Riconoscimento tardivo del figlio naturale nato fuori dal matrimonio e sospensione del procedimento per la dichiarazione di adottabilità

Sabina Anna Rita Galluzzo
05 Ottobre 2020

Ove al Tribunale ordinario sia richiesto di pronunciare sentenza che tenga luogo del consenso dell'altro genitore al riconoscimento di un figlio nato fuori del matrimonio, in pendenza di procedura di adottabilità, nel corso del quale...
Massima

Ove al Tribunale ordinario sia richiesto di pronunciare sentenza che tenga luogo del consenso dell'altro genitore al riconoscimento di un figlio nato fuori del matrimonio, in pendenza di procedura di adottabilità, nel corso del quale sia stata erroneamente dichiarata inammissibile l'istanza di sospensione del genitore che ha richiesto il riconoscimento dello status, il medesimo provvedimento non può essere adottato dal Tribunale ordinario in attesa che divengano definitive le statuizioni del Tribunale per i minorenni, tenuto conto che non ricorre l'ipotesi di sospensione ex lege prevista dall'art. 11 l. n. 184 del 1983 relativa alla dichiarazione giudiziale di maternità e paternità.

Il caso

La vicenda ha per protagoniste due bambine riconosciute alla nascita solo dalla madre. Le piccole, in seguito alla sospensione dalla responsabilità genitoriale della donna, venivano collocate presso una comunità con affidamento ai servizi sociali in attesa dell'individuazione di una famiglia affidataria.

Nel frattempo, nel dicembre 2017, il padre delle bambine, arrivato in Italia, una volta richiesto lo status di rifugiato adiva con ricorso ex art. 250 c.c. l'autorità ordinaria per ottenere sentenza che tenesse luogo del consenso mancato al riconoscimento delle minori. L'uomo presentava altresì di fronte al Tribunale per i minorenni, dove era radicato il giudizio per la dichiarazione d'adottabilità delle figlie, istanza di sospensione del procedimento stesso, in attesa della definizione di quello finalizzato al riconoscimento (ex art. 11 l. 184/1983).

Il Tribunale per i minorenni peraltro, respinta l'istanza, emanava nel luglio 2018 la dichiarazione di adottabilità delle minori.

Il Tribunale ordinario, a sua volta, rilevato che il Tribunale per i minorenni aveva dichiarato lo stato di adottabilità delle bambine, disponendone così l'affido preadottivo, sospendeva il giudizio.

L'uomo ricorreva allora in Cassazione per regolamento necessario di competenza ex art. 42 c.p.c. lamentando il fatto che il Tribunale ordinario, decidendo sulla sospensione ex art. 11 cit., non avrebbe tenuto conto della circostanza che la sentenza di adottabilità era stata emessa dal Tribunale per i minorenni successivamente al deposito del ricorso ex art. 250 c.c.

La Cassazione, con l'ordinanza in esame, accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e dispone la prosecuzione del procedimento davanti al Tribunale ordinario.

La questione

Il caso concerne l'applicazione dell'art. 11 della l. 184/1983, ultimo comma, secondo il quale in particolare una volta intervenuta la dichiarazione di adottabilità e l'affidamento preadottivo, il riconoscimento è privo di efficacia. La disposizione prevede inoltre che il giudizio per la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità è sospeso di diritto e si estingue ove segua la pronuncia di adozione divenuta definitiva

Nella specie la questione si concentra sulla possibilità, che deriverebbe da tale disposizione, per il giudice cui è stato richiesta ex art. 250, comma 4 c.c. sentenza che tenga luogo del consenso al secondo riconoscimento di sospendere detto giudizio in conseguenza della pronunciata dichiarazione di adottabilità del minore.

Le soluzioni giuridiche

Con il provvedimento in oggetto la Corte accoglie il ricorso soffermandosi in particolare sull'art. 11 della legge sull'adozione e sulla sua funzione.

In proposito i giudici di legittimità precisano che la norma da una parte sancisce l'inefficacia del riconoscimento ex art. 250 c.c. una volta che sia intervenuta la dichiarazione di adottabilità e l'affidamento preadottivo, dall'altra prevede la sospensione ope legis del giudizio per la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità e la sua estinzione ove lo stesso segua alla pronuncia di adozione divenuta definitiva.

Si tratta infatti di una disposizione finalizzata, a garantire stabilità all'adozione e a proteggere la genitorialità. Una volta intervenuta la pronuncia di adottabilità del minore e l'affidamento preadottivo il riconoscimento è privo di efficacia e il giudizio di dichiarazione di paternità e maternità è sospeso di diritto. Come autorevolmente evidenziato dalla dottrina si vogliono in tal modo evitare tardive e spesso traumatiche intromissioni del genitore naturale (Dogliotti, Astigiano, il procedimento di adottabilità. Famiglia e diritto, 3/2014). D'altro canto però la legge prevede che finché il giudizio per l'accertamento dello stato di abbandono è in corso il genitore biologico può ripensarci e ciò in forza dell'art. 30 Cost. che al solo fatto della procreazione collega il diritto-dovere di mantenere istruire ed educare i figli. L'adozione è infatti un estrema ratio: un provvedimento talmente drastico come la dichiarazione di adottabilità del minore, che comporta la rescissione del legame genitore-figlio, può essere emanato, solamente in presenza di una accertata e irreparabile situazione di abbandono, individuata dall'art. 8 della l. 184/1983 nella privazione di assistenza morale e materiale da parte dei genitori e parenti tenuti a provvedervi. Al genitore biologico è così concessa la possibilità di inoltrare istanza di sospensione del procedimento d'adottabilità per provvedere al riconoscimento, com'è accaduto nella specie.

L'art. 11, invocato dal ricorrente, è espressamente dettato, precisa la Cassazione, per disciplinare i rapporti tra il giudizio sulla dichiarazione di adottabilità del minore e quello avente ad oggetto la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità e non prevede invece, la differente ipotesi del procedimento di cui all'art. 250 c.c., comma 4, diretto a conseguire una pronuncia che tenga luogo del mancato consenso del genitore che ha già riconosciuto il figlio minore al riconoscimento da parte dell'altro.
In questo contesto i giudici precisano che il Tribunale per i Minorenni è competente a decidere sull'istanza di sospensione del giudizio sulla dichiarazione di adottabilità, a fronte della richiesta da parte del genitore biologico di un termine per la proposizione del giudizio di riconoscimento della paternità o maternità naturale soprattutto nel caso in cui tale giudizio sia già iniziato.

D'altro canto, evidenzia la Cassazione, il Tribunale ordinario, là dove venga investito della cognizione della domanda volta ad ottenere una sentenza che tenga luogo del consenso mancato dell'altro genitore al riconoscimento, non può adottare alcun provvedimento di sospensione. La sospensione prevista dall'art. 11 infatti riguarda esclusivamente il procedimento volto alla dichiarazione giudiziale di paternità e maternità naturale e non invece il giudizio finalizzato ad ottenere il consenso mancante per il riconoscimento ex art. 250 c.c.

In conclusione dunque la Corte cassa il provvedimento impugnato e dispone la prosecuzione del giudizio di fronte al Tribunale ordinario perché prosegua ex art. 250, comma 4 c.c.

Osservazioni

Il provvedimento si segnala per aver messo in luce la possibilità di sovrapposizione tra procedure volte al riconoscimento o alla dichiarazione della genitorialità naturale e il procedimento finalizzato ad accertare lo stato di abbandono del minore. L'adottabilità di un minore, quando i genitori sono in vita porta con sé sempre un contrasto tra l'interesse dello stesso alla genitorialità biologica, e l'interesse a crescere in una famiglia idonea che sappia prendersene cura.

Più nello specifico, si evidenzia come negli anni la giurisprudenza si è varie volte trovata di fronte a casi in cui riconoscimenti tardivi sono intervenuti nella pendenza della procedura finalizzata alla dichiarazione d'adottabilità del minore. Nella maggior parte dei casi si trattava di madri che avevano partorito nell'anonimato e che solo successivamente avevano deciso di riconoscere il figlio. In simili ipotesi è stata affermata la sussistenza di un diritto soggettivo, dotato di rilevanza costituzionale, ad essere genitori giuridici (oltre che biologici), diritto che si correla non al solo fatto della nascita del figlio ma a regole legali e segnatamente ad una manifestazione di volontà di riconoscere il nato come proprio figlio. Tale diritto e quello al riconoscimento del figlio, che ne costituisce la fonte, sostiene la giurisprudenza, involgono lo stato delle persone e come tali sono indisponibili e, dunque non estinguibili per manifestazione di volontà abdicativa, al pari delle connesse facoltà processuali. Pertanto, il diritto sostanziale alla genitorialità giuridica può rimanere definitivamente ed irreversibilmente pregiudicato, con effetti inevitabilmente stabilizzati pro futuro, solo dal non esercizio del diritto al riconoscimento del figlio biologico nelle forme ed entro i limiti anche temporali imposti dall'ordinamento positivo (Cass. 2802/2014).

Ciò comporta, come affermato da autorevole dottrina (Carbone, Genitorialità responsabile; abbandono, ripensamento e riconoscimento del figlio prima della chiusura del procedimento di adozione in famiglia e diritto n.4/2014), la possibilità di un diritto al ripensamento dell'iniziale anonimato materno, ma anche paterno, purché avvenga in un arco temporale ragionevole.

Andando oltre, la giurisprudenza ha altresì precisato che il diritto della madre biologica di effettuare il riconoscimento del figlio, a carattere indisponibile, non è precluso, ai sensi dell'art. 11 l.184/1983, dalla sopravvenuta declaratoria di adottabilità del minore, a meno che alla stessa non sia seguito l'affidamento preadottivo del minore; pertanto, anche in conseguenza della dichiarazione di adottabilità non viene meno il diritto della madre biologica a richiedere la concessione di un termine per procedere al riconoscimento del minore (Cass. 31196/2018).

Tali considerazioni mettono in luce il rilievo della genitorialità responsabile e dell'interesse del minore a conoscere le proprie origini in sintonia con i dettami della Corte costituzionale (Corte cost. 278/2013) e della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU 25/09/2012 Godelli c. Italia).

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