Revoca giudiziale amministratore: efficacia sine die o limitata nel tempo?

Guerino De Santis
23 Ottobre 2020

Tiene banco la questione circa l'interpretazione da dare al comma 13 dell'art. 1129 c.c., molto dibattuta in giurisprudenza, nel senso di stabilire se l'amministratore colpito dalla revoca giudiziale resti escluso sine die dall'incarico oppure solo nel corso dell'anno successivo alla revoca. Nella sentenza in commento, si cerca di dare la giusta interpretazione all'avverbio “nuovamente” contenuto appunto nella formulazione richiamata.
Massima

L'infelice formulazione legislativa dell'art. 1129, comma 13, c.c. lascia ampio spazio all'interpretazione dell'avverbio “nuovamente”, tanto da non potersi ritenere escluso il significato di nomina dello stesso amministratore preclusa solo:…”immediatamente dopo la revoca”, vale a dire soltanto nell'esercizio successivo, e non sine die, in quanto tale interpretazione appare maggiormente aderente alla volontà assembleare di reintegrare nelle funzioni l'amministratore ed al principio di autonomia assembleare in materia condominiale.

Il caso

Una società immobiliare ricorreva al Tribunale di Trieste sostenendo che, nel corso di una assemblea, i condomini, all'unanimità, decidevano di confermare nella carica di amministratore una società di gestione immobiliare, il cui legale rappresentante era un amministratore precedentemente revocato dal giudice.

Lamentava la violazione dell'art. 1129, comma 13, c.c., sostenendo l'impossibilità di reintegro dell'amministratore revocato (revoca avvenuta con provvedimento di volontaria giurisdizione della Corte d'Appello che aveva ritenuto essere sussistenti “gravi irregolarità”).

Eccepiva che, dopo la revoca giudiziale, il condominio nominava, quale amministratrice, la moglie del revocato, giusto il tempo di provvedere a nominare la società immobiliare di cui il revocato amministratore ne era il legale rappresentante e questo, secondo l'attrice, al fine di aggirare il divieto di rinomina di cui alla norma novellata.

La questione

Il giudice è chiamato ad affrontare tre questioni: 1) la tipologia del provvedimento di revoca; 2) lo strumento del tentativo obbligatorio di conciliazione applicabile all'ipotesi di revoca giudiziale dell'amministratore di condominio; 3) la corretta interpretazione del comma 13 dell'art. 1129 c.c.

Le soluzioni giuridiche

In ordine al primo punto, il Tribunale adito rileva che, secondo il condominio convenuto, il decreto di revoca dell'amministratore adottato dalla Corte d'Appello non avrebbe avuto valore di giudicato essendo un provvedimento di volontaria giurisdizione e quindi non farebbe stato nella vicenda che ci occupa, anche perché lo stesso condominio non avrebbe potuto impugnare in Cassazione tale decisione non avendo il provvedimento di volontaria giurisdizione contenuto decisorio e carattere di definitività, in quanto insuscettibile di passare in giudicato (in tali sensi, Cass. civ., sez. un. 29 ottobre 2004, n. 20957).

Ritiene il giudicante che l'interpretazione di parte convenuta si pone peraltro in contrasto con la lettera della legge che non distingue tra decreto di volontaria giurisdizione e sentenze. Afferma, tra l'altro, la curia triestina, che “non può dubitarsi della natura giurisdizionale del decreto sia pure nell'ambito della giurisdizione c.d. volontaria, la quale non ha ad oggetto la tutela diretta di diritti soggettivi, ma la gestione di interessi, la risoluzione di conflitti ed alla quale non può essere negata la natura costitutiva dei provvedimenti che ne sono espressione”.

Conferma il giudicante che, nella materia de qua, non è applicabile l'istituto della mediazione obbligatoria trattandosi di revoca dell'amministratore sottoposto al procedimento di volontaria giurisdizione.

Sulla corretta interpretazione del comma 13 dell'art. 1129 c.c., il giudice ritiene di rigettare la domanda nel senso di ritenere valida la (ri)nomina dell'amministratore precedentemente revocato in via giudiziale atteso che all'avverbio “nuovamente” va dato il significato “immediatamente dopo la revoca”, vale a dire soltanto nell'esercizio successivo e non sine die, in quanto tale interpretazione è maggiormente rispondente al principio di autonomia assembleare nell'adottare decisioni.

Osservazioni

L'art. 1129 c.c., al comma 13, prevede che l'assemblea non può nominare nuovamente l'amministratore revocato con conseguente nullità di una delibera che dovesse pronunciare in tal senso.

All'assemblea, pertanto, è precluso di rendere inoperativa la revoca giudiziale, deliberando, con la maggioranza di cui all'art. 1136, comma 2, c.c., la riconferma dell'amministratore rimosso dal tribunale, e ciò anche se siano ormai venute meno le ragioni che avevano determinato la sua revoca.

Trattandosi di norma inserita ex novo dalla legge di riforma del condominio nel tessuto normativo codicistico, va rilevato che la stessa, pur conservando al provvedimento giudiziale di revoca la natura di volontaria giurisdizione, sostitutivo della volontà assembleare, finisce per incidere significativamente sul rapporto di mandato tra condomini ed amministratore, negando all'assemblea di ridesignare quello stesso mandatario, al quale non rimarrà che avvalersi della tutela giurisdizionale piena in un ordinario giudizio contenzioso ai fini risarcitori.

Dottrina autorevole sostiene che il divieto di nomina dell'amministratore revocato dal Tribunale sia temporaneo, e non comprima definitivamente il diritto dello stesso di ricevere l'incarico. Siffatto divieto di nomina non dovrebbe, quindi, operare nel caso di designazione assembleare non immediatamente successiva all'estinzione del mandato oggetto del decreto di rimozione, perché intervallata da un ulteriore precedente incarico annuale a favore di altri.

Anche la giurisprudenza di merito richiamata in epigrafe conferma che il divieto permanente di rinomina dell'amministratore revocato costituirebbe un'ingiustificata compromissione della libertà di determinazione dell'assemblea, laddove l'avverbio “nuovamente” si riferisce solo all'immediata rinnovazione della nomina, non potendo trasformarsi, per l'assemblea, in una limitazione sine die della libertà decisionale, e, per l'amministratore di condominio, in una sanzione a tempo indeterminato, in palese violazione del principio di proporzionalità laddove non si tenga conto degli specifici motivi, più o meno gravi, che abbiano condotto alla revoca.

Guida all'approfondimento

De Tilla, Codice del nuovo condominio commentato, Milano, 2016, 798;

Celeste - Scarpa, Riforma del condominio, Milano, 2012, 121.

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