziale del giudizio per coloro che non hanno effettuato la riassunzione. Per la riassunzione del processo è necessaria, ma anche sufficiente, l'iniziativa di una sola delle parti interessate, realizzandosi attraverso di essa, una volta notificata alle altre parti, l'effetto della riattivazione dell'unico processo nei confronti di tutte.
Massima

Nel caso di cumulo di cause scindibili, ove il giudice — a fronte di un evento che concerna uno solo dei soggetti coinvolti nelle diverse vertenze — non separi le cause ma interrompa l'intero processo, la riassunzione, effettuata mediante deposito del relativo ricorso in cancelleria nel termine semestrale previsto dall'art. 305 c.p.c., deve ritenersi tempestiva rispetto a tutte le parti e non può essere dichiarata, rispetto a costoro, l'estinzione parziale del processo.

Il caso

La decisione in esame ha ad oggetto la seguente vicenda: una banca esercitava un'azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. in relazione all'atto di conferimento di beni registrati e beni immobili. Successivamente intervenivano ex art. 105 c.p.c. altri creditori esercitando a loro volta, con riferimento al medesimo atto, azione revocatoria ordinaria a tutela di propri crediti vantati nei confronti dei medesimi debitori.

In seguito al fallimento della convenuta, il processo veniva interrotto. Un interveniente provvedeva alla riassunzione, notificando il ricorso ed il decreto di fissazione udienza a tutti i contraddittori.

Il Tribunale condannava i convenuti al pagamento in favore dell'attrice, dichiarando altresì, nei confronti degli altri creditori istanti, l'inefficacia dell'atto di conferimento.

In parziale accoglimento del gravame proposto da uno dei debitori, la Corte d'appello, revocata la condanna dell'appellante al pagamento in favore della banca appellata, dichiarava l'estinzione del giudizio relativamente a tutte le azioni esperite da parte dell'attrice e di uno degli intervenienti per avere omesso di riassumere il giudizio dopo il fallimento della convenuta e la conseguente interruzione.

La Corte, infatti, riteneva che stante l'autonomia delle singole azioni revocatorie spiegate dalle parti, era necessario che, dopo l'evento interruttivo, la prosecuzione del giudizio fosse affidata all'iniziativa di ciascuna delle parti e che, per converso, l'atto riassuntivo, compiuto tempestivamente soltanto nei confronti di uno dei contraddittori all'interno di un giudizio plurilaterale, esplicava i suoi effetti esclusivamente nei confronti dei soggetti interessati alla riassunzione, salva l'ipotesi di litisconsorzio necessario.

Avverso la sentenza della Corte di appello veniva proposto ricorso per cassazione. La ricorrente contestava la dichiarata estinzione del processo per asserita mancata riassunzione, rilevando che

la decisione è fondata sull'errata premessa che si trattasse di cause riunite, laddove si trattava di

controversia unica sin dall'inizio, nella quale avevano spiegato intervento altri creditori. Ne discende che non ha senso parlare di separazione o riunione di più cause, ovvero di interruzione relativamente ad uno o più rapporti processuali, con l'ulteriore duplice conseguenza che:

a) l'intervenuta interruzione ha avuto un unico effetto verso tutti i contraddittori, quello cioè di imporre ad uno di essi di riassumere il giudizio nei termini di legge, pena l'estinzione dell'intero processo;

b) in presenza di una tempestiva riassunzione proposta da una delle parti, l'intero processo si è validamente rimesso in moto ed è correttamente proseguito per tutti i soggetti che ne facevano parte in presenza di una tempestiva riassunzione.

La questione

Ci si chiede se nel caso di cumulo di cause scindibili, originato da un intervento volontario ex art. 105 c.p.c., ove il giudice non separi le cause, ma interrompa l'intero processo, la riassunzione effettuata da una sola delle parti nei confronti di tutte le altre comporti l'estinzione parziale del processo relativamente alle azioni esperite dalle altre parti che non hanno provveduto alla riassunzione.

Le soluzioni giuridiche

La Sesta sezione della Cassazione, con la sentenza in commento, ha accolto il ricorso, ricordando che già in precedenza questa Corte aveva avuto modo di chiarire che nel caso di cumulo di cause scindibili, ove il giudice — a fronte di un evento che concerna uno solo dei soggetti coinvolti nelle diverse vertenze — non separi le cause, ma interrompa l'intero processo, la riassunzione, effettuata mediante deposito del relativo ricorso in cancelleria nel termine semestrale previsto dall'art. 305 c.p.c., deve ritenersi tempestiva rispetto a tutte le parti e non può essere dichiarata, rispetto a costoro, l'estinzione parziale del processo (cfr. Cass. civ., 18 settembre 2015, n. 18318; Cass. civ., Sez. Un., 22 aprile 2013, n. 9686).

Pertanto, nel caso di specie l'estinzione del processo è stata dichiarata in assenza dei relativi presupposti, per cui la sentenza va cassata con rinvio al giudice a quo.

Osservazioni

Si osserva che il principio affermato in precedenza da questa Corte trova applicazione a maggior ragione nel caso di specie in cui l'evento interruttivo riguarda una parte (la società convenuta in giudizio quale debitrice principale) comune alle diverse cause cumulate (il litisconsorzio insorto per effetto degli interventi era un litisconsorzio facoltativo, in quanto gli interventi avevano introdotto cause di simulazione e di revocatoria connesse parzialmente per l'aspetto soggettivo e per il titolo e connesse per l'oggetto, riguardante la declaratoria dell'inefficacia dello stesso atto dispositivo).

È evidente che, in tale ipotesi, dichiarata l'interruzione, neppure si poneva la possibilità di separare le cause cumulate dal momento che tutte erano interessate e coinvolte dal medesimo evento e dalla conseguente declaratoria.

Per converso per la riassunzione del processo era necessaria, ma anche sufficiente, l'iniziativa di una sola delle parti interessate, realizzandosi attraverso di essa, una volta notificata alle altre parti, l'effetto della riattivazione dell'unico processo nei confronti di tutte.

Non è, infatti, nel potere di chi riassume scindere il processo cumulato, spettando, invece, solo al giudice il potere di separazione delle cause. La riassunzione del processo interrotto non dà vita ad un nuovo processo, diverso ed autonomo rispetto a quello precedente, ma mira unicamente a far riemergere quest'ultimo dallo stato di quiescenza in cui si trova.

Ne consegue che, anche in caso di litisconsorzio facoltativo, la notifica dell'atto di riassunzione entro il termine assegnato dal giudice ad alcune soltanto delle parti non può non comportare la riassunzione riguardo all'intero procedimento, posto che l'inscindibilità determinata dalla riunione deve valere reciprocamente anche rispetto alla riassunzione, salva la necessità dell'integrazione del contraddittorio relativamente alle parti per cui non fosse stata eseguita la notificazione del ricorso per riassunzione e del relativo decreto del giudice.

L'atto di riassunzione parziale, seppur invalido, sarebbe pur sempre idoneo ad evitare l'estinzione del processo per tutte le cause cumulate.

Guida all'approfondimento
  • Balestra, Cumulo di cause scindibili, in www.ilprocessocivile.it, 2016.
  • Chizzini, Sub art. 299, Codice di procedura civile commentato, a cura di Consolo-Luiso, Milano, 2000;
  • Sotgiu, Riassunzione del processo interrotto, cumulo soggettivo ed estinzione, in Giust. it., 2005, 109.
  • Valerio, Fusione per incorporazione della compagnia assicurativa chiamata in causa: il processo è interrotto, ma solo in parte, in Dir. & Giust., 2013, 446.

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