L'accertamento dell'usucapione all'interno del procedimento di divisione giudiziale

15 Ottobre 2020

Quel che si deve analizzare, per poter rispondere al quesito, è il rapporto tra la domanda di divisione e la domanda di accertamento dell'intervenuta usucapione.

L'attore cita in giudizio il fratello per addivenire alla divisione giudiziale della comunione ereditaria, costituitasi fra loro a seguito del decesso dei comuni genitori. Il convenuto intende fare valere l'intervenuta usucapione, a proprio favore, di un cespite immobiliare. Ci si chiede se è necessario che il convenuto esperisca, nell'ambito del medesimo giudizio di divisione, apposita domanda riconvenzionale finalizzata all'accertamento dell'intervenuta usucapione (avente per oggetto un determinato cespite immobiliare, con correlativa esclusione di quest'ultimo dalla domanda di divisione giudiziale) ovvero se tale azione giudiziaria possa essere promossa in via autonoma. In tale ultima ipotesi, ci si chiede se la domanda di usucapione dovrà essere promossa prima della definizione del giudizio di divisione giudiziale (anche per evitare un potenziale conflitto fra decisioni giudiziali).

Quel che si deve analizzare, per poter rispondere al quesito, è il rapporto tra la domanda di divisione e la domanda di accertamento dell'intervenuta usucapione.

Se per la domanda di usucapione si ritiene, con buona sicurezza, la sua natura dichiarativa e di accertamento dell'effetto acquisitivo derivante dall'applicazione dell'istituto dell'usucapione, cosa diversa è per la divisione.

Infatti, quanto alla divisione di comunione ereditaria (nel caso di specie), si è a lungo discusso e si discute tuttora sulla natura dichiarativa o traslativa del negozio divisorio o della pronuncia giudiziale di divisione.

Secondo la dottrina tradizionale e alcuna giurisprudenza, anche recente, si tratterebbe di negozio, o pronuncia, dichiarativa, basandosi sul dettato dell'art. 757 c.c. Secondo questa interpretazione, la divisione, sia che si realizzi su base contrattuale che su base giudiziale, non comporterebbe alcun trasferimento, facendo sì, solamente, che i comproprietari divengano titolari esclusivi dei beni sino a quel momento in comunione: per utilizzare un termine di una nota dottrina (Forchielli), alla pars quota verrebbe sostituita la pars quanta.

Di diverso avviso altra parte della dottrina ed altra giurisprudenza, secondo le quali la divisione avrebbe natura traslativa in quanto gli effetti derivanti dall'applicazione dell'art. 757 c.c. si riferirebbero unicamente alla retroattività dell'atto divisorio, cosa del tutto diversa dalla dichiaratività dello stesso, il quale, al contrario, avrebbe natura traslativa e costitutiva del diritto sul bene assegnato in sede divisionale; secondo questa posizione lo stesso articolo 757 c.c. supporterebbe una siffatta interpretazione laddove esso afferma che ogni coerede “è reputato”, unico proprietario, del che anche il dato normativo sembrerebbe indicare in modo evidente l'idea della fictio iuris, vale a dire la natura certamente non dichiarativa, ma traslativa, del fenomeno divisorio.

In quest'ultimo senso si è espressa anche recentemente la Cassazione con la sentenza a Sezioni Unite, n. 25021 del 7 ottobre 2019, ove, con riferimento ad una divisione di una comunione incidentale ereditaria, viene affermato che essa ha efficacia retroattiva, ma non ha natura dichiarativa, bensì traslativa; in motivazione, infatti, si afferma che «è, dunque, lo stesso art. 757 c.c. che lega l'efficacia retroattiva ad atti tipicamente di natura costitutivo-traslativa».

Se si abbraccia questa posizione, di recente sostenuta dalla Cassazione, già si può intravedere la soluzione del quesito posto in quanto il carattere traslativo e financo costitutivo della pronuncia nel giudizio di divisione comporterebbe il trasferimento, appunto, sulla base di un provvedimento giudiziale, di un bene facente parte della comunione ereditaria di cui si vorrebbe, in ipotesi, eccepire l'acquisto originario per usucapione.

Se si aderisce a questa ricostruzione, allora, sarà bene proporre domanda di accertamento della intervenuta usucapione all'interno del giudizio di divisione, in via riconvenzionale.

Così sembra anche esprimersi altra recente pronuncia di legittimità, nella specie Cass. civ., 13 giugno 2018 n. 15504, ove si afferma che «il compartecipe, il quale si ritenga proprietario per usucapione di un bene in comunione, non può iniziare il giudizio di divisione e, qualora sia stato in questo convenuto da uno o più degli altri comproprietari, deve fare valere l'avvenuta usucapione in tale giudizio poiché la divisione, accertando i diritti delle parti sul presupposto di una comunione di beni indivisi, presuppone il riconoscimento dell'appartenenza delle cose in comunione; ove egli, al contrario, non contesti il diritto alla divisione di quel determinato cespite o resti contumace, non può opporre successivamente l'usucapione al condividente cui detto bene sia stato assegnato o al terzo aggiudicatario dello stesso in seguito a vendita all'incanto, salvo che non possa impugnare la divisione contestandone il presupposto e deducendo un titolo di possesso diverso da ogni altro che possa derivargli dalla disciolta comunione».

Il principio espresso in tale pronuncia, a parere di chi scrive, è tanto più condivisibile quanto più si aderisca alla posizione che intravede una natura traslativa nel processo divisorio, ma resta valido anche qualora si aderisca alla diversa teoria della natura dichiarativa del procedimento di divisione giudiziale.

In entrambi i casi, infatti, la mancata eccezione fatta valere nel giudizio di divisione, in via riconvenzionale, della intervenuta usucapione comporta, quantomeno processualmente, che l'effetto del giudicato sulla attribuzione in sede divisoria precluda ogni diversa pronuncia in merito all'intervenuta usucapione (salve le problematiche sostanziali sottese alla fattispecie), salvo che, come si esprime la Suprema Corte, «non (si) possa impugnare la divisione contestandone il presupposto e deducendo un titolo di possesso diverso da ogni altro che possa derivargli dalla disciolta comunione».

Di conseguenza sarà bene, o proporre la domanda di usucapione prima della domanda di divisione oppure, come nel caso di specie, la domanda di usucapione dovrà essere introdotta in via riconvenzionale nell'ambito del giudizio divisorio, Si sconsiglia, infatti, di proporla in via autonoma nella pendenza del giudizio divisorio in quanto quest'ultimo dovrebbe essere sospeso, su istanza di parte, in attesa del giudizio di usucapione, istanza che potrebbe anche non essere accolta dal giudice del giudizio divisorio che potrebbe non essere propenso alla sua sospensione.

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