Aree coperte dall'assicurazione obbligatoria RCA e interpretazione conforme al diritto UE: quale impatto del d.m. 54/2020 sulle Sezioni Unite?

Clara Cerlon
06 Ottobre 2020

La Sezione III della Cassazione, con l'ordinanza interlocutoria 18 dicembre 2019, n. 33675, ha posto alle Sezioni Unite il quesito «se l'art. 122 del Codice delle assicurazioni private debba interpretarsi, alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, nel senso che la nozione di circolazione su aree equiparate alle strade di uso pubblico comprenda e sia riferita a quella su ogni spazio in cui il veicolo possa essere utilizzato in modo conforme alla sua funzione abituale». In piena emergenza Covid-19 è poi intervenuto il d.m. n. 54 dell'11 marzo 2020, che, nel delineare il regolamento sul “contratto base” per l'assicurazione obbligatoria della r.c.a., ha affermato l'estensione della copertura anche alle aree private quali, ad esempio, cantieri recintati, garage e cortili. Quale risposta può auspicarsi da parte delle Sezioni Unite? Quale rilievo andrebbe attribuito al d.m. 54/2020? In questo contributo si sostiene che: 1) la via dell'interpretazione dell'art. 122 Cod. Ass. Priv. in senso conforme al diritto UE, caldeggiata anche dall'ordinanza interlocutoria, è fondata, nonché pure costituzionalmente conforme; 2) il d.m. 54/2020, in relazione all'ambito operativo dell'assicurazione obbligatoria, reca una previsione priva di carattere innovativo, dunque avente soltanto natura interpretativa; sicché essa non preclude in nessun modo alle Sezioni Unite di addivenire ad un'interpretazione conforme dell'art. 122 Cod. Ass. Priv. valevole anche per i ricorrenti nel giudizio sub iudice e per tutte le vittime di sinistri occorsi prima dell'entrata in vigore del d.m. 54/2020.
Premessa: l'attuale questione delle aree oggetto di copertura e le possibili soluzioni

La questione posta all'attenzione delle Sezioni Unite dall'ordinanza interlocutoria n. 33675/2019 della Sezione III è centrata sull'art. 122, comma 1, Cod. Ass.

Questa disposizione, nel prevedere il principio per cui «i veicoli a motore senza guida di rotaie, compresi i filoveicoli e i rimorchi, non possono essere posti in circolazione su strade di uso pubblico o su aree a queste equiparate se non siano coperti dall'assicurazione per la responsabilità civile verso i terzi prevista dall'articolo 2054 del codice civile e dall'articolo 91, comma 2, del codice della strada», può interpretarsi anche nel senso di circoscrivere l'operatività della copertura obbligatoria ad alcune soltanto delle ipotesi rientranti nell'art. 2054 c.c. (“interpretazione restrittiva” dell'art. 122); al contrario, l'art. 2054 c.c., laddove richiama il generico e più ampio concetto di circolazione dei veicoli, denota una totale indifferenza alla natura, pubblica o privata, del luogo in cui ha avuto luogo il sinistro (del resto al punto n. 658 della Relazione al progetto del libro delle obbligazioni del 1940 fu espressamente attestata la volontà legislativa di estendere la novella disciplina anche alla circolazione sulle strade ed aree private: cfr. amplius M. Bona, La responsabilità civile per i danni da circolazione di veicoli, Milanofiori Assago, 2010, 69).

L'interpretazione restrittiva dell'art. 122 Cod. Ass. – invero lungi dall'essere insuperabile – contrasta, come anche colto dall'ordinanza interlocutoria del 18 dicembre 2019, con il diritto eurounitario. In particolare, va ricordato da ultimo l'art. 1, punto 1, della direttiva 2009/103/CE, soprattutto così come specificato dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea in diversi suoi emblematici precedenti, dai quali si trae come per questi il concetto di circolazione riferito dalla direttiva sia perimetrato in funzione dell'uso del veicolo conforme a quello abituale dello stesso a prescindere dallo spazio in cui sia occorso il sinistro (cfr. innanzitutto: Damijan Vnuk c. Zavarovalnica Triglav d.d., CGUE, Sez. III, 4 settembre 2014, causa C-162/13; Rodrigues de Andrade c. Crédito Agricola Seguros, CGUE, Grande Sezione, 28 novembre 2017, causa C-514/16; José Luís Núñez Torreiro c. AIG Europe Limited, CGUE, Sez. VI, 20 dicembre 2017, causa C-334/16; Fundo de Garantia Automovel c. Alina Antonia Destapado Pao Mole Juliana, CGUE, Grande Sezione, 4 settembre 2018, causa C-80/17; in ordine a tali precedenti cfr. amplius: M. Bona e C. Cerlon, Assicurazione obbligatoria per la r.c.a. e aree/circolazione/veicoli/sinistri oggetto di copertura: giurisprudenza CGUE ed attuali margini di non conformità del modello italiano, focus del 22 Novembre 2018 in ridare.it; cfr., inoltre, più di recente Línea Directa Aseguradora SA contro Segurcaixa Sociedad Anónima de Seguros y Reaseguros, CGUE, Sez. II, 20 giugno 2019, causa C-100/18, per la quale «L'articolo 3, primo comma, della direttiva 2009/103/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, concernente l'assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli e il controllo dell'obbligo di assicurare tale responsabilità, deve essere interpretato nel senso che rientra nella nozione di «circolazione dei veicoli», contemplata da tale disposizione, una situazione, come quella in discussione nel procedimento principale, nella quale un veicolo parcheggiato in un garage privato di un immobile, utilizzato in conformità della sua funzione di mezzo di trasporto, abbia preso fuoco, provocando un incendio avente origine nel circuito elettrico del veicolo stesso, e abbia causato dei danni a tale immobile, malgrado il fatto che detto veicolo non fosse stato spostato da più di 24 ore prima del verificarsi dell'incendio»).

Per i giudici italiani - Sezioni Unite della Suprema corte comprese - si prospettano allora, come delineato dalla stessa ordinanza interlocutoria della Sezione III, essenzialmente quattro distinti scenari (cfr. al riguardo M. Bona e C. Cerlon, Assicurazione obbligatoria per la r.c.a. e aree/circolazione/veicoli/sinistri oggetto di copertura: giurisprudenza CGUE ed attuali margini di non conformità del modello italiano, cit., § 4), ferma restando, attese le incertezze in ordine ai limiti dell'interpretazione conforme, la via dell'interessamento della Corte di Giustizia UE in via pregiudiziale (strada imprescindibile in sede di legittimità a meno di un coinvolgimento della Consulta nei termini infra descritti):

- interpretazione dell'art. 122 Cod. Ass. in senso conforme al diritto UE, con la conseguenza di estendere in via ermeneutica, in conformità con le indicazioni della Corte di Giustizia UE, la nozione di “aree equiparate alle strade ad uso pubblico” ad ogni area, anche privata, su cui il veicolo assicurato possa essere impiegato in modo conforme alla sua abituale funzione (sull'effettiva possibilità e fondatezza di una siffatta interpretazione conforme, peraltro pure costituzionalmente orientata, cfr. infra § 2);

- disapplicazione diretta dell'art. 122 Cod. Ass. in favore del diritto UE come specificato dalla Corte di Giustizia, scenario, però, ipotizzabile, almeno stando alla stessa Corte UE, soltanto nel caso, in cui - ritenuta, all'opposto della prima soluzione, l'oggettiva impossibilità di un'interpretazione conforme (ossia estensiva) dell'art. 122 Cod. Ass. - il limite di copertura sia invocato in un'azione esercitata contro il Fondo di Garanzia delle Vittime della Strada (cfr., in merito a questo limite alla disapplicazione diretta per via giurisprudenziale, Smith c. Meade ed altri, CGUE, Grande Sezione, 7 agosto 2018, causa C122/17, per cui giustappunto il giudice nazionale è tenuto alla disapplicazione diretta laddove il giudizio annoveri quale parte lo Stato stesso od una sua emanazione), prospettiva, pertanto, non percorribile, stando a questo precedente della Corte di Giustizia, nel caso ora pendente dinanzi alle Sezioni Unite a seguito dell'ordinanza interlocutoria del 18 dicembre 2019 (appare, tuttavia, di diverso avviso rispetto a questo limite alla disapplicazione diretta proprio tale ordinanza, la quale, al § 2.5, ha espressamente richiamato Cass. civ., Sez. V, Tributaria, 4 giugno 2019, n. 15198, che ha confermato il principio, più volte affermato dai nostri giudici di legittimità, per cui «l'interpretazione del diritto comunitario fornita dalla Corte di Giustizia della UE è immediatamente applicabile nell'ordinamento interno ed impone al giudice nazionale di disapplicare le disposizioni di tale ordinamento che, sia pure all'esito di una corretta interpretazione, risultino in contrasto o incompatibili con essa»; cfr. ex multis nello stesso senso, ma più esaustivamente Cass. civ.,Sez. VI, 8 febbraio 2016, n.2468; cfr., altresì, tra le più recenti Cass. civ., Sez. V, Tributaria, 31 Ottobre 2018, n. 27822 sul punto si tornerà oltre al § 2);

- rimessione alla Corte Costituzionale - secondo il modello inaugurato da Corte cost., 30 marzo 2012, n. 75 - per la declaratoria di incostituzionalità della norma insuscettibile di interpretazione uniforme e, dunque, per l'abrogazione dell'art. 122, comma 1, Cod. Ass. nella parte in cui limiterebbe la copertura assicurativa per violazione degli artt. 76, 77 e 117 Cost., ossia per eccesso di delega, atteso nel caso di specie che lalegge delega, all'origine del Codice delle Assicurazioni Private, prevedeva fra i principi ed i criteri direttivi l'«adeguamento della normativa alle disposizioni comunitarie» e la «tutela dei consumatori e, in generale, dei contraenti più deboli» (cfr. art. 4, lett. a) e b), legge delega 29 luglio 2003 n. 229);

- esclusione sia dell'interpretazione conforme al diritto UE sia della “soluzione costituzionalmente conforme”, con conseguente “responsabilità Francovich” dello Stato Italiano per inadempimento della direttiva 2009/103,pertantocon a cascata future azioni risarcitorie avverso la Presidenza del Consiglio dei Ministri da parte dei danneggiati, impossibilitati a conseguire il risarcimento da parte degli assicuratori dei veicoli all'origine dei sinistri (cfr., su questa prospettiva, Smith c. Meade ed altri, CGUE, Grande Sezione, 7 agosto 2018, causa C122/17), via tale da costituire davvero l'ultima spiaggia per tutti.

L'ordinanza interlocutoria n. 33675/2019, come si approfondirà al § 2, ha prospettato alle Sezioni Unite, manifestamente caldeggiandola, la possibilità di optare per l'interpretazione dell'art. 122 in senso conforme al diritto UE.

Nel frattempo, però, è intervenuto in piena emergenza Covid-19, a distanza di poco più di due mesi dalla rimessione alle Sezioni Unite, il d.m. 11 marzo 2020, n. 54 (su cui cfr. infra § 3), rilevando l'operatività della copertura obbligatoria anche in relazione alla r.c.a. per i danni derivanti dalla circolazione, dalla sosta, dalla fermata, dal movimento dei veicoli e da tutte le operazioni preliminari e successive equiparate alla circolazione ed occorsi «in qualsiasi area privata».

Questo intervento normativo, in tutta evidenza, non passerà inosservato dinanzi alle Sezioni Unite, potendo costituire, a seconda dell'inquadramento della sua natura e della sua portata (interpretativa o innovativa), “ius superveniens” di potenziale impatto sul giudizio in corso. In particolare, si aggiunge così sul tavolo delle Sezioni Unite la intricata questione di come tale decreto ministeriale interagisca con gli anzidetti quattro scenari.

Quali sono, in vista della decisione delle Sezioni Unite, i rischi, che, in sfavore per i danneggiati da sinistri occorsi prima dell'entrata in vigore di tale decreto (2 luglio 2020), possono annidarsi dinanzi a quest'ultimo intervento normativo? Il d.m. in questione potrebbe pregiudicare l'approdo delle Sezioni Unite all'interpretazione conforme al diritto UE auspicata dall'ordinanza interlocutoria e, quindi, comportare una risposta negativa per i genitori della vittima?

Come si spiegherà oltre al § 4, il d.m. del 2020 non dovrebbe svolgere effetti negativi verso l'affermazione, anche a favore dei ricorrenti nella causa approdata alle Sezioni Unite, dell'interpretazione dell'art. 122, comma 1, Cod. Ass. in senso conforme al diritto UE; anzi, volendo attribuire un qualche valore, a tale decreto, esso, per la sua natura interpretativa sul tema in disamina, risulta confermare la fondatezza dell'interpretazione conforme perorata dall'ordinanza interlocutoria.

L'ordinanza interlocutoria n. 33675/2019 della Sezione III della Suprema corte: la via dell'interpretazione conforme al diritto UE

L'ordinanza interlocutoria, già annotata in ridare.it (cfr. V. Liguori, Assicurazione obbligatoria RCA e nozione eurounitaria di circolazione stradale: la parola alle Sezioni Unite, 7 Febbraio 2020), ha affrontato, per l'appunto, la questione del (perlomeno apparente) contrasto tra la normativa italiana – che, come si riferiva in premessa, potrebbe interpretarsi anche nel senso di escludere l'operatività dell'assicurazione obbligatoria per la r.c. auto in relazione a tutta una serie di aree strettamente private (oltre al già citato art. 122, comma 1, Cod. Ass. cfr., altresì, l'art. 3, comma 2, lett. a), d.m. 1 aprile 2008, n. 861, contenente il «Regolamento recante disposizioni in materia di obbligo di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, di cui al titolo X, capo I, e al titolo XII, capo II, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 - Codice delleassicurazioni private») - ed il diritto UE, che, come reiteratamente chiarito anche dalla Corte di Giustizia, nega rilevanza della tipologia di area o terreno su cui si è verificato il sinistro ai fini della copertura obbligatoria.

La vicenda approdata alla Sezione III della Cassazione prendeva le mosse dall'investimento, purtroppo mortale, di un minore avvenuto in un cortile privato (nello specifico un'area cortilizia privata tra il giardino e la rampa di accesso di un'autorimessa di un'abitazione privata) da parte di un veicolo, di proprietà di una zia, condotto dal nonno della vittima. Alla gravissima tragedia era seguita l'azione risarcitoria promossa dai genitori del bambino nei confronti della compagnia assicurativa del veicolo investitore. La domanda, però, era stata respinta sia dal Tribunale che dalla Corte d'Appello di Milano, che, adducendo il testo dell'art. 122 Cod. Ass. e vari precedenti della Suprema Corte, avevano ritenuto l'azione diretta ex art. 144 Cod. Ass. non esercitabile nei confronti dell'assicurazione, non rientrando il cortile privato nella nozione di via pubblica o ad essa equiparata per avervi accesso un numero indeterminato di persone.

La Cassazione, pertanto, era stata adita dai danneggiati, adducendo, per quanto qui d'interesse, la violazione e falsa applicazione degli artt. 122, 144 Cod. Ass., del decreto attuativo del Ministero dello Sviluppo Economico del 1° aprile 2008, n. 86, nonché dell'art. 2054 c.c., in quanto – secondo i ricorrenti – interpretati dalla Corte territoriale senza tener conto del testo delle direttive comunitarie e delle indicazioni costantemente offerte dalla Corte di Giustizia UE in materia di assicurazione obbligatoria; si rilevava pure che, non essendo nella disponibilità degli Stati membri la disciplina della nozione di “circolazione”, un'applicazione costituzionalmente orientata della normativa interna avrebbe imposto una soluzione diametralmente opposta a quella adottata.

La Sezione III, preso atto dell'assenza di una risposta alla questione da parte della sentenza Cass. civ., Sez. Un., 29 aprile 2015, n. 8620 (pur ritenuta, nell'ordinanza interlocutoria, di sicuro rilievo nella parte in cui, esattamente come occorso nella giurisprudenza della Corte di giustizia, aveva posto al centro della copertura assicurativa obbligatoria il concetto dell'utilizzo del veicolo conforme alla funzione abituale dello stesso) ed illustrati i precedenti dei giudici eurounitari, ha saggiamente ritenuto di rimettere la risposta finale alle Sezioni Unite, ponendo il seguente cristallino quesito: «se l'art. 122 del codice delle assicurazioni private debba interpretarsi, alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'unione europea, nel senso che la nozione di circolazione su aree equiparate alle strade di uso pubblico comprenda e sia riferita a quella su ogni spazio in cui il veicolo possa essere utilizzato in modo conforme alla sua funzione abituale».

Pur tuttavia, la Sezione III ha espresso molto chiaramente il suo favor per la via dell'interpretazione conforme al diritto UE, rilevando come nel caso odierno, anche alla luce degli insegnamenti recati da Smith c. Meade ed altri, CGUE, Grande Sezione, 7 agosto 2018, causa C122/17, «non si tratterebbe di disapplicare una norma primaria nazionale ma di interpretarla, come possibile, in misura conforme all'‘acquis'» (§ 2.3.1): «2.5. Quanto sopra rende ragione della possibilità di rivisitazione ermeneutica dell'art. 122 codice delle assicurazioni private, con disapplicazione della norma regolamentare di cui al D.M. 1 aprile 2008, n. 86, art. 3, comma 2, lett. a), (cfr., di recente, Cass. civ., 04/06/2019, n. 15198), nel senso che la nozione di circolazione stradale cui l'obbligo assicurativo e dunque l'assicurazione potrebbero e in tesi dovrebbero intendersi riferiti, debba essere parametrata a ogni uso del veicolo conforme alla sua funzione abituale».

In effetti, a supporto della via dell'interpretazione conforme al diritto eurounitario dell'art. 122, comma 1, Cod. Ass. depongono svariate considerazioni, fra le quali si possono ricordare le seguenti:

- si tratta di interpretare un'espressione – “aree equiparate” alle strade di uso pubblico – sufficientemente generica ed elastica, cioè tale da poter essere adattata, senza particolari voli pindarici, alla norma eurounitaria ed ai principi sanciti dalla Corte di giustizia, ricordandosi che, in ragione degli elevati obiettivi perseguiti dal legislatore UE in seno alle “motor insurance directives” (la tutela risarcitoria delle persone), il primato del diritto UE ed il vincolo dell'interpretazione conforme possono senz'altro giustificare persino delle forzature interpretative; d'altro canto, l'elasticità dell'espressione sub iudice è già stata posta in luce dalla stessa Suprema corte (per esempio, in relazione a sinistri occorsi all'interno di cantieri edili, Cass. civ., Sez. III, 28 giugno 2018, n. 17017 - citata anche dall'ordinanza interlocutoria - ha recentemente riconosciuto che «la natura privata del cantiere, luogo dell'incidente, non è […] di per sè incompatibile con la qualificazione dello stesso come area di uso pubblico, ai fini ed agli effetti dell'esperibilità dell'azione diretta»);

- l'interpretazione estensiva è pure imposta, ex art. 12 preleggi (“costituzionalmente aggiornato”), dalla necessità di rispettare la ratio legis, al riguardo dovendosi rimarcare come la legge delega avesse previsto espressamente che il redigendo Codice delle Assicurazioni Private perseguisse l'obiettivo di garantire «l'adeguamento della normativa alle disposizioni comunitarie» (cfr. art. 4, comma 1, lett. a), legge delega 29 luglio 2003, n. 229, recante «Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione. - Legge di semplificazione 2001»); in altri termini, l'interpretazione estensiva è l'unica costituzionalmente conforme, altrimenti, come già innanzi evidenziato al § 1, dovendosi prospettare la violazione degli artt. 76, 77 e 117 Cost. per eccesso di delega; occorre pure ricordare come per le Sezioni Unite l'interpretazione secundum Constitutionem possa ribaltare una disposizione persino in senso diametralmente contrario alla sua inequivocabile lettera, ogniqualvolta si tratti di proteggere valori fondamentali com'è sicuramente il caso di specie (cfr. a questo riguardo Cass. civ., Sez. Un., 18 gennaio 2019, n. 1415);

- come anche osservato nell'ordinanza interlocutoria, è pur vero, che la portata della disciplina dell'art. 2054 c.c. (la quale, come riferito in premessa, non distingue tra aree pubbliche ed aree private, prescindendo del tutto dalla tipologia di suolo del luogo del sinistro) è questione distinta da quella dell'assicurazione obbligatoria per la r.c.a., «ma è al contempo vero che quest'ultima, quale necessariamente desumibile dalla normativa comunitaria, si riverbera sull'azione diretta del danneggiato nei confronti dell'assicuratore» (anche sotto questo profilo, peraltro, rileva la legge delega del 2004, che all'art. 4, lett. b), impone la «tutela dei consumatori e, in generale, dei contraenti più deboli», senza dubbio una tutela da realizzarsi in conformità a quella accordata dal diritto eurounitario).

In particolare, a quest'ultimo riguardo deve sottolinearsi ancora una volta come l'assicurazione obbligatoria per la r.c.a., secondo la stessa lettera dell'art.122 Cod. Ass., abbia per espresso oggetto i rischi connessi con la circolazione tali da dare luogo alla r.c. delineata dall'art.2054 c.c.; il richiamo esplicito a quest'ultima norma, che, come sappiamo, perseguiva proprio lo scopo - enunciato dallo stesso legislatore del 1942 - di ampliare il raggio operativo di tale regime anche alle aree private e, più in generale, ad ogni spazio sul quale un veicolo a motore possa esercitare la sua funzione di mezzo di trasporto (cfr. supra § 1), non può che confermare la necessità di aderire alle nomofilachia euroinformata.

All'interpretazione conforme al diritto UE non osta certamente il comma 2, lett. a), dell'art. 3, del predetto decreto ministeriale n. 86/2008, che molto genericamente aggiunge che, ai fini dell'art. 122 Cod. Ass., «sono equiparate alle strade di uso pubblico tutte le aree, di proprietà pubblica o privata, aperte alla circolazione del pubblico».

A questo riguardo, in particolare, può innanzitutto sostenersi come anche tale norma di rango secondario, posto che in effetti rivesta tale valore (del che si può fondatamente dubitare dinanzi ad un regolamento ministeriale), debba e, nel caso concreto, possa pure interpretarsi con gli stessi predetti criteri operanti per l'art. 122 Cod. Ass. (interpretazione conforme al diritto UE; valorizzazione della ratio legis della norma di rango primario alla luce della legge delega; lettura secundum Constitutionem). Orbene, il criterio selettivo enunciato dalla lett. a) di tale disposizione regolamentare è lungi dall'essere preciso e circoscritto; peraltro, non risulta neppure porsi in senso esaustivo, potendo essere interpretato in chiave meramente esemplificativa. In pratica, tale norma secondaria risulta in tutto e per tutto integrabile a sua volta con il criterio offerto dall'“uso del veicolo conforme alla sua funzione abituale”; non ricorre alcuna marcata incompatibilità con il diritto eurounitario. D'altro canto, se la norma primaria può interpretarsi in senso conforme al diritto UE, a fortiori medesima soluzione ermeneutica dovrebbe aversi per la norma secondaria, la quale non può derogare, quanto al contenuto, alla Costituzione e agli atti aventi forza di legge sovraordinati (in primis la stessa norma che l'ha originata).

In questi termini, allora, non si comprende il motivo esatto per cui l'ordinanza interlocutoria, al § 2.5, ha avvertito la necessità di associare alla prospettata rivisitazione ermeneutica dell'art. 122 Cod. Ass. in senso conforme al diritto UE la contestuale «disapplicazione» dell'art. 3, comma 2, lett. a), peraltro, a questo proposito, evocando quella di giurisprudenza di legittimità (come già riferito in premessa, l'ordinanza interlocutoria ha citato nello specifico Cass. civ., Sez. V, Tributaria, 4 giugno 2019, n. 15198), che avalla inequivocabilmente la disapplicazione, da parte della nostra magistratura, di qualsiasi norma, in primis le disposizioni di rango primario, che, all'esito di una corretta interpretazione, risultino in contrasto od incompatibili con il diritto eurounitario.

In particolare, per tale indirizzo della nostra Suprema Corte si ha quanto segue (le espressioni sotto riportate sono tratte dall'esaustiva pronuncia Cass. civ.,Sez. VI, 8 febbraio 2016, n.2468): «in tema di efficacia del diritto comunitario, il fondamento della diretta applicazione e della prevalenza delle norme comunitarie su quelle statali si rinviene essenzialmente nell'art. 11 della Costituzione, laddove ristabilisce che l'Italia consente alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni (Cass. 4466/05). Il contrasto tra norme statali e disciplina comunitaria non dà luogo ad invalidità o alla illegittimità delle prime, ma comporta la loro “non applicazione”, che consiste nell'impedire che la norma interna venga in rilievo per la definizione della controversia davanti al giudice nazionale (Cass. 4466/05). L'interpretazione del diritto comunitario, con efficacia vincolante per tutte le autorità (giurisdizionali o amministrative) degli Stati membri, anche ultra partes compete alla Corte di Lussemburgo. Spetta infatti alla Corte di Giustizia, ai sensi dell'art. 164, del Trattato, assicurare il rispetto del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione del medesimo trattato. Da ciò se ne deve dedurre che qualsiasi sentenza che applica e/o interpreta una norma comunitaria ha indubbiamente carattere di sentenza dichiarativa del diritto comunitario, nel senso che la Corte di Giustizia, come interprete qualificato di questo diritto, ne precisa autoritariamente il significato con le proprie sentenze e, per tal via, ne determina, in definitiva, l'ampiezza e il contenuto delle possibilità applicative (Cass. 4466/05). È alla luce dei detti principi che va riconosciuto alle sentenze della Corte di Giustizia il valore di ulteriore fonte del diritto comunitario, non nel senso - come già rilevato - che esse creino ex novo norme comunitarie, bensì in quanto ne indicano il significato ed i limiti di applicazione, con efficacia erga omnes nell'ambito della Comunità (Cass. 22577/12)».

A ben osservare, a seguire sino in fondo quest'ultimo indirizzo giurisprudenziale, pienamente conforme al principio di effettività del diritto UE, non s'imporrebbe neppure uno sforzo particolare per l'interpretazione conforme dell'art. 122 Cod. Ass. e/o dell'art. 3, comma 2, lett. a), del d.m. n. 86/2008, essendo possibile disapplicarli entrambi (soluzione caldeggiata anche in dottrina: cfr. G. Sileci, Assicurazione obbligatoria per veicoli a motore e natanti, bussola del 5 Settembre 2019 in ridare.it: «È ragionevole attendersi, quindi, che la giurisprudenza possa rivedere l'orientamento prevalente […] tanto più che «il contrasto tra norme interne e norme della Ue dà luogo non ad invalidità o illegittimità delle prime, ma alla semplice loro non applicazione in favore di quelle comunitarie nei limiti e secondo l'ampiezza determinata dalle sentenze della Corte di giustizia» (Cass. civ., sez. VI, 8 febbraio2016 n. 2468)»).

Sennonché, alla luce delle considerazioni svolte dalla Corte di Giustizia circa i limiti tanto dell'interpretazione conforme che della disapplicazione diretta (cfr., soprattutto, il “decalogo” desumibile da Smith c. Meade ed altri, CGUE, Grande Sezione, 7 agosto 2018, causa C-122/17), si dovrebbe pervenire ad un ridimensionamento della prospettiva della disapplicazione della normativa interna qualora la controversia non annoveri tra le sue parti lo Stato o sue emanazioni, beneficiarie della disposizione contrastante con il diritto UE.

In quest'ultima prospettiva, pertanto, occorrerebbe ragionare nei seguenti termini: una volta ritenuta interpretabile la norma di rango primario in senso conforme al diritto UE, non avrebbe senso, dinanzi ad una disposizione di rango secondario a sua volta parimenti plasmabile, procedere alla sua “disapplicazione” invece che alla sua interpretazione conforme, tanto più coincidendo questa con un'interpretazione secundum Constitutionem.

Una diversa conclusione interpretativa in relazione alla disposizione ministeriale qui in disamina porrebbe la complessa questione del potere del regolamento ministeriale di circoscrivere, in senso estensivo o limitativo dei diritti dei consociati, la fattispecie giuridica (generica nel caso dell'art. 122 Cod. Ass.) delineata dalla legge delega. Il tema è estremamente delicato, controverso e privo di certezze, ma non si dubita che in relazione al quadro normativo ora in disamina qualsiasi strada si voglia percorrere non possa che concludersi nel senso della prevalenza della legge superiore (l'art. 122 Cod. Ass. interpretato in senso conforme al diritto UE) secondo il dogma lex superior derogat legi inferiori.

A voler ridurre all'osso il discorso, si ha soprattutto come basilare logica costituzionale dovrebbe precludere del tutto il potere di uno o più Ministri di deviare a proprio piacimento (cioè senza precise indicazioni del legislatore ordinario) dalla legge di rango primario, con la conseguenza per cui o la disposizione regolamentare, laddove le si attribuisse valenza normativa (pur secondaria), sarebbe incostituzionale (rectius da rinviarsi allo scrutinio da parte della Consulta), oppure, ritenendosi l'impossibilità di delegare ad un singolo Ministero od a più Ministri la redazione di un regolamento e, quindi, negandosi qualsiasi valore normativo (sia pure derivato) al regolamento ministeriale, sarebbe un atto dichiarabile in via incidentale dal giudice ordinario nullo o quantomeno invalido, pertanto “disapplicabile” (tale caso di “disapplicazione”, tuttavia, si porrebbe in un contesto giuridico diverso da quello prospettato dall'ordinanza interlocutoria; infatti, discenderebbe da una questione strettamente connessa alla gerarchia delle fonti a livello di ordinamento interno).

Sta di fatto – lo si ribadisce – come, qualsiasi sia il percorso argomentativo, il comma 2, lett. a), dell'art. 3, del predetto decreto ministeriale n. 86/2008 non possa inficiare l'interpretazione conforme dell'art. 122 Cod. Ass. sostenuta anche dall'ordinanza interlocutoria.

Ciò posto, in vista della decisione delle Sezioni Unite pare opportuno rilevare come il criterio dell'“uso conforme” necessiterebbe a sua volta di essere ulteriormente precisato dalla futura ed attesa pronuncia, essendo non infrequenti i casi in cui tanto la Corte di Giustizia UE quanto la Cassazione sono state chiamate a pronunciarsi sui confini anche di tale concetto, che, nella prospettiva auspicata dell'interpretazione conforme al diritto UE, verrebbe a porsi quale criterio chiave.

Nello specifico, a questo proposito, andrebbe confermata l'operatività dell'assicurazione obbligatoria r.c.a. non solo a prescindere dal fatto che il mezzo si trovi in una fase statica o dinamica (oppure preliminare o successiva alla circolazione), ma anche in ipotesi di utilizzi anomali dei veicoli (cfr., per esempio, Cass. civ., Sez. III, 3 agosto 2017, n. 19368, avente per oggetto l'utilizzo di una vettura alla stregua di una vera e propria “arma”, impiegata per investire più volte la malcapitata vittima con l'intento deliberato di ferirla o di ucciderla) ovvero di mezzi utilizzati non esclusivamente per il trasporto di cose e/o persone (cfr., ad esempio, la giù menzionata sentenza Cass. civ., Sez. Un., 29 aprile 2015, n. 8620 secondo la quale, del tutto correttamente, l'utilizzo del braccio elevatore di una autogru per le operazioni di carico rientra nel concetto di circolazione con conseguente operatività della garanzia assicurativa, atteso che l'uso della stessa - sollevamento del cassone con il braccio meccanico – corrisponde «all'utilitas propria del veicolo in oggetto»).

Si tratta, a ben vedere, di eventi e/o utilizzi dei veicoli che rispondono tutti alle finalità perseguite dalle “motor insurance directives” e che quindi, onde evitare future e dannose nuove incertezze applicative, meriterebbero di essere definitivamente consacrati dalle prossime Sezioni Unite in modo tale da garantire ai danneggiati una piena tutela risarcitoria, eventualmente anche rafforzata rispetto agli orientamenti espressi dalla stessa Corte di Giustizia e di sicuro non preclusa dal diritto uniforme che impone unicamente una base minima di protezione.

Il d.m. n. 54/2020: l'assicurazione obbligatoria per la r.c.a. vale anche per le aree private

Come si anticipava in premessa, in piena pandemia Covid-19 il Ministero dello Sviluppo Economico ha trovato il tempo per emanare il d.m. 11 marzo 2020, n. 54Regolamento recante la definizione del «contratto base» di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, di cui all'articolo 22 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221»), pubblicato in Gazz. Uff., Serie Generale n. 152 del 17 giugno 2020, entrato in vigore il 2 luglio 2020 (per un primo commento cfr. M. Hazan e F. Martini, Estesa l'operatività della garanzia alla circolazione nelle aree private, in Guida al Diritto, Il Sole 24 Ore, n. 31, 18 luglio 2020, 51-56).

Tale regolamento è stato predisposto richiamandosi la delega, di cui al decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese»), convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, e, in particolare, l'art. 22 («Misure a favore della concorrenza e della tutela del consumatore nel mercato assicurativo»), comma 4, che per l'appunto rinviava, «al fine di favorire una scelta contrattuale maggiormente consapevole da parte del consumatore» ad apposito decreto, da adottarsi entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore decreto, dal Ministro dello sviluppo economico, sentiti l'IVASS, l'Associazione nazionale tra le imprese assicuratrici-ANIA, le principali associazioni rappresentative degli intermediari assicurativi e le associazioni dei consumatori maggiormente rappresentative (n.b.: associazioni delle vittime escluse), la definizione del «contratto base» di assicurazione obbligatoria della r.c. derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, «contenente le clausole minime necessarie ai fini dell'adempimento dell'obbligo di legge», articolato secondo classi di merito e tipologie di assicurato, nonché la definizione dei casi di riduzione del premio e di ampliamento della copertura applicabili allo stesso “contratto base”.

Per quanto qui d'interesse:

- in seno alla Sezione 1 («Definizioni») dell'«Allegato A», di cui all'art. 2, comma 1, del d.m. si rinvengono, ai fini dell'allegato stesso («Nel testo che segue si intendono») e, quindi, della definizione del «contratto base» (cfr., tuttavia, l'art. 2, comma 1, del d.m. di cui si riferirà infra), le seguenti specificazioni: per«Aree equiparate alle strade di uso pubblico» s'intendono«le aree di proprietà di soggetti pubblici o privati cui può accedere una molteplicità di veicoli, persone e animali quali, a titolo di esempio, le stazioni di servizio, i parcheggi dei supermercati, i cantieri aperti al pubblico, i parcheggi dei terminal o delle imprese di logistica»; «Aree private»sono «le aree di proprietà di soggetti pubblici o privati cui possono accedere soltanto i veicoli autorizzati, quali, a titolo di esempio, cantieri recintati, garage e cortili»;

- l'art. 1 («Oggetto del contratto base r.c.») della Sezione II («Condizioni del contratto di base r.c.»), dell'«Allegato A», dopo avere ribadito al comma 1 l'estensione della copertura r.c.a. di cui all'art. 122 Cod. Ass. (così la disposizione di cui al d.m.: «L'Impresa assicura i rischi della responsabilità civile per i danni causati dalla circolazione del veicolo indicato in polizza, da chiunque guidato, su strade di uso pubblico o in aree a queste equiparate, per i quali è obbligatoria l'assicurazione ai sensi dell'articolo 122 del Codice …»), aggiunge al comma 3 la seguente puntualizzazione: «L'Impresa assicura anche la responsabilità civile per i danni causati dalla circolazione, dalla sosta, dalla fermata, dal movimento del veicolo e da tutte le operazioni preliminari e successive equiparate alla circolazione in qualsiasi area privata, ad esclusione delle aree aeroportuali civili e militari salvo che nelle aree previste dall'articolo 6, comma 7, del Codice della strada e dall'articolo 1, della legge 22 marzo 2012, n. 33 (Norme in materia di circolazione stradale nelle aree aeroportuali) ove permane la copertura assicurativa dei veicoli privati in circolazione»; al comma 4, infine, si precisa quanto segue: «Non sono assicurati i rischi della responsabilità per i danni causati dalla partecipazione del veicolo a gare o competizioni sportive di cui all'articolo 124 del Codice, alle relative prove ufficiali e alle verifiche preliminari e finali previste nel regolamento particolare di gara».

Tralasciando per ora ogni considerazione sulla valenza, ai fini della futura decisione delle Sezioni Unite, dei predetti passaggi così come sul coordinamento tra, da un lato, gli stessi e, dall'altro lato, l'art. 122 Cod. Ass. ed il comma 2, lett. a), dell'art. 3, del d.m. n. 86/2008 (in nessun modo toccato dal d.m. n. 54/2020), e, dunque, analizzando tali disposizioni come se si trattasse di un vero e proprio autonomo corpo normativo (pur evidentemente non essendo in nessun modo tale), esse, nel loro insieme, sono lungi dal realizzare il modello di copertura assicurativa obbligatoria precisato dalla Corte di Giustizia UE: infatti, se indubbiamente la ricomprensione delle aree private nell'assicurazione obbligatoria per la r.c.a. collima con la giurisprudenza UE (sembra quasi che qualcuno al Ministero abbia inteso apporre una “pezza” dopo il rinvio del dicembre 2019 alle Sezioni Unite), per il resto si hanno evidenti divergenze (in parte già riscontrabili nel Codice delle Assicurazioni Private e nel d.m. n. 86/2008).

In particolare, persistono perlomeno le seguenti pecche nel quadro normativo italiano rispetto al modello UE: -) l'esclusione delle aree militari od aereoportuali (cfr., per quanto concerne soprattutto le prime, in senso opposto José Luís Núñez Torreiro c. AIG Europe Limited, CGUE, Sez. VI, 20 dicembre 2017, causa C-334/16); -) il diniego di copertura dei veicoli impiegati a fini sportivi (negazione che in primis oblitera del tutto l'obiettivo centrale, nel diritto UE, della tutela delle vittime della circolazione di veicoli a motore); -) più in generale, l'assenza del riferimento, quale criterio selettivo chiave, all'uso conforme (pur eventualmente scriteriato) alla funzione abituale del veicolo.

Peraltro, è da notarsi come del tutto singolarmente l'art. 2 («Oggetto e ambito di applicazione»), comma 1, del d.m. n. 54/2020 circoscriva, direttamente «ai fini dell'adempimento dell'obbligo di legge di cui all'articolo 122delcodice delle assicurazioni», l'individuazione e la definizione, di cui all'«Allegato A», delle condizioni del “contratto base” dell'assicurazione obbligatoria per la r.c.a. ai soli veicoli a motore «quali le autovetture, i motocicli ed i ciclomotori ad uso privato dei consumatori»,pertanto inserendo così un discrimine, teoricamente evocabile anche in relazione alla questione pendente avanti alle Sezioni Unite, tra “contratto base” destinato ai consumatori e condizioni minime operanti per i proprietari di vetture ad uso professionale. Questo distinguo, riferito per l'appunto all'ambito operativo della copertura obbligatoria ed in nessun modo considerato dal Consiglio di Stato nel suo parere (cfr. Consiglio di Stato, sez. Consultiva per gli Atti Normativi, parere 7 giugno – 2 luglio 2018, n. 1686), si pone in tutto e per tutto fuori dai parametri, di cui alla direttiva 2009/103/CE; esso, inoltre, non risulta in nessun modo neppure autorizzato dall'art. 122 Cod. Ass. Priv..

Ciò rilevato in merito all'abissale distanza che separa il d.m. n. 54/2020 dal canone delle “motor insurance directives”, la questione affrontata in questo contributo non attiene l'adeguatezza delle predette disposizioni rispetto alla normativa UE (d'altro canto un qualsiasi intervento normativo degno di questo nome richiederebbe l'intervento, anche a livello sistematico, del legislatore ordinario), bensì il loro eventuale impatto sulla possibilità per le Sezioni Unite di addivenire ad un'interpretazione conforme dell'art. 122 Cod. Ass. valevole per tutti i casi, ossia innanzitutto per i ricorrenti nel giudizio sub iudice e per tutte le vittime di sinistri occorsi prima della stipula di polizze conformi all'ambito di copertura delineato dal d.m. n. 54/2020 quale “minimo” per il “contratto base”.

Quale natura/portata del d.m. n. 54/2020?

La questione qui in disamina può banalizzarsi in questi termini: attribuendosi alle predette disposizioni, di cui al d.m. n. 54/2020, natura meramente interpretativa, allora si avrebbe un ulteriore avvallo, pur non necessario, a sostegno della tesi dell'interpretazione dell'art. 122 Cod. Ass. in senso conforme al d.m. n. 54/2020, peraltro potendosi pure sostenere che l'interpretazione ministeriale informi anche la lettura del d.m. n. 86/2008 (così risolvendosi l'ennesimo pasticcio prodotto dal persistente vizio del ricorso alla delega legislativa agli uffici ministeriali); viceversa, rilevandosi nei passaggi del d.m. n. 54/2020 innanzi riportati natura innovativa (rispetto all'art. 122 Cod. Ass.) e posto che agli stessi sia da attribuirsi valenza normativa costituzionalmente conforme (del che è più che lecito dubitare), potrebbero stagliarsi dei seri dilemmi circa la possibilità per le Sezioni Unite di fornire un'interpretazione di quest'ultima norma di rango primario in senso conforme al diritto UE per tutti i casi precedenti l'entrata in vigore del d.m. n. 54/2020 (ossia occorsi prima del 2 luglio 2020).

Ciò posto, come ricordato ancora da ultimo dalla giurisprudenza di legittimità (cfr., per esempio, Cass. civ., Sez. lav., 27 marzo 2019, n. 8580), «secondo la costante giurisprudenza costituzionale, il legislatore può adottare norme di interpretazione autentica non soltanto in presenza di incertezze sull'applicazione di una disposizione o di contrasti giurisprudenziali irrisolti, ma anche “quando la scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, con ciò vincolando un significato ascrivibile alla norma anteriore” (Corte Cost. n. 525 del 2000; in senso conforme, sentenze n. 209 del 2010; n. 24 del 2009; n. 170 del 2008; n. 234 del 2007; n. 274 del 2006; n. 26 del 2003; n. 374 del 2002)».

Dunque, dinanzi alla già sottolineata elasticità della fattispecie, di cui all'art. 122 Cod. Ass., e in ragione della necessità di interpretarla, per quanto possibile, in senso conforme al diritto UE, ben potrebbe attribuirsi natura interpretativa alle parti del d.m. n. 54/2020 qui in rilievo.

D'altro canto, fermo restando alla base il dilemma, già innanzi rilevato (cfr. supra § 2) e forse suscettibile di risposta negativa, che possa riconoscersi in capo ad un regolamento ministeriale una qualsivoglia valenza normativa (perlomeno in relazione alla configurazione di fattispecie giuridiche), l'attribuzione al d.m. n. 54/2020 di una portata (normativamente) innovativa confliggerebbe innanzitutto con la stessa legge delega (ossia il già ricordato art. 22, comma 4, decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221), che, invero, aveva un'estensione decisamente limitata (se non del tutto nulla) rispetto alla creazione di regole di natura sostanziale (cfr. in questo stesso esatto senso M. Hazan e F. Martini, Estesa l'operatività della garanzia alla circolazione nelle aree private, cit., 54), cioè una portata ben più circoscritta nel senso di autorizzare il MISE a fornire un apporto essenzialmente di tipo ricognitivo, se non meramente compilativo (in ogni caso senza deviazioni creative) delle esistenti clausole minime (necessarie) del “contratto base”.

Peraltro, l'eventuale ascrizione di una portata innovativa alle disposizioni ministeriali descritte supra al § 3 presupporrebbe, come logico, un'interpretazione dell'art. 122 Cod. Ass. in senso diametralmente opposto a quella conforme al diritto UE (perorata anche dall'ordinanza interlocutoria), il che non sarebbe accettabile per tutti i motivi già innanzi illustrati al § 2 (oltretutto una siffatta lettura della norma di rango primario inficerebbe ulteriormente la già labile legittimità delle indicazioni, di cui al d.m. n. 54/2020, atteso che si dovrebbe concludere per la sussistenza di una deroga sostanziale introdotta da un regolamento ministeriale rispetto alla norma di rango primario, ciò, in aggiunta, in assenza di qualsiasi indicazione al riguardo da parte del legislatore ordinario).

La soluzione della portata innovativa, inoltre, dovrebbe fare i conti con il principio di irretroattività (art. 11 preleggi), la cui operatività si imporrebbe in questo scenario in base a costante giurisprudenza di legittimità (cfr. la già innanzi ricordata pronuncia Cass. civ., Sez. lav., 27 marzo 2019, n. 8580), sicché tale inquadramento comporterebbe de plano la “responsabilità Francovich” dello Stato italiano nei confronti di tutte le vittime di sinistri occorsi in aree private prima dell'entrata in vigore del d.m. n. 54/2020 (2 luglio 2020), compresi i ricorrenti nel caso ora pendente dinanzi alle Sezioni Unite.

Sennonché si finirebbe così non solo con l'attribuire ad un regolamento ministeriale degli effetti sostanziali, anche in termini di responsabilità civile dello Stato, senz'altro esorbitanti i confini costituzionali che circoscrivono siffatto strumento regolatore, ma anche di obliterare il manifesto eccesso di delega in cui è incorso il MISE, intervenuto, in violazione degli artt. 76 e 77 Cost., ad adottare il regolamento fuori ogni termine massimo, dato che l'art. 22, comma 4, del d.l. n. 179/2012 aveva previsto, per l'adozione del decreto recante il regolamento, il termine di 60 giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore decreto-legge (ossia, ex art. 39, il giorno successivo alla sua pubblicazione nel supplemento ordinario n. 194/L alla Gazzetta Ufficiale 19 ottobre 2012, n. 245).

Insomma, l'attribuzione di una portata innovativa al d.m. n. 54/2020 imporrebbe un serio vaglio sulla sua legittima costituzionale, ciò dinanzi ad un'alternativa – quella della portata interpretativa – costituzionalmente ineccepibile.

In conclusione

Le considerazioni sin qui svolte conducono alle seguenti conclusioni: 1) l'interpretazione dell'art. 122 Cod. Ass. in senso conforme al diritto UE, sostenuta dall'ordinanza interlocutoria del 18 dicembre 2019, è fondata, nonché pure costituzionalmente ineccepibile, risultando, pertanto, auspicabile una sua conferma da parte delle Sezioni Unite; 2) il d.m. n. 54/2020, per quanto concerne l'ambito operativo dell'assicurazione obbligatoria per la r.c.a., reca disposizioni aventi natura meramente interpretativa tali da confermare appieno la correttezza dell'interpretazione conforme già delineata dall'ordinanza interlocutoria, sicché esso consente alle Sezioni Unite di addivenire a tale lettura dell'art. 122 Cod. Ass. valevole per tutti i casi, ossia anche per i ricorrenti nel giudizio sub iudice così come per tutte le vittime di sinistri occorsi prima della stipula di polizze conformi al “contratto base” di cui a tale regolamento ministeriale.

Ciò rilevato, per gli evidenti limiti, che connotano l'attuale legislazione delegata di cui ai regolamenti ministeriali n. 54/2020 e n. 86/2008 (cfr. supra § 3), sarebbe sperabile, dopo l'intervento delle Sezioni Unite risolutivo innanzitutto del passato, un contributo del legislatore ordinario, che risolva, curando anche il profilo sistematico, in via definitiva e costituzionalmente corretta il gap tra modello UE e normativa nazionale; infatti, non è accettabile il pasticcio attuale in cui l'ambito operativo dell'assicurazione obbligatoria per la r.c.a. - fattispecie evidentemente chiave del sistema - si trova rimessa ad inaffidabili regolamenti ministeriali, che, peraltro, recano insulse distinzioni tra consumatori non professionali e titolari di veicoli ad uso professionale.

De iure condendo, può ricordarsi come la Commissione Europea, dopo un'ultima consultazione pubblica svoltasi nel 2017, abbia confermato il modello delineato dalla Corte di Giustizia, espressamente recependolo - anche alla luce dell'assenza di evidenze circa il rischio di incrementi eccessivi dei costi per le assicurazioni e, quindi, dei premi (in senso contrario a quanto ipotizzato dall'ordinanza interlocutoria del 18 dicembre 2018 al § 2.5) - in seno alla proposta di direttiva del 24 maggio 2018 «recante modifica della direttiva 2009/103/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, concernente l'assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli e il controllo dell'obbligo di assicurare tale responsabilità» [COM(2018) 336 final; 2018/0168 (COD)].

Nello specifico, all'art. 1 di tale proposta si prevede di aggiungere all'art. 1 della direttiva 2009/103/CE il seguente punto 1-bis: «“uso del veicolo” ogni utilizzo del veicolo, destinato di norma a fungere da mezzo di trasporto, che sia conforme alla funzione abituale del veicolo stesso, a prescindere dalle sue caratteristiche, dal terreno su cui è utilizzato e dal fatto che sia fermo o in movimento».

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