L’invalidità della delibera di nomina del “nuovo” amministratore di condominio per eccesso di potere

02 Ottobre 2020

Il Tribunale di Ivrea annulla la delibera assembleare di nomina del nuovo amministratore di condominio, scelto nella persona della figlia di quello precedentemente revocato con altro provvedimento emesso dall'autorità giudiziaria, precisando che non si tratta di censurare l'opportunità della scelta della persona dell'amministratore, né di assecondare il mancato gradimento della stessa da parte della minoranza dei condomini, bensì di evitare la nomina di un soggetto che, nella peggiore delle ipotesi, è un prestanome del proprio padre, e, nella migliore, lascia che quello precedente, sebbene revocato per giusta causa dall'autorità giudiziaria, si ingerisca nella gestione del condominio, in elusione della norma imperativa secondo cui in caso di revoca da parte dell'autorità giudiziaria non possa esservi ulteriore nomina dell'amministratore revocato.
Massima

Integra un caso di abuso del diritto discrezionale da parte della maggioranza dei condomini la nomina del nuovo amministratore di condominio scegliendolo nella persona della figlia di quello precedentemente revocato dall'autorità giudiziaria per mala gestio, con la conseguente invalidità della relativa delibera assembleare, il cui annullamento travolge anche la statuizione riguardante il compenso.

Il caso

Alcuni condomini impugnano la delibera assembleare di nomina del nuovo amministratore condominiale - ritenendola viziata da eccesso di potere, in quanto la scelta del professionista sarebbe stata assunta non nell'interesse del condominio quanto nell'esclusivo interesse della maggioranza che l'ha adottata, la quale non avrebbe effettuato un uso legittimo del relativo potere, perseguendo un interesse diverso da quello della comunione - riguardante anche il compenso del nuovo amministratore in misura ritenuta abnorme, modificando i criteri di ripartizione delle spese dettati dall'art. 1123 c.c. e dal regolamento di condominio, i quali non possono essere derogati dall'assemblea salvo che vi sia unanimità, ed approvazione del consuntivo - all'interno del quale risultavano indicate una serie di spese non dovute, non documentate e non indicate nell'ordine del giorno, ovvero non riguardanti l'esercizio in corso, bensì annualità precedenti - assumendone l'invalidità.

La questione

È viziata da abuso di potere della maggioranza dei condòmini la delibera assembleare con la quale viene nominato il nuovo amministratore di condominio nella persona della figlia di quello precedente già revocato con provvedimento reso dall'autorità giudiziaria per mala gestio?

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale giudica fondata la domanda attorea di invalidità della delibera assembleare per eccesso di potere adottata in relazione alla nomina del nuovo amministratore di condominio, ritenuta frutto dell'esercizio non legittimo del potere assembleare, in quanto viziata dall'abuso del diritto di scelta da parte della maggioranza dei condòmini ricadente sulla persona del nuovo amministratore - figlia del precedente, revocato giudizialmente per giusta causa - in palese elusione dell'anteriore provvedimento giudiziale di revoca.

Al riguardo, il giudice adito osserva che costituisce abuso del diritto discrezionale di scelta dell'amministratore di condominio da parte dell'assemblea, chiamare a ricoprire in tale carica un soggetto che - per effetto dell'intercorrente rapporto di stretta parentela - pare essere una sorta di prestanome di quello revocato, sulla cui scorta, può desumersi la concreta ingerenza del precedente amministratore nella gestione del condominio formalmente amministrato da quello successivamente nominato, con la conseguente invalidità della relativa delibera, il cui annullamento travolge anche la statuizione sul compenso.

Allo stesso modo, trova accoglimento anche l'ulteriore motivo di impugnazione riferito al conto consuntivo della gestione, in quanto, i condòmini interessati in veste di attori hanno dato prova di avere richiesto la documentazione pertinente al suddetto documento contabile, a differenza dell'amministratore convenuto il quale, non ha, invece, provato di averla messa a disposizione dei primi, né prima né al più tardi in sede assembleare.

Osservazioni

L'interessante fattispecie scrutinata dal Tribunale di Ivrea muove da una intricata situazione gestoria che vede intrecciarsi le strade di due soggetti - padre e figlia - nella nomina ad amministratore di un complesso condominiale.

In particolare, a seguito della conferma da parte dell'assemblea della nomina dell'amministratore precedentemente revocato, in elusione del provvedimento emesso ad hoc dall'autorità giudiziaria ed in violazione dell'art. 1129, comma 13, c.c., il quale prevede che in caso di revoca da parte dell'autorità giudiziaria, l'assemblea non può nominare nuovamente l'amministratore revocato - al riguardo va, tuttavia, considerato che, secondo la giurisprudenza di merito, la disciplina prevista dall'art. 1129, comma 13, c.c., nell'impedire la riconferma immediata dell'amministratore rimosso dal tribunale, opera solo con riguardo all'esercizio di gestione successivo a quello in cui è avvenuta la revoca, v. Trib. Velletri 30 ottobre 2017 - in quanto, l'avverbio “nuovamente” previsto dall'art. 1129, comma 13, c.c. va riferito all'immediata rinnovazione della nomina non potendo trasformarsi, per l'assemblea, in una limitazione sine die della propria libertà decisionale, e, per l'amministratore di condominio, in una sanzione a tempo indeterminato, in palese violazione del principio di proporzionalità laddove non si tenga conto degli specifici motivi più o meno gravi, che abbiano condotto alla revoca (Trib. Trieste 11 dicembre 2018), veniva chiamata a ricoprire il medesimo ufficio la di lui figlia, designazione più volte confermata dalla maggioranza dei condòmini in assemblea, anche successivamente all'impugnazione di tale investitura, proposta dalla minoranza dei condomini, e, da ultimo, con l'instaurazione della controversia decisa dalla sentenza in epigrafe.

L'annullamento dell'impugnata delibera assembleare di nomina del nuovo amministratore è stata adottata dal giudice di Ivrea dopo avere riscontrato la non completa autonomia nella gestione del condominio da parte della figlia per effetto dell'ingerenza del padre, comprovata da una serie di comportamenti di quest'ultimo - oltre al rapporto di parentela, il fatto che il padre dell'attuale amministratore era stato revocato per giusta causa con provvedimento dell'autorità giudiziaria e, poco dopo, in spregio dello stesso ed in violazione dell'art. 1129 c.c., sia stato nuovamente nominato amministratore; le successive dimissioni presentate contestualmente alla nomina della figlia, e la ricorrente commistione tra padre e figlia riscontrata nella gestione del condominio - la cui attenta valutazione ha quindi consentito di ritenere la figlia una sorta di prestanome del padre precedentemente revocato dall'incarico di amministratore, e la relativa delibera assembleare viziata da abuso del diritto discrezionale della maggioranza nella scelta dell'amministratore.

La pronuncia del Tribunale tiene conto dell'orientamento giurisprudenziale secondo cui la delibera dell'assemblea di condominio può essere annullata per eccesso di potere allorquando la maggioranza dei condòmini, esprimendo il voto in assemblea, non faccia un uso legittimo del potere discrezionale conferito dalla legge, perseguendo un interesse diverso da quello della comunione ad esclusivo vantaggio di un gruppo di condòmini, piuttosto che di tutti (Trib. Como 13 giugno 2014).

Al riguardo, va opportunamente precisato che la volontà assembleare è sovrana ragione per cui il sindacato dell'autorità giudiziaria sulle delibere delle assemblee di condominio non può estendersi alla valutazione del merito ed al controllo della discrezionalità di cui dispone l'assemblea quale organo sovrano della volontà dei condòmini, ma deve limitarsi al riscontro della legittimità.

Nel corso del tempo, si è, però, formato il principio giurisprudenziale, essenzialmente volto alla tutela della minoranza da eventuali abusi della maggioranza, secondo il quale, l'esame del merito della delibera è consentito al fine di accertare se la stessa sia viziata sotto il profilo dell'abuso del diritto o dell'eccesso di potere, con la precisazione che l'indagine sul merito è consentita solo qualora sia strumentale ad un giudizio sulla legittimità della delibera, e cioè per accertare quale sia l'effettivo scopo dell'atto, al fine di verificarne l'eventuale invalidità in relazione ad una finalità che si ponga in contrasto con quelle consentite dalla legge o dal regolamento (Trib. Roma 17 aprile 2019).

In merito a tale profilo, è stato quindi rilevato che mentre la figura dell'eccesso di potere nel diritto amministrativo fornisce uno strumento impugnatorio diretto a superare la posizione di tendenziale sperequazione tra la parte pubblica e quella privata, nel diritto privato essa invece ha la funzione di superare i limiti di un controllo di mera legittimità di espressioni di volontà riferibili ad un ente collettivo privo di personalità giuridica come il condominio, che potrebbero lasciare prive di tutela situazioni di un non consentito predominio della maggioranza nei confronti del singolo partecipante alla comunione.

In questi casi, la Cassazione ha precisato che il controllo in parola, va necessariamente coniugato con la sussistenza di un interesse della stessa comunione che contemporaneamente verrebbe leso (Cass. civ., sez. VI, 21 febbraio 2014, n. 4216).

Pertanto, ricorrendo tale ipotesi, il sindacato del giudice di merito si estende anche all'eccesso di potere, ravvisabile quando la causa della deliberazione sia falsamente deviata dal suo modo di essere (Trib. Perugia 29 marzo 2014; Trib. Milano 25 marzo 2014; Trib. Larino 4 febbraio 2008), in quanto anche in tale caso, il giudice non controlla l'opportunità o convenienza della soluzione adottata dall'impugnata delibera (App. Potenza 15 maggio 2018), ma deve solo stabilire se la delibera sia o meno il risultato del legittimo esercizio del potere discrezionale dell'assemblea (Trib. Benevento 26 aprile 2019; Cass. civ., sez. VI, 17 agosto 2017, n. 20135; Trib. Milano 16 gennaio 2017).

In sintesi, il sindacato dell'Autorità giudiziaria sulle delibere delle assemblee condominiali non può dunque estendersi alla valutazione del merito ed al controllo del potere discrezionale che l'assemblea esercita quale organo sovrano della volontà dei condòmini, ma deve limitarsi al riscontro della sua legittimità che, tuttavia, oltre ad avere riguardo alle norme di legge o del regolamento condominiale, deve comprendere anche l'eccesso di potere, perchè ove si configuri tale fattispecie, il giudice non controlla l'opportunità o la convenienza della soluzione adottata dalla delibera impugnata, ma deve stabilire solo se essa sia o meno il risultato del legittimo esercizio del potere discrezionale dell'assemblea condominiale (v., da ultimo, Trib. Siena 27 novembre 2018; in precedenza, in senso conforme, v. Cass. civ., sez. II, 5 novembre 1990, n. 10611).

Guida all'approfondimento

Celeste, L'eccesso di potere nelle delibere condominiali ed i limiti del sindacato da parte dell'autorità giudiziaria,in Arch. loc. e cond., 2003, 769;

Frivoli, È possibile impugnare la delibera condominiale per eccesso di potere dell'assemblea?, in Condominioelocazione.it;

Tedeschi, L'eccesso di potere nelle deliberazioni assembleari del condominio edilizio, in Condominioelocazione.it.

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