Violazione della normativa antisismica e presunzione di pericolosità della sopraelevazione

05 Ottobre 2020

Con una recente ordinanza, interessante anche per i riflessi pratici, specie in Italia ad alto rischio di terremoti, il Supremo Collegio ha chiarito che il divieto di sopraelevazione per inidoneità delle condizioni statiche dell'edificio, previsto dall'art. 1127, comma 2, c.c., va interpretato non nel senso che la sopraelevazione è vietata solo se le strutture non permettano di sopportarne il peso, ma nel senso che il divieto sussiste anche nel caso in cui le strutture sono tali che, una volta elevata la nuova fabbrica, non consentano di sopportare l'urto di forze in movimento quali le sollecitazioni di origine sismica, precisando che il limite delle condizioni statiche dell'edificio è espressione di un divieto assoluto, a cui è possibile ovviare solo se, con il consenso unanime dei condomini, il proprietario sia autorizzato all'esecuzione delle opere di rafforzamento e di consolidamento necessarie a rendere idoneo il fabbricato a sopportare il peso della nuova costruzione.
Massima

Qualora le leggi antisismiche prescrivano particolari cautele tecniche da adottarsi, in ragione delle caratteristiche del territorio, nella sopraelevazione degli edifici, esse sono da considerarsi integrative dell'art. 1127, comma 2, c.c., e la loro inosservanza determina una presunzione di pericolosità della sopraelevazione che può essere vinta esclusivamente mediante la prova, incombente sull'autore della nuova fabbrica, che non solo la sopraelevazione, ma anche la struttura sottostante sia idonea a fronteggiare il rischio sismico [2]

Le condizioni statiche dell'edificio rappresentano un limite all'esistenza stessa del diritto di sopraelevazione, e non già l'oggetto di verificazione e di consolidamento per il futuro esercizio dello stesso, limite che si sostanzia nel potenziale pericolo per la stabilità del fabbricato derivante dalla sopraelevazione, il cui accertamento costituisce apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato. [1]

Il caso

In primo grado, il Tribunale aveva accolto la domanda di un Condominio, dichiarando contrario ai limiti posti dall'art. 1127, comma 2, c.c. il manufatto realizzato da un condomino sulla terrazza di copertura dell'edificio, comunicante con il sottostante appartamento di sua proprietà, e perciò ordinando la conseguente rimessione in pristino.

Sul gravame formulato dal soccombente, la Corte d'Appello aveva considerato che il manufatto realizzato sulla terrazza avesse una superficie di 42 mq. e fosse costituito da un vano con bagno e ripostiglio, cui si accedeva tramite scala a chiocciola che si elevava tramite una foratura praticata nel solaio dell'appartamento sottostante, qualificando, quindi, la nuova opera come “sopraelevazione”.

Il giudice distrettuale aveva, altresì, evidenziato che le leggi regionali invocate attenessero alla sola materia urbanistica, senza poter incidere nelle prescrizioni della legislazione antisismica, ma aveva richiamato le conclusioni della CTU in ordine alla “presunzione di instabilità”, ovvero circa il potenziale pregiudizio delle condizioni statiche dell'edificio condominiale - risalente alla fine degli anni settanta - per il mancato svolgimento di indagini e verifiche dinamiche prima della costruzione dell'opera in sopraelevazione, onde redigere un eventuale progetto di adeguamento.

La questione

Si trattata, innanzitutto, di verificare se il manufatto realizzato dal condomino potesse considerarsi “sopraelevazione” ai fini di cui sopra, valutando, se del caso, le caratteristiche necessarie per ottenere la certificazione di abitabilità.

Si trattava, inoltre, di verificare se, ai fini del rispetto dei limiti di cui al suddetto art. 1127, comma 2, c.c., fosse o meno sufficiente, per acclarare la legittimità del manufatto, la dichiarazione di un tecnico attestante la mancanza di pregiudizio statico.

Le soluzioni giuridiche

Ad avviso dei giudici di Piazza Cavour - che hanno rigettato il ricorso per cassazione proposto dal condomino - la Corte d'Appello aveva correttamente qualificato come “sopraelevazione” il manufatto dell'altezza variabile da mt. 2,10 a mt. 2,40 realizzato dal condomino sulla terrazza di copertura dell'edificio, vano avente una superficie di mq. 42, cui si accedeva dall'appartamento di sua proprietà esclusiva mediante scala a chiocciola innestata nel solaio.

Invero, ai fini dell'art. 1127 c.c., la sopraelevazione di edificio condominiale è costituita dalla realizzazione di nuove opere (nuovi piani o nuove fabbriche) nell'area sovrastante il fabbricato, per cui l'originaria altezza dell'edificio è superata con la copertura dei nuovi piani o con la superficie superiore terminale delimitante le nuove fabbriche (Cass. civ., sez. II, 7 settembre 2009, n. 19281; Cass. civ., sez. II, 24 ottobre 1998, n. 10568; Cass. civ., sez. II, 10 giugno 1997, n. 5164; Cass. civ., sez. II, 24 gennaio 1983, n. 680).

Nella definizione enunciata dal supremo organo di nomofilachia (Cass. civ., sez. un., 30 luglio 2007, n. 16794), la nozione di sopraelevazione ex art.1127 c.c. comprende, peraltro, non solo il caso della realizzazione di nuovi piani o nuove fabbriche, ma anche quello della trasformazione dei locali preesistenti mediante l'incremento delle superfici e delle volumetrie, “seppur indipendentemente dall'aumento dell'altezza del fabbricato”.

L'art. 1127 c.c. sottopone, poi, il diritto di sopraelevazione del proprietario dell'ultimo piano dell'edificio ai limiti dettati dalle condizioni statiche dell'edificio che non la consentono, ovvero dall'aspetto architettonico dell'edificio stesso, oppure dalla conseguente notevole diminuzione di arie e luce per i piani sottostanti.

Il limite segnato dalle condizioni statiche - che interessa queste brevi note - è inteso dalla giurisprudenza di vertice, in particolare, come espressivo di un divieto assoluto, cui è possibile ovviare soltanto se, con il consenso unanime dei condomini, il proprietario sia autorizzato all'esecuzione delle opere di rafforzamento e di consolidamento necessarie a rendere idoneo il fabbricato a sopportare il peso della nuova costruzione.

Ne consegue che le condizioni statiche dell'edificio rappresentano un limite all'esistenza stessa del diritto di sopraelevazione, e non già l'oggetto di verificazione e di consolidamento per il futuro esercizio dello stesso, limite che si sostanzia nel potenziale pericolo per la stabilità del fabbricato derivante dalla sopraelevazione, il cui accertamento costituisce apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato.

E' parimenti consolidato l'orientamento secondo il quale il divieto di sopraelevazione per inidoneità delle condizioni statiche dell'edificio, previsto dall'art. 1127, comma 2, c.c., debba interpretarsi - non nel senso che la sopraelevazione sia vietata soltanto se le strutture dell'edificio non consentano di sopportarne il peso, bensì - nel senso che il divieto sussiste anche nel caso in cui le strutture siano tali che, una volta elevata la nuova fabbrica, non consentano di sopportare l'urto di forze in movimento quali le sollecitazioni di origine sismica; pertanto, qualora - come nel caso di specie - le leggi antisismiche prescrivano “particolari cautele tecniche” da adottarsi, in ragione delle caratteristiche del territorio, nella sopraelevazione degli edifici, esse sono da considerarsi integrative dell'art. 1127, comma 2, c.c., e la loro inosservanza determina una “presunzione di pericolosità della sopraelevazione”, che può essere vinta esclusivamente mediante la prova, incombente sull'autore della nuova fabbrica, che non solo la sopraelevazione, ma anche la struttura sottostante sia idonea a fronteggiare il rischio sismico.

In altri termini, la domanda di demolizione invocata dal Condominio poteva essere paralizzata unicamente da tale prova di adeguatezza della sopraelevazione e della struttura sottostante rispetto al rischio sismico, sicché, ove detta prova non sia acquisita, il diritto di sopraelevare non poteva sorgere.

La condizione di liceità della sopraelevazione eseguita dal condomino era, dunque, subordinata alla verifica che il fabbricato de quo fosse stato reso conforme alle prescrizioni tecniche dettate dalla legislazione speciale, dovendosi acquisire elementi sufficienti a dimostrare scientificamente la “sicurezza antisismica” della sopraelevazione e dell'edificio sottostante, mediante indagine di fatto demandata al giudice del merito, il cui apprezzamento sfugge al sindacato di legittimità, se, come nel caso in esame, congruamente motivato. Soltanto la presentazione di una progettazione antisismica dell'opera eseguita e dell'intero edificio, conseguente ad una verifica della struttura complessiva e delle fondazioni del fabbricato, permetteva di ottemperare alla presunzione di pericolosità derivante dall'inosservanza delle prescrizioni tecniche dettate dalla normativa speciale.

La Corte d'Appello aveva motivatamente spiegato le ragioni della propria adesione alle risultanze della CTU, indicando come la sopraelevazione fosse stata realizzata dal condomino in assenza di preventive indagini conoscitive e verifiche tecniche circa l'incidenza sui carichi permanenti e sui sovraccarichi accidentali dell'edificio, con conseguente pregiudizio statico.

Non avevano rilievo dirimente ai fini della valutazione della legittimità delle opere sotto il profilo del pregiudizio statico - ad avviso degli ermellini - né il conseguimento della concessione edilizia relativa al corpo di fabbrica elevato sul terrazzo dell'edificio (Cass. civ., sez. II, 26 aprile 2013, n. 10082; Cass. civ., sez. II, 11 febbraio 2008, n. 3196), né la certificazione redatta da un tecnico attestante l'idoneità statica delle opere eseguite, sufficiente per il conseguimento della concessione in sanatoria di costruzioni in zone sismiche, e neppure la carenza della condizioni per il rilascio del certificato di abitabilità, poste a tutela delle esigenze igieniche e sanitarie nonché degli interessi urbanistici, e dunque funzionali a verificare l'idoneità dell'immobile ad essere “abitato”, o più generalmente ad essere frequentato dalle persone fisiche: si trattava, infatti, di atti che attenevano all'àmbito del rapporto pubblicistico tra P.A. e privato, e cioè all'aspetto formale dell'attività edificatoria, e che non erano, invece, di per sé risolutivi del conflitto tra i proprietari privati interessati in senso opposto alla costruzione, conflitto da dirimere pur sempre in base al diretto raffronto tra le caratteristiche oggettive dell'opera e i limiti posti dall'art. 1127 c.c.

Osservazioni

L'art. 1127 c.c. prevede, dunque, che “la sopraelevazione non è ammessa se le condizioni statiche dell'edificio non la consentono” (comma 2): il tenore della norma chiaramente rivela che si tratta di un divieto assoluto, e la ratio di una tale impostazione fonda le sue ragioni nell'intenzione di evitare il prodursi anche di un semplice pericolo per la stabilità e la sicurezza del fabbricato.

In tale prospettiva, si pone il problema se il consenso dei condomini, nella forma dell'unanimità, possa superare il divieto posto dalla norma codicistica.

A tale proposito, la giurisprudenza ha ritenuto che il consenso dei condomini possa superare il limite derivante dall'incompatibilità statica dell'edificio non in assoluto, ma esclusivamente a patto che tale consenso sia finalizzato a permettere al condomino sopraelevante la realizzazione di opere di consolidamento, conseguendone, più precisamente, che il consenso da solo - vale a dire, senza le suddette opere di consolidamento - e seppur unanime, non è in grado di superare il predetto limite.

Un'attenta lettura della giurisprudenza di legittimità in argomento è in grado di chiarire l'esatto àmbito della fattispecie: infatti, si è puntualizzato che l'art. 1127 c.c. sottopone il diritto del proprietario dell'ultimo piano alla sopraelevazione a tre limiti, dei quali il primo (condizione statica) introduce un divieto assoluto, cui è possibile ovviare se, con il consenso unanime dei condomini, il proprietario sia autorizzato all'esecuzione delle opere di rafforzamento necessarie a rendere idoneo l'edificio a sopportare il peso della nuova costruzione (tra le altre, v. Cass. civ., sez. II, 26 maggio 1986, n. 3532).

Assai più precisamente, la Suprema Corte ha ricostruito i termini della fattispecie, ponendo il consenso dei condomini in sola correlazione con la realizzazione delle opere di consolidamento, e non con l'esecuzione della sopraelevazione, ed estremamente puntuali si rivelano le affermazioni riguardanti la forma (scritta o meno) di tale consenso; invero, si è affermato che il consenso unanime di tutti i condomini è, invece, richiesto per la preventiva esecuzione delle opere di consolidamento, eseguite le quali, risorge il diritto del proprietario dell'ultimo piano di eseguire il sopralzo non condizionato all'assenso, concorde o maggioritario, degli altri comunisti; tale consenso non richiede la forma scritta, non implicando un atto di disposizione di diritti reali, sia nel caso in cui i lavori di consolidamento impongano l'introduzione o il passaggio nelle parti dell'edificio di proprietà esclusiva, sia nel caso in cui tali lavori siano da effettuarsi solo nell'àmbito delle parti comuni dello stesso stabile, salvo, in quest'ultima ipotesi, che i suddetti lavori rendano la parte comune inservibile per l'uso anche di un solo comproprietario (Cass. civ., sez. II, 5 aprile 1977, n. 1300).

Sempre in ordine alle opere di consolidamento necessarie per supplire all'incompatibilità statica dell'edificio, si pone l'ulteriore problema se il titolare del diritto di sopraelevazione possa realizzarle senza il preventivo consenso degli altri condomini.

A tale proposito, è il caso di ricordare che la normativa previgente, ossia l'art. 12 del r.d. 15 gennaio 1934, n. 56, prevedeva tale possibilità, la quale, peraltro, non è stata riprodotta nel testo dell'art. 1127 c.c., e sulla scorta di tale esclusione testuale, si è affermato l'orientamento in base al quale tale facoltà sarebbe esclusa (v., tra le prime pronunce, Cass. civ., sez. II, 19 novembre 1963, n. 2996, secondo cui, in difetto di consenso unanime degli altri condomini, colui che intende sopraelevare non può ovviare a tale divieto procedendo direttamente alle opere di rafforzamento e di consolidamento).

Per più precisi riferimenti anche alla disciplina previgente del r.d. n. 56/1934, si pone quella pronuncia per la quale l'art. 1127 c.c. ha carattere innovativo rispetto al corrispondente citato art. 12, in quanto inibisce al proprietario dell'ultimo piano di sopraelevare se le condizioni statiche in atto dell'edificio siano sfavorevoli e la sopraelevazione richieda opere di rafforzamento e di consolidamento delle strutture essenziali (Cass. civ., sez. II, 27 marzo 1996, n. 2708); ne consegue che le condizioni statiche dell'edificio rappresentano un limite all'esistenza stessa del diritto di sopraelevazione, e non già l'oggetto di verificazione e di consolidamento per il futuro esercizio dello stesso, limite che si sostanzia nel potenziale pericolo per la stabilità del fabbricato derivante dalla sopraelevazione, “il cui accertamento costituisce apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato” (così, di recente, Cass. civ., sez. II, 30 novembre 2012, n. 21491).

In quest'ottica, la giurisprudenza giunge a qualificare la compatibilità statica dell'edificio, ai sensi del comma 2 dell'art. 1127 c.c., come un vero e proprio limite al sorgere del diritto a sopraelevare, e non come una condizione da verificare ex post; se in relazione a tale limite la sopraelevazione non è possibile, il condomino che intende eseguirla, in mancanza del consenso unanime dei condomini, non può ovviare al divieto relativo mediante la diretta esecuzione di opere di rafforzamento e di consolidamento, specie quando queste non possono essere effettuate se non mediante l'invasione della sfera di godimento esclusivo dei partecipanti al condominio, sicché le condizioni statiche dell'edificio rappresentano un limite al sorgere del diritto di sopraelevazione e non l'oggetto di un onere di verificazione (Cass. civ., sez. II, 14 luglio 1976, n. 2712).

Tuttavia, sembra preferibile un'impostazione intermedia, in base alla quale al singolo condomino sono sempre consentite le modificazioni della cosa comune secondo i limiti e le condizioni poste dall'art. 1102 c.c., anche perché non si vede la ragione per cui, nel caso della sopraelevazione, debba essere impedito al condomino sopraelevante l'esercizio delle facoltà ordinariamente previste da detta norma codicistica.

Tale orientamento è espresso in una datata pronuncia (Cass. civ., sez. II, 7 gennaio 1966, n. 134), ad avviso della quale l'idoneità delle condizioni statiche costituisce un limite all'esistenza più che all'esercizio del diritto, ma ciò non esclude il coordinamento della disposizione medesima con le norme fondamentali sulla comunione in generale; perciò, atteso che sono consentite ad ogni condomino e non possono inibirsi al solo sopraedificante le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa comune (art. 1102 c.c.), questa attività non può essere inibita al titolare del diritto di sopraelevare anche se è attuata per rendere possibile ed agevolare il sopralzo.

Guida all'approfondimento

Bordolli, I limiti all'esercizio del diritto di sopraelevazione in condominio, in Immob. & proprietà, 2017, 144;

Rufo Spina, Diritto di sopraelevazione e limiti sismici, in Giur. it., 2008, 2186;

Colonna, Accertamento dell'idoneità statica dell'edificio e diritto di sopraelevazione, in Foro it., 1997, I, 3375;

De Tilla, Sui limiti della sopraelevazione nel condominio, in Arch. loc. e cond., 1996, 748.

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