Il divieto dell'iscrizione anagrafica per i richiedenti asilo è incostituzionale
06 Agosto 2020
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 186/20, ha affermato che «l'esclusione dei richiedenti asilo dall'iscrizione anagrafica, invece di aumentare il livello di sicurezza pubblica, finisce col limitare le capacità di controllo e di monitoraggio dell'autorità pubblica su persone che soggiornano regolarmente nel territorio statale, anche per lungo tempo, in attesa della decisione sulla loro richiesta di asilo. Inoltre, negare l'iscrizione all'anagrafe a chi dimora abitualmente in Italia significa trattare in modo differenziato e indubbiamente peggiorativo, senza una ragionevole giustificazione, una particolare categoria di stranieri».
Secondo la Consulta, dunque, la previsione di cui all'art. 13 del primo “decreto sicurezza” (n. 113/2018) è illegittima, in quanto si pone in contrasto con il principio di uguaglianza di cui l'art. 3 Cost. sotto due profili. Il primo riguarda la difficoltà di individuare gli stranieri esclusi dalla registrazione, problematica che rende incoerente la disciplina con la sua stessa finalità di aumentare il livello di sicurezza. Il secondo profilo, invece, riguarda il trattamento irragionevolmente differenziato riservato agli stranieri richiedenti asilo rispetto ad altre categorie di stranieri legalmente soggiornanti nel territorio italiano, oltre che ai cittadini italiani.
Con la medesima pronuncia, la Corte ha invece ritenuto infondata la questione sollevata con riferimento all'art. 77, comma 2, Cost., escludendo «l'evidente mancanza dei presupposti straordinari di necessità e urgenza» e ritenendo che la disposizione si inserisce «in modo omogeneo nel capo contenente le norme in materia di protezione internazionale». *** Fonte: dirittoegiustizia.it |