L'impatto dell'emergenza Covid sulle coperture assicurative

21 Settembre 2020

La terza sezione del contributo si propone di analizzare l'impatto che le novità, normative e disciplinari esaminate nelle precedenti parti, potranno avere su alcuni aspetti critici che riguardano le coperture assicurative preesistenti al fenomeno. Proprio il mondo delle assicurazioni, infatti, coinvolge una buona parte delle riflessioni degli Autori, numerosi essendo i riflessi contrattuali coinvolti nella materia, sia nel campo strettamente sanitario, sia in quello relativo ad altri rami in ogni caso coinvolti, a ragione o meno, dal fenomeno “Covid”. Dunque, in conclusione, quali primari aspetti assicurativi verranno (e in parte lo sono già) coinvolti dagli effetti, sino a pochi mesi fa imprevedibili, della pandemia che ha colpito, oltre che a livello mondiale, le strutture sociali e macroeconomiche del Paese?
Impatto della disciplina sulle coperture assicurative RCO e infortuni

Tralasciando l'ambito del possibile coinvolgimento della classe imprenditrice e dei datori di lavoro nella materia della responsabilità da contagio “Covid”, si pone, come si è accennato in premessa, un tema serio legato alla praticabilità delle coperture assicurative coinvolte a diversa ragione nella materia.

Si tratta innanzitutto di comprendere come inquadrare questa disciplina normativa eccezionale sul piano della sua idoneità a derogare il quadro generale distintivo tra infortunio e malattia, non solo nell'ambito previdenziale (come certamente avviene per effetto dell'art. 42 richiamato), ma anche sul piano di eventuali profili di collimazione della definizione di "infortunio" nel contesto, per quanto qui consta, delle polizze obbligatorie a copertura del rischio professionale del datore di lavoro (RCO) e delle polizze private "infortuni".

Come noto, la copertura del datore di lavoro viene data tanto nel contesto dell'azione di regresso dell'INAIL, quanto a tutela delle richieste che il lavoratore, e i suoi danti causa, possono avanzare per il danno non altrimenti già indennizzato dall'ente assistenziale.

Ci si chiede, insomma, se un domani l'INAIL potrebbe agire contro il datore di lavoro per violazione dei protocolli di sicurezza da predisporre per contenere il contagio in ambienti professionali, ed anche se il lavoratore stesso possa agire contro lo stesso datore per danno differenziale (danni che non rientrano nella disciplina d.P.R. n.1124/1965 e D.Lgs. n. 38/2000), e che riflesso possano avere, in entrambe le situazioni, le coperture assicurative RCO che coprano tali rischi se limitate all'evento "infortunio" (con esclusione quindi delle malattie professionali).

Le polizze con estensione alla sezione RCO, che per lo più prevedono la garanzia per entrambe le eventualità (regresso e azione del lavoratore), talvolta ampliano la copertura alle malattie professionali (riconosciute dall'INAIL e/o dalla magistratura, e quindi anche in contesto extra tabellare), anche se con vincoli patrimoniali diversi. È frequente altresì però trovare coperture assicurative limitate agli infortuni lavorativi.

Le tesi che si oppongono in questo momento (e che, temiamo, costituiranno il campo di contrapposte visioni nella dialettica dell'inevitabile contenzioso interpretativo) si basano su argomentazioni valide o plausibili, che è opportuno analizzare in dettaglio.

Profili contrastanti circa l'operatività della polizza RCO relativamente alla qualificazione infezione da coronavirus come infortunio sul lavoro

Dato per acquisito il quadro normativo e le peculiarità della legislazione emergenziale che ha generato la possibile criticità normativa, secondo quanto ampiamente sopra illustrato, veniamo ad esaminare in dettaglio gli argomenti in base ai quali si trovano a confronto oggi le tesi che sostengono l'efficacia traslatizia “da trascinamento” della disciplina della causa virulenta da Covid-19 nell'ambito privatistico degli infortuni professionali (escluse le malattie) e, per essa il possibile piano di operatività della garanzia a favore dell'assicurato datore di lavoro, sia ove l'alea si possa concretizzare in mere azioni di regresso dell'INAIL, sia qualora riguardi domande risarcitorie per danno differenziale e/o complementare.

  • Ragioni a sostegno della tesi negatoria dell'efficacia traslatizia nel perimetro delle polizze RCO

  1. Si è detto della natura emergenziale e socio protettiva della disciplina contenuta nell'art. 42 comma II del DL n. 18/2020. Il quadro di riferimento è dunque del tutto eccezionale e incidono su tale meccanismo normativo le considerazioni che ebbero già modo in passato di incentivare questa traslazione (l'estensione alla più ampia tutela dell'infortunio rispetto alla malattia sotto l'aspetto probatorio e causale). Per tale ragione – pertanto – si ritiene che si possa validamente sostenere il ristretto perimetro applicativo della definizione (estensiva) infortunio-malattia come alla sola tutela previdenziale.
  2. Il tenore letterale dello stesso art. 42, del resto, sembra avvallare questa opinione: “i predetti eventi infortunistici (ndr: infezioni da Coronavirus - in occasione di lavoro) gravano sulla gestione assicurativa e non sono computati ai fini della determinazione dell'oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico di cui agli artt. 19 e seguenti del DI 27 febbraio 2019”con ciò ribadendo non solo la assoluta eccezionalità ma anche la imputazione macroeconomica sul comparto previdenziale, a prescindere dalla sua collocazione sistemica.
  3. Chiarificatrice della portata previdenziale della estensione malattia – infortunio, pare, inoltre, la stessa “Relazione illustrativa” al decreto “Cura Italia”.

SI legge infatti, a commento dell'art. 42 che: L'ultimo periodo dell'articolo in esame, nel precisare che gli eventi lesivi derivanti da infezioni da Coronavirus in occasione di lavoro gravano sulla gestione assicurativa dell'INAIL, dispone che gli eventi in questione non sono computati ai fini della de-terminazione dell'oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico . Ciò al fine di non far pesare direttamente su ciascun datore di lavoro pubblico o privato, l'eventuale aggravio di premio assicurativo derivante da un'oscillazione in malus scaturita dall'incremento dell'incidenza infortunistica/tecnopatica per infezione da Coronavirus (SARS-CoV-2), non certamente attribuibile a specifiche responsabilità o inadempienze del datore di lavoro, in considerazione delle caratteristiche che ha assunto il contagio”.

Ed ancora, subito dopo: “Pertanto, in analogia a come l'istituto opera per altre tipologie di infortuni non direttamente imputabili al datore di lavoro, come ad esempio gli infortuni in itinere, gli effetti degli eventi in esame non fanno parte del bilancio infortunistico dell'azienda in termini di oscillazione del tasso applicato, ma sono attribuiti secondo principi di mutualità, mediante forme di «caricamento» indiretto sul tasso medio nazionale”.

  1. La stessa specificazione che l'INAIL dà della particolare attribuzione violenta dell'azione da contagio (Circolari 3 aprile 2020 n. 13 e 20 maggio 2020 n. 22), attinge alla considerazione che “secondo l'indirizzo vigente in materia di trattazione dei casi di malattie infettive e parassitarie, l'INAIL tutela tali affezioni morbose inquadrandole, per l'aspetto assicurativo, nella categoria degli infortuni sul lavoro: in questi casi infatti la causa virulenta è equiparata a quella violenta”, richiamando, quanto al detto “indirizzo vigente” proprio la Circolare INAIL n.74 del 1995 che abbiamo esaminato in precedenza.
  2. Ancora, la scelta legislativa di qualificare il contagio da COVID-19 come infortunio sul lavoro (così come l'orientamento giurisprudenziale di riferimento) risulta oggi non pertinente, rispetto alla funzione protettiva che ispirò l'allora estensione, alla luce della considerazione che proprio la Corte Costituzionale ha già da tempo ricompreso nell'ambito della copertura INAIL le malattie non tabellate (sentenza n. 179 del 1988 ampiamente illustrata sopra).
  3. Non trascurabile, inoltre, la considerazione che, sul piano del merito, la domanda contro il datore di lavoro non potrebbe avvalersi (stante la sua eccezionale allocazione previdenziale) del regime presuntivo causale previsto nell'art. 42, non predicabile in un contesto civilistico proprio delle azioni recuperatorie dell'ente o risarcitorie del lavoratore.
  4. Altrettanto non trascurabili, sempre a nostro giudizio, sono i riflessi che il perimetro di normazione contrattuale delle polizze in argomento dà alla definizione di “infortunio”, in ottica di delimitazione del rischio (altrimenti da riconsiderare in termini di “aggravamento” per facum principis) e quindi proprio dei parametri causali/probatori e responsabilistici (violazione di norme di tutela antiinfortunistica) difficilmente presidiabili al di fuori di questo contesto indennitario previdenziale e presuntivo.

  • Ragioni a sostegno della possibile operatività della polizza RCO

A contrastare le ragioni di inapplicabilità delle copertura RCO / infortuni alla materia, vi sono di contro posizioni che ritengono come l'esasperazione del concetto di infortunio verso coperture abitualmente escluse generi un effetto ampliativo delle coperture assicurative in argomento, magari sull'onda di una propagazione della crisi economica in emersione e della possibile esposizione della categoria imprenditoriale all'inasprimento di controversie per regresso dell'INAIL o dirette del lavoratore (per danno differenziale).

A ben vedere, l'opinione più realistica in tale ambito, si rinviene nel già citato contributo a firma del Dott. Marco Rossetti (“L'assicurazione e l'emergenza COVID”, Assicurazioni 29 aprile 2020 - http://www.rivistaassicurazioni.com/Tool/Evidenza/Single/view_html?id_evidenza=44) ove si sostiene che l'impatto dell'art. 42 del DL 18/2020 potrebbe avere una portata estensiva dell'oggetto di una assicurazione della responsabilità civile del datore di lavoro verso i dipendenti o verso l'Inail (in sede di regresso), nella sola ipotesi in cui la polizza stessa preveda che l'assicuratore tenga indenne l'assicurato di quanto questi possa essere costretto a pagare al lavoratore o all'assicuratore sociale in conseguenza di un “infortunio” di cui al d.p.r. 1124/65, cit..

Sostiene l'illustre autore che “qui il problema va così ricostruito: il contratto contiene una relatio ad una norma di legge. Il rinvio di un contratto ad una norma di legge può essere di due tipi: recettizio o non recettizio. E' recettizio quando la norma richiamata viene incorporata nel contratto e diventa essa stessa clausola contrattuale per volontà delle parti”.

In questo caso, la polizza non potrebbe essere interpretata estensivamente.

Ma, la clausola potrebbe di contro avere anche una forma di rinvio “non ricettizio”, cosa che avviene “quando è volontà delle parti non già prendere una norma e inserirla nel contratto trasformandola in clausola contrattuale, ma demandare a quella norma la disciplina del contratto. In tal caso la norma non viene “incorporata” nel contratto, e tutte le successive modifiche di essa comporteranno ipso facto una modifica dei patti contrattuali”.

Orbene, l'opinione dell'Autore è che “stabilire se il rinvio ad una norma di legge contenuto in una clausola contrattuale sia recettizio o non recettizio è il risultato dell'interpretazione del contratto, da compiere caso per caso. Tuttavia, poiché tale operazione va compiuta avendo riguardo alla volontà delle parti, e poiché nei due esempi suddetti la volontà delle parti è apprestare al lavoratore od al datore di lavoro una copertura coincidente nei presupposti a quella prevista dal d.P.R. n. 1124/1965,credo che tutte le modifiche testuali o non testuali del suddetto testo unico (come nel caso dell'art. 42 in esame) riverbereranno effetti anche sui contratti assicurativi che ad esso facciano riferimento”.

Va da sé che una tale interpretazione aprirebbe il campo ad una indistinta estensione di copertura.

La forma dubitativa (“credo”) dello stesso Autore e l'accenno in premessa di dare al tema una “prima risposta”, crediamo possano aprire un confronto su tale aspetto del problema in un'ottica ancora generale di cornice normativa e previdenziale.

Di seguito dunque alcune considerazioni critiche di tale teorema che potrebbero sostenere le ragioni della non predicabilità delle coperture assicurative RCO nel contesto specifico delineato:

  1. Le polizze in questione normalmente contengono, è vero, un richiamo (relatio) generico ed indistinto alla disciplina di cui al d.P.R. n. 1124/1965, ma con indicazioni delimitative del rischio che attiene al fatto - infortunio (nei suoi standard normativi per così dire “storici”) che porti al regresso dell'ente o alla domanda del lavoratore;
  2. In particolare, il più delle volte le polizze contengono il richiamo non alla normativa indistinta, bensì agli artt. 10 e 11 del TU, non espressamente modificati dall'art. 42 del DL 18/2020;
  3. Non riteniamo quindi che il richiamo alla normativa nazionale sia di tipo generico e “non ricettizio”, a maggior ragione ove si consideri proprio l'impianto eccezionale e di natura meramente previdenziale e socio protettiva del testo di legge;
  4. Al tempo stesso, ci pare che la tesi ometta di considerare i profili sinallagmatici ed aleatori che reggono l'impianto del contratto assicurativo, con espansione del rischio che potrebbe anche avere profili consequenziali in ottica art. 1898 c.c.
  5. In ogni caso, andrà certamente verificato, volta per volta, la relazione tra la dicitura in polizza e la vicenda epidemiologica narrata in sede di richiesta dall'ente o dal lavoratore;
  6. Si rammenti sempre che l'articolo 42 odierno esprime, come detto, una estensione (eccezionale e di ispirazione socio-previdenziale) del titolo “infortunio”, da inquadrare unicamente nella cornice storico / assistenziale / agevolatrice, sulla quale ci siamo non per altro soffermati nella prima parte del di questo scritto e che, pertanto, in questo ambito vada anche considerato l'insorgenza eventuale del “nuovo” rischio;
  7. Ci pare, inoltre, che l'evidenziata inutilità della estensione malattia-infortunio, che proprio a detta dell'Autore “ebbe una genesi storica ben precisa, le ragioni per cui venne escogitato sono divenute superflue” e che “in ogni caso quelle ragioni mai potrebbero essere estese ai patti tra privati contenuti in un contratto di assicurazione contro gli infortuni”, non possa che portare ad un opportuno distinguo anche nel regime contrattuale RCO;
  8. Si ricorda infine che per la Suprema Corte, nelle polizze RCO stipulate precedentemente all'epoca del riconoscimento normativo (D.Lgs. n. 38 del 2000) del danno biologico: «il riferimento in essa a quanto l'impresa assicuratrice era tenuta a pagare ai sensi del d.P.R. n. 1124/1965, artt. 10 ed 11, non poteva avere altro significato che quello limitato al tipo di prestazioni allora erogabili, vale a dire quelle riferibili al danno patrimoniale»

Nell'interpretazione della clausola di un contratto di assicurazione, con il quale l'assicuratore si obbliga a tenere indenne il datore di lavoro per quanto questi sia tenuto a pagare a norma degli artt. 10 e 11 del d.P.R. n. 1124 del 1965, il giudice del merito deve individuare la volontà delle parti, secondo i criteri di cui agli artt. 1362 e seguenti c.c., tenendo presente il contenuto normativo delle disposizioni legali, cui le parti hanno rinviato al momento della stipula del contratto di assicurazione e, in particolare, ai fini della inclusione nella manleva anche del danno biologico e del danno morale, il fatto che le suddette norme, per il periodo sottratto "ratione temporis" al disposto dell'art. 13 del d.lgs. n. 38 del 2000 (che ha ricondotto il danno biologico nella copertura assicurativa obbligatoria), escludono tali componenti del danno dalla copertura dell'assicurazione antinfortunistica obbligatoria e, conseguentemente, all'azione di rivalsa dell'INAIL verso il datore di lavoro (Cass. civ., Sez. lav., Sent., 4 febbraio 2013, n. 2512, che respinse ricorso del datore di lavoro avverso sentenza che aveva negato la copertura RCO; in senso conforme Cass. civ., Sez. lavoro, 15 maggio 2003, n. 7593 e Cass. civ., Sez. lav., 18 luglio 2006, n. 16376).

Inoperatività delle polizze infortuni

Certamente più agevole negare la tesi (pur sostenuta in dottrina medico legale, cfr Zoja, Sars-CO-V2 ed infortunio nell'assicurazione privata: annotazioni medico legali, in RIDARE 19 maggio 2020 e Pedoja, Interpretazione art. 42 comma 2 DPCM 17.3.2020 in contesto polizza privata, in Intermediachannel.it; contrario Mastroroberto, Polizza Infortuni e infezione da Covid-19 nel d.l. n. 18/2020 e nella circolare INAIL n. 3675/2020, in RIDARE 21 aprile 2020 e U. Genovese, Covid 19 ed infortunistica privata: siamo di fronte ad un'aporia o ad un bug, in RIDARE, 17 luglio 2020) della predicabilità di una nozione di infortunio, così eccezionalmente delineato, nella cornice delle polizze private infortuni.

Ebbene, è noto che – fuori dal contesto delle polizze obbligatorie, ove il quadro assicurativo è garantito dalla legge – nelle altre polizze volontarie, il regime contrattuale costituisce unica fonte regolatrice dei vincoli delle parti e, nella specie, dell'assicuratore (Cass. civ., Sez. Un., 10 aprile 2002 n. 5119).

Invero, il riferimento va fatto, innanzitutto, alla predicabilità delle considerazioni che precedono nell'ottica della non indennizzabilità delle malattie pandemiche in questione oltre che nelle coperture obbligatorie per infortuni sul lavoro, anche, e a maggior ragione, nelle polizze private infortuni.

Oltre alle ragioni di totale distonia della disciplina ed a quelle di natura etimologico / assicurativa del fenomeno “Infortunio” contrattualmente garantito, valga in questa sede anche la considerazione che per essere indennizzabile l'infortunio deve altresì essere causa unica ed esclusiva del fatto accidentale, violento ed esterno, ipotesi che non appare predicabile per la maggior parte delle conseguenze dirette della infezione l'infezione da Coronarivus.

Nel suo poderoso scritto più volte citato, il dott. Rossetti esclude categoricamente l'applicabilità della nuova dimensione del concetto di infortunio pandemico al regime contrattuale delle polizze private infortuni, sulla base di una serie di considerazioni, delle quali la quarta e ultima ci pare dirimente: “l'art. 42 d.l. 18/2020 è norma che alla stregua dei princìpi sommariamente ricordati (princìpi, è bene ricordare, millenari) non si occupa affatto dei contratti privati di assicurazione. È norma che amplia l'oggetto dell'assicurazione sociale, e qualunque statuizione o definizione essa contenga, questa va letta e riguardata in relazione allo scopo, e non ad altri fini.

Pretendere che le polizze infortuni debbano coprire il rischio di contagio da Covid, in assenza di qualsiasi patto contrattuale, sol perché esiste l'art. 42 d.l. 18/20 è affermazione che getta nel cestino della carta straccia secoli di civiltà giuridica”.

Altre questioni e profili contrattuali assicurativi

L'impatto della pandemia sulla quotidianità e sulla materia della responsabilità civile e sulle tematiche assicurative sta infine ponendo l'accento su alcuni istituti previsti dal nostro codice civile ovvero dalla normazione contrattale di settore che potrebbero essere coinvolti dalla virulenza e dalla imprevedibilità degli avvenimenti con riflessi anche sul perimetro aleatorio del contratto assicurativo.

Ci si sta interrogando, in particolare, se l'assoluta novità del fenomeno e la sua portata di impatto certamente estranea ad ogni prevedibilità attuarie di certi settori (si pensi alla rc sanitaria, ma anche al tema appena affrontato legato alla conversione per factum principis dell'istituto normativo dell'infortunio) modificano scenari e l'alea stessa del contratto assicurativo in senso largamente peggiorativo per l'assicurazione.

Al tempo stesso, istituti previsti a delimitazione del rischio assicurativo e degli effetti di eventi seriali, potrebbero essere veicolati verso valutazioni prima impensabili ma improvvisamente posti al centro dell'attenzione.

Vediamo due aspetti relativi a istituti assicurativi normalmente preposti alla tutela dell'assicuratore per il caso di evoluzione del rischio che superi la soglia di prevedibilità dell'alea assunto dalla impresa garante.

È bene dire che, a differenza degli altri temi oggetto di questa analisi, su questi aspetti la assoluta novità del fenomeno e la sua portata in settori di rischio normalmente non toccati da questi aspetti contrattuali, non ci porta ad avere posizioni assolutamente orientate.

  • Eventi riconducibili ad unica causa

La prima questione attiene alla possibile applicazione di una riserva contrattuale (normalmente in uso nei contratti da responsabilità da prodotto) e definita limite di “massimale unico” per “sinistri in serie” ove determinati dalla medesima causa.

Per considerare percorribile questo istituto, talvolta normato nei contratti, si rammenta che occorre che la serie di sinistri sia riconducibile alla “medesima causa” intesa come comportamento illecito dell'assicurato.

Un esempio vicino alla nostra materia potrebbe essere legato alle conseguenze molteplici morbose di un farmaco non correttamente testato o commercializzato senza segnalazione di specifiche controindicazioni.

In effetti la materia dei sinistri in serie si associa normalmente alla rc prodotti o da inquinamento ed è specificamente disciplinata nel regolamento di polizza.

Il tema (unicità del fatto e pluralità di eventi in serie) pone due aspetti problematici per l'assicuratore: la necessità di determinare con certezza il momento del sinistro e quella di contenere in limiti certi il danno.

Il primo aspetto è regolato normalmente con il regime “claims made” ove i fatti conseguenti saranno solo quelli denunciati in pendenza di polizza e fino alla sua cessazione.

Il secondo aspetto viene normalmente regolato, come detto, con specifiche pattuizioni contrattuali.

  • Aggravamento del rischio

Un secondo tema che si sta ponendo alla attenzione per queste ipotesi è quello legato alle conseguenze dell'art. 1898 c.c.

La fattispecie (che porta come sappiamo alla riduzione / annullamento dell'indennizzo dovuto) consiste in una più intensa probabilità di verificazione dell'evento temuto, rispetto al calcolo probabilistico avuto presente dalle parti al momento della stipula.

L'aggravamento per produrre gli effetti di legge sul contratto deve essere:

  1. Successivo alla stipula della polizza;
  2. Imprevisto ed imprevedibile;
  3. Derivante da un fatto estrinseco e nuovo (si pensi al caso di un “factum principis” determinato dalla delibera Regionale n. XI/2906 dell'8 marzo 2020 che estenda il ricovero di malati COVID anche in ambito della ricettività propria delle RSA);
  4. Non transeunte (inteso sul riflesso materiale dell'accadimento sinistro più che cronologico);
  5. Rilevante e tale da incidere sulla valutazione del premio corrisposto o financo sulla libera scelta di assumere il rischio.

Sarà dunque necessario indagare, caso per caso, se tutte le condizioni siano presenti nell'ipotesi in cui si voglia sollevare una tale eccezione nei confronti dell'assicurato.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario