Affidamento condiviso del minore: la frequentazione dei genitori può non essere paritaria in presenza di serie ragioni

Katia Mascia
29 Settembre 2020

Se è vero che, in mancanza di serie ragioni ostative, la condivisione deve comportare una frequentazione dei genitori tendenzialmente paritaria, è altrettanto vero che, qualora la distanza esistente tra i luoghi di vita dei genitori imponga al minore di sopportare tempi e sacrifici di viaggio tali da comprometterne gli studi, il riposo e la vita di relazione, il giudice può individuare un assetto nella frequentazione che si discosti da questo principio tendenziale, al fine di assicurare al bambino la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena.

Così ha deciso la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 19323/20, depositata il 17 settembre.

Una madre, collocataria del figlio minore, chiedeva alla Corte di Appello di Genova la parziale modifica delle disposizioni adottate in sede di affidamento condiviso dal giudice di primo grado, circa i tempi e i modi di permanenza del figlio presso il genitore. La Corte territoriale accoglieva le richieste della reclamante, stabilendo che il minore trascorresse con la madre fine settimana alternati e che il padre, nelle settimane in cui non aveva il bambino con sé, potesse tenerlo due giorni infrasettimanali. Respingeva, invece, il reclamo incidentale proposto dall'uomo, volto a rivedere l'obbligo di mantenimento stabilito a suo carico dal Tribunale. Questi, dunque, proponeva ricorso per Cassazione, sulla base di due motivi. La donna resisteva in giudizio con controricorso. I Giudici della legittimità, fermo restando il principio della bigenitorialità - da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi - ribadiscono che, in tema di affidamento dei figli minori, il giudizio prognostico che il giudice, nell'esclusivo interesse morale e materiale della prole, deve operare circa le capacità dei genitori di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell'unione, va formulato tenendo conto, in base ad elementi concreti, del modo in cui i genitori hanno svolto in passato il proprio ruolo, delle rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione, nonché della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell'ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire.

L'affidamento condiviso, che rappresenta la scelta preferenziale in caso di disgregazione dell'unità familiare, è volto a garantire al minore un rapporto continuativo ed equilibrato con ciascuno dei genitori. L'esistenza di una mera conflittualità tra essi non preclude il ricorso a tale forma di affidamento, ma solo se si mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per la prole, mentre giustifica l'affidamento esclusivo ove si esprima in forme tali da porre in serio pericolo l'equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei minori.
La Suprema Corte si richiama ad una propria recentissima pronuncia (Cass. n. 3652/2020) affermando che, in tema di affidamento condiviso del minore, la regolamentazione dei rapporti con il genitore non convivente non può avvenire sulla base di una simmetrica e paritaria ripartizione dei tempi di permanenza con entrambi i genitori, ma deve essere il risultato di una valutazione ponderata del giudice del merito che, partendo dall'esigenza di garantire al minore la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena, tenga anche conto del suo diritto a una significativa e piena relazione con entrambi i genitori e del diritto di questi ultimi a una piena realizzazione della loro relazione con i figli e all'esplicazione del loro ruolo educativo. Pertanto, nell'interesse del minore e in presenza di serie ragioni il giudice può individuare un assetto nella frequentazione che assicuri al bambino la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena.
Ribadisce, inoltre, che l'affidamento condiviso, essendo fondato sull'interesse esclusivo del minore, non elimina l'obbligo patrimoniale di uno dei genitori di contribuire alle sue esigenze di vita mediante la corresponsione di un assegno di mantenimento, ma non implica, come sua conseguenza automatica, che ciascun genitore debba provvedere paritariamente, in modo diretto ed autonomo, alle predette esigenze.

La Prima Sezione civile della Corte di Cassazione, con l'ordinanza in oggetto, rigetta il ricorso, condannando il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente.

Fonte: dirittoegiustizia.it

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