COVID-19: quando il formato dell'atto richiesto dal difensore è incompatibile con la trasmissione telematica

Redazione Scientifica
14 Ottobre 2020

Con specifico riferimento al protocollo adottato dal Tribunale di Bologna durante l'emergenza sanitaria da COVID-19 e avente ad oggetto la disciplina delle udienze di riesame, la Corte di Cassazione ha confermato l'inoperatività della modalità telematica invocata dal difensore per la trasmissione di alcuni atti in formato cartaceo depositati presso la cancelleria dell'Ufficio giudiziario.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 28167/20, si è pronunciata sulla mancata trasmissione degli atti richiesti lamentata dal difensore, al quale, fra l'altro era stato indicato il luogo errato del collegamento in udienza, irritualità poi sanata dalla sua effettiva partecipazione.

In particolare, sulla questione la Corte rileva innanzitutto che, al fine di contrastare l'emergenza sanitaria da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell'attività giudiziaria, l'art. 83, commi 6 e 7, d.l. n. 18/2020, convertito, con modificazioni, in l. n. 27/2020, ha investito i capi degli uffici giudiziari del compito di adottare linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze.
Ebbene, sulla base di tale indicazione, il Tribunale di Bologna aveva adottato un protocollo teso a disciplinare le udienze di riesame fino al 31 luglio 2020, il quale, all'art. 9 aveva previsto che, al fine consentire l'accesso agli atti, la cancelleria avrebbe provveduto ad inoltrarli a mezzo PEC al difensore e che l'invio degli stessi sarebbe avvenuto solo ai fini della consultazione e della visione. Laddove tuttavia gli uffici non sarebbero stati in condizione di trasmetterli a mezzo posta certificata ordinaria, o a mezzo PEC, in quanto contenenti file non trasmissibili per tipo o dimensione oppure per motivi tecnici, il deposito sarebbe avvenuto nelle forme ordinarie, tramite però un avviso al difensore dell'impossibilità di trasmissione degli atti a mezzo ordinaria o a mezzo PEC. In ogni caso il deposito sarebbe dovuto avvenire nelle forme ordinarie laddove la dimensione dei file da trasmettere sarebbe risultata superiore ai 15 mega.

Nella fattispecie, l'ufficio aveva rigettato l'istanza del difensore osservando che si trattava di «atti forniti in formato cartaceo + dvd», formato non compatibile con la trasmissione degli atti per via telematica, «con conseguente inoperatività della modalità invocata dalla difesa e applicazione della generale regola della forma del deposito ordinario presso la cancelleria del Tribunale del riesame ex art. 310, comma 2, c.p.p., con facoltà del difensore di prenderne cognizione e di estrarne copia».
Da tale considerazione, secondo la Cassazione, ne discende che la difesa non si è trovata nell'impossibilità di prendere visione degli atti posti a fondamento dell'appello del PM, in quanto avrebbe potuto consultarli presso la cancelleria del Tribunale, dove erano depositati.
Per tale motivo, la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Fonte: diritto e giustizia

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