Il titolo esecutivo ed il precetto: due momenti per il recupero forzoso dei crediti condominiali

Adriana Nicoletti
27 Ottobre 2020

La problematica concernente le strade che il creditore deve percorrere per recuperare dal condominio quanto di suo diritto è, ancora oggi, materia attiva. Nessuna questione di sorta quanto ad ottenere un decreto ingiuntivo che definisca l'entità del credito, poiché il destinatario del provvedimento giurisdizionale non può che essere la compagine condominiale. L'attuazione dell'ingiunzione, che è preceduta dalla notifica del precetto, si carica invece di interrogativi allorché il creditore agisca direttamente nei confronti di quei condomini che sono in regola con i pagamenti. La sentenza in commento pone un ulteriore tassello a chiarimento dei dubbi ancora sussistenti.
Massima

Laddove il creditore intimi il pagamento dell'intera obbligazione ad uno o più condomini (sostenendo che sono titolari della totalità delle quote condominiali o anche assumendone, erroneamente, la responsabilità solidale per l'intera obbligazione), ovvero intimi comunque il pagamento della quota ad un solo condomino, indicando nel precetto l'importo totale del credito, ma senza specificare la misura della quota millesimale dell'intimato, il precetto sarà inefficace per la richiesta dell'importo eccedente la quota millesimale dell'intimato, laddove questi dimostri in concreto la misura di detta quota, ma conserverà la sua efficacia nei limiti di essa.

Il caso

In sede di opposizione a precetto notificato ad un condomino sulla scorta di un decreto ingiuntivo, munito di formula esecutiva, ottenuto dalla creditrice nei confronti del Condominio, l'opponente lamentava di non aver ricevuto la notifica del titolo esecutivo e di aver adempiuto all'obbligazione in relazione alla propria quota.

Si costituiva in giudizio la società creditrice che chiedeva il rigetto dell'opposizione.

Il Tribunale, sulla base delle risultanze processuali, accoglieva l'opposizione dichiarando l'inesistenza del diritto di procedere ad esecuzione forzata dell'opposta nei confronti del condominio sulla scorta del decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale.

La questione

Le questioni trattate sono strettamente connesse tra loro per la specifica materia, ovvero l'esecuzione forzata per crediti di natura condominiale. Infatti, da un lato, si è posto il problema se, in tale ambito, il titolo esecutivo emesso nei confronti del Condominio abbia valenza anche verso il singolo partecipante e, dall'altro, quali siano gli elementi che inficiano la legittimità del precetto a questi notificato.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale ha inquadrato la controversia nata dall'opposizione al precetto - atto propedeutico all'azione esecutiva vera e propria (Cass. civ. sez. VI, 17 novembre 2014, n. 24386; Cass. civ., sez. III, 28 settembre 2011, n. 19791) - nell'ambito dell'art. 615 c.p.c., poiché con tale azione il condomino ha contestato il diritto del creditore a procedere all'esecuzione forzata per mancata notifica del titolo esecutivo, che ne è elemento fondante.

Nel richiamare la prolifica giurisprudenza della Cassazione (tra tutte, V. la storica sentenza Cass. civ., sez.un., 8 aprile 2008, n. 9148 e le successive conformi Cass. civ., sez. II, 29 ottobre 2018, n. 27363 e Cass. civ., sez. VI/II, 9 giugno 2017, n. 14530) il giudicante ha affermato che il titolo formatosi contro il condominio è valido, ai fini dell'azione esecutiva contro i singoli condomini poiché - come si desume dai costanti orientamenti - l'obbligazione che il condominio assume contrattualmente grava pro quota sui singoli e non in solido per intero sugli stessi.

In questo quadro, che poi - come si vedrà in prosieguo - ha costretto il legislatore ad intervenire pesantemente sul testo dell'art. 63 disp.att.c.c., si vanno ad inserire le seguenti motivazioni della sentenza di accoglimento dell'opposizione.

Se il titolo ottenuto dal creditore interessa l'ente condominiale e la morosità sia imputabile a più soggetti, il creditore stesso per recuperare il proprio credito non è tenuto a promuovere più procedure esecutive contro ciascuno dei debitori in ragione della corrispondente quota di pertinenza e, sul piano esecutivo, deve solo dimostrare la loro legittimazione passiva in quanto condomini.

Il precetto diventa inefficace allorché il creditore intimi, ad uno o più condomini, il pagamento dell'intera obbligazione oppure, pur avendo ordinato il pagamento della quota ad un singolo condomino nel precetto abbia indicato l'importo totale del credito senza specificare la quota millesimale attribuita all'intimato stesso. In entrambi i casi il condomino può proporre opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c. con uno sdoppiamento d'onere della prova a carico delle due parti: il creditore deve provare la qualità di condomino dell'esecutato, mentre questi deve allegare i fatti impeditivi dell'efficacia esecutiva del titolo nei suoi confronti.

Nel caso concreto ed alla luce di tali considerazioni il Tribunale, pertanto, aveva accertato che mentre l'opponente aveva fornito valida prova della propria quota condominiale nonché l'adempimento, in questi limiti, della propria obbligazione, la società opposta non aveva documentato di avere escusso infruttuosamente il patrimonio dei condomini morosi come previsto dall'art. 63 disp.att.c.c. Da qui l'accoglimento dell'opposizione.

Osservazioni

Il tema della morosità in ambito condominiale è sempre attuale, soprattutto per quanto concerne la fase successiva a quella monitoria e che, fino dall'entrata in vigore della l. n. 220/2012, ha sempre determinato un ambito dibattito giurisprudenziale e dottrinale in ordine alla concreta applicazione dell'art. 63, comma 2, disp.att.c.c. proprio per le sue testuali parole: “i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l'escussione degli altri condomini”. A fronte di un quadro interpretativo non sempre univoco, vale la pena di tentare di fare il punto sulla questione.

Il legislatore del 2012 ha implementato il contenuto del citato art. 63 perché il testo precedente non era più adeguato alle novità determinate dall'evoluzione della giurisprudenza, che con le sue decisioni aveva messo in luce le criticità legate al modus operandi del creditore nel recupero del proprio credito che si era materializzato, in via definitiva, con la concessione in suo favore del decreto ingiuntivo.

Dal testo del comma 2 dell'art. 63 emerge una chiara graduazione nella promozione dell'azione esecutiva da parte del creditore: prima i condomini morosi e poi i condomini virtuosi, ovvero coloro che sono in regola con i pagamenti. Nessuna parola sul Condominio, che consenta di capire come questo si collochi in questo quadro. Questo silenzio ha subito acceso interrogativi sulla possibilità per il creditore di escutere in via primaria il Condominio per poi passare, solo in caso negativo, ai morosi ed in via residuale agli altri condomini.

Innanzitutto, è evidente che, in linea di massima, il pensiero corre alla preventiva pignorabilità del conto corrente condominiale e, da un punto di vista storico, sul punto, non vi è stato un orientamento concordante. Ancora di recente, infatti, è stato affermato (Trib. Teramo 18 aprile 2019, n. 580) che l'art. 63 disp.att.c.c. deve essere interpretato nel senso che, qualora vi sia un condomino moroso, il creditore (qualunque sia la somma) debba sempre preliminarmente agire nei confronti del condomino moroso, anche nell'ipotesi in cui vi siano somme accreditate sul conto corrente condominiale. Diversamente verrebbe meno lo scopo della norma, il cui obiettivo è proprio quello di fare in modo che, qualora vi siano condomini inadempienti, debba essere tutelato ogni cespite patrimoniale riferibile ai condomini in regola con i pagamenti (nello stesso senso, v. Trib. Pescara 18 dicembre 2013).

In realtà, le decisioni di merito che hanno negato la possibilità di pignorare il conto condominiale sono in numero nettamente inferiore a quelle di segno opposto e che, in massima parte, si fondavano sulla considerazione che non vi è alcuna norma che stabilisca l'onere della preventiva escussione del condomino rispetto al condominio (Trib. Pescara 8 maggio 2014).

In effetti - è stato osservato - l'art. 63, comma 2, disp.att.c.c. non esclude affatto che ove il creditore individui beni riferibili al condominio non possa aggredirli direttamente e senza dover procedere all'escussione dei singoli condomini, secondo un criterio di responsabilità patrimoniale ex art. 2741 c.c., che considera il debitore obbligato a fare fronte ai propri debiti con le proprie risorse (Trib. Reggio Emilia 16 maggio 2014, n. 10688).

Ed in epoca successiva tale orientamento è stato confermato ancora una volta in sede di merito (Trib. Milano 21 novembre 2017) là dove è stato affermato che il pignoramento del saldo del conto corrente condominiale da parte del creditore è volto a soddisfare in via esecutiva la sola obbligazione per l'intero gravante sull'amministratore e non interferisce con il beneficio di escussione ex art. 63, comma 2, disp.att.c.c., il quale è posto a presidio unicamente dei distinti obblighi pro quota spettanti ai singoli (nel caso specifico, il motivo di opposizione si fondava sulla considerazione che, portando il conto corrente somme riferibili a tutti i condomini - morosi e no, anzi principalmente non morosi - per pignorarlo sarebbe stato necessario il previo tentativo di escussione dei condomini morosi ex art. 63 citato).

Sul fronte della giurisprudenza di legittimità, invece, deve essere registrato che la Cassazione (Cass. civ., sez. III, 14 maggio 2019, n. 12715) sembra avere di recente composto il contrasto in essere tra gli interpreti, affermando che il creditore del condominio che disponga di un titolo esecutivo nei confronti del condominio stesso ha facoltà di procedere all'espropriazione di tutti i beni comuni, ai sensi degli artt. 2740 e 2910 c.c., ivi inclusi i crediti vantati dal medesimo condominio verso i singoli condòmini per i contributi da loro dovuti in base a stati di ripartizione approvati dall'assemblea e, in tal caso, la relativa esecuzione forzata deve svolgersi nelle forme dell'espropriazione dei crediti presso terzi di cui agli artt. 543 ss. c.p.c. (nella specie, la Suprema Corte ha precisato che non veniva in rilievo il principio di parziarietà delle obbligazioni condominiali).

Appare, quindi, plausibile ritenere che nulla osti anche alla pignorabilità del conto corrente condominiale, poiché la ratio fondante del ragionamento seguito dal giudice milanese è la stessa per entrambe le ipotesi.

Quanto alla decisione assunta dal Tribunale di Roma ed oggetto della presente nota va ribadito che l'art. 63, comma 2, disp.att.c.c. pone solo un principio di priorità di escussione tra condomini morosi e non morosi.

Occorre, tuttavia, evidenziare un dato di fatto che, nel nostro caso, assume una particolare rilevanza ai fini del corretto avvio di un'azione esecutiva ad personam in ambito condominiale e rispetto alla quale non viene meno il principio di ordine generale secondo cui il fine sotteso alla notifica del titolo esecutivo (nella specie: decreto ingiuntivo munito di formula esecutiva) e del pedissequo precetto non cambia per il solo fatto che da una lato vi sia il Condominio, ente privo di personalità giuridica costituito da più soggetti, e dall'altro uno o più condomini. Lo scopo, infatti, si sostanzia sempre nella necessità di rendere edotta la parte esecutata del contenuto del primo, là dove il secondo si configura come intimazione ad adempiere, in modo da consentire alla stessa di proporre opposizione.

Il presumibile ostacolo determinato dalla circostanza che il decreto ingiuntivo viene emesso contro il Condominio e che questi dovrebbe essere l'unico soggetto passivamente legittimato all'esecuzione è stato superato proprio nel momento in cui la nuova formulazione dell'art. 63 citato ha previsto la possibilità per il creditore di agire in via esecutiva nei confronti dei condomini con le priorità ivi indicate. Mentre quanto all'inefficacia del precetto si può dire che il Tribunale capitolino abbia allargato il perimetro dettato, in via del tutto generale, dall'art. 481 c.p.c., secondo il quale il precetto diventa inefficace se nel termine di novanta giorni dalla sua notificazione l'azione esecutiva non viene iniziata.

Guida all'approfondimento

Bordolli, Il creditore del condominio non può agire direttamente nei confronti del conto corrente condominiale senza preliminarmente agire nei confronti dei condomini morosi, in Diritto.it, 2 ottobre 2019;

Gallucci, Il pignoramento del conto corrente condominiale: rilievi critici e conseguenze pratiche, in Immobili & diritto, 2014, 561;

Ciaccia, Procedura esecutiva contro singolo condomino per un d.i. in danno del condominio, in Altalex.com, 8 aprile 2010.

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