Giudizio di appello, preclusione ex art. 38 c.p.c. e regolamento di competenza d'ufficio

21 Settembre 2020

Le questioni affrontate dalla Suprema Corte sono: se il conflitto di competenza ex art. 45 c.p.c. debba essere sollevato anche dal giudice di appello, come da quello di primo grado, in limine litis, a pena di preclusione; e se, in caso positivo, con quali adattamenti, si possa applicare, con riferimento all'art. 341 c.p.c., l'art. 38, comma 1, c.p.c. (attualmente terzo comma), alla luce delle specificità del giudizio di impugnazione e del giudizio di compatibilità nell'applicazione delle norme del codice di rito previsto dall'art. 359 c.p.c.
Massima

La preclusione di cui all'art. 38, comma 3, c.p.c. (il quale dispone che l'incompetenza per materia, per valore e per territorio inderogabile sono eccepite o rilevate entro l'udienza di trattazione) trova applicazione anche nelle ipotesi di regolamento di competenza d'ufficio proposto dal giudice di secondo grado ai sensi dell'art. 45 c.p.c., con la conseguenza che detto regolamento, dovendo immediatamente seguire al rilievo dell'incompetenza, deve essere richiesto entro il termine di esaurimento delle attività di trattazione contemplate dall'art. 350 c.p.c., ossia prima che il giudice del gravame provveda all'eventuale ammissione delle prove a norma dell'art. 356 c.p.c., ovvero - in caso di non espletamento di attività istruttoria - prima che proceda ad invitare le parti alla precisazione delle conclusioni e a dare ingresso alla fase propriamente decisoria (Giustizia Civile Massimario).

Il caso

Per un corretto inquadramento della questione giuridica è necessario in primo luogo riassumere brevemente i fatti di causa; con sentenza del 2008 il Giudice di Pace di Molfetta accoglieva un'opposizione proposta ex art. 22 l. n. 689/1981 e revocava una cartella esattoriale; proposto appello da parte del concessionario, il Tribunale di Trani, dichiarava la propria incompetenza in favore del Tribunale di Bari, ex art. 6 R.d. n. 1033/1931, quale giudice del luogo ove aveva sede l'Avvocatura distrettuale dello Stato. Nel giudizio riassunto dal concessionario, l'opponente contestava l'applicabilità del foro erariale rinunciando poi all'eccezione di incompetenza con successiva memoria; il Tribunale di Bari, in funzione di giudice d'appello rimetteva la causa sul ruolo e, in applicazione dell'art. 47, comma 4, c.p.c., richiedeva il regolamento di competenza d'ufficio perché fosse dichiarata la competenza del Tribunale di Trani in funzione di giudice d'appello, ritenendo applicaible non già il foro erariale ma il criterio ordinario di cui all'art. 341 c.p.c.

La questione

La questione controversa, sollevata con ordinanza interlocutoria n. 17609/2019, è relativa a due questioni fondamentali:

a) Se il conflitto di competenza ex art. 45 c.p.c. debba essere sollevato anche dal giudice di appello, come da quello di primo grado, in limine litis, a pena di preclusione;

b) Se, e, in caso positivo, con quali adattamenti, si possa applicare, con riferimento all'art. 341 c.p.c., l'art. 38, comma 1, c.p.c. (attualmente terzo comma), alla luce delle specificità del giudizio di impugnazione e del giudizio di compatibilità nell'applicazione delle norme del codice di rito previsto dall'art. 359 c.p.c.

Le soluzioni giuridiche

In particolare il regolamento di competenza d'ufficio

Il conflitto di competenza, il cui insorgere impone il regolamento d'ufficio, ai sensi dell'art. 45 c.p.c., comporta sempre che due giudici diversi, investiti della stessa causa, manifestino orientamenti opposti e fra loro incompatibili, nel senso che entrambi la rivendichino o la neghino. La norma dell'art. 45 c.p.c. espressamente prevede il conflitto negativo virtuale, nel caso di competenza assoluta, per materia o per territorio inderogabile, secondo la tradizionale distinzione. In tal caso, se il giudice designato dal primo con la sentenza declinatoria, ritiene di essere a sua volta incompetente per uno dei titoli suddetti, richiede il regolamento, che, mancando l'istanza di parte, non può considerarsi mezzo di impugnazione.

Il rimedio non è consentito nel caso di competenza cd. relativa, per territorio o per valore perché in tal caso, ove le parti non si siano dolute della declinatoria del giudice inizialmente adito, impugnandola col regolamento, la designazione diviene incontestabile e per le parti stesse e per il giudice indicato dal primo. Il conflitto negativo attuale è pertanto evitato dal sistema, in ogni ipotesi di competenza: in ipotesi di competenza assoluta, appunto ex art. 45 c.p.c., consentendo la richiesta di regolamento d'ufficio al secondo giudice, e in ipotesi di competenza relativa privando il secondo giudice del potere di giudicare sulla propria competenza e vincolandolo alla designazione del primo giudice.

In particolare il conflitto di competenza che legittima alla proposizione del regolamento d'ufficio deve presentare queste caratteristiche, in particolare, per rimanere “virtuale” deve trattarsi di un contrasto tra:

a) una valutazione espressa in una pronuncia declinatoria della competenza rispetto alla competenza per materia e territorio inderogabile, cui vanno assimilati i casi di competenza c.d. funzionale;

b) una valutazione contraria consistente nella decisione di sollevare il conflitto, da parte del giudice innanzi al quale la causa è stata riassunta.

Rispetto al giudice innanzi al quale la causa è riassunta l'art. 45 c.p.c. stabilisce che la pronuncia declinatoria deve essere avvenuta per ragioni di materia o competenza territoriale inderogabile o funzionale; la pronuncia declinatoria non deve essere stata sottoposta a regolamento di competenza ad istanza di parte; il processo a seguito della declinatoria deve essere riassunto come prosecuzione del processo introdotto davanti al giudice che ha declinato la competenza o la riassunzione deve essere avvenuta in modo tempestivo o, se tardiva, non deve essere stata eccepita dalla parte che ha subito la riassunzione l'avvenuta estinzione, né essa deve essere stata rilevata e dichiarata d'ufficio dal giudice della riassunzione.

Il regolamento di competenza d'ufficio presuppone una sentenza — ora ordinanza — del giudice a quo dichiarativa dell'incompetenza per materia o per territorio inderogabile; non è sufficiente, dunque, un mero provvedimento di rimessione della causa al secondo giudice, anche ai sensi dell'art. 354 c.p.c.. Il conflitto, inoltre, può essere rilevato sola- mente dall'organo al quale spetta istituzionalmente il potere di emanare sentenza, con la conseguenza che è inammissibile il regolamento di competenza chiesto d'ufficio dal giudice istruttore o dal giudice delegato anziché dal collegio.

La richiesta di regolamento d'ufficio non può pertanto essere riferita alla volontà delle parti, le quali, nella procedura speciale a carattere incidentale che ne consegue, restano in una identica posizione di partecipanti coatte, sicché non possono incorrere in una soccombenza valutabile con riguardo a tale fase processuale e nessuna statuizione va adottata in ordine alle spese processuali da esse eventualmente sostenute nella fase medesima che non vanno, pertanto, liquidate. La richiesta d'ufficio non è consentita nell'ipotesi in cui il secondo giudice si dolga della declinatoria del primo giudice non per una ragione di competenza ma per una ragione diversa o con riferimento a una controversia diversa.

In particolare la preclusione del potere di sollevare il conflitto di competenza d'ufficio

Il collegamento tra l'art. 45 c.p.c. e l'art. 38 c.p.c. è stato dalla giurisprudenza effettuato svalutando la distinzione tra rilievo e decisione da parte dello stesso soggetto che è prevista dall'art. 38, comma 3, c.p.c.; infatti con riferimento all'art. 45 c.p.c. tale distinzione non ha rilevanza posto che il giudice che intende sollevare il conflitto di competenza d'ufficio non deve suddividere la sua attività in “rilievo” e poi “decisione” ma deve manifestare unicamente la sua intenzione di ottenere la rimozione della decisione precedente che lo dichiara competente a pronunciarsi nel merito.

A questa stregua l'udienza ex art. 183 c.p.c. rappresenta il termine ultimo entro il quale chiedere a pena di inammissibilità il regolamento ex art. 45 c.p.c. con la conseguenza che, quando a seguito di declaratoria di incompetenza da parte del giudice adito la causa prosegue in riassunzione davanti al giudice ritenuto competente, questi può rilevare la propria incompetenza non oltre la prima udienza di trattazione, restando altrimenti per lui preclusa la possibilità di richiedere il regolamento di competenza; né rileva a tal fine che una delle parti abbia riproposto nell'udienza di comparizione l'eccezione perché la parte che non concorda con la declinatoria di competenza del primo giudice non ha altro potere che quello di impugnarla con regolamento di competenza ordinario (Cass. civ., 7 maggio 2008, n. 11185; Cass. civ., 3 agosto 2018, n. 20488; per richiami di giurisprudenza ulteriore su questo profilo v. sent. in commento in motivazione).

In particolare la competenza del giudice dell'impugnazione e la proposizione dell'appello a giudice territorialmente incompetente

Va ricordato come rispetto all'applicabilità del meccanismo della translatio iudicii al giudizio di appello il contrasto giurisprudenziale insorto nelle Sezioni semplici della Corte (per i termini del contrasto v. sent. in commento in motivazione) è stato risolto con la citata Cass. civ., Sez. Un., n. 18121/2016, cit., secondo cui «l'appello proposto davanti a un giudice diverso per territorio o grado da quello indicato dall'art. 341 c.p.c. non determina l'inammissibilità dell'impugnazione, ma è idoneo ad instaurare un valido rapporto processuale, suscettibile di proseguire dinanzi al giudice competente attraverso il meccanismo della translatio iudicii». Secondo tale pronuncia l'orientamento favorevole alla applicabilità del meccanismo della translatio iudicii in caso di appello proposto a giudice territorialmente incompetente è rispondente al principio della effettività della tutela giurisdizionale e a questo fine deve essere orientata l'interpretazione delle norme processuali comprese quelle sulla giurisdizione e sulla competenza.

Alla nozione di competenza “funzionale” propria del giudice di appello risulta applicabile il principio della translatio iudicii non solo nelle ipotesi di erronea individuazione del giudice territorialmente competente, ma anche in quella di erronea individuazione del giudice competente per grado. In tutti e due i casi, infatti, ci si trova in presenza di un errore che ricade sulla individuazione del giudice davanti al quale deve essere proposto l'appello contro la decisione di primo grado e che, pertanto, incide sul modo di esercizio del potere di impugnazione e non sulla sua esistenza. Quindi, allorché si riconosce effetto conservativo all'atto di appello formulato davanti a un giudice incompetente territorialmente, non vi sono ragioni ostative ad applicare lo stesso effetto nell'ipotesi di appello proposto a giudice non corrispondente per grado a quello indicato dall'art. 341 c.p.c., con conseguente operatività del meccanismo di cui all'art. 50 c.p.c.

Di conseguenza, anche in appello, il giudice indicato come competente, di fronte a cui sia stato riassunto il processo, non è vincolato alla designazione effettuata dal primo giudice ed è pertanto legittimato a richiedere regolamento di competenza d'ufficio.

Ai sensi del principio affermato dalle Sezioni Unite con sent. n. 18121/2016 e già ricordato supra, l'appello proposto davanti ad un giudice diverso, per territorio o grado, da quello indicato dall'art. 341 c.p.c. non comporta l'inammissibilità dell'impugnazione, ma è idoneo ad instaurare un valido rapporto processuale, suscettibile di proseguire dinanzi al giudice competente con l'applicazione del meccanismo della translatio iudicii.

Per effetto dell'applicabilità della translatio iudicii anche nel giudizio di appello, si possono configurare i presupposti per la proposizione, da parte del giudice, del regolamento di competenza d'ufficio ove ricorrano i presupposti di cui all'art. 45 c.p.c.

Per stabilire a quale disciplina processuale dovrà conformarsi il secondo giudice per sollevare il conflitto di competenza, secondo la Corte è necessario prima stabilire se sia applicabile o meno la previsione dell'art. 38 c.p.c. e quindi del regime di preclusione che investe il meccanismo del rilievo della sua incompetenza da parte del giudice di secondo grado, ai fini della proposizione del regolamento.

Secondo le Sezioni Unite in commento non vi sono argomenti ostativi all'estensione dell'applicabilità del regime processuale dell'art. 38 c.p.c. anche al giudizio di appello; ciò perché sul presupposto che vi sia un parallelismo tra le attività che devono essere svolte nell'udienza di trattazione in primo grado e quelle dell'udienza del giudizio di appello ex art. 350 c.p.c., non vi sono problemi di incompatibilità rispetto all'applicazione dell'art. 38 c.p.c.

Sicché, dato che tale norma ha comportato il superamento della distinzione ben nota tra criteri forti e deboli di competenza, e di conseguenza l'incompetenza per materia o territorio ex art. 28 c.p.c., deve essere rilevata d'ufficio entro la prima udienza di trattazione, ne deriva, a pena di inammissibilità, che il regolamento di ufficio, dovendo immediatamente seguire al rilievo dell'incompetenza, deve essere richiesto, nel giudizio di primo grado, nella stessa prima udienza di trattazione, anche a seguito di eventuale riserva effettuata in tale sede e, nel giudizio di appello, al massimo entro il termine di esaurimento delle attività di trattazione previste dall'art. 350 c.p.c. (conforme, non massimata Cass. civ., n. 22107/2018, riportata in motivazione).

A favore di tale soluzione militando, secondo le SU, anche le ragioni sottese all'introduzione del regolamento di competenza d'ufficio che è improntato a risolvere esigenze di economia processuale, accelerando la soluzione della questione di competenza.

Osservazioni

La pronuncia delle Sezioni Unite appare condivisibile; infatti se è vero che l'art. 45 c.p.c. può configurarsi come norma autosufficiente, poiché in essa è prevista direttamente la sequenza delle attività procedimentali tramite le quali il giudice è investito del potere di sollevare il conflitto di competenza, anche in appello, è altrettanto vero che non vi sono argomenti processuali ostativi all'applicazione dell'art. 38 c.p.c. anche in appello, poiché le attività da compiersi nell'udienza di trattazione in primo grado e nell'udienza del giudizio di appello sono sostanzialmente speculari. Con la conseguenza che la preclusione alla proposizione del regolamento di competenza d'ufficio deve, in appello, trovare la medesima preclusione che l'art. 38 c.p.c. impone rispetto al rilievo in primo grado e va, pertanto, sollevato entro il termine di esaurimento delle attività di trattazione di cui all'art. 350 c.p.c.

Del resto l'art. 45 c.p.c. è norma dettata in funzione di economia processuale e di una celere risoluzione delle questioni afferenti alla competenza del giudice adito; e pur se ormai non possono più considerarsi attuali le suddivisioni in termini di competenza “forte” e “debole” del giudice, la celere decisione sulla competenza – insieme alla necessità di evitare l'instaurarsi di un conflitto positivo di competenza tra i giudici – va considerata un obiettivo fondamentale della disciplina processuale.

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